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Autore: crazy lion    08/04/2017    6 recensioni
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti raccontati nel libro di Dianna De La Garza "Falling With Wings: A Mother's Story", non ancora tradotto in italiano.
Mancano diversi mesi alla pubblicazione dell’album “Confident” e Demi dovrebbe concentrarsi per dare il meglio di sé, ma sono altri i pensieri che le riempiono la mente: vuole avere un bambino. Scopre, però, di non poter avere figli. Disperata, sgomenta, prende tempo per accettare la sua infertilità e decidere cosa fare. Mesi dopo, l'amica Selena Gomez le ricorda che ci sono altri modi per avere un figlio. Demi intraprenderà così la difficile e lunga strada dell'adozione, supportata dalla famiglia e in particolare da Andrew, amico d'infanzia. Dopo molto tempo, le cose per lei sembrano andare per il verso giusto. Riuscirà a fare la mamma? Che succederà quando le cose si complicheranno e la vita sarà crudele con lei e con coloro che ama? Demi lotterà o si arrenderà?
Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo. Saranno presenti familiari e amici di Demi. Anche per loro vale questo avviso.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Joe Jonas, Nuovo personaggio, Selena Gomez
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Ciao a tutti! Come state?
Allora, innanzitutto alcuni ringraziamenti:
- a _FallingToPieces_, che ha controllato una parte del capitolo precedente e una di un altro che posterò in seguito, per darmi la sua sincera opinione di accanita lettrice qual è. Grazie, tesoro, per tutto;
- e a Ciuffettina, che, senza volerlo, con una recensione mi ha ricordato che ho fatto un errore. Grazie, amica mia! Se ricordate, tempo fa avevo scritto che Andrew e Demi avevano detto alla loro famiglia che stavano insieme; poi, però, nel capitolo 67, c'era una battuta in cui sembrava che nessuno sapesse questa cosa. Essendomi accorta ieri sera di tale incongruenza, della quale mi scuso profondamente, l'ho corretta, qui come negli altri siti dove pubblico. Ho dato un'occhiata anche al resto. Credo non ce ne siano altre del genere ma, se doveste trovarne, o ricordarvi di qualcuna negli scorsi capitoli, vi prego di farmelo sapere nelle recensioni, così provvederò a sistemare.
Spero che il capitolo vi piacerà. Ammetto che è stato uno dei più difficili da scrivere. Trattare dei problemi di Mackenzie, quindi ddi una bambina così piccola e tanto traumatizzata, non è affatto semplice. Ho dovuto fare molte ricerche a riguardo, ma spero di stare facendo un buon lavoro.
Buona lettura e a sabato prossimo!
 
 
 
 
 
78. LA BAMBINA E IL MEDAGLIONE D'ARGENTO
 
Il giovedì mattina, mentre era ancora a letto, Demi sentì suonare il campanello. Era presto. Chi poteva essere? Si alzò controvoglia e scese lentamente le scale. Quando aprì la porta, vide che si trattava di Andrew. Gli sorrise mentre gli apriva il cancello, ma l'uomo si accorse che quello era un sorriso stanco, spento.
"Ehi" le sussurrò mentre la abbracciava.
"Ehi" gli disse lei in risposta, poi sorrise per quel saluto così strano.
"Come sta Mac?"
"Un po' meglio, credo. Sta dormendo. Stanotte è rimasta sveglia fino a tardi perché aveva paura del vento. Oh, scusa, entra pure" gli disse poi, scostandosi dalla porta. "perdonami è che sono così preoccupata che a volte dimentico la buona educazione."
"Non hai nulla di cui scusarti. Sei molto sotto pressione, è normale che ti sfuggano certe cose."
Si accomodarono sul divano, l'uno accanto all'altra e ricominciarono a parlare tenendosi per mano.
"Tu come stai, Demi?"
La ragazza sapeva che Andrew era preoccupato per lei. Lo sentiva dalla sua voce, più bassa e calda del solito.
Sospirò e si mise la testa fra le mani, come per cercare una risposta adatta a quella domanda che, al momento, le pareva molto difficile dare.
"Malissimo, ma non ti so spiegare cosa provo in una sola parola" gli rispose, franca. "Sono angosciata, preoccupata, triste, stanca, vorrei solo piangere e… oddio!" esclamò, esasperata, battendosi le mani sulle gambe con fare nervoso. "Non sono quasi mai stata così preoccupata per qualcuno in vita mia" ammise. "Dentro di me si agitano così tante emozioni!"
Andrew fu felice che gli avesse parlato di come si sentiva. Demi era sempre stata molto sincera con lui. Tanti anni prima, quando aveva visto le sue cicatrici, alcune vecchie e rimarginate, altre più recenti e le aveva domandato, sconvolto e con   le lacrime agli occhi, il motivo di tutte quelle ferite, lei non si era sentita di mentirgli e gli aveva detto, mentre la voce le tremava e lo guardava con gli occhi gonfi:
"Mi taglio, Andrew" e, vedendo la sua espressione scioccata, aveva continuato: "Sì, sono una cazzo di autolesionista, okay? Lo so che sto sbagliando, ma non riesco a comportarmi in altro modo e mi odio per questo. Mi faccio male per stare meglio. Tagliarmi è l'unica cosa che mi aiuta davvero, almeno per un po'."
"So a cosa stai pensando" le disse Andrew. "I tuoi pensieri sono anche i miei, in questo momento." Le circondò le spalle con un braccio e poi riprese: "Quando anni fa mi hai detto tutte quelle cose, io sono stato molto male. Ero scosso, turbato, ma ho capito che tu lo eri di più. Avevi solo 12 anni, santo cielo! Ti tagliavi da un anno prima e io non mi ero mai accorto di niente."
"Andrew, abbiamo già detto che nessuno ha colpe in questa…"
"No no, non sto parlando di colpe" la interruppe. "Lasciami finire. Ti ricordi cos'hai fatto dopo avermi confessato che eri autolesionista?"
"Sono scoppiata in pianto" sussurrò lei, con voce tremante. "Non ne potevo più."
"Esatto; e avevi la stessa voce rotta che hai ora. In quel momento mi sei sembrata così piccola e fragile! Sapevo benissimo che non lo eri, ma avevo capito che il tuo dolore era talmente intenso e grande che ti stava schiacciando, così ho cercato di mettere da parte la sofferenza e l'ansia che tutto ciò mi provocava; e l'ho fatto per occuparmi di te."
"Beh, è quello che hai continuato a fare anche in seguito e non solo con me" gli fece  notare.
"Sì, è vero. Anche tu hai fatto lo stesso, comunque."
"Sì. In questo siamo molto simili. Ho paura, amore! Temo che anche Mackenzie verrà schiacciata dal suo dolore. Non voglio che anche lei cominci a tagliarsi, non potrei sopportarlo. Mi sentirei in colpa!"
Mentre parlava, alcune lacrime iniziarono a rigarle le guance. Andrew lasciò che si sfogasse e man mano che lei piangeva le asciugava gli occhi con la mano. Desiderava che buttasse fuori tutto ciò che aveva nel cuore, ma d'altra parte odiava vederla piangere. Si sentiva male per la fidanzata, come se fosse stato lui la causa del suo dolore. Sapeva che non era così e che forse, in passato, aveva già provato quella terribile sensazione, eppure non poteva far altro che pensarlo ogni volta.
"Non credo che lei abbia questi pensieri, Demi" provò a rassicurarla. "In fondo è ancora molto piccola, non sa nemmeno cos'è l'autolesionismo."
Capiva quanto era scossa, ma ciò che aveva appena detto gli pareva esagerato. Ad ogni modo non se la prese affatto, né sminuì le paure della fidanzata, anzi. Manteneva il suo tono dolce ed era paziente, come sempre. La voce e il suo volto pallido, però, facevano capire che nemmeno lui si sentiva bene.
"Hai ragione. Forse sto uscendo di testa."
"Oggi andrete dalla pediatra, giusto?"
"Sì."
"Vedrai che lei saprà dirvi qualcosa e aiutarvi."
Si diedero un bacio a fior di labbra, poi pian piano lo approfondirono, finché, grazie a quel contatto, si sentirono un tutt'uno, completi, come accadeva ogni volta che si lasciavano andare a quelle coccole.
 
 
 
Intanto, nel suo letto, Mackenzie stava ripensando al fatto che, negli ultimi  tempi, gli incubi si erano fatti più terribili. Sognava quella notte tremenda come se fosse stata reale. Era come rivivere quell'incubo ogni volta; eppure non riusciva a parlarne, non se la sentiva. Perché? Non lo sapeva. C'era anche un altro problema. Sognava sua madre legata e imbavagliata, paralizzata dalla paura, con gli occhi che erano una maschera di terrore, il padre a terra mentre lottava con l'assassino, eppure sapeva che mancava qualcosa in quel frangente. Forse era successo prima, o magari dopo. Non lo ricordava o forse non voleva farlo. Non capiva nemmeno questo. Sapeva soltanto che, nei suoi sogni, riviveva solo alcuni momenti dell'omicidio dei genitori. Era riuscita a raccontare alla polizia com'erano andate le cose, ma dopo era come se tutto ciò che aveva detto e ricordato fosse stato, in parte, cancellato dalla sua mente. Non sapeva quando se n'era resa conto. Forse qualche giorno prima, quando aveva cominciato a stare male; o magari l'aveva sempre saputo e il suo improvviso malessere gliel'aveva solo fatto capire con maggiore certezza. Non si era mai sentita così confusa in tutta la sua vita. Facendo una metafora con la scuola, che sarebbe iniziata a breve, si disse che era come se la maestra avesse tracciato una linea rossa su qualcosa che lei aveva scritto anche se era corretto, lasciando sul foglio solo parole che, assieme, non formavano una frase di senso compiuto. Quella miriade di pensieri la faceva sentire in colpa. Tutti le dicevano che era una bambina forte e coraggiosa. Era questo che sua mamma pensava di lei, ne era sicura; e anche Andrew e il resto della famiglia ne erano convinti. Insomma, tutti credevano nella sua forza, a parte lei.
Mi odio per questo pensò.
Sì, si odiava. Forse era un sentimento molto, troppo forte per una bambina di sei anni, ma cosa poteva fare se era questo ciò che sentiva nel più profondo del suo essere? Stava male, faceva fatica a ricordare e non riusciva a parlare di questo con nessuno. Forse in lei c'era qualcosa di sbagliato, di fuori posto. Non era normale che non volesse o non potesse ricordare… o forse sì? Non ci stava capendo più niente! Prese il cuscino e lo scaraventò a terra, frustrata. Avrebbe voluto scoppiare a piangere o provare ad urlare come aveva già fatto, ma si trattenne. Era un circolo vizioso, il suo, perché nemmeno adesso voleva parlare del proprio malessere. La mamma pensava che stesse dormendo, che si fosse tranquillizzata dopo il caos della notte appena trascorsa. Non era così, ma Mackenzie  non voleva farla agitare o preoccupare ancora di più. Decise di non dire nulla ai genitori. Sì, perché nemmeno suo papà doveva sapere.
"Dovrei chiamarlo più spesso così" si disse. "Lo faccio troppo poco. Sono una stupida!"
Dio, si stava incolpando anche di questo!
Mentre rifletteva, la bambina stringeva al cuore l'orsetto di peluche che aveva voluto portare con sé dalla casa dei suoi genitori affidatari. Lo teneva sempre sulle mensole sopra il letto. Non ci giocava mai. Più di una volta Demi le aveva chiesto perché non lo faceva e lei aveva sempre risposto che non ne aveva voglia, o che preferiva tenerlo per dormire. La mamma non aveva fatto altre domande, quindi evidentemente ci aveva creduto. In realtà, il motivo per cui Mackenzie non ci giocava non era quello.
Ce l'ho da quando stavo ancora con i miei genitori naturali, pensò, ma non lo sa nessuno.
La bimba si strinse l'orsetto al cuore. Anche Hope non giocava mai con il suo. Ogni tanto lo prendeva in mano, ma Mackenzie cercava di farle capire, con i gesti, che non era un gioco. Non era a quello che serviva. Ovviamente a volte la piccola non le aveva dato retta, altre sì. Mac non sapeva se in quelle situazioni Demi si fosse accorta di qualcosa. Se l'aveva fatto, non le aveva mai detto nulla.
"Basta pensare" si disse.
Si mise a sedere e prese l'orsacchiotto fra le mani. Aveva una piccola zip sulla pancia.
Devi soltanto aprirla pensò. Avanti, non è difficile! No, invece, eccome se lo è!
Sbuffò. In tanti mesi non l'aveva mai aperto. Perché proprio ora? Forse sarebbe stata ancora più male. Beh, pazienza, era meglio rischiare. Iniziò ad aprire la zip il più lentamente possibile. Ad ogni suo piccolo scatto Mac si fermava per qualche secondo, per poi riprendere. Ci mise un minuto. Perché, allora, se era passato così poco, le era sembrato di vivere una tremenda eternità?
Infilò la mano nella morbida imbottitura, ma lo fece cautamente, come se avesse avuto paura di rompere o rovinare ciò che, sapeva, si trovava all'interno. Lo tirò fuori con il pollice e l'indice, pian piano e per un po' tenne in mano quell'oggetto alzandolo verso il cielo, quasi si trattasse di una cosa sacra. Per lei lo era, in un certo senso. Abbassò la mano e guardò, per la prima volta dopo più di un anno, il medaglione che stringeva. Era d'argento, infilato in una, finissima, catenina d'oro. Quando vide la fotografia che  si trovava sul davanti, urlò per il dolore che sentì nel cuore.
Alla fine aveva gridato. Era stato troppo da sopportare.
 
 
 
"Quindi non hai chiesto nulla alla polizia?" stava intanto domandando Andrew a Demi, riferendosi alla notte in cui Mackenzie era stata male, giorni prima.
"Che intendi?"
"Non hai domandato agli agenti di raccontarti la ricostruzione del crimine avvenuto a casa dei genitori di Mackenzie e Hope? Magari in questo modo avresti potuto aiutarla a ricordare."
Demetria non capiva il ragionamento di Andrew. Era confusa.
"Cioè cos'avrei dovuto fare, secondo te? Dire a mia figlia:
"Sai, i poliziotti mi hanno spiegato cos'è successo a casa tua. Te lo dico così mi confermi se è vero"?
Che discorsi fai?"
Aveva parlato senza quasi respirare, presa dall'ansia e dal nervosismo di quell'ultimo periodo.
"Non intendevo questo" rispose lui, alzando la voce.
Ci era rimasto male.
La ragazza aspettò qualche secondo, poi riprese, più calma:
"Lo so, scusami ancora!"
Si sentiva in colpa per essersi scaldata a quel modo. Se l'era praticamente presa con il suo fidanzato, che non c'entrava niente.
"Demi, io credevo solo che, sapendo bene come sono andate le cose, saresti stata in grado darle una mano in qualche modo, ma non ho pensato a cos'avresti potuto dire."
"Non l'ho fatto per due motivi. Il primo è che, onestamente, non mi è venuto in mente dato che Mackenzie era molto agitata; e poi credo sia più giusto portarla da uno psicologo che la aiuti a ricordare. Se cercassi di fare più di quanto sto già facendo potrei rischiare di sbagliare a dire qualcosa e, quindi, peggiorare la situazione anziché migliorarla" ammise infine.
"Sì, hai ragione…"
Andrew stava per proseguire dicendo che la sua era stata un'osservazione forse un po' stupida, quando entrambi sentirono quel grido disperato.
Corsero in camera di Mackenzie e la trovarono seduta  a terra, con la testa fra le mani. Singhiozzava e tremava.
"Tesoro, che c'è?" le domandò Demi, chinandosi alla sua altezza.
Mac aprì le manine, bagnate dalle lacrime e mostrò ai genitori il medaglione, poi indicò l'orsetto per far capire che l'aveva tirato fuori da lì. Mise entrambi gli oggetti sulle sue gambe e iniziò a scrivere, con la mano che le tremava:
L'ho portato da casa dei miei. Mi hanno comprato questo medaglione quando sono nata e mi hanno sempre detto che sarebbe stato mio. Hanno fatto lo stesso anche con Hope. Quella sera, quando è venuta la polizia, ho chiesto loro se avrei potuto prenderli entrambi. Li volevo tenere per ricordo e perché Hope avesse una nostra immagine.
Detto questo mostrò meglio il medaglione. Sul davanti c'era una fotografia delle bambine con i loro genitori. Fu allora che Demi ed Andrew scoprirono che Mackenzie e Hope erano la fotocopia della madre: stesso colore di capelli, occhi e sorriso identici e meravigliosi.
I poliziotti mi dissero di no, continuò Mackenzie, perché dovevano fare i rilievi. Non so cosa vuol dire.
"Significa che dovevano controllare la casa e cercare impronte per capire chi avesse ucciso i tuoi" le spiegò Andrew.
Ah. Comunque, quando quell'uomo è stato arrestato, dopo alcuni giorni, io e Hope eravamo ancora in ospedale. In seguito un'assistente sociale ci ha portate in una casa famiglia. Siamo arrivate di sera e, il giorno dopo, un poliziotto ci ha portato i due medaglioni e anche questi giocattoli, che io poi ho voluto con noi, qui.
"Posso vedere meglio il medaglione?" le chiese Demi e Mac lasciò che lo prendesse.
La ragazza se lo rigirò con delicatezza fra le mani, poi vide che dietro aveva una scritta grande quanto la faccia di quella medaglia.
"Andrew, guarda" disse, porgendoglielo.
"Anche se la vita dovesse separarci, saremo dovunque, per sempre insieme" lesse lui ad alta voce. "L'hanno fatto scrivere loro?" chiese poi alla bambina.
Lei annuì, aggiungendo che aveva nascosto i medaglioni nei peluche per paura di perderli.
"È una frase bellissima" commentò Demetria.
Non prendevo in mano questa foto da tantissimo tempo continuò Mackenzie, mentre gli occhietti le si riempivano di nuovo di lacrime.
"Hai fatto bene ad aspettare, se era quello che sentivi"di fare" la rassicurò Andrew, accarezzandole i capelli morbidi.
Sì, ma non so perché ho voluto rivederla proprio oggi. Forse sì, credo di aver avuto paura di stare per dimenticare i loro volti.
Demi prese in braccio la sua bambina e la strinse forte, mentre Andrew le accarezzava la schiena.
"Tu non li dimenticherai mai, amore" le sussurrò la madre. "Resteranno sempre nella tua mente e soprattutto nel tuo cuore."
Mackenzie le fece un segno che voleva indicare che desiderava essere messa giù. Una volta a terra, riprese in mano carta  e penna e scrisse:
Me lo prometti?
Andrew e Demi ebbero un tuffo al cuore nel constatare che gli occhi di Mac si facevano sempre più tristi e lucidi. Dio, faceva un male insopportabile vederla stare così! Come ogni altro genitore del mondo, avrebbero sacrificato tutta la loro felicità pur di dare una completa serenità alle figlie, se solo questo fosse servito a qualcosa.
"Te lo prometto" dissero insieme, dolcemente.
Entrambi avevano perso qualcuno a cui tenevano e sapevano che, nonostante il dolore, non ci si dimentica mai di chi non c'è più, perché l'amore è più forte di tutto, anche della morte stessa.
Mackenzie sospirò, poi decise di farsi coraggio e di spiegare ai suoi ciò che provava, almeno in parte.
Non ricordo cos'è successo quella notte, o almeno, non tutto. Non so quando me ne sono resa conto, forse pochi giorni fa, quando ho cominciato a stare male, o magari molto prima. Alla polizia ho detto ogni cosa, poi ho cercato di dimenticare, ma non ci sono mai riuscita. Nei miei sogni mi figuro solo alcuni momenti della morte dei miei, ma sento che mancano delle cose; e accade lo stesso anche quando ci penso.
Quando Demi lesse, notò che sua figlia aveva marcato molto quelle scritte con la penna, bucando quasi il foglio in alcuni punti. Di solito aveva una calligrafia perfetta e la penna aveva un tratto leggero. Ora, però, non era così. Aveva scritto quasi con rabbia, o con frustrazione e tristezza, o, più  probabilmente, con tutti quei sentimenti in contemporanea.
I genitori stavano per porle altre domande, ma furono interrotti da Hope che, svegliatasi, iniziò a strillare.
"Vado io" disse la donna, mentre Andrew prendeva Mackenzie e se la sistemava sulle gambe, dopo essersi seduto sul letto.
Demetria coccolò un po' Hope, che continuava a giocare con alcune ciocche dei suoi capelli, poi la prese in braccio e, rimanendo in disparte, guardò Mackenzie ed Andrew che si accarezzavano. Sì, erano proprio un papà e una figlia. Era bello vederli insieme e lei li avrebbe raggiunti volentieri, ma la piccola, giustamente, iniziò a piangere per reclamare a gran voce la sua colazione.
"Sì, sì, ora andiamo" le disse Demi, dandole tanti baci sulle guance paffute.
I quattro si ritrovarono in cucina poco dopo.
"Mac Mac!" esclamò Hope, indicando la sorella.
La bimba più grande si emozionò e si commosse: finalmente Hopera riuscita a dire il suo nome! Beh, non era quello completo, ma in fondo la bambina aveva soltanto 20 mesi, Mackenzie non pretendeva di certo che da un giorno all'altro sarebbe stata capace di pronunciare un nome tanto complicato.
Demi ed Andrew sorrisero, mentre Mac andò a dare un bacio alla sorellina, che allungò una manina per toccarla.
"Hope, sei fantastica" le disse Demi, facendo poi sedere la piccola nel seggiolone.
Mackenzie, intanto, sorrideva sempre più nel ripensare che, fino a poco tempo prima, la sorellina l'aveva chiamata:
"Tata"
o con nomignoli simili.
"Brava, cucciola!" esclamò Andrew.
Sentirsi chiamare papà era stata un'emozione non da poco, ma anche quella era parecchio
forte.
Poco dopo, mentre facevano colazione, Mackenzie continuava a non mangiare e a non scrivere nulla. Restava in silenzio, fissando il vuoto con quegli occhi vacui e spenti, come aveva fatto troppo spesso nei giorni precedenti. Demi ogni tanto la guardava e, dato che la bambina non ricambiava il suo sguardo, si sentiva morire dentro. Stava per piangere anche lei, Andrew lo notava chiaramente. Aveva il volto contratto e stava cercando di trattenere a stento le lacrime, mentre sentiva un nodo serrarle la gola.
"Volete che vi canti una bella canzone?" chiese Andrew rivolgendosi a tutte e tre.
Demi e Mackenzie annuirono, così l'uomo si schiarì la voce e, dopo essersi alzato, cominciò:
"You tell me that you're sad and lost your way
You tell me that your tears are here to stay
But I know you're only hiding
And I just wanna see you
You tell me that you're hurt and you're in pain
And I can see your head is held in shame,
But I just wanna see you smile again
See you smile again
But don't burn out
Even if you scream and shout
It'll come back to you
And I'll be here for you
 
Oh I will carry you over
Fire and water for your love
And I will hold you closer
Hope your heart is strong enough
When the night is coming down on you
We will find a way through the dark."
La voce calda e piena di sentimento e di emozione di Andrew riempì la stanza, mentre intonava quella bellissima canzone degli One Direction. A Demi piaceva la loro musica. Non li aveva mai incontrati di persona e non li seguiva, ma apprezzava molto le loro canzoni, che considerava profonde e pregne di significato. Le dispiaceva un po' che il gruppo si fosse sciolto ormai da qualche anno. Tuttavia in quel momento non pensava a loro, bensì alle parole che Andrew aveva appena cantato per lei e le figlie.
"L'hai dedicata a noi?" gli chiese, con gli occhi lucidi.
"Sì, per dirvi che vi starò sempre vicino, anche nei momenti più bui" rispose lui, con tutta la dolcezza di cui era capace.
"Lo stai già facendo" sussurrò la ragazza.
Era davvero emozionata.
Mackenzie andò ad abbracciare Andrew e Hope iniziò a protestare pronunciando parole perlopiù incomprensibili.
L'uomo si mise a ridere.
"Sei gelosa, eh?" le chiese, prendendola in braccio. Poi, rivolgendosi a Demi, le disse che si sarebbe assentato dal lavoro per stare con loro.
"Non è necess…"
"Lo faccio volentieri; e poi vorrei accompagnarvi dalla pediatra, se lo desiderate."
Demetria disse di sì e Mackenzie gli sorrise. Era felice di sapere che sarebbe venuto anche lui. Andrew era sempre presente per loro. La bambina non negava che le sarebbe piaciuto vedere lui e la mamma sposati, un giorno, ma sapeva che era ancora troppo presto. In fondo, stavano insieme da neanche otto mesi.
Andrew fece una telefonata veloce al suo capo spiegando che aveva un problema familiare, che non era niente di grave, ma che non avrebbe potuto venire al lavoro.
"Comunque, Janet, recupererò le ore perse lavorando lunedì e martedì tutto il giorno, va bene? Sì, so che lunedì dovrei fare solo il pomeriggio, ma lavorando di mattina… esatto, hai capito. Okay, grazie, ci vediamo lunedì."
Terminata la chiamata sorrise a Demi e poi spostò la sua attenzione su Mackenzie, che stava guardando, di nuovo, il medaglione d'argento che aveva continuato a tenere in mano. La bambina osservò ancora una volta la fotografia e lesse più volte la frase. Il dolore, che per un attimo si era acquietato, ricominciò a farsi strada in lei, provocandole una forte emicranea. La testa iniziò anche a pulsarle, facendole sempre più male. Era come avere un martello che la colpiva con maggiore violenza secondo dopo secondo.
Mamma, vorrei andare a sdraiarmi disse. So che mi sono alzata da poco e che non ho ancora mangiato, ma davvero, non mi sento bene.
Le spiegò che aveva molto mal di testa.
"Almeno mangia un paio di biscotti,  tesoro" le consigliò la madre.
Non voleva che la bimba tornasse a letto a stomaco vuoto.
Seppur controvoglia, Mackenzie ubbidì e poi si diresse in camera sua.
 
 
 
"Sta soffrendo tantissimo!" esclamò Demi cominciando a piangere, quando sentì la porta della camera di Mackenzie chiudersi. "Sta male e io non so cosa fare per lei!"
Si alzò da tavola e fece due passi verso il fidanzato, ritrovandoselo a pochi centimetri di distanza. Andrew avvolse anche lei nell'abbraccio in cui stava già stringendo la piccola Hope. La bimba, vedendo le lacrime della mamma, la guardò perplessa per un momento, poi allungò una manina per asciugargliele.
"Mamma piange?" chiese.
"Mamma ti vuole tanto bene" rispose Demi, colpita dal gesto della figlia.
Era così piccola, eppure capiva tutto!
Mentre stringeva la fidanzata in un abbraccio caldo e rassicurante, Andrew le sussurrava:
"Andrà tutto bene, amore mio!"
 
 
 
Intanto, in camera sua, Mackenzie si era addormentata con il medaglione tra le mani, il viso coperto di lacrime e quell'immenso, costante, dolore nel cuore che, iniziava a temere, non l'avrebbe più lasciata in pace. Avrebbe continuato a sfinirla, sempre di più, giorno dopo giorno, finché, forse, sarebbe arrivato a distruggerla.
 
 
 
credits:
One Direction, Through The Dark
 
 
NOTE:
1. non so se Demi abbia incontrato o no gli One Direction, quindi ciò che ho scritto è qualcosa che ho inventato.
2. Pochi giorni fa ho scoperto, ascoltando alcune sue interviste, che Demi Lovato ha fatto uso di cocaina, in passato e si è dovuta curare anche per quel problema. In realtà avevo sentito questa cosa anche prima, ma credevo che fossero solo le solite voci che girano su chi è famoso e che non sono vere. Quindi ci sono rimasta male quando ho scoperto che non era così. Mi dispiace che abbia dovuto affrontare anche quel problema. Non si meritava di soffrire tanto! Per quanto creda che drogarsi sia una delle cose più sbagliate che si possono fare, ho comunque il massimo rispetto per Demi e la mia stima per lei non cambierà. Questo per dire che, se avessi saputo prima che ciò era vero, ne avrei parlato nella FF, riferendomi al suo passato e alle maggiori difficoltà che avrebbe dovuto affrontare durante l'iter adottivo, dovendo dimostrare che non faceva più uso di droghe. Mi dispiace non averlo fatto, ma pazienza.
 
Oddio, non sapete quanto vorrei che Demi leggesse questa mia storia! Davvero, lo desidererei tantissimo! Okay, ora sto sognando ad occhi aperti. Scusate. Comunque ogni tanto è bello sognare, no?
   
 
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