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Autore: NeroNoctis    09/04/2017    2 recensioni
Julian è un ex cacciatore di streghe che ha scelto di non intervenire più nel mondo sovrannaturale. Dopo che una Banshee ha sterminato la sua famiglia e lui stesso ha causato il coma della persona a lui più cara, ogni cosa ha perso valore e i sensi di colpa lo divorano ogni secondo che passa.
Tuttavia, l'arrivo di una misteriosa figura stravolgerà nuovamente la vita dell'uomo, che sarà messa alla prova da oscure presenze, echi del passato e segreti che potrebbero cambiargli ancor di più la vita, o distruggerla per sempre.
Genere: Dark, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Julian aprì gli occhi, sentendo un dolore diffuso per tutta la testa che arrivava fin dietro gli occhi. Le ultime cose che ricordava era un rumore assurdo in sottofondo: voci, passi, porte sbattute, grida, rumori metallici. Il fatto di essere spinto a destra e a manca non aiutava poi la concentrazione, così come la puzza di marcio di quel sacco che aveva sulla testa. Non sapeva bene cosa lo attendesse, dopotutto non aveva mai provato la sensazione di essere catturato, ma era comunque certo che l'avrebbe scoperto a breve, almeno fin quando un colpo sulla sua testa non lo fece cadere sul pavimento, attutendo tutti i rumori e colorando il suo campo visivo di nero (non che vedesse molto anche prima, con quel sacco puzzolente.)

Si mise a sedere sul freddo pavimento, la schiena poggiata ad una fredda parete di roccia e lo sguardo perso ad osservare una fredda inferriata che lo divideva dal mondo esterno. Una cella, fantastico!

Volse lo sguardo alla sua destra, osservando diversi sacchi e coperte ammassati in un angolo della cella, poi osservò il lato opposto a lui, in cui si stagliava austero solamente un muro di pietra. Una parte di lui si chiese in che anno fosse finito, dato che sembrava una classica segreta di un castello medievale, ma doveva lasciar spazio alla parte razionale e tentare un modo di fuggire, non che fuggire da una cella sotterranea fosse un'impresa semplice.

Sospirò, concentrandosi momentaneamente su altro, ovvero su quei fogli trovati poco prima. Li estrasse dalla parte interna dei jeans (la tasca gli sembrava un nascondiglio non adatto ad imminenti rapimenti) e li osservò in silenzio per un attimo, successivamente lesse quelle poche righe con la calligrafia inconfondibile di Jonathan.

Julian, figlio mio.
Se stai leggendo questo significa che io ho fallito... ed è strano scrivere qualcosa che verrà letto dopo esser morti. Ma significa anche che Aloysius Knight ti ha contattato e messo in guardia contro gli Angoni... e significa anche che Aloysius dopotutto ti ha consegnato il mio diario. Spero che tu stia bene, ma so già che posso star tranquillo, sei mio figlio dopotutto. E sono sempre stato fiero di te, anche se non te l'ho detto troppe volte.
Ma ascoltami Julian, non devi assolutamente andare in fondo a questa storia. Vai via, finchè sei in tempo. Perchè tu hai ancora tempo, Julian.
Se comunque tu decidessi il contrario... è necessario che dalle tombe passi agli interni, dove gli antichi nobili banchettano sotto le fugaci occhiate della gente che va di fretta ☥



Julian deglutì, notando anche che le sue mani avevano iniziato a tremare. Non si aspettava di trovare una lettera del padre indirizzata proprio a lui, pensava di trovare qualche indizio sotto forma diversa... si rese conto che il padre gli mancava terribilmente. E anche lui era fiero di essere suo figlio, era una delle poche cose di cui era certo.

Ripensò a diversi momenti della sua infanzia, gli enigmi del padre, gli allenamenti disumani e poi le tranquille cene, tra lividi che facevano male e pane abbrustolito sul camino, accompagnato da formaggio e carne, o le volte in cui Jonathan andava in città e tornava con pietanze più prelibate, come del buon pesce o qualche aragosta procurata chissà in quale modo. 

Certo, la vita in una casa isolata dal mondo in mezzo alla natura non era semplice, ma al piccolo Julian non dispiaceva. Sapeva anche che non sarebbe durata per sempre, conosceva bene i rischi del mestiere e sapeva anche che un giorno suo padre sarebbe potuto non tornare, per questo ringraziava il cielo ogni singolo giorno che passava insieme al genitore che tanto ammirava.

Si ritrovò a sorridere nel buio di quella cella, riponendo quella lettera in tasca e fissando le sbarre di metallo di fronte a sè. Doveva fuggire e scoprire l'indizio successivo, ma come? Del rumore lo distrasse dal pensiero della fuga, così l'uomo si voltò e osservò verso le cianfrusaglie sulla sinistra, notando del movimento. Julian si alzò in piedi, avvicinandosi con passo cauto ma prima che potesse scoprire chi o cosa si celasse dietro quei sacchi e quelle coperte, fu la stessa figura a presentarsi ai suoi occhi.

«Un nuovo prigioniero...» mormorò la ragazza che giaceva sotto le coperte da diverso tempo.

«Avevi intenzione di restare nascosta tutto il tempo?» chiese Julian, visibilmente sorpreso di avere una compagna di cella. Si chiese da quanto tempo quella ragazza fosse prigioniera, dopotutto il suo viso era sporco, i suoi capelli scompigliati e il suo sguardo stanco e provato. Sembrava avere una trentina d'anni, ma era difficile giudicare in quella situazione, l'unica cosa che Julian sapeva era che quella ragazza aveva sfidato gli Angoni, fallendo miseramente.

«Forse, dopotutto è quello che faccio da diverso tempo ormai... sei un Cacciatore?»

Julian si limitò ad annuire, mentre lei si alzava e si avvicinava a lui, fissandolo insistentemente. Il cacciatore era abituato a ricevere sguardi dal gentil sesso, ma quello sguardo che si parava di fronte a lui adesso era così curioso, come se stesse scrutando nelle profondità più oscure della sua anima. 

«Cosa stavi cercando qui?»

«Dimmi prima qual è il tuo nome» rispose Julian, non distogliendo lo sguardo dai suoi occhi azzurri. Erano stranamente motivati, come se quella ragazza volesse sapere tutto su di lui. Era legittimo dal momento che era prigioniera e non aveva chissà quali svaghi, ma era comunque strano... sospetto, forse. Beh, ormai il danno era fatto, dire la verità ad una prigioniera non poteva di certo peggiorare la situazione.

La ragazza sorrise «Jocelyn, Jo per gli amici»

«Non è un nome per ragazzi?» scherzò Julian. Dopotutto quel nome era usato sia al maschile che al femminile, ma di certo si addiceva più ad una persona di sesso femminile, almeno secondo lui... tuttavia l'occasione di scherzare un po' su quell'occasione lo stuzzicava decisamente troppo.

«Tocca a te»

«Julian»

«Mi trovo costretta a non poter fare nessuna battuta, purtroppo» i due si ritrovarono a sorridere all'unisono, cosa che stemperò per un attimo quella situazione così strana, claustrofobica e fredda, perché il freddo continuava a farsi sentire senza sosta.

Julian si avvicinò alla ragazza, sedendosi accanto a lei. Una prigioniera in quello stato avrebbe dovuto avere un pessimo odore, ma Jocelyn era l'eccezione alla regola, non che a lui dispiacesse, certo. Si guardò un po' in giro, osservando quelle grate e il corridoio spoglio scavato nella pietra, che portava ad altre celle vuote e austere.

«Sono stato inviato dall'Enclave per recuperare un manufatto in grado di distruggere ogni cosa, mettendo fuori gioco anche i principali nemici della Santa Sede che stanno causando diversi problemi. Almeno questo è quello che so, Knight non ama entrare molto nei dettagli»

Jo poggiò la testa alla parete, osservando il soffitto consumato dall'umidità e da qualche ragnatela tessuta da un ragno che probabilmente era riuscito ad evadere da quel luogo «Anche tu contro gli Angoni eh?» sorrise «Tuttavia non pensavo fossi un prediletto di Knight, è raro che lui si dedichi ai Cacciatori in modo diretto»

«Prediletto di Knight? No, affatto. Semplicemente mio padre era un suo grande amico. Suppongo che la missione degli Angoni sia stata affidata anche a te»

Jo annuì «E' proprio il motivo per cui mi hanno catturata. Chi era tuo padre?»

«Jonathan Sullivan» pronunciando quel nome Julian ebbe un brivido lungo la schiena. Non lo pronunciava da troppo tempo, almeno non in quel modo. Un misto di malinconia, tristezza e nostalgia. E amore, tanto amore. Jo invece non si mosse, continuava a fissare il soffitto, inespressiva. C'era qualcosa nel suo sguardo che faceva pensare a Julian che quella ragazza sapesse qualcosa sul conto di Jonathan, ma era impossibile. 

«Mai sentito nominare» rispose infine la ragazza, suscitando una leggera delusione nell'uomo che, nonostante tutto, sapesse bene che era normale. L'unica persona con cui poteva davvero parlare del padre era il Gran Maestro Knight e i due non erano in chissà quali rapporti, soprattutto da quando Julian aveva abbandonato i Cacciatori per dedicarsi a Paul. Tutte le carinerie, le battute e i discorsi tra i due erano solamente una semplice formalità.

«Pensi che staremo chiusi qui per tanto tempo?» chiese Julian, ma quando si voltò verso Jo notò che la ragazza si era addormentata.


 

 

L'orologio sul cellulare di Cam segnava le 06.46 e il suo stomaco sembrava accusare ormai la mancanza di colazione. Dio, avrebbe ucciso per delle uova e del bacon croccante... o dei pancakes, o entrambi magari. Poi la giornata era anche soleggiata e fresca, ideale per farsi una nuotata al lago e bere qualcosa di buono. E invece no, quel lago stava semplicemente ospitando una sessione di addestramento capitanata dal bellissimo vampiro Gideon Lawless. Cam si convinse anche di non dover usare il termine bellissimo quando il vampiro era nei paraggi.

«Ehy mozzarella, datti una mossa. Correre, correre!» urlò Gideon, spaparanzato su una sdraio e intento a sorseggiare un succo corretto con del sangue di provenienza animale (la provenienza animale era da accertare, secondo Cam quel sangue era di qualche giovane fanciulla adescata poco prima, ma non voleva davvero indagare a fondo)

Cam riprese la corsa, affiancandosi alla sorella che teneva un buon ritmo «cosa ne pensi?» chiese lui, tra un respiro pesante e l'altro.

«Non lo so, non pensavo di dover correre durante un addestramento di magia»

«Già...» i due continuarono il loro giro, facendo avanti e indietro sul bagnasciuga del lago, mentre il vampiro li osservava dalla solita posizione, indossando anche un paio di occhiali da sole all'ultima moda. Cam rimpianse i vampiri fotosensibili, erano più pratici: sole? Mucchietto di cenere. Invece lui no, era un semplice stregone succhiasangue centenario più che vampiro.

Gideon distolse lo sguardo dai due che continuavano la loro corsa, e afferrò qualcosa dalla tasca: il foglio del diario di Jonathan che indicava la magione come indizio. Julian era dentro e lui non poteva che esserne più felice. Tentò di sorridere, ma c'era qualcosa che lo bloccava, un sentimento di rabbia, odio, che lo sentiva fin dentro alla bocca simile ad un sapore metallico... o forse era solo il sangue di quel malcapitato incrociato durante la notte spacciato per animale.

Afferrò un altro foglio dalla tasca, era una fotografia raffigurante una ragazza sorridente, lo sguardo spensierato e divertito. L'estremità della foto era sporcata da del sangue ormai vecchio, ma Gideon non voleva sbarazzarsi di quella macchia rossa, nonostante lo facesse sentire malissimo. Era un monito, non poteva cancellare con una spugna l'intera esistenza di qualcuno... non ancora almeno.

«Si può sapere perchè dobbiamo correre? Dovresti insegnarci la magia! M A G I A!» urlò Cam, ormai sfinito e seduto sul terreno bagnato. Le gambe tremavano e pulsavano e il cuore martellava in gola come durante un concerto dei Metallica.

Gideon sbuffò «Per farvi esercitare sotto sforzo e col fiato corto. E' semplice lanciare incantesimi quando si è freschi, sotto stress è tutta un'altra cosa. Su, prova ad incendiare qusto foglio» disse, agitando la pagina del diario di Jonathan. Cam si avvicinò di qualche passo, poi recitò una formula a bassa voce ma l'unica cosa che riuscì a produrre fu una flebile scintilla che svanì nell'aria poco dopo.

«Appunto» concluse Gideon, riponendo la foto sulla sdraio e avvicinandosi ai due fratelli. 

«Notizie di Julian?» chiese Lily, chinata a riprendere fiato. 

«E' nella magione, fidiamoci di lui per ora. Adesso statemi bene a sentire...» Gideon iniziò una spiegazione sui vari tipi di incantesimi e il modo corretto di lanciarli, mentre i due suoi allievi ascoltavano attenti. Esausti, ma attenti.


 


Il cielo notturno era costellato da un infinito manto di stelle luminose, mentre la natura sembrava riposare in una pace eterna e duratura, peccato che la pace non sarebbe mai stata tale. Questo Kaelim lo sapeva bene, come sapeva anche che tutto quello che stava facendo insieme a Rike era sbagliato, almeno per la sua posizione.

Lui non poteva e non doveva immischiarsi nelle faccende del mondo umano, non più almeno. Forse non gli era nemmeno permesso ripensare alla sua vecchia vita, ma quella era una delle poche che non voleva perdere. Aveva già perso troppo: la famiglia, l'amore, persone che si fidavano di lui e soprattutto l'umanità, anche se quella era andata persa ormai da troppo tempo. Adesso era uno di Loro, gruppo di cui non aveva mai pronunciato il nome, gruppo di cui non si poteva parlare e le cui tracce erano state eliminate da ogni registro sovrannaturale.

Sorrise. Ripensava a quando credeva che le uniche minacce esistenti al mondo erano solo le Streghe, che errore. Il mondo, anzi, i mondi, nascondevano minacce ben più oscure delle Streghe, come i Witcher, i Demoni, i Vampiri e i Licantropi, anche se di questi ultimi la situazione era leggermente diversa, dato che erano semplicemente "esperimenti" di una mente contorta e curiosa. Un po' come Gideon, frutto di uno di questi esperimenti, un prodotto di una pazza morta ormai da tempo.

Kaelim stava lì, seduto sulla riva del lago di Newport con la sua puledra accanto. Doveva partire per il Santuario, ma era abbastanza sicuro che in quel momento il Re lo stesse osservando, non che la cosa lo turbasse più di tanto, ma quello era il momento più sbagliato. Aspettò per diversi minuti, ore... difficile dirlo, ma sapeva che quando quel senso di malessere che lo attanagliava sarebbe scomparso doveva partire. Le uniche cose che poteva fare per il momento era pensare e specchiarsi nel lago, osservando i suoi occhi azzurri, così diversi dal loro colore originale.

Finalmente l'occhio vigile del Re svanì, così Kaelim montò in sella ad Haras e iniziò a galoppare nel cielo stellato, diretto alla sua destinazione dove avrebbe trovato l'unica persona che sposava la sua causa e quella di Rike. Il vento spostava la stoffa dei suoi vestiti, carezzava la pelle di lupo che portava sulle spalle e anche i suoi capelli, adesso liberi in quella notte perenne del piano astrale in cui lui e la sua gente erano prigionieri. Avrebbe venduto la sua anima per assaporare la libertà ed essere vivo per solo un giorno, ma era un desiderio impossibile.

Arrivò a destinazione, smontando dal cavallo e dirigendosi verso un luogo intriso di potere magico situato in una caverna naturale che conduceva fin sotto la superficie terrestre, una conca coperta da un manto di rocce e vegetazione, dove il potere magico era concentrato e in cui l'occhio del Re non riusciva a guardare. Kaelim percorse quel sentiero fangoso e roccioso, avvicinandosi a due statue che raffiguravano due ragazzi inginocchiati l'uno di fronte all'altro, mentre le loro mani si stringevano. Erano talmente reali che si faceva fatica a considerarle statue e Kaelim ne era sempre stato affascinato, almeno da quando si trovava intrappolato in quel piano astrale.

Accanto alle statue, un uomo le fissava con sguardo perso e malinconico, uno sguardo azzurro uguale a quello di Kaelim, così come erano uguali i vestiti e il modo di porsi, di parlare. Un guerriero come lui, che aveva disertato dagli ordini del Re per seguire lo stesso scopo di Kaelim e Rike.

«Sei in ritardo» si limitò a dire l'uomo, senza staccare lo sguardo dalle statue.

«Lo so, ma l'occhio mi stava osservando. Troverà anche te, lo sai»

L'uomo si voltò, con lo sguardo sprezzante e divertito. Si avvicinò a Kaelim, che tuttavia non si mosse. Il ragazzo sapeva di non aver detto niente di sbagliato, sapeva anche che quello era uno dei pochi luoghi sulla terra, se non l'unico, ad essere impenetrabile alla vista del Re, ma era proprio questo il problema: se il Re non avesse trovato Noj avrebbe capito che si nascondeva al Santuario... o forse lo sapeva già e aspettava il momento giusto per intervenire.

«Non m'importa. Non dovrebbe importare nemmeno a te. Dimmi, qual è il tuo nome?»

«Kaelim» rispose quest'ultimo, abbassando lo sguardo. Sapeva dove voleva andare a parare Noj, lo sapeva bene. Kaelim non era il suo nome reale, così come non lo erano neanche Rike o Noj... semplicemente il Re assegnava dei nomi nuovi ad ogni suo cavaliere, per farli rinascere come suoi sudditi e lasciare alle spalle la loro vecchia vita, la loro vita quando erano appunto... vivi.

Noj rise, visibilmente divertito «Potrei dirlo io il tuo nome, qui e ora. Sappiamo che quando si pronuncia il vero nome si firma alla propria condanna a morte, ma a quanto pare non sei ancora pronto, ma non importa, arriverà il momento in cui abbraccerai il vero te. Comunque...» Noj sospirò, voltandosi per un secondo verso le statue. C'era qualcosa in quel gesto che Kaelim non capiva, ma che era sicuro di aver visto già in passato. Aveva dimenticato così tante cose... «Che notizie porti, Kaelim?»

«Julian Sullivan è stato preso dagli Angoni, non ascoltando il nostro suggerimento. Sappiamo già che se continua risveglierà il Male... e se questo accade...»

«Il mondo avrà fine» aggiunse Noj «e soprattutto il Re potrebbe riuscire a farci evadere da questa prigione, mettendo ancora più a rischio l'umanità... e rendendo vano il sacrificio di loro due» si voltò verso le statue, mentre una smorfia si dipingeva per un secondo sul suo viso. Noj non voleva assolutamente che il Re e il suo esercito tornassero sulla terra, nonostante questo significasse una prigione eterna per lui, Kaelim e Rike. C'era un motivo ben preciso per cui erano intrappolati in quel piano dimensionale ed il motivo erano proprio quelle due statue, che Noj non voleva deludere.

«C'è anche il problema del vampiro...» aggiunse Kaelim, incrociando le braccia. Quel vampiro era una delle poche cose che ricordava di quando era ancora in vita, dopotutto non se ne vedevano spesso di ragazzi succhiasangue. 

«Chi, Gideon? Non era stato ucciso?»

«E' ancora vivo e ha avvicinato Julian, lo sta manipolando per avvicinarlo alla magione. Ovviamente Gideon non ha fatto minimamente parola del suo scopo, sta usando la scusa della noia»

Noj sorrise ancora una volta «Quel vampiro prima o poi finirà senza testa a furia di manipolare la gente, la cosa peggiore è che Julian si fida di lui»

«Già. Per questo siamo qui, dobbiamo cambiare le carte in tavola»

«E' arrivato il tempo di risvegliare Paul Rivers»        


 

Note dell'autore
 



Oddio, sono passati due mesi e io mi sento in tremenda colpa per non aver dato più mie notizie, ma sono successe così tante cose che non ho avuto il tempo per scrivere o semplicemente quando lo facevo ero così preso da altro che veniva fuori un capitolo nonsense! So che questo di oggi forse non è il massimo, dato che è frutto di due mesi di pausa, ma si riparte da qui. Poi ehy, per farmi perdonare ho aggiunto il punto di vista di Kaelim che insomma, aggiunge miliardi di dubbi: 1) chi è il Re? 2) chi sono loro? 3) Cosa vogliono fare? 4) Chi è il Male e perchè loro devono restare in trappola? 5) Perchè Gideon mente? 
Insomma, questi ed altri xD
Ma adesso sul serio, mi scuso per la mia assenza e riprenderò a ritmi umani ad aggiornare, soprattutto ora che c'è un bel po' di carne sul fuoco. Stay tuned, e alla prossima!       
   
 
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