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Autore: Elisa24g    09/04/2017    0 recensioni
In una terra dove la parola pace vuol dire solo un intermezzo tra una guerra e l'altra, senza possibilità di scampo dal terribile popolo del Vento, una famiglia decide di non arrendersi e di prepararsi alla battaglia, apprendendo i segreti e le magie di chi si nasconde da anni, in attesa della vendetta.
Teresa: dolce e buona;
Enn: curiosa, testarda e coraggiosa;
Rodd: di buon appetito, impaziente e sempre pronto alla risata;
Marcus: allegro e vivace, a volte provocatorio
Serin: reso muto dalla sofferenza, leale.
I genitori : innamorati, forti e coraggiosi, saranno disposti a rinunciare a tutto pur di proteggere la loro famiglia.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con
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Io nacqui anni dopo la PrimaVera, e di queste cose ne sentii parlare solo nei racconti: a scuola ci insegnavano a temere i Signori del Vento.

<< L'anno della PrimaVera fu solo uno dei tanti. Ogni volta che avevano bisogno di donne, se le prendevano. Le città venivano rase al suolo, non rimaneva niente. Si fermavano ad ogni villaggio e chi si opponeva, veniva ucciso. Si dice che usarono armi magiche, o incantesimi, o frecce avvelenate, nessuno lo sa con certezza, perché nessuno rimaneva per raccontarlo.

 Uomo, donna, vecchio o bambino, perfino gli animali venivano uccisi. Poi proseguivano con un secondo villaggio, e la storia si ripeteva. Fino a quando qualcuno si fosse arreso: bastava una sola città, così loro avrebbero rapito le donne e le avrebbero violentate. Poi portavano via un uomo, non si sa per quale motivo. Tutti i villaggi seguenti sarebbero stati risparmiati, non andavano nemmeno a chiedere la loro sottomissione, non aveva importanza. 

Ci furono due PrimaVere, un'Estate e quattro Autunni. Nessun Inverno, almeno che io sappia. 

La seconda PrimaVera, quella a noi più vicina, portò alla morte di ogni villaggio, eccetto questo.... Forse sarebbe stato meglio morire.>> 
La maestra era una donna anziana. Con gli occhi spenti e le labbra sottili. La sua felicità le era stata rubata, con quel bambino che le avevano portato via.

<< Cosa fecero alle donne? E all'uomo >> fu una mia compagna di classe a chiederlo. Avevamo undici anni.

<< Ci portarono nelle loro case. Denudarono, a ci costrinsero a fare cose che non volevamo. Dovevamo rimanere incinte >> la bambina arrossì. Era una domanda sbagliata, tutti l'avevano guardata male nel momento in cui l'aveva posta. Ognuno di loro sapeva in che modo una donna rimanesse incinta, sapevano cosa fosse normale e cosa invece fosse una violenza. Glielo insegnavano fin da subito. Non appena riuscivano a capire. Dovevano sapere cosa sarebbe successo. Perché i figli del Vento prima o poi sarebbero tornati. Potevano passare due anni o dieci, ma sarebbero tornati. Dall'ultima PrimaVera erano passati più di quarant'anni. E quella donna era comparsa nel bosco. Nessuno sapeva quando fosse nata, poteva essere una figlia dell'ultima strage, o di una nuova di cui non erano a conoscenza, ma comunque lei era lì, e sapevano che sarebbe stata crudele, come il resto della sua gente.

Dopo la scuola ognuno doveva aiutare in casa, occuparsi dei campi, degli animali, del raccolto, non c'era tempo per i giochi.

Io ero brava con gli animali, quindi seguivo mio padre nell'allevamento. Mi occupavo dei cavalli, da domare, nutrire e vendere, poi davo da mangiare a maiali, pecore e mucche. Avevamo l'allevamento più grande, gli unici nel villaggio a poter mantenere così tanti animali. I miei fratelli più piccoli, Rodd e Marcus, si occupavano del raccolto, seguivano mia madre mentre raccoglieva i frutti dagli alberi: meli, peri, piante di Torrel e di Cassa. Mia sorella Teresa si occupava della cucina e spesso veniva da noi qualcuno del villaggio, a chiederci qualcosa da mangiare.

Serin bussò alla porta. Era piccolo e magro. Aveva la mia età, i capelli neri arruffati e un volto affamato.

<< Vi prego...-disse a mia sorella- non abbiamo da mangiare.. >>

<< Aspetta qui >> entrò in casa e prese un cestino. Con dentro della carne salata, del miele, alcune conserve, e una pagnotta di pane. Avevamo molti cestini pronti nella dispensa, per chi venisse a chiedere. Quando qualcuno bussava, era perché ridotto allo stremo: nessuno chiedeva aiuto fino a che non  fosse indispensabile, e non accettavano l'elemosina, a meno che non stessero per morire.

<< Prendi. Se avete ancora bisogno tornate a chiedere. Non aspettare troppo, ti prego. Possiamo darvi di più. >>

<< Grazie.. >> rispose Serin con le lacrime agli occhi. Sentiva l'odore del pane e voleva piangere dalla gioia. L'odore del miele e della carne lo tentava, ma avrebbe dovuto resistere fino a casa, Seff stava morendo.

Uscì dal loro cortile quasi correndo. Io lo vidi mentre varcava la soglia, mi guardò solo un secondo, vergognandosi per aver avuto bisogno del nostro aiuto. 

<< Papà, un altro che chiede. >>

<< Lo so, Enn. >> rispose suo padre con lo sguardo triste.

<< Non possiamo fare di più? Qualsiasi cosa di più! >>

<< Lo sai che più di questo non è possibile. Non vogliono animali né regalati né a prezzi dimezzati, non vogliono soldi, nessuno di loro vuole l'elemosina. Lo sai, non è una cosa facile, rinunciare all'orgoglio e chiedere aiuto, se lo fanno, è perché qualcuno di loro sta molto male, forse addirittura morente. >>

<< Vorrei poter fare di più. >>

<< Anche io. Se solo sapessi cosa >>

Sedevamo a cena tutti insieme, i miei genitori uno accanto all'altra, spesso si tenevano anche per mano. Erano abbastanza giovani da essere scampati alla guerra. Si volevano bene, almeno secondo me, però gli occhi di entrambi erano molto tristi, sicuro avevano sofferto anche loro, magari per la perdita dei genitori. Non ne parlavano mai, non raccontavano come fossero morti, ma di sicuro non era stato per morte naturale. Erano parecchi quelli che avevano perso la vita durante la guerra, persino nella loro città di sopravvissuti. Questo perché sì, si erano arresi, ma non tutti erano stati d'accordo nel farlo, alcuni erano stati uccisi proprio dai propri concittadini, altri dagli Uomini del Vento, quando avevano cercato di difendere le mogli. Forse i miei nonni erano tra questi, magari si erano opposti, non erano stati dei codardi come tutti gli altri. Mi piaceva pensare che la mia famiglia fosse diversa, che nessuno di noi avrebbe mai accettato qualcosa del genere, e spesso guardavo con odio tutti i vecchi del paese: loro si erano arresi. 

<< Oggi è venuto Serin, a chiedere da mangiare. Era così magro. >> disse Teresa

<< Si, l'ho visto mentre se ne andava. >> rispose mio padre.

<< Sapete qualcosa su come stanno? Viene a scuola con voi, giusto Enn? >> chiese mia madre, con il viso preoccupato.

<< Si.. Ma lui non parla molto. So che ha una sorellina, e che non sta bene. >> risposi.

<< Deve essere peggiorata >> disse Rodd. Aveva solo un anno meno di meno, dieci anni. Eravamo tutti così piccoli, ma resi grandi per colpa del Vento.

<< Vorrei aiutarlo in qualche modo! >> dissi con le lacrime agli occhi. Avevo visto la sorellina, una volta, la madre la portava in braccio mentre camminava per strada. Aveva all'incirca due anni. 

<< Domani andrò a casa sua, per vedere come stanno. Se vuoi vieni con me, porterò un altro cestino >>disse mia madre, ed io annuii.

La serata passò tranquillamente per me e la mia famiglia, nessuno di noi aveva i crampi per la fame, ma per la coscienza sì: stavamo così bene, e loro così male. A letto, prima di addormentarmi, mi venne in mente che forse Serin avrebbe potuto darci una mano in casa, lavorare con noi, magari mi avrebbe potuto aiutare con i cavalli, non sapevo se sarebbe stato capace, però gliel'avrei potuto insegnare, così non sarebbe stata elemosina, ma lavoro. Mi alzai dal letto, portavo una camicia da notte di tela, marrone, e corsi in camera dai miei.

<< Offriamogli un lavoro! A Serin. Mi aiuterà con i cavalli!Lo dici sempre che sono tanti e che io non basto, mi aiuterà lui! >> i miei sobbalzarono. Stavano dormendo, ed io li avevo svegliati per la mia idea geniale.  

<< Va a dormire Enn.. è tardi. Domani vedremo. >>

<< Grazie! >> risposi, sapevo che mi avrebbe accontentata.



   
 
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