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Autore: Emmastory    08/04/2017    3 recensioni
Anche se il tempo continua a scorrere, le cose nell'un tempo bella e umile Aveiron sembrano non cambiare. La minaccia dei Ladri è ancora presente, e una tragedia ha ora scosso l'animo dei nostri amici. Come in molti hanno ormai capito, quest'assurda lotta non risparmia nessuno, e a seguito di un nobile sacrificio, la piccola ma coraggiosa Terra sembra caduta in battaglia, e avendo combattuto una miriade di metaforiche e reali battaglie, i nostri eroi sono ora decisi. Sanno bene che quest'assurda e sanguinosa guerra non ha ancora avuto fine, ma insieme, sono convinti che un giorno riusciranno a mettere la parola fine a questo scempio, fatto di sangue, dolore, fame, miseria e violenza. Così, fra lucenti scudi, affilate spade e indissolubili legami, una nuova avventura per la giovane Rain e il suo gruppo ha inizio. Nessuno oltre al tempo stesso sa cosa accadrà, ma come si suol dire, la speranza è sempre l'ultima a morire.
(Seguito di: Le cronache di Aveiron: Miriadi di battaglie)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Capitolo XXXVI

Volere è potere

Un altro mese se n’era ormai andato, e con questo, anche la calma e la tranquillità che insieme ai miei amici mi sforzavo di sfruttare per continuare a vivere. Io sembravo riuscirci, ma loro no. Avevo tanto pregato perché il cielo desse loro un attimo di tregua, e ora non riuscivo a capire se le mie preghiere erano state ignorate o i miei desideri negati. Ad essere sincera, credo davvero che Soren e Samira formino una bellissima coppia, che come tante altre merita di vivere una bella vita. Il tempo scorre, e più li guardo, più me ne convinco. Difatti, proprio come me e Stefan, loro sembrano letteralmente fatti l’uno per l’altra. Due anime gemelle che hanno faticato tanto per trovarsi, e che ora ripetono costantemente di sentirsi preda del dolore più grande mai provato. Da ormai lungo tempo, trascorrono la loro esistenza impegnandosi in quello che io chiamo “gioco delle colpe.” Da un lato c’è Samira, che soffre per le attuali condizioni in cui versa il loro amato bambino, e dall’altro c’è il suo Soren, che pur non piangendo, mi parla spesso, punendosi verbalmente. Sa bene di aver salvato sua moglie da morte certa in un arido e clinico letto d’ospedale, ma è convinto che se non l’avesse fatto, le avrebbe evitato di continuare a soffrire. Come tutti noi, lui crede in Dio, e pensa che ora Lui lo stia punendo per aver agito contro il suo inequivocabile volere. Parlandogli incessantemente, sto provando a convincerlo che nulla di tutto questo è vero, e che il gesto che ha compiuto per salvare la sua amata è solo nobile, ma è accecato dal dispiacere, e non vuole credermi. Con mio gran dispiacere, mi trovo oggi costretta ad ammettere che quei due non hanno davvero vita facile, e che pare esistere sempre qualcosa in grado di distruggere la loro felicità. Tale consapevolezza non fa che intristirmi, ma volendo rimanere ottimista, ho dedicato loro molte pagine del mio diario, e una semplice frase piena di significato, che ogni sera Samira legge per farsi forza. “Andrà tutto bene. Siete come piume dello stesso uccello.” Questa la frase che ho loro rivolto, e che è servita a far tornare il sorriso sul volto della mia amica, precedentemente straziata dal dolore. Sconvolta, aveva perfino pensato di farsi ancora del male smettendo di nuovo di mangiare, ma dandomi ragione, suo marito l’ha spinta a desistere. Ad ogni modo, il sole è in cielo già da ore, e mentre splende, la realtà è sempre uguale. Isaac è stabile, e la preghiera appare come l’ultima spiaggia. Ogni giorno, nei momenti di tempo libero, vado a fargli visita in ospedale, trovando Samira già lì, intenta a parlargli e stringergli la manina. “Riprenditi, ometto speciale.” Gli dice sempre, guardandolo con occhi lucidi e rovinati dal pianto. “Sei forte, piccolo campione.” Risponde ogni volta il padre, dando manforte ad una moglie sconvolta. Queste due frasi vengono ripetute giornalmente, e risuonano ormai infinite volte nella mia testa, quasi fossero vecchi e vedici mantra ormai dimenticati. A mani giunte, noi tutti preghiamo per loro, inclusa la piccola Rose, che nel silenzio, sussurra sempre le stesse parole. “Ti prego, aiutalo.” Tre semplici lemmi che spera arrivino a Dio, convincendolo a intercedere e salvare la vita a quel povero neonato, definito dal padre un vero miracolo. A mio avviso, questo è un altro di quei gesti che in genere definisco lodevoli, poiché nonostante la perfetta conoscenza della malattia di Samira, e la possibilità che insieme non avrebbero mai potuto avere dei figli, loro si sono fidati l’uno dell’altra,  scegliendo di rischiare e dando il benvenuto ad un figlio che è ora in bilico fra la vita e la morte. Immagine straziante per una madre, ma che corrisponde, anche se per una sorta di scherzo del fato, alla realtà. “Non ce la faccio più. Sto per arrendermi, Rain.” Mi ha detto Samira, piangendo e allontanandosi lentamente dal suo bel bambino, che al sicuro nel suo caldo nido, ha il respiro debole e pare dormire. “Non farlo.” Le ha risposto Terra, stringendole la mano e guardandola negli occhi con aria seria. Confusa e stranita dalle sue parole, la mia amica non ha fatto che guardarla, e la sua risposta ha scioccato tutti. “Volere è potere.”  
 
   
 
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