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Autore: Mrs Montgomery    08/04/2017    2 recensioni
Piemonte, 1778.
Il duca Andrea Pietrarossa fa ritorno in patria. In seguito alla morte del padre deve occuparsi degli affari in sospeso e questo lo conduce dal marchese Guerra, il quale è in procinto di risposarsi con un’amica d’infanzia del duca. Alla tenuta del marchese incontrerà Giulia, sua figlia, appena tornata da un lungo soggiorno a Verona.
Giovane, ostinata e dall’anima ribelle, Giulia si scontrerà con l’altezzoso duca, sebbene egli si dimostrerà l’unica persona in grado di aiutarla nella ricerca della libertà.
Malate passioni, verità nascoste, feste mondane e perfidi intrighi uniranno lo sfrontato duca Andrea Pietrarossa e l’indomita Giulia Guerra fino a far sbocciare quel potente sentimento che abbatte ogni ostacolo.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Il fiore sabaudo



Capitolo 9
Il suggellamento di questo sentimento


Faustina e Giuseppe erano rispettivamente cuoca e garzone al servizio della nobile famiglia dei marchesi Guerra.
Entrambi sulla trentina erano molto dediti al loro lavoro. Raramente, anzi praticamente mai, si distraevano in futili chiacchiere, ma quando calava la notte e non avevano mansioni di cui occuparsi, sgattaiolavano in giardino e s’incontravano di nascosto. Nessuno sapeva che tra loro intercorreva una relazione, nemmeno la più pettegola delle cameriere. Nessuno, fatta eccezione per la marchesina Giulia.
Erano un paio di sere che la nobile fanciulla si affacciava alla finestra della sua stanza, rimanendo ad osservare l’ambiente circostante, e fu in una di quelle occasioni che scoprì Faustina e Giuseppe ad amoreggiare. Giulia notò che la coppia s’incontrava puntualmente ogni sera, appena calato il crepuscolo, e si nascondevano dietro ad un’alta siepe.
Ogni volta che la nobile fanciulla si alzava dalla toletta, dopo che Rosalina terminava di spazzolarle i capelli, e si affacciava alla finestra, li vedeva intenti a scambiarsi qualche carezza o sussurri alle orecchie. E ogni volta non poteva che pensare al momento che trascorse assieme al duca Pietrarossa.
Ricordava ancora i suoi occhi osservarla in continuazione e il suo largo sorriso, molto diverso dal solito ghigno furbo. Ricordava il suo profumo. E naturalmente, ricordava il loro bacio.
Le emozioni di quell’intimo gesto da parte del duca, e che lei aveva ricambiato con estrema tenerezza, erano ancora vive e scalpitanti. Il sol pensiero le faceva battere il cuore. Non si era mai sentita in quel modo, per lei strano e al tempo stesso incredibile. Sorrideva quando ripensava a quel dolce bacio e alle mani di Andrea che le scorrevano lungo la schiena. Si era sentita desiderata e azzardava a dire… amata. Veniva travolta da una un’infinita gioia e da un calore improvviso.
È questo che si prova quando si possiedono dei sentimenti per un uomo? finì per domandarsi.
Provava un briciolo d’invidia per Faustina e Giuseppe. Per loro sembrava tutto molto semplice mentre per lei non lo era affatto. Da quando litigò furiosamente con Elena, non erano solamente peggiorati i rapporti con suo padre, con il quale neanche si rivolgevano il saluto, ma anche il duca Pietrarossa parve distaccarsi e ciò peggiorò notevolmente il suo umore.
«Buonasera, signora marchesa!»
Giulia si voltò, dopo aver udito la voce della sua cameriera personale, e vide sua nonna entrare nella sua stanza. Adelaide fece cenno a Rosalina di lasciarle sole e la cameriera obbedì senza remore .
«Salve, nonna».
«È la terza cena a cui non sei presente. La tua assenza inizia a pesare eccessivamente l’aria del pasto serale» sibilò la matriarca della nobile famiglia Guerra.
I suoi occhi fissavano intensamente il viso della nipote, che trasudava di un nervosismo piuttosto evidente.
«Perché vi stupite tanto, cara nonna? O forse non vi siete accorti della mia assenza anche nei precedenti tre pranzi?»
«Ora non fare l’impertinente! Mi dispiace dirtelo, ma te la sei cercata. Dovevi proprio buttarla nella fontana?»
Giulia non battè ciglio e la marchesa Adelaide sospirò, pensando che in fondo era ancora molto giovane. Era in preda al rancore e al suo istinto, una miscela che poteva portarla alla distruzione di sé e di ciò che la circondava.
«Bambina mia, capisco la tua collera nei confronti di Elena e di quell’imbecille di mio figlio, la capisco veramente, ma non posso giustificarla. Giulia, sei una signora! Non puoi metterti ad urlare come se fossi una volgare lavandaia! Sei proprio necessiti di sfogare la rabbia, ti consiglio di prendere un fucile e andare a caccia… e non di Elena».
Giulia bofonchiò una risata divertita. Comprendeva che sua nonna era lì per farla ragionare e consigliarla, come al suo solito, e le era molto grata. Rimuginando su quanto accaduto, comprese che i suoi modi troppo irruenti peggiorarono una situazione già di per sé sempre più in rotta di collisione. La verità era che nonostante ciò, non se ne pentì. Non provava un briciolo di pentimento. Credeva che Elena meritasse quel trattamento, dopo l’affronto che le inflisse. Dare via tutti gli oggetti di sua madre… lo trovò indecente e irrispettoso non solo verso di lei, ma anche verso la memoria della defunta marchesa. Il peggio era che suo padre non aveva battuto ciglio e Giulia si sentì tradita per l’ennesima volta.
«Giulia, non pensarci» le disse dolcemente sua nonna, come se avesse carpito i suoi pensieri. «Viviamo in un mondo difficile, dove fidarsi è pericoloso e la sopravvivenza è necessaria. E tu sai di cosa hai bisogno per sopravvivere».
«Un matrimonio».
«E il duca si è allontanato da te o sbaglio?»
Giulia sospirò pesantemente. Quella domanda retorica era come un coltello che s’infilzava in una ferita aperta. Più che il dispiacere, le saliva una grande rabbia. Per una volta le stava accadendo qualcosa di bello ed era riuscita a rovinarlo.
«No, non sbagliate. L’interesse di And-… ehm, volevo dire, del duca Pietrarossa sembra essersi dissolto. Evidentemente è stato più importante il trattamento che ho riservato ad Elena, piuttosto che all’apparente affetto che pareva provar per me».
«Le tue parole sono molto dure, Giulia. Chiunque esprima un pensiero con quel tono dimostra quanto fosse coinvolto nell’affaire».
«Per caso desiderate una confessione a cuore aperto?»
«Non ce n’è la necessità, mia cara. Al contrario, ho bisogno che tu smetti di farti controllare dalle tue emozioni e agisci con giudizio. Rifletti, nipote! Che cosa hai ottenuto con la tua sceneggiata?» le domandò l’anziana marchesa con voce calma, ma severa. «Il drappo, nel rapporto con tuo padre, si è allargato e chissà mai quando si ricucirà. Con molta probabilità Elena smetterà di trattarti con gentilezza, o almeno lo farà se non è ancor più sciocca di quanto già non appaia. Adriano sicuramente godrà della tua scomoda posizione. E fatto ben peggiore, hai perso la tua unica opportunità di essere libera».
«Unica non credo proprio. Posso ricordarvi che il nostro piano di riserva è ancora attuabile?»
«No, perché lo ricordo piuttosto bene. Sono anziana, non demente… per disgrazia dei miei nemici!»
«Dunque non serve essere tanto preoccupate».
«Lo credi veramente?»
«C’è qualcosa che vi fa credere il contrario?» replicò Giulia.
La marchesa la scrutò per qualche attimo. Non era impassibile. Nei suoi occhi di ghiaccio, c’era una luce misteriosa che trasse la curiosità di Giulia.
La ragazza non capì su cosa fosse tanto concentrata e non ebbe nemmeno tempo di domandarle che sua nonna riprese il discorso: «Ho preso le tue difese. L’ho fatto quando tuo padre voleva mandarti in convento e l’ho fatto anche questa volta, ma non potrò proteggerti per sempre».
Adelaide si avvicinò e le carezzò i capelli amorevolmente. Adorava quella ragazza, più di quanto avesse mai adorato suo figlio. Pietro era stata la sua più grande delusione e faticava ad ammetterlo, perché nel profondo se ne incolpava. La grande marchesa Guerra aveva trascorso gran parte della sua vita ad arricchirsi e a raggiungere il potere, trascurando senza rendersene conto il suo più grande tesoro. Freddo, testardo e superbo; Pietro divenne l’uomo che era a causa sua.
In Giulia aveva sempre visto una seconda possibilità. Era la sua occasione per riscattarsi. La prima volta che la prese tra le sue braccia, giurò a se stessa che avrebbe vegliato su di lei. Era la sua bambina e dopo tanto tempo era l’unica che poteva tirarle fuori un po’ di dolcezza.
«La mia piccola Giulia. Posso sapere perché hai quest’espressione triste? E non osare farmi credere che sia solo perché tu e tuo padre non vi rivolgete la parola».
Ovviamente non era per quello.
«Ha a che fare con il nostro bel duchino?»
Giulia era un libro aperto. Pur non volendolo, manifestava ogni suo pensiero o emozione attraverso il suo viso. La fanciulla era con le spalle al muro, tanto valeva raccontarle cos’era accaduto.

Intenta ad osservare il viso stanco allo specchio della toletta, Giulia era intenta a scrivere al suo amico Raffaello. Desiderava raccontargli ciò che era accaduto quel pomeriggio e sentiva l’estremo bisogno di leggere qualche sua riga. Il nobile giovanotto trovava sempre qualche maniera per farla sorridere.
Improvvisamente, la porta della sua stanza venne aperta bruscamente. La marchesina sospirò profondamente, immaginando fossero sua nonna o suo padre che volevano farle la ramanzina. Era un’ipotesi piuttosto valida. In seguito la litigata con Elena, si rifugiò in camera sua e non rivolse parola a nessuno eccetto Rosalina.
Giulia lanciò un’occhiata allo specchio della toletta e sbarrò gli occhi quando vide riflesso la figura del duca Pietrarossa.
Che diamine ci faceva in camera sua?!
Era giunto in un orario poco conveniente e in un momento altrettanto sconveniente dal momento che aveva indosso unicamente la chemise e la vestaglia. La nobile non riuscì nemmeno a proferir parola che l’intemperanza di Andrea prese il sopravvento.
«Avete una vaga idea di come vi siete comportata oggi? Credo che una bambina viziata abbia più coscienza di voi» l’attaccò bruscamente, mentre lei lo osservava confusa dallo specchio. «Vi siete comportata come una pazza. Avete persino alzato le mani su quell’anima candida di Elena, dovreste vergognarvi!»
In quel momento giunse Rosalina, che sobbalzò alla vista dell’uomo.
«Tu, vattene! Voglio parlare da solo con la tua padrona!»
La cameriera evitò di fulminarlo con lo sguardo solo per dovuto rispetto, ma trovò quel comportamento arrogante e dispotico. Ad ogni modo non si mosse dal suo posto. Spostò lo sguardo su Giulia, attendendo un comando unicamente da lei. La marchesina annuì, facendole segno di lasciare la stanza. Rosalina fece la riverenza e inevitabilmente lanciò un’occhiataccia al duca, prima di lasciare la stanza.
Giulia si alzò lentamente dalla toletta e tentò di coprirsi meglio con la vestaglia.
«Permettetemi di farvi presente quanto il vostro comportamento sia poco adeguato, esattamente come il vostro tono di voce. Inoltre vi rendete conto dell’ora che si è fatta?» lo riprese senza alcuna riserva. «Sono una nobildonna e mi dovete rispetto. Non potete presentarvi qui mentre sono in abiti poco consoni».
«Francamente, non me ne potrebbe importare di meno! Sono qui perché voglio esprimervi il mio parere su tutto il caos che voi avete causato con la vostra irruenza».
«Io?»
«Sì, voi!»
«Ora comprendo la vostra presenza qui. Vi ha mandato mio padre o la plebea piagnucolona?»
«Non parlate così di Elena!»
«Altrimenti?» lo sfidò Giulia, avvicinandosi tanto da stargli ad un palmo dal viso.
Lo fissava intensamente negli occhi. Voleva fargli capire che niente di ciò che era successo tra loro poche ore prima, avrebbe mutato il suo atteggiamento. Lei non si sarebbe mai piegata e non avrebbe permesso a nessuno di abbatterla.
«La vostra cara amica ha venduto tutti gli effetti personali di mia madre e avete anche il coraggio di difenderla? Siete un’idiota».
«Come mi avete chiamato?»
«Avete udito perfettamente. Non siete diverso da mio padre e potrei dispiacermene, ma non lo farò».
Giulia mise le braccia conserte e stava tenendo una compostezza d’acciaio. Niente sembrava poterla scuotere minimamente. Andrea ne rimase colpito e non piacevolmente. Gli sembrava di aver di fronte a sé un’altra persona, non era la stessa fanciulla con la quale aveva trascorso il pomeriggio. Era diversa. Era puro ghiaccio.
«Quindi è così?»
«È così che cosa?»
Andrea la fissò per qualche istante ancora. Nei suoi occhi sembrò spegnersi la speranza di… be’ solo lui sapeva che cosa stava cercando in lei e lo perse… la perse.
«Bene!» sbottò l’uomo, voltandole le spalle e uscendo dalla sua camera in fretta e furia.
Giulia sobbalzò quando sentì la porta sbattere. Improvvisamente tutta la tensione di quel giorno le piombò addosso e la fece cadere… letteralmente. La fanciulla si inginocchiò a terra e scoppiò a piangere, tenendosi le mani al petto. Sentii di aver perso qualcosa, sebbene nemmeno lei comprendesse che cosa fosse. Doveva essere qualcosa di importante, altrimenti non si spiegava quella morsa al petto.

Adelaide scosse il capo, abbozzando un sorriso ironico. «Vi siete proprio trovati, non c’è che dire. Due teste matte!»
«Chi si somiglia, si piglia!»
Rosalina e Mattia balzarono nella stanza, dopo aver evidentemente origliato alla porta. Sbarrarono gli occhi e fissarono le nobili, attendendo un severo ammonimento. Tirarono un sospiro di sollievo quando la marchesa Adelaide scoppiò a ridere. Segno evidente che erano scampati da una grossa ramanzina.
«La tua cameriera ha ragione. Tuttavia temo che la tua sceneggiata l’abbia allontanato. Peccato!»
«Se man de ladro no prende, canton de casa rende» si lasciò scappare Rosalina, attirando lo sguardo perplesso dei presenti e intuì la motivazione. «È un proverbio di noi veronesi. Lo usiamo quando si smarrisce qualcosa. Significa che si ritrova solo se non è stata rubata e, se vossignorie me lo permettono, non penso che l’interesse del duca lo sia».
«Sai qualcosa che a noi è ignoto?» domandò Adelaide.
Rosalina spostò lo sguardo da Mattia, alla marchesina Giulia e infine sull’anziana marchesa, tentando di trattenere le sue emozioni.
«Ieri pomeriggio l’ho sentito parlare con quel mona dell’Adriano e sono alquanto sicura che il duca Pietrarossa abbia detto: “Mi manca Napoli, ciò nonostante credo che mi tratterrò in Piemonte per qualche tempo. Ci sono sfide che intendo vincere”».
«Uhm… dunque forse non è tutto perduto!» esclamò Mattia in un impeto di entusiasmo.
La marchesa Adelaide parve piuttosto pensierosa. «Sicuramente l’interesse del duca non sembra affatto essersi totalmente dissipato. Nonostante ciò non sarei troppo speranzosa. Mi è parso alquanto orgoglioso».
«Orgoglioso o meno, non m’importa di lui!» sbottò Giulia voltando loro le spalle e andando alla finestra. Mise le braccia conserte e fissò il cielo oscuro, mentre nella sua mente navigavano pensieri che preferiva tenere per sé. «E non dovrebbe importare neanche a voi. Se il suo interesse non si fosse dissipato, in questi giorni si sarebbe potuto avvicinare, ma non l’ha fatto! E per quanto io potrei essere coinvolta, ho altro a cui pensare, ovvero me stessa! Devo proteggermi da Adriano e provare a…»
«Questo è il primo pensiero saggio che sento da te da quando sono entrata nella tua stanza» affermò la marchesa Adelaide. «Rosalina, non avresti un detto nel tuo divertente dialetto? Iniziano molto a piacermi. Com’era quello di prima?»
«Se man de…»
«No, no, cara. Traducimelo per bene».
«Oh, certamente! Se la mano del ladro non prende, l'angolo di casa restituisce».
«Se la mano del ladro non prende, l'angolo di casa restituisce» ripetè Adelaide con tono allegro. «Mi piace. Nipote cara, perché tu non conosci questi proverbi seppur hai vissuto in quella splendida città?»
«Li conosco, nonna cara, ma Rosalina è più brava di me a dirli al momento opportuno» disse voltandosi e andando vicino alla sua cameriera, con la quale si scambiò un sorriso complice.
Improvvisamente la porta venne spalancata.
«Mia signora e mia signora» le salutò un servitore, piuttosto affannato «la tenuta è stata assaltata da alcuni briganti mal intenzionati. Il marchese Pietro ha ordinato di rifugiarsi nell’ala est del castello, immediatamente!»
Senza perder tempo, uscirono dalla camera da letto di Giulia. Il servitore venne raggiunto da altri due garzoni e insieme illuminarono il percorso. Mattia teneva stretto a sé l’anziana marchesa Adelaide, l’avrebbe scortata per tutto il percorso, in modo da poterla proteggere in caso di pericolo, mentre Giulia e Rosalina erano subito dietro.
Solitamente ad assaltare il castello erano bande di briganti nomadi, che attraversavano la zona e nel cuore della notte si addentravano della residenza di un nobile per derubarne gli oggetti più preziosi. In passato, alla tenuta di campagna della famiglia Guerra era già accaduto un episodio simile. Al tempo Giulia era una bambina e ricordava che si erano recati tutti in un salotto dell’ala est, da cui si poteva accedere ad un passaggio segreto se ce ne fosse stata la necessità, mentre a difendere la tenuta e a cacciare via i briganti se ne occupavano i servitori.
Non c’era nulla da temere. Presto sarebbero giunti al luogo sicuro e anche gli ultimi ad arrivare, in quanto la stanza privata della marchesina Giulia era la più distante.
Camminando per il corridoio, apparì un brigante che spinse a terra Rosalina e afferrò Giulia per la vita. I servitori, compreso Mattia, fecero per intervenire e quel brigante puntò loro addosso la sua pistola, prima di puntarla immediatamente alla tempia della marchesina.
Dalle labbra di Giulia uscì un gridolino di pura paura. Stava sfiorando la morte. La sua vita dipendeva da un uomo sconosciuto, a cui non aveva fatto nulla di male, eppure egli la detestava con tutta l’anima. Lo percepiva dalla forza bruta con cui la stava tenendo. Il brigante imprecò contro i servitori e minacciò più volte la vita della marchesina.
«Lasciate andare la ragazza!» inveì la marchesa Adelaide, facendosi avanti senza paura. «Non fatele alcun male. Sono disposta a rendervi i miei gioielli in cambio della sua vita».
«Non sarà così semplice, signora» rispose quell’altro sprezzante. «La ragazza verrà con me, ma non vi preoccupate avrete sue notizie. Ci faremo sentire per pattuire il prezzo da pagare».
«Ditemi ora il prezzo da pagare. Sono disposta a rendervi qualsiasi cifra».
L’uomo scosse il capo.
«Prendete me al suo posto».
«E che cosa me ne farei di una vecchia? Oh no… è la carne fresca che ci interessa».
Giulia sussultò di scatto.
La marchesa Adelaide tentò di non scomporsi. Nella sua lunga vita aveva imparato che mai bisognava mostrare paura o il nemico ne avrebbe fatto un’arma a proprio vantaggio. Ragion per cui non spostò mai lo sguardo sugli occhi di Giulia. Adelaide immaginava che nulla e nessuno sarebbe stato in grado di trattenerla.
«Se oserete sfiorarla anche solo con un dito, ve lo giuro sul mio nome, morirete in preda a mille sofferenze».
Il brigante le rise in faccia, prima di strattonare Giulia e tirarle uno schiaffo in pieno viso. La marchesina cadde a terra, tenendosi la guancia arrossata, e Mattia si prodigò per aiutarla a rialzarsi, ma il brigante gli puntò subito la pistola contro.
«Eccovi mostrata l’importanza della vostra minaccia» disse rivolgendosi alla marchesa Adelaide, che nel contempo era livida di rabbia.
«Siete un uomo morto».
Il brigante afferrò Giulia per un braccio e la rialzò bruscamente. «Salutate la vostra nonnina, perché non la rivedrete per un lungo periodo» e poi le schioccò un bacio sulla guancia.
Giulia rabbrividì e le tornarono alla mente i gesti languidi e i baci saffici che Adriano le strappò, quando tentò di farle violenza. Era quello che le aspettava quella notte. Le intenzioni di quell’infimo uomo erano chiare. Ormai era in trappola. Si sentiva come quelle lepri che finivano nella rete del cacciatore e la cui fine era stata segnata.
La marchesina venne strattonata bruscamente, trascinata nel buio più totale, e l’ultima immagine impressa nella sua mente furono gli occhi terrorizzati di sua nonna.
Giulia cominciò a gridare aiuto, ma quell’uomo le tappò in fretta la bocca con la sua grossa mano. Durante il tragitto per uscire dalla tenuta le mise un sacco in testa e questo le impedì di capire dove la stesse portando.
La marchesina tentò di dimenarsi e opporre resistenza, ma fu tutto inutile. La sua forza era nulla in confronto a quella del suo assalitore. Giulia muoveva la testa in continuazione e per un fortuito caso fu capace di liberarsi dal sacco e notò di trovarsi nel parco della tenuta.
«Tu mi farai diventare molto ricco, sai?»
L’alito di quell’uomo puzzava di alcol e il suo fetore era immane.
«Sei proprio la mia gallina dalle uova d’oro!»
Giulia gli tirò una gomitata nello stomaco. In una veloce mossa, il brigante le mise un coltello alla gola e poi scoppiò a ridere.
«Non provarci, gallinella!»
Era veramente finita? La sua vita si sarebbe conclusa in quella maniera tanto crudele?
Oh sì, Giulia mise in conto che poteva andare incontro a morte certa. Aveva udito tante storie di giovani nobili rapite per essere abusate, torturate mentre i propri familiari si premunivano di trovare il denaro per pagarne il riscatto. In quel momento di pura paura si domandò se suo padre era disposto a sborsare un’enorme cifra per salvarle la vita.
Ogni passo che compiva l’allontanava dalla tenuta e l’avvicinava alla certezza che suo padre avrebbe colto l’occasione per abbandonarla.
In fin dei conti gli sarebbe convenuto perderla per sempre e non rivederla mai più. La sua vita con Elena sarebbe proseguita verso la felicità e senza alcun intoppo. Pubblicamente poteva mostrarsi costernato per la sua morte e non rivelare a nessuno com’era veramente finita.
La vita della marchesina Giulia Guerra si sarebbe spenta in silenzio, lontana da tutto e da tutti. Se quelle sue paure si fossero rivelate fondate, Giulia sperava almeno di poter raggiungere il luogo in cui l’anima di sua madre risiedeva. Quello fu il suo ultimo pensiero, prima che…
«Lasciala andare!»
Il brigante si voltò di scatto, trascinandosi anche Giulia. Il cuore della ragazza fece un balzo non appena lo vide. Proprio lui. Stava a pochi metri da loro e aveva in pugno una pistola. Lo sguardo timoroso e rabbioso del duca Pietrarossa era fisso sul brigante.
«Lasciala andare o sei finito!»
«Credete che le vostre minacce mi spaventino? Tzk!» replicò il brigante, sputando a terra. «Abbassate immediatamente la pistola o mi toccherà far del male alla vostra marchesina e, credetemi, non voglio proprio farlo. Questa ragazza mi frutterà molto, soprattutto stanotte! Non gradisco una donna agonizzante, mentre sto…»
«Non osate farle del male, bifolco» sibilò lento Andrea.
«Le vostre minacce sono inutili. State sprecando fiato».
«Non mi ripeterò un’altra volta. Lasciatela andare, subito!»
Il brigante scosse la testa e rimasero ancora qualche istante a fissarsi. Andrea non accennava ad abbassare la pistola. Non poteva farlo. Non poteva lasciare che quell’uomo se la portasse via.
Chissà in quale sudicio luogo l’avrebbe portata e, sopra ogni cosa, chissà che cosa le avrebbe fatto. Dalle smorfie che gli stava mostrando, non fu difficile immaginarlo per Andrea e ciò non fece altro che accrescere la sua rabbia. Nessuno doveva osare toccarla. Andrea gliel’avrebbe impedito a qualunque costo.
Il duca serrò maggiormente la presa sulla pistola. Era nervoso, come non esserlo? La ragazza per cui provava dei forti sentimenti, che stupidamente aveva tentato di negare a se stesso e di combatterli specialmente negli ultimi giorni, era in serio pericolo.
«Ti prego, lasciala andare. Ti prego».
I suoi occhi si scontrarono per una frazione di secondo con quelli di Giulia. Fu un breve attimo, ma così intenso che non sfuggì nemmeno a quel buzzurro brigante.
«Oh! Vedo che tenete in maniera particolare a questa ragazza. Questo non fa altro che facilitare il mio compito. Richiederò molto più denaro e il mio divertimento sarà più intenso!»
«Siete un maledetto! Un uomo senza onore!»
«Fatevi da parte o comincerò fin da ora a farle del male… proprio di fronte ai vostri occhi».
«Se oserete, vi ucciderò con le mie stesse mani».
«A quanto pare siete benvoluta» sussurrò all’orecchio di Giulia. Le carezzò una guancia con la punta della pistola, la fece scorrere lungo il collo e raggiunse l’incavo del seno. «Questa serata si preannuncia fin troppo interessante».
Il limite di sopportazione di Andrea era stato varcato. Per il duca era il momento di agire. Serrò bene la mano attorno alla pistola e prese la mira e mentre il brigante scoppiò in una fragorosa risata, Andrea premette sul grilletto.
Fu un gesto azzardato, dettato dalla paura e forse dal troppo istinto, tuttavia ebbe la gran fortuna di colpire la mano del brigante.
Il duca non avrebbe detto di esser stato baciato dalla buona sorte, ma semplicemente era stato in grado di calcolare tutto. Colpendolo alla mano, il brigante avrebbe mollato la presa su Giulia e infatti così accadde.
La marchesina sobbalzò e, rendendosi conto rapidamente di ciò che era appena accaduto, sfilò di mano la pistola del brigante e lo colpì in testa con essa. Fu Andrea a dargli il colpo di grazia, sparandogli in pieno petto. Il brigante sbarrò gli occhi ed esalando il suo ultimo sospiro cadde a terra.
Quella rapida sequenza di eventi scorse sotto gli occhi di Giulia. E quando realizzò che tutto era finito, corse immediatamente da Andrea, che l’accolse tra le sue braccia senza alcuna esitazione.
Un senso di gran sollievo avvolse il cuore del duca, perché la sua amata era sana e salva. Il duca fece cadere la sua pistola a terra e strinse a sé la giovane nobile. Non aveva intenzione di lasciarla neanche per un minuto. Finchè avrebbe potuto, non si sarebbe mai scostato. Percepiva un senso di calma ad averla vicino a sé e non solo perché l’aveva salvata, era semplicemente l’effetto che Giulia gli provocava.
Non gli importava quanto gli desse ai nervi quando mostrava disprezzo per Elena o quanto la situazione lo avesse spinto ad allontanarsi. Che poi, se doveva essere sincero, per quanto avesse tentato di allontanarsi sentiva che qualcosa lo teneva costantemente legato a lei.
Non sapeva se fosse dovuto al fatto che momentaneamente vivessero sotto lo stesso tetto. Aveva provato a pensare alla sua vita a Napoli, città a lui molto cara dove possedeva un palazzo e molti amici, ma ogni volta che portava là la mente sentiva la malinconia avvolgerlo.
Giulia aveva il capo poggiato sul suo petto ed era in grado di sentire il suo cuore battere velocemente. Il suo tentato rapimento aveva risvegliato una forte preoccupazione in Andrea, che aveva pure aveva rischiato la vita per salvarla.
«Ho temuto di non rivederti mai più e non me lo sarei mai perdonato» le sussurrò ad un orecchio. Era talmente frastornato da tutto ciò che era appena accaduto, che si dimenticò completamente delle conveniente e se ne infischiò di utilizzare il “voi”. Poco gli interessava in quel momento. «Oh, Giulia. Non avrei mai permesso che ti portasse via».
In preda all’agitazione per quel tentativo di rapimento e per le parole dolci che Andrea le aveva appena rivolto, Giulia scoppiò a piangere in silenzio. Gli circondò la schiena con le sue braccia e desiderava rimanerci avvinghiata per tutta la notte, se non per sempre. Tra le braccia di Andrea si sentiva al sicuro, più di quanto gli fosse mai capitato con Giacomo, con Raffaello o con sua nonna.
«Vieni. Ti porto dentro» mormorò il duca, scostandosi leggermente e sfiorandole il braccio, fino a finir per prendere la sua mano con delicatezza.
«Aspetta».
Giulia lo fermò tenendolo per mano. Non sapeva nemmeno lei cosa dirgli. Gli era grata senza dubbio e ormai era in debito, ma ovviamente non si trattava solo di quello. Dentro la giovane c’erano una miriade di emozioni che scalpitavano, come un puledro imbizzarrito, per uscire e gridare con la grinta di un leone quanto desiderasse tornare tra le sue braccia, anche solo per un minuto. Oh, Giulia desiderava più di ogni altra cosa che quelle forti braccia la strinsero nuovamente. Desiderava sentire il suo odore intenso e di cui non poteva più farne a meno. Eppure dalle sue labbra non uscì nessuna parola che potesse fargli capire ciò che ardeva in lei.
«No, niente. Rientriamo» riuscì solamente a dire.
Andrea le lanciò un’occhiata fugace e poi s’avvicinò per prenderla in braccio, stupendola con quel repentino gesto. Le guance di Giulia s’imporporino lievemente. Non era abituata a quel contatto con un uomo. Abbassò gli occhi e riuscì solamente ad abbozzare un sorriso imbarazzato.
C’era da dire che il duca se la prese con una gran calma e a Giulia non dispiacque affatto. L’indomani mattina se ne sarebbe andato e per questo aveva tutta l’intenzione di godersi quel momento… entrambi desideravano godersi il momento. E lo fecero fino a quando non raggiunsero il salotto dove si erano nascosti gli altri membri della famiglia Guerra.
La marchesa Adelaide fu la prima ad andar loro incontro.
«Bambina mia! Sei salva!»
La strinse forte a sé. Il timore di averla perduta le avrebbe fatto divenire tutti i capelli grigi se già la sua folta chioma non avesse perso colore anni orsono.
«Siete stato voi a salvarla, duca. A voi pongo tutta la mia riconoscenza e la mia fiducia. Tengo un grosso debito nei vostri confronti».
«Nessuno debito, milady. Mai avrei lasciato che a vostra nipote fosse torto anche un sol capello».
«Oh, ne sono certa» rispose la marchesa Adelaide con tono forte.
«Siete stato così coraggioso, Andrea» avanzò Elena, lasciandosi andare ad un lungo sospiro melenso.
S’avvicinarono tutti per porgere parole d’ammirazione al duca Pietrarossa. Si premunirono maggiormente di adularlo, invece che mostrare anche solo una sottile preoccupazione per Giulia. Nemmeno Adriano le rivolse una parola di conforto e, se le toccava essere onesta, lo preferì.
Solamente la marchesa Adelaide era sinceramente preoccupata per la nipote e ordinò immediatamente a Mattia di riaccompagnarla nella sua stanza.
Giulia era ancora molto scossa, ma si rendeva ben conto di ciò che le stava accadendo attorno e per quanto strano potesse sembrare - o forse non più di tanto - non la toccava il disinteresse di Elena, né quello di Adriano e tantomeno quello di suo padre.
Non desiderava le loro attenzioni. Ancora anni orsono aveva messo in conto di esser stata abbandonata. Ciò doveva farle constatare che si trovava sola al mondo e invece non era così. Non era sola.
Giulia aveva al suo fianco persone di cui si fidava ciecamente e che più volte dimostrarono di tenere a lei. C’era sua nonna Adelaide, la donna che vegliò su di lei dal suo primo vagito.
C’era la dolce Rosalina, senza la quale presenza allegra si sentirebbe sconfortata ogni giorno. C’era il caro Raffaello che sebbene fosse lontano, lo sentiva vicino al suo cuore. C’era Giacomo, lui non l’avrebbe mai lasciata, non aveva alcun dubbio. E poi… poi c’era Andrea. Mai avrebbe pensato che quell’uomo sarebbe diventato tanto importante.
Il cuore della nobile fanciulla era certo dei sentimenti e delle incontrastate emozioni che ella provava. Non era sicura di poterlo definire amore. Attrazione, gratitudine, simpatia… provava delle emozioni più che positive, ma doveva definire il tutto con quella parola tanto importante?
Che cos’era l’amore in fin dei conti?
Un sentimento che legava il cuore e le anime di due persone. Shakespeare credeva che l’amore non mutasse quando l’altro si allontanava. L’amore non è in grado di vacillare o svanire, sempre se si tratta d’amor vero, e può durare fino al proprio ultimo respiro.
Be’… Giulia non possedeva questa certezza su se stessa o sul duca Pietrarossa.
Ciò che credeva era che intercorresse dell’affetto, ma chissà se sarebbe mai potuto mutare in altro. Non nascondeva che ci sperava. Sperava che lui potesse ricambiare più di quanto sperava che suo padre potesse tornare ad amarla come un tempo. E con questo ultimo pensiero lasciò il salotto, dedicando il suo ultimo sguardo all’uomo che l’aveva salvata da un destino infausto.


Svegliarsi al mattino seguente non fu affatto difficile.
La paura che qualcuno potesse rapirla nel sonno, le mise talmente tanta angoscia da non farle chiudere occhio per l’intera nottata. I capelli scuri che sciolti si stendevano sulla sua schiena e con la flebile luce del mattino ad illuminarle la pelle chiara, questa fu l’immagine che si presentò di fronte agli occhi di Rosalina, quando entrò nella sua stanza a portarle la colazione. La sua padrona era intenta ad osservare qualcosa alla finestra e nemmeno il rumore del vassoio d’argento che s’appoggiava al tavolo riuscì a destare la sua attenzione.
«Marchesa, vi ho portato la colazione».
Giulia tentennò qualche attimo, dandole le spalle, poi si voltò e scosse il capo.
«Scusa, ma non ho fame».
«Non avete dormito stanotte».
«Se ti fa star meglio, posso dirti che ho provato».
Rosalina le lanciò un’occhiataccia e sospirò pesantemente.
«Hanno già portato i suoi bagagli dabbasso» continuò Giulia.
«Se desiderato saperlo, il duca non è ancora sceso dalla sua stanza. Potreste ancora andare a salutarlo».
«Forse è meglio che tutta questa storia si sia chiusa la scorsa notte. È un perfetto finale!»
«Scusatemi fin da subito per l’impertinenza, signora, ma perché? Perché deve essere la fine?!» sbuffò esausta e abbandonando la sua compostezza da cameriera, si mise di fronte alla nobile come se fosse una sua pari. «Da quando quell’uomo è entrato nella vostra vita siete raggiante. Risplendete come solo il sole può fare e sarebbe un terribile sbaglio lasciar tutto andare per orgoglio o che so io! Sarò anche una serva ignorante, ma riconosco la gioia sul viso di una persona a me cara e voi possedete quella gioia quando il duca è attorno a voi o quando semplicemente pensate a lui. Perché non lottate, Giulia?»
«Lottare? Non c’è niente che io possa fare».
«Se ora andaste da lui forse… forse non partirebbe più!»
«E se non mi volesse quanto io voglio lui?»
«Sciocchezze!» esclamò Rosalina, sventolando una mano. «Dovete fare un tentativo. Lo dovete a voi stessa!»
La sua cameriera sapeva essere piuttosto convincente. Giulia comprese che in una situazione rovesciata, si sarebbe data il medesimo consiglio.
Per Rosalina era chiaro, come che esistesse il sole, che la sua padrona fosse infelice a causa della partenza del bel duca e lei ne era infelice a sua volta. Le voleva bene e aveva notato quanto il duca fosse una costante positiva nella vita della nobile. Non l’aveva mai vista così raggiante nemmeno quando risiedevano a Verona. Tra le sue preghiere, prima di andare a dormire, rientrava anche la felicità che spettava a Giulia e per Rosalina era accanto ad Andrea Pietrarossa!
«Andate da lui. Andate».
Giulia s’avvicinò rapidamente alla ragazza e le prese entrambe le mani. Si scambiarono un sorriso, l’unico vero gesto che poteva dar forza alla nobile, la quale si volatilizzò fuori dalla sua camera in un battito di ciglia.
Era uscita con un tale impeto da non essersi resa conto di com’era conciata. Secondo il protocollo non era affatto conveniente che una nobil fanciulla si mostrasse con i capelli sciolti e non perfettamente agghindata si mostrasse ad un uomo che non fosse il marito. Tantomeno era conveniente che una donna si presentasse in camera sua. Giulia, però, non era solita rispettare pienamente il protocollo. Lei agiva d’impulso, era solita seguire il cuore e il cuore la stava portando da Andrea Pietrarossa.
Camminava svelta lungo i corridoi con l’intenzione di raggiungerlo in fretta e parlargli. C’erano una miriade di cose che desiderava dirgli, ma avrebbe cominciato ringraziandolo per averle salvato la vita. Con un sorriso teso sulle labbra compì l’ultimo passo.
Ormai era lì.
Era giunta di fronte alla porta della camera da letto del duca Pietrarossa. Giulia prese un respiro profondo e senza esitazione bussò tre volte. Magari il destino avrebbe fatto sì che non ci fosse e quindi si sarebbe risparmiata di vederlo, probabilmente per l’ultima volta. Desiderava incontrarlo, tanto quanto in realtà non volesse vederlo e salutarlo. Stava iniziando a dare di matto nel momento meno opportuno. Forse aveva reagito troppo d’istinto…
«Avanti!»
A quanto pare il destino voleva regalar loro un ultimo momento insieme. Doveva cogliere quell’opportunità. Giulia chiuse gli occhi e fece un respiro profondo, per calmarsi e tirar fuori il suo coraggio. Quando li riaprì fu pronta a girare la manopola della porta, non l’aprì del tutto, ma il giusto per mostrare la sua presenza.
«Posso?»
Il duca Pietrarossa era intento ad abbottonarsi il panciotto vermiglio, mirandosi allo specchio. Lo vide voltarsi con aria sorpresa, ma lieta, e annuire.
Il sorriso di Giulia perse quella tensione del momento precedente. Si rilassò ed entrando velocemente nella stanza, si richiuse la porta alle spalle. Nella sua mente stava ripetendo il discorso che si era ben preparata. Eppure quando gli fu di fronte, con quegli occhi limpidi che la osservavano con dolcezza, dimenticò ogni parola che aveva scelto accuratamente e lasciò il comando alle sue emozioni.
«Qual buon vento vi porta qui, marchesina?»
La fanciulla scosse il capo e abbassò lo sguardo sulle proprie mani. Era intenzionata a combattere le sue emozioni e a mantenere un comportamento composto e serio.
«Desideravo salutarvi… salutarvi e ringraziarvi per avermi salvato la vita, la scorsa notte. Non c’è dubbio che se non foste intervenuto… be’ sicuramente non sarei qui e chissà cosa mi sarebbe capitato durante la notte».
Non potè vederlo, ma Andrea abbozzò un sorriso premuroso. Smise di allacciarsi il panciotto e si avvicinò a lei. Non resisteva a starle lontano, avendola così vicina e soprattutto non arrabbiata con lui. Desiderava abbracciarla come aveva fatto qualche ora prima. Fu obbligato a reprimere quel suo desiderio, che scalpitava dentro di sé assieme alla voglia di baciarla.
Sentendolo vicino, Giulia alzò immediatamente lo sguardo, scontrandosi direttamente con quei grandi occhi luminosi che furono attirati dal suo viso stanco.
«Non avete dormito stanotte» constatò, osservando le leggere occhiaie e sfiorandole delicatamente con il pollice. «È comprensibile, ma non dovete pensarci più. Dimenticate questo brutto episodio».
«Tenterò».
«Ce la farete. Siete una ragazza forte, Giulia».
«E molto intemperante» disse lanciandogli un’occhiata.
Andrea capì subito a cosa si stava riferendo.
«So che non dovevo sgridarvi per la discussione con Elena. Io non dovevo permettermi di piombare nella vostra camera e…»
«Dimenticate quell’episodio. Non ha alcuna importanza».
«Il fatto è che, quando vi ho vista litigare con Elena, mi sembravate completamente un’altra persona e non ho compreso le vostre ragioni. Non le comprendo nemmeno tutt’ora, ma del resto non sono affari che mi concernano».
“Comprensibile, tu non sai tutta la verità” pensò Giulia.
«Grazie per tutto, specialmente per la vostra gentilezza» mormorò la marchesina, prendendogli istintivamente una mano. «So di non essere una persona facile da comprendere, però mi auguro che conserverete un bel ricordo di me».
«Non potrebbe essere diversamente, credetemi».
Andrea alzò l’altra mano sul viso pallido della fanciulla. Se si fosse fermato a pensare che era stato ad un soffio dal perderla seriamente, l’angoscia che lo attanagliò per l’intera notte sarebbe risalita in superficie. Per quanto potesse avergli dato fastidio il suo comportamento verso Elena non poteva reprimere ciò che sentiva per Giulia. Il problema era che non riusciva a capirla fino in fondo e lo detestava. Detestava quando le cose non gli risultavano chiare quanto un cristallo. Lo mandavano in confusione e lo rendevano troppo pensieroso e irritabile.
«Sono felice che siate qui».
«Sono qui solo per ringraziarvi» gli rispose Giulia.
«E per salutarmi» aggiunse lui, avvicinando le sue labbra a quelle della ragazza.
«Quindi… grazie» lo bloccò la marchesina, soffocando una risata divertita.
Andrea mostrò un’espressione perplessa e di fronte al divertimento genuino di Giulia, non trattenne un sorriso.
«Grazie? Come grazie? Con un semplice grazie mi ringraziate?»
Quel gioco di parole sancì l’armonia fra loro.
«Suppongo che quella parola sia stata inventata, per l’appunto, ringraziare una persona».
«Quindi grazie e basta?» ritentò Andrea.
Giulia lo osservò per qualche minuto. «L’ho sempre detto che voi sotto quell’aspetto da affascinante gentiluomo, siete un gran furbastro».
«Ah… dunque credete che io sia un affascinante gentiluomo» il duca si divertì a stuzzicarla.
«E un gran furbo!»
«Sì, ma sono comunque molto bello. Anzi, credo che la mia scaltrezza aumenti il mio fascino» si pavoneggiò Andrea, gonfiando il petto orgoglioso e tenendo stretta a sé la sua marchesina.
«Quanta modestia mi tocca udire. Desiderate proprio che io vi dica quanto siete bello?»
«Non è per farmi contento. So bene di esserlo».
«La vostra modestia continua a colpirmi, duca. Come farò senza di voi?» commentò ironica.
In una veloce mossa, Andrea le afferrò entrambe le mani e gliele mise dietro la schiena, così da averla ancora più vicina. Le mostrò un gran sorriso, quando si ritrovarono i visi piuttosto vicini.
«In effetti… come potrete continuare a vivere senza la mia nobile presenza?»
«Magari al prossimo ricevimento mi trovo un corteggiatore» lo provocò lei, lanciandogli un’occhiata furba. «Dai conti Novellis ho riscosso abbastanza successo. Ricordate?»
«Sì» gli toccò ammettere.
«Credo che uno di quei giovani rampolli mi volesse scrivere».
«Dunque mantenete una corrispondenza con altri?»
«No… per ora no. Dipenderà dagli eventi, suppongo».
«Quali eventi?»
«Da chi arriva per primo».
Senza rendersene conto, Giulia stava giocando e metteva in pratica uno dei consigli di sua nonna per capire l’interesse di un uomo. Fu spontaneo. Assolutamente non calcolato o previsto. La marchesina credeva che lo avrebbe semplicemente salutato e ringraziato, invece era ancora lì, praticamente tra le sue braccia. Era molto meglio di quanto avesse immaginato.
«A me pare che qualcuno sia arrivato per primo» ribattè Andrea.
«Chi?»
«Io!»
E la baciò. La baciò con bramosia. La baciò come avrebbe dovuto fare negli ultimi giorni.
Ah! Maledetto sia il suo orgoglio che lo tenne distante da quella giovane impetuosa, impetuosa quanto lui. Giulia era fuoco vivo. Un fuoco pronto a divampare quando in gioco c’erano i suoi sentimenti e Andrea ormai era certo che fossero gli stessi che provava lui. Se ne infischiava delle parole di Adriano, che come un serpente aveva sibilato cattiverie all’orecchio del duca, e se ne infischiava anche del rapporto disastroso che Giulia condivideva con Elena. Per quanto fosse dispiaciuto per la sua amica d’infanzia, Andrea non vedeva alcuna cattiveria nella sua innamorata.
Forse parlar d’amore era troppo presto, ma provava qualcosa di grande per quella ribelle marchesina e quel bacio lo suggellava.

 

Mrs. Montgomery
Andrea e Giulia non fanno altro che avvicinarsi, allontanarsi e poi avvicinarsi ancora. Questa è la storia del loro amore e di come cambierà le loro vite. In molte occasioni sarà proprio il forte sentimento che provano l'uno per l'altra a mutare una situazione o a capovolgerla del tutto, come è successo in questo capitolo.

Vi ringrazio per aver letto. Grazie a chi inserirà la storia nelle varie categorie e chi vorrà recensire.
Se volete seguirmi su facebook ecco il mio profilo. Nelle foto troverete i prestavolto dei protagonisti -- > Charlotte Montgomery
-Baci

 

   
 
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