Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Himenoshirotsuki    09/04/2017    5 recensioni
Le Jinian, un popolo, una leggenda. Dimenticate dagli umani e anche da tutte le altre razze, questa tribù di quasi solamente donne viaggia da una parte all'altra del mondo. Nascoste agli occhi di ogni mortale, sono le uniche ancora in grado di usare la magia elementale, senza che essa, a lungo andare, le corrompa. Nemeria è solo una delle tante bambine della tribù e non ha niente di speciale. Adora sua sorella Etheram e il suo dolce fratellino Rakhsaan, ama combinare guai e, come tutte le sue compagne, si è sempre esercitata nell'arte della magia e della manipolazione degli elementali che vivono in lei per poter un giorno diventare una Jinian. Ma tutto cambia all'improvviso quando la sua tribù viene attaccata da una banda di briganti, vestiti con un'armatura completamente nera e una maschera bianca a coprir loro il viso. Il destino mette Nemeria davanti a una scelta: diventare un vero guerriero e combattere per sopravvivere oppure vivere all'ombra di ciò che il fato ha scritto per lei.
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Fuoco 2

5

Il coraggio di non aver paura

"Chi non osa osservare il sole in volto non sarà mai una stella."
William Blake

Dariush era nervoso. Camminava avanti e indietro attorno alle ceneri del focolare, le mani intrecciate dietro la schiena e lo sguardo di una tigre in gabbia. Era da quando Nemeria, Altea e Hirad erano tornati e gli avevano riferito del loro spiacevole incontro che aveva quell'espressione a metà tra l'arrabbiato e l'inquieto, così come gli altri membri della famiglia. L'unica che sembrava non sentire la tensione era Noriko, che osservava impassibile appoggiata al muro. Come Dariush e i gemelli, aveva varie escoriazioni sulla pelle delle braccia, lasciate esposte dalla tunica lisa in più punti, e un livido sotto l'occhio sinistro le induriva i lineamenti del viso, conferendole un'aria truce.
- Siete sicuri che non hanno intenzione di venire nel nostro quartiere? A parte minacciarvi di farvela pagare, non hanno detto altro? - domandò loro per l'ennesima volta Dariush.
Altea fece un cenno di diniego con la testa. Era ancora visibilmente scossa, Nemeria se ne rese conto perché anche lei faticava a controllare il tremore che le scuoteva le spalle. Hirad cercava di non darlo a vedere, ma le pupille dilatate e i pugni serrati lo tradivano.
Lo Sha'ir trasse un respiro di sollievo e si passò una mano tra i capelli scarmigliati, mettendo in mostra un taglio sopra la tempia. Il sangue era raggrumato, segno che erano passate un paio d'ore da quando se l'era procurata.
- Non va affatto bene. Possiamo respingere le altre bande, ma se i Cani decidessero di attaccarci non potremmo fare altro che rifugiarci qui sotto. Dobbiamo cominciare a mettere da parte le scorte e prepararci al peggio. - dichiarò, per poi avvicinarsi ad Altea, - L'unica cosa che mi domando è perché tu sia tornata qui a mani vuote, nonostante ti avessi esplicitamente ordinato di fare la spesa. Hai detto che quei figli di puttana non vi hanno inseguiti, sareste potuti andare a prendere qualcosa in qualche taverna lungo la strada del ritorno. -
- N-non ci ho pensato, Dariush. Hirad e Nemeria non sono molto bravi e avevamo paura che i Falchi ci pedinassero. - balbettò la ragazza, facendosi piccola piccola.
- Quante volte ti ho ripetuto che non sei tu la guida della famiglia? -
- Lo so, ma... -
- Quante volte? Rispondi. -
Altea si morse un labbro e abbassò lo sguardo. Tutti tacevano, respirando il più piano possibile per paura che Dariush si accorgesse di loro.
- Molte. - mormorò infine, mortificata.
- Bene, quindi perché ti ostini a disobbedire? Prima porti una bambinetta inutile e ora decidi quando tornare alla tana? - l'aggredì, le prese il mento tra le dita e strinse le guance così forte da graffiarle la pelle, - Sto cominciando a perdere la pazienza con te. Ti ho salvata dalla strada, ma più il tempo passa più comincio a pensare che sia stata una perdita di tempo. Forse avrei dovuto lasciarti morire, almeno così mi sarei risparmiato tante delusioni. - sibilò cattivo.
Nemeria contrasse la mascella e digrignò i denti, tanto da farli scricchiolare. Le mani si serrarono a pugno, mentre la pietra luna si surriscaldava, stemperando appena la rabbia che sentiva crescerle dentro. Sapeva che non poteva intervenire, ne andava della sua vita, eppure non riusciva a controllarsi né a placare l'odio che provava nei confronti di quel verme. Si guardò intorno, in cerca di supporto, ma nessuno sembrava intenzionato a intervenire. Persino Hami aveva girato la testa da un'altra parte, incapace come tutti di assistere all'ennesima umiliazione di Altea.
- Dariush, Altea non aveva scelta. - si intromise all'improvviso Hirad, la voce che tremava quasi quanto lui, - I Falchi sono imprevedibili, il rischio che decidessero di penetrare nel quartiere non era da escludere e purtroppo sappiamo quanto siamo deboli rispetto a loro. Non mi sembra giusto che tu la punisca per aver anteposto la sicurezza dei membri della famiglia alle nostre scorte alimentari. -
Dariush mollò la presa e si girò di scatto verso Hirad, nello stesso istante in cui lo fece anche Nemeria. Anche Noriko, che fino a quel momento aveva fissato la scena senza scomporsi, parve sorpresa.
- Quello che ho detto ad Altea vale anche per te, Ratto. -
“Hirad, stai zitto, maledizione!”
Nemeria lo trafisse con un'occhiata ammonitrice, ma il ragazzo la ignorò. Deglutì un paio di volte e raccolse il coraggio per continuare.
- Sto cercando di farti riflettere: stai punendo Altea per essersi comportata secondo i tuoi insegnamenti e non mi sembra corretto. Dici sempre che sono quello intelligente, quindi se vedo che qualcosa non va... -
- Cosa stai insinuando? Pensi che le mie azioni siano stupide, forse? Sto sbagliando? - ringhiò Dariush, abbassandosi in modo da poterlo guardare dritto negli occhi, le labbra increspate in un ghigno che lasciava scoperti i canini leggermente appuntiti.
- A-anche i capi migliori sbagliano, a volte. - ridacchiò nervoso Hirad.
- Ritieni di essere nella posizione di potermi ammonire, per caso? -
- No, certo che no... volevo solo farti notare una cosa, ecco. - si difese, alzando le mani.
La smorfia irritata di Dariush si tramutò in un sorriso che non prometteva niente di buono, Nemeria se lo sentì nelle viscere.
- Hai ragione, Hirad, ho sbagliato. In effetti, punire Altea sarebbe un errore. - gli batté una pacca sulla sulla spalla e gli fece cenno in direzione della sua tenda, - L'altro giorno sei andato in esplorazione, no? Portami i disegni delle nuove gallerie, desidero che mi illustri quali sono e dove portano. -
Hirad sbiancò, così come Nemeria.
- Non li ho ancora finiti... in realtà non li ho nemmeno iniziati. Sono dei bozzetti sulla pergamena, non credo ci capiresti qualcosa. - balbettò in preda al panico.
- Oh, ma davvero? Eppure di solito sei così rapido. Comunque, ci terrei davvero a vederli. Portameli. -
- Sei ferito, forse è meglio che prima ti faccia medicare da Kimiya per evitare l'infezione, non sarebbe un bene se ti ammalassi in un momento del genere. - intervenne Altea, ma bastò un'occhiata dello Sha'ir per ridurla al silenzio.
- Allora, Hirad? Sei forse troppo stanco per via della tua fuga precipitosa? Non ti preoccupare, rimani pure seduto, Malakeh le andrà a prendere. - aggiunse e il suo sorriso si allargò.
Nemeria riconobbe in quell'espressione la stessa crudeltà che aveva ravvisato sui volti dei due ragazzi appartenenti ai Falchi Neri. La paura le imbrigliò lo stomaco e le parole in una morsa spietata.
Malakeh si infilò nella tenda di Hirad e uscì con un plico di pergamene impilate l'una sull'altra che svolazzavano a terra ad ogni passo. Alcune riportavano disegni schematici di gallerie, con qualche iscrizione vergata con una calligrafia illeggibile, e le altre per la maggior parte ritraevano scorci di Kalaspirit, fiori, ritratti dei membri della famiglia, vedute paesaggistiche di luoghi fantastici situati chissà dove. Tra quelle che caddero, Nemeria notò le riproduzioni dei viticci con grappoli d'uva e racemi d'acanto presenti sulla tomba dell'uomo famoso che avevano trovato insieme.
- Vedo che ti stai dedicando all'arte, Ratto. Sei bravo. Pensavo che oltre a straparlare non avessi alcun talento. -
Dariush prese un paio di pergamene e le osservò con cipiglio critico.
- Sai, Altea e Hami fanno fatica a rubare la carta di questa qualità, è roba difficile da reperire. E tu come la usi? Imbrattandola con scarabocchi che non hanno nessuna utilità per la nostra famiglia? -
Hirad si fissò la punta dei piedi in silenzio. Con il collo incassato nelle spalle e le dita piantate nelle braccia, sembrava ancora più indifeso e spaurito di quanto già non fosse.
- Ho chiuso gli occhi per troppo tempo davanti alla tua disobbedienza, è ora che impari a stare al tuo posto. C'è troppa anarchia in questo gruppo, vi farà bene un bel ripasso. -
A tutti mancò il respiro quando Dariush allineò i fogli e li strappò, dapprima in due, poi in quattro e infine in sei pezzi, per poi lasciarli cadere a terra e pestarli come degli insetti fastidiosi. Con un cenno del capo, ordinò ai gemelli di fare lo stesso. I due esitarono e per una frazione di secondo Nemeria sperò che si sarebbero ribellati.
La prima ad afferrare la pergamena seguente fu Malakeh. Ritraeva un cavallo che sonnecchiava vicino all'abbeveratoio di una taverna, con il cielo screziato di rosso e le nuvole sfilacciate di un viola che sfumava nel lillà verso i bordi pastello. La ragazza trasse un profondo respiro. Quando la fece a pezzi, non ebbe il coraggio di guardare Hirad, che la guardava con gli occhi lucidi, senza riuscire a dire o a fare nulla. Era pietrificato, come se non riuscisse a realizzare cosa stesse realmente accadendo. Soltanto quando Mehrdad distrusse il profilo delicato di una giovane Sha'ir, cadde in ginocchio e abbracciò i pezzi di pergamena singhiozzando, mentre altri si aggiungevano al mucchio.
Quando non rimase più altro, Dariush gli artigliò la spalla, costringendolo ad alzare la testa.
- Ricordati chi sei, lemna, e soprattutto qual è il tuo posto qui dentro: i ratti sono fatti per rimanere sottoterra e nascondersi nelle fogne, pregando di non venire schiacciati. Adesso andrò a farmi medicare, e quando uscirò dalla tenda di Kimiya voglio che sia tutto pulito, chiaro? -
Hirad mormorò un flebile “sì” e, quando l'altro si alzò, lui stava già raccogliendo i pezzi di carta.
Noriko si allontanò assieme ai compagni, compresi i gemelli, che quasi corsero a rifugiarsi dentro la loro tenda in preda ai sensi di colpa. Rimasero soltanto Nemeria e Altea. Per un po' nessuna delle due si mosse, poi Altea si avvicinò e, con le mani ancora tremanti, si accovacciò accanto a lui, raccogliendo uno dei tanti pezzi che costituivano il tappetto eterogeneo di linee, chiaro-scuri e prospettive ormai distrutte.
Hirad si bloccò un istante e Nemeria colse l'occasione per raggiungerlo. La pietra di luna si era raffreddata, così come la sua rabbia, e adesso l'unico desiderio che aveva era quello di abbracciarlo, stringerlo forte come Etheram faceva con lei quando si svegliava da un brutto sogno o perché fuori si era scatenato un temporale. L'istinto, però, le suggerì di limitarsi ad aiutarlo, poiché una tale manifestazione di affetto non avrebbe fatto altro che peggiorare il suo umore: quando Dariush aveva strappato il primo disegno, era stato come se lo avesse pugnalato, e poi aveva continuato finché la sua anima esangue non gli era scivolata di mano assieme all'ultima pergamena.
- Sei davvero bravo a disegnare. - mormorò Altea, porgendogli un angolo di cielo stellato, - Io non sono intelligente o esperta di arte, però, ecco, le tue opere sono meravigliose. Dariush è stato crudele. -
- Nah, non sono granché. Mi diletto a ritrarre ciò che vedo, ma non sono un vero artista. Mia madre aveva molto più talento, riusciva a catturare la realtà e a eternarla con pochi, semplici tratti. Io, invece, pasticcio sui fogli a tempo perso. Dariush ha ragione, è uno spreco di carta. -
- No, non è vero. Non so che persona fosse tua madre, ma per quello che ho visto tu sei anche migliore, anzi, più migliore del pittore che sta sulla Via degli Usignoli nel Quartiere d'Ambra. Un giorno, ne sono certa, diventerai l'artista più famoso della città! E quando ripenserai a quello che è successo oggi, ti farai una risata e dirai “Ah! Quel bastardo di Dariush è rimasto in strada a rubacchiare gli avanzi, mentre io ora nuoto nell'oro, ho ventiquattro mogli e faccio colazione con bekljva e kedayif ogni mattina”. -
- Più migliore... la mia istitutrice si starà rivoltando nella tomba. - commentò inorridito.
- Te l'ho detto, non sono come te! E comunque il punto non era quello. È che un giorno tu te ne andrai di qui, con Nemeria e Noriko. Diventerete dei grandi, scriverete la storia e quando tutti e tre vivrete nel vostro palazzo personale vi sarete già scordati di questi giorni tristi. Non avrete nemmeno tempo di pensarci con tutte le cose da potenti che avrete da fare. -
- Io non voglio ventiquattro mariti. La ricchezza sì, ma non voglio avere a che fare con più di un uomo alla volta. - si intromise Nemeria, facendosi più vicina.
Altea ruotò gli occhi esasperata: - Forse ho un po' esagerato col numero, ma non era quello il nocciolo della questione! -
- Io ho capito. Solo che adesso non riesco a pensarci, anzi, non sono in grado di pensare a nulla. - disse Hirad e strinse al petto un frammento di disegno, per poi infilarlo nelle tasche dei pantaloni.
A nulla valsero i successivi tentativi delle due ragazze di consolarlo, le loro parole si infrangevano contro un muro di silenzio e sofferenza.
Nemeria dovette reprimere l'istinto di alzarsi e andare a prendere a pugni Dariush, quando lo vide uscire dalla sua tenda con le braccia bendate. Questi dovette accorgersi d'essere osservato perché si girò nella sua direzione. Per un istante che durò un'eternità i due si fronteggiarono con lo sguardo, gli occhi rossi, fiammeggianti di rabbia di Nemeria intrecciati a quelli strafottenti e pieni di disprezzo dello Sha'ir. Il fuoco delle torce si ingrossò, alzandosi fino quasi a lambire le ombre sul soffitto. Le vene sulle sugli avambracci e sul collo del ragazzo si tesero nervose, mentre le sue dita si riempirono di squame, mettendo in mostra un'altra pelle più dura, più resistente, quasi impenetrabile. Non seppero cosa li fermò dal regolare i conti subito. Semplicemente, l'attimo prima stavano per azzannarsi alla gola e quello dopo tornarono a far finta di niente, ignorandosi reciprocamente.
Nessuno aveva osato intromettersi, così come nessuno aveva accennato a prendere le difese di Hirad, troppo occupati a fingere di badare agli affari propri. Nemeria era incredula.
“Che razza di famiglia è?”
La tensione aleggiò per ore nella tana, opprimente come una cappa tossica.
L'ora di cena arrivò in fretta, ma senza l'allegria che normalmente la caratterizzava. Afareen e Chalipa servirono riso con pomodori, peperoni verdi e qualche pezzetto di carne di topo. Nemeria lo mangiò a forza, costringendosi a inghiottire un boccone alla volta masticandolo a lungo, fino a quando la sensazione di nausea non si attenuava un po'. Di tanto in tanto gettava un'occhiata ad Hirad, che, come lei, sembrava combattere contro la sua porzione. Aveva gli occhi ancora rossi e per tutta la cena non li distolse mai dalle fiamme che crepitavano nel focolare, incurante dell'atmosfera densa come melassa.
Di fianco a lui si era seduta Altea, che cercò di ravvivare la serata raccontando aneddoti divertenti, senza però riuscire a coinvolgere nessuno. Nemeria, così come i presenti, l'ascoltava distrattamente, annuendo e stirando le labbra in un sorriso nei momenti più opportuni. La rabbia per quello che era accaduto era ancora tanta e vedere Hirad in quello stato non faceva altro che accentuarla, facendole ribollire il sangue, mentre la pietra di luna manteneva un calore costante che controbilanciava quello che sentiva pervaderle la mente e il corpo. Non poteva fare nulla che potesse davvero aiutarlo; sfidare Dariush era una scelta azzardata, avrebbe messo in pericolo non solo lei, ma l'intera famiglia, e questo Nemeria non poteva permetterlo. Buttò giù un altro boccone e addentò un pezzo di pane bianco così duro da sembrare di pietra.
Lo Sha'ir non si era presentato per cena, ma aveva ordinato a Kimiya di portargliela nella tenda. Nemeria sospettava che stesse cercando di riprendere il controllo dell'elementale della terra e, seppure contro voglia, anche lei sperava che ci riuscisse.
Un brivido freddo le corse lungo la schiena al ricordo dei due Falchi Neri. Hediye, quando lei ed Etheram erano ancora piccole e le avevano chiesto di raccontare una storia di paura, aveva narrato di quando viveva ancora tra gli uomini. Proveniva da una città piccola e poco distante dalla capitale, dove il sultano aveva fatto costruire una delle tante arene in onore di suo padre. La sua famiglia ogni fine settimana la trascinava sugli spalti a vedere gli spettacoli, gladiatori che combattevano gli uni contro gli altri, oppure contro prigionieri provenienti da terre al di là del mare e Jin. A Nemeria erano rimaste impresse le parole di sua madre, quando le aveva descritto l'avversario di quel Dominatore: crudele, inumano, deforme, ma soprattutto troppo forte per qualsiasi mortale. Era risaputo nella sua tribù che qualsiasi mortale che abusava della magia inevitabilmente diventasse un Jin, era la maledizione che la Madre stessa aveva scagliato sulla stirpe degli uomini quando Heydar aveva ucciso Soraya. A detta di tutte le Anziane, la maggior parte dei Jin erano esseri deformi, orribili, però ce ne erano alcuni, i più pericolosi, che mantenevano un aspetto normale e si mescolavano ai mortali, imbrogliando anche gli occhi più esperti.
Dariush doveva essere ancora normale, ma Nemeria era sicura si trovasse sulla sottile linea di confine tra Sha'ir e Jin. Sarebbe bastato un niente per vederlo trasformarsi in un mostro. Per quanto lo odiasse, pregò la Madre che gli desse la forza di riacquistare il controllo, che avesse pietà di tutti loro.
Quasi le venne da vomitare quando mangiò l'ultimo pezzo di pane. Dovette affondare i denti nelle labbra per reprimere il conato e rimanere lucida, senza cedere di un passo alla paura che sopravanzava.
- Scoiattolo? Non hai più fame? -
La voce preoccupata di Altea la richiamò alla realtà. Nemeria si rese conto di avere in mano il piatto ancora pieno per metà e che loro due erano le uniche rimaste attorno al fuoco. Chalipa e Afareen erano vicino al muro vicino alle loro tende, intente a sciacquare le stoviglie in un catino senza rivolgersi la parola.
- No, sono piena. Ne vuoi un po' tu? - le chiese, per poi accorgesi un secondo dopo che anche la porzione di Altea era quasi completamente intatta.
- Mi sa che siamo in due ad avere la pancia piena stasera. - scherzò.
- Già. - mormorò la più piccola in tono mesto.
- Nemeria... pensi che Hirad si riprenderà mai? - domandò la Sha'ir tornando seria.
- Non lo so. Possiamo solo sperarlo. -
Le fiamme guizzarono sul viso di Altea, evidenziando tutti i segni delle sevizie subite da Dariush, e le donò un'aria ancora più triste e malinconica.
- Sai, non mi aspettavo che avrebbe reagito. Hirad è la persona più tranquilla che conosca, non avrei mai creduto che avrebbe avuto il coraggio di contraddire Dariush. Non puoi immaginare quanto mi senta in colpa per quello che è successo... è solo colpa mia... se fossi uscita di nuovo a fare la spesa, adesso le cose sarebbero come prima. Ero io quella che meritava la punizione, non lui. -
Nemeria la avvolse in un abbraccio e le permise di affondare il viso nella sua spalla. La strinse come quel pomeriggio, la cullò dolcemente permettendo al calore del suo corpo di passare in lei tramite carezze incerte e un po' goffe, finché non smise di piangere. Nonostante la sensazione di impotenza, quando Altea si calmò il cuore di Nemeria si alleggerì, come se vederla asciugarsi le lacrime e andare via a testa alta verso la sua tenda e non quella di Dariush l'avesse sollevata da un grande peso.
“Forse non sono così inutile, forse posso salvare qualcuno. Sì, proverò a cambiare le cose.”
Con quel pensiero, si recò alla sua tenda. Vide una luce multicolore provenire dall'interno e, quando entrò, si accorse che Noriko era ancora sveglia. Lo stupore divenne ancora più evidente non appena notò che ad emanare luce era la fanoos che penzolava sopra le loro teste. La fiammella all'interno spandeva la sua luce su tutto il mosaico, ricalcando ed enfatizzando l'intreccio di fiori che, come una trama molto stretta, avvolgeva tutta la superficie della lanterna.
- Non ne avevi mai vista una accesa? -
Noriko allungò la testa all'indietro, inarcandosi leggermente sulla stuoia in modo da poterla guardare meglio. I capelli rossi erano sparsi tutti attorno alla sua testa e nella luce tenue e aranciata sembravano i raggi del sole morente. Il livido sotto l'occhio destro era nascosto dalle ciocche ribelli.
Nemeria gattonò fino alla lanterna senza staccarle gli occhi di dosso, incantata dalla danza della fiamma. Attraverso i tasselli del mosaico, intravide una figura femminile e quasi le mancò il fiato quando riconobbe l'elementale che le aveva fatto visita tempo prima. Le sue mani si intrecciavano sinuose seguendo il corpo in movenze eleganti, ampie e dolci, ipnotiche.
- No, non le avevo mai viste. - rispose incerta, sfiorando con deferenza il fanoos.
- Ti piacciono? -
- Trovo la loro luce suggestiva. -
- Allora non hai mai visto lo spettacolo che offrono per le strade durante il Randama. Vengono appese ovunque, illuminano le strade come se fosse giorno. Nel Quartiere del Sole però sono sempre accese, se vuoi posso portarti a vederle. -
Nemeria annuì distrattamente, prima di rendersi conto di cosa avesse fatto. Distolse la sua attenzione dalla lanterna e la posò su Noriko. Il suo viso non lasciava trasparire alcuna emozione, così come la postura disinvolta del suo corpo. Per lei, quello che era successo poco prima non contava nulla.
- Non voglio avere niente a che fare con te. - proferì dura Nemeria.
- Difficile, visto che stiamo nella stessa tenda. -
- Allora farò finta che tu non ci sia. -
- Cosa avrei fatto per meritarmi la tua antipatia? -
- Lo sai. -
- Se lo sapessi, non te lo starei chiedendo. -
Nemeria incrociò le braccia sul petto e le scoccò un'occhiata che esprimeva tutto il suo dissenso, ma Noriko non fece una grinza, rimanendo in attesa di una spiegazione. Sentiva addosso il suo sguardo, assieme a quello dell'elementale nella lanterna, che ballava sullo stoppino della candela.
- Altea mi ha detto che nell'Ukiyo-e insegnano a combattere anche alle donne. Si vede che sei forte, il fatto stesso che fai le ronde significa che ti sai difendere. Quindi non capisco perché non sei intervenuta quando Dariush ha strappato i disegni di Hirad. Tu potevi fare qualcosa e invece sei rimasta a guardare. Non voglio avere nessun tipo di rapporto con le persone che lasciano che i deboli vengano schiacciati senza muovere un dito. -
Noriko sospirò e sedette. Si era cambiata la tunica e ne aveva indossata una a maniche corte color verde palude. Le varie contusioni e abrasioni erano in bella vista e Nemeria si rese conto dall'alone rosso che le circondava che non erano state né disinfettate né medicate.
- Hirad conosceva i rischi, eppure è intervenuto. È stata una sua scelta. Se fosse rimasto in silenzio e avesse lasciato che Dariush si sfogasse su Altea come suo solito, avrebbe ancora i suoi disegni. Non è un bambino, ha quasi quattordici anni, deve crescere e capire che il mondo non è come nei suoi amati libri, che ogni azione comporta delle conseguenze. -
Nemeria la fissò sconvolta. Non poteva davvero pensare quello che aveva appena detto, non ci voleva credere, ma la limpidezza della sua voce non lasciava adito a dubbi.
- Inoltre, non sono in grado di sconfiggere Dariush. Lui è un Dominatore, io sono solo una ragazza che ha imparato a combattere. Anche volendomi opporre, l'avrebbe vinta lui. - ammise con calma, - Nemmeno tu potresti fare granché. La terra soffoca e uccide il fuoco a lungo andare e le tue capacità, da quello che ho visto, sono minimali, nonché incontrollabili. -
- Questo non è vero! -
- La tua non consapevolezza dei tuoi limiti sarà solo una grande fonte di guai. Ascolta il mio consiglio, lascia perdere e permetti al tempo di compiere il suo corso. Prima o poi anche gli altri non sopporteranno più l'atteggiamento tirannico di Dariush, e allora potremo pensare di intervenire. Ma per adesso l'unica mossa intelligente è non attirare l'attenzione. -
- Oh, sì, com'era? “Siediti sulla sponda del fiume e aspetta, prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico”. Beh, sai che ti dico? - si alzò in piedi di scatto e l'elementale nel fanoos riprese a danzare in modo ritmico, quasi forsennato, - Io non sono come te, non riesco a rimanere impassibile mentre quel... quel bruto si comporta come se fosse il nostro re. Già una volta non sono riuscita a salvare nessuno, non posso permettere che accada di nuovo. -
Una lacrima si impigliò nelle ciglia e poi le scivolò lungo la guancia. Improvvisamente, i demoni le saltarono addosso e le azzannarono il cuore, affondando i loro artigli nella sua anima indifesa. Etheram, Hediye, Rakhsaan, tutti i membri della tribù la scrutavano dalle ombre con le loro orbite vuote, la giudicarono, la incolparono e Nemeria, per quanto stringesse forte le palpebre, non riuscì a scacciarli.
Non sono reali. Sono solo frutto del tuo senso di colpa, Nemeria, sei tu che le hai create, sei tu che le stai nutrendo.
La voce di sua sorella le sussurrava nella mente quelle parole, nel tentativo di convincerla e aiutarla a recuperare il controllo, ma le ombre si fecero più vicine, tanto da percepire il loro respiro gelido sulla pelle sudata. Nemeria si fece forza e serrò le dita attorno alla pietra luna per sentire la presenza della sua famiglia. In lontananza, come in un sogno, udì qualcuno chiamarla e poi avvertì una mano posarsi sulla sua spalla. Quando si girò, si trovò innanzi alla Sacerdotessa e al suo volto livido sfregiato dal fuoco.
- No! - gridò terrorizzata, divincolandosi dal suo tocco.
Corse fuori dalla tenda, dalla tana e giù lungo il primo corridoio che le capitò a tiro. Corse finché non riuscì più a respirare e la fatica non vinse. Si abbandonò contro il muro senza fiato. Gli spettri stavano già per ghermirla, quando l'elementale del fuoco si materializzò davanti a lei. Le fiamme dipingevano degli abiti da danzatrice, così come l'aveva vista nel fanoos di Noriko, ma sul suo viso non c'era più traccia di gentilezza. Avanzò contro le ombre senza timore, al ritmo di una musica silenziosa, facendo vibrare e sussultare velocemente fianchi e bacino, i lembi della fascia annodata in vita che tagliavano l'aria in sferzate violente. La sua voce rimbalzò sulle pareti, alta e imperativa.
Andate via.
Tra le sue mani apparve un cembalo. Quando lo colpì, il suono si propagò ovunque e gli spettri tremarono, indietreggiando.
Via, ora!
A quell'ultimo ordine, sprofondarono nell'oscurità in un silenzio tombale.
Nemeria rimase a guardare la scena a bocca aperta. Poco dopo si riscosse e si alzò in piedi barcollando. Le girava la testa, tanto che si dovette aggrappare alla parete per non crollare. Strinse i denti e non distolse lo sguardo dalla creatura, sebbene si vergognasse di come appariva: debole, impaurita e stanca. Tuttavia, un sorriso orgoglioso si dipinse sulle labbra dell'elementale. Era circondata da un alone nebuloso, segno che non era nella sua forma “materiale” come durante il loro primo incontro. Nemeria la vide azzerare la distanza che le separava e arrestarsi di fronte a lei.
- Pensavo mi avessi abbandonata. - esalò commossa.
Io sono sempre qui. Non me ne andrò mai.
Il vento della notte soffiò più forte e dissipò la sua figura, lasciando però intatto il calore sprigionato dalla sua mano nel punto in cui l'elementale l'aveva toccata. A Nemeria venne spontaneo sorridere. Prese un bel respiro e si concentrò finché il suo cuore non si calmò e l'aria fredda non le ebbe asciugato il sudore. Poi studiò la grata, assicurandosi che fosse ben chiusa, e uscì nel vicolo.
La strada era tutta illuminata e i fanoos, appesi alle funi sopra la testa dei passanti, ondeggiavano pigramente a ogni refolo. Uomini e donne, abbigliati con lunghi abiti ricamati in oro e sandali che si intrecciavano fin sotto il ginocchio, camminavano osservando i giochi di luce delle lanterne, fermandosi di tanto in tanto alle diverse bancarelle per comprare qualche pannocchia alla griglia o dei semit, panini dalla forma rotonda ripieni di formaggio, crema di olive o dolce. I bambini, invece, sembravano più interessati ai giocolieri, che all'angolo delle strade si esibivano in numeri spettacolari con scimmie, cerchi di fuoco e spade. Le guardie cittadine pattugliavano le strade, ma la maggior parte erano più concentrate a guardare una donna che si dilettava in giochi di prestigio.
Nemeria si riempì gli occhi, imprimendosi nella memoria ogni dettaglio. Aveva ancora le mani sudate e il cuore non si era ancora allineato sulla sua frequenza naturale, ma la paura aveva lasciato il posto alla meraviglia. Anche il suo stomaco sembrava essersi svegliato e per ogni bancarella che vedeva gorgogliava, più affamato che mai.
- Ragazzina. -
La bambina si voltò, in cerca della voce che l'aveva chiamata. Si avvicinò a un carretto vicino al quale era stata allestita una griglia rovente unta d'olio, dove erano state posate delle fette di pane e dello sgombro ad arrostire. Chiunque fosse, si doveva trovare lì nei paraggi, ma Nemeria non vide nessuno. Ad un tratto, con la coda dell'occhio scorse un movimento al suo fianco. Con sua grande sorpresa, si ritrovò faccia a faccia con il cuoco che aveva incontrato il primo giorno che era giunta a Kalaspirit, quello che le aveva urlato dietro e poi le aveva dato un pezzo di formaggio.
Sebbene lo superasse di almeno quattro pollici, Nemeria indietreggiò intimorita con tutta l'intenzione di dileguarsi nella folla. Prima che potesse scattare, il  besajaun  le batté una mano sulla spalla, un colpo così forte che quasi la mandò a terra.
- Scommetto che sei venuta qui a rubare qualcosa. Conosco voi ladruncoli, vi infilate ovunque e quando meno ce lo aspettiamo, zac!, ci soffiate la merce da sotto il naso. - aggirò la griglia, prese uno dei filetti di sgombro e lo infilò nel pane, per poi farcirlo con insalata, cipolla e pomodori, - Vuoi anche una spruzzata di limone e qualche peperone? -
Nemeria fece saettare lo sguardo da lui al panino, stranita da quell'inaspettata gentilezza. La sua parte razionale le ricordò che non aveva nemmeno degli spiccioli con sé, ma quando il suo stomaco gorgogliò di nuovo si limitò ad annuire. Il  cuoco  tirò fuori un barattolo pieno di vari sottaceti, da dove prelevò non solo i peperoni, ma anche barbabietola, carote e cetrioli. Prima di porgerglielo, aggiunse una spezia rossastra che Nemeria non riconobbe.
- Mangia, sembri un insetto stecco. - le ordinò e lei non se lo fece ripetere.
Azzannò il panino e lo divorò, gustandosi ogni boccone. Non si era resa conto di essere così affamata.
- La ringrazio molto, signore. È stato davvero... -
Lui la bloccò con un gesto stizzito della mano e poggiò un altro pezzo di sgombro sulla griglia. Aveva le mani grandi e callose e le unghie erano corte, eppure non c'era traccia di sporcizia. Persino il carretto, così piccolo e anonimo, era pulitissimo, come gli utensili che penzolavano dai ganci. Soltanto il grembiule aveva alcune macchie d'olio sparpagliate sulla pancia e qualche schizzo di quello che le sembrava pomodoro.
- Non saprei come sdebitarmi. Non ho soldi con me. -
- Non voglio niente, basta che non tocchi nulla con le tue mani lerce. Anzi, levati di mezzo che mi porti via la clientela. -
- Ne è sicuro? Insomma... -
- Ragazzina, non ho tempo per discutere, gli affari sono affari e questo è il mio modo di arrotondare la paga. Sparisci, o il vecchio Behrang ti prende a calci finché non ti metti a correre. - afferrò le pinze, le stesse che aveva usato per prendere il suo sgombro, e gliele puntò sotto il naso, - Sono stato chiaro, insetto stecco? Pensi di poter fare “puff” con le tue gambine, oppure hai bisogno che ti aiuti? -
Come se avesse alle spalle una muta di cani da caccia, Nemeria si defilò, confondendosi tra la folla. Lo scatto iniziale finì quasi subito, d'altronde la sua intenzione era solo quella di mettere una minima distanza tra lui e il carretto. Adesso non le faceva più paura, non come prima, la sua gentilezza l'aveva lasciata disarmata, sebbene alla fine l'avesse scacciata in malo modo.
“Che tipo strano. Prima mi offre un panino e poi mi manda via così. Hediye mi aveva detto che i besajaun sono volubili, ma non credevo fino a questo punto. La prossima volta mi inviterà nella sua osteria per poi buttarmi fuori a calci nel sedere?”
Si trovava sulla stessa strada maestra che aveva percorso al suo arrivo a Kalasprit. Le parve di riconoscere nel profilo di uno dei soldati che sonnecchiava nella guardiola lo stesso che aveva incontrato quando aveva fatto il suo ingresso in città. Non voleva tornare alla tana, né avere a che fare con nessuno dei membri della famiglia fino alla mattina seguente.
Inspirò l'aria fredda della sera e riprese a passeggiare. Anche se non poteva comprare nulla, si fermò a guardare da lontano le bancarelle, soprattutto quelle che vendevano animali. Rimase impressionata in particolare da un venditore che metteva in mostra un cavallo dall'aspetto a dir poco fiero. Era un baio dal pelo corto, la criniera lunga e serica e gli occhi enormi e intelligenti che fissavano i possibili compratori. Sembrava mansueto e brucava di tanto in tanto il fieno che il venditore gli porgeva prima di tornare a elogiarlo. Nemeria non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, tant'è che solo in un secondo momento si accorse di una presenza alle sue spalle.
- Noriko! Che ci fai qui? - esclamò sconvolta.
- Quindi eri andata davvero a farti un giro... - disse ansante, piegata sulle ginocchia per la corsa sfrenata che doveva aver fatto dalla tana, - Potevi dirmelo, sarei venuta con te. -
- Non capisco perché tu mi abbia seguita. -
- Non è una buona idea girare da soli per le strade, anche in un quartiere così movimentato. -
- In qualsiasi caso, non avrei di certo scelto te per accompagnarmi. -
Noriko le piantò le unghie nel braccio e la costrinse a indietreggiare. Per quanto Nemeria tentasse di liberarsi, la presa era salda e quando la tirò fuori dalla folla con uno strattone non riuscì a opporre la benché minima resistenza.
- Che cosa ti prende?! Mi fai male! -
Provò a divincolarsi, ma la ragazza l'avvolse in un abbraccio soffocante. Le tenne il capo con una mano e il viso contro la sua spalla, quasi volesse proteggerla.
- C'è qualcuno che ti sta pedinando. Non so chi sia, ma è da quando sei arrivata qui che non ti perde di vista un attimo. -
- Non prendermi in giro, non sono stupida. Me ne sarei accorta. -
La afferrò per i fianchi e spinse per allontanarla, ma Noriko non si smosse, anzi rinserrò la presa e la strinse fino a far aderire i loro corpi. Nemeria poteva sentire le ossa dei loro bacini a contatto, la sua pancia scavata che si scontrava contro quella tonica e muscolosa della sua compagna.
- Non sto scherzando. Lo so che mi detesti, ma non mi abbasserei mai a raccontarti una storia del genere solo per convincerti a stare con me. - si guardò intorno, la mandibola contratta e gli occhi che scrutavano attenti la folla, - Alla tua destra, vicino al giocoliere e al mangiafuoco. Fingi di star osservando lo spettacolo, non deve sapere che ti sei accorta di lui. -
Non appena Noriko la lasciò, Nemeria, dopo averle scoccato un'occhiata risentita, fece come le aveva detto. All'inizio non notò niente di strano, i due artisti di strada si prodigavano in numeri sempre più difficili e pericolosi, attirando molti spettatori. In mezzo alla calca, però, intercettò un movimento e la luce delle lanterne rimbalzò su una superficie metallica.
Dalle labbra del mangiafuoco scaturì una potente fiammata e ricevette uno scroscio di applausi e di gridolini di stupore.
Il fuoco tracciò alcuni dettagli della figura incappucciata: un'armatura nera, una daga appesa al fianco e una maschera, più bianca dell'avorio, con due fori per gli occhi e una piccola lacrima rossa.
Nemeria divenne una statua di sale e le gambe cominciarono a tremarle pericolosamente. Se non ci fosse stata Noriko a sorreggerla quando le ginocchia le cedettero, sarebbe caduta a terra.
L'avevano trovata, alla fine.
- Calmati, non c'è alcun pericolo. Se non ti ha avvicinata sinora è perché attendeva che fossi da sola. Ora torniamo a casa. Passeremo per le vie affollate, così sarà più semplice seminarlo. Non ti allontanare da me, per nessuna ragione al mondo. -
Nemeria annuì, anche se il suo cervello aveva captato solo parte del discorso. Non si oppose né quando Noriko la prese per mano né quando la condusse attraverso la strada a passo svelto. Era tutto diventato tetro e minaccioso, il mondo aveva perso i suoi colori e ora qualsiasi ombra sembrava essere il nascondiglio di un mostro, di uno spettro, di uno di quei sicari. Nemmeno la luce era più in grado di difenderla.
Quando giunsero a un crocevia, Noriko aumentò l'andatura, svoltò in una viuzza laterale, spostò veloce una grata e la spinse dentro senza alcuna grazia. Prima ancora che Nemeria mettesse i piedi sulla pietra, la rossa aveva già richiuso il passaggio e iniziato a scendere le scale. Nel buio gli occhi di Noriko brillavano come minuscoli soli, la sua presenza incombente e confortante al tempo stesso.
- Tu sai chi ti stava seguendo. - commentò in tono neutro, sbirciando in direzione di Nemeria.
Nemeria andò a sbattere contro il muro e si lasciò scivolare a terra, gli occhi bassi e il cuore che le galoppava nel petto alla stessa velocità con cui pulsava la pietra di luna. I pensieri vorticavano impazziti e sconclusionati, non riusciva a dare un senso logico a quello che voleva dire. Non voleva analizzare quello che aveva visto, sarebbe crollata all'istante.
Noriko sospirò e le si parò davanti. Il suo calore passava attraverso il lino logoro dei pantaloni e le accarezzava la pelle delle ginocchia.
- Non permetterò che ti faccia del male. Non sono un Dominatore, ma so combattere. Se quell'uomo, chiunque egli sia, proverà anche solo ad avvicinarsi, lo manderò via. - dichiarò solenne.
- Tu non puoi niente, lui ti ucciderà! Ti ucciderà come ha fatto con Etheram, Rakhsaan, la Grande Sacerdotessa e tutti gli altri. - pigolò, si premette le mani sulle orecchie e artigliò il cuoio capelluto fino a farsi male, - Lui mi troverà, non posso fuggire. Ovunque vada, lui... loro scoveranno le mie tracce e prima o poi mi prenderanno. -
- Chi sono? -
- Non lo so! Sono apparsi dal nulla e hanno trucidato tutti i membri della mia tribù. La magia delle Anziane non funzionava, nemmeno la Grande Sacerdotessa ha potuto fare nulla! -
Noriko si inginocchiò e la strinse a sé. Le accarezzò la testa con movimenti lenti e delicati, respirando piano. La sua vicinanza fece sentire Nemeria protetta, tanto che persino i rumori delle gallerie, improvvisi e sempre spaventosi, si erano trasformati in morbidi e innocui fruscii.
- Non so chi tu sia, né da dove tu provenga, ma te lo giuro, farò tutto ciò che è in mio potere per proteggerti. Tu però devi permettermi di farlo. Devi cominciare a fidarti di me. - sussurrò Noriko.
- Perché? -
- Questo non è importante. - si allontanò in modo da poterla guardare negli occhi e si appropriò di una ciocca bianca, - Hai un aspetto molto singolare, domani vedremo di fare qualcosa per renderti il più normale possibile. Ora torniamo a casa. -
Nemeria la fissò un momento e per un secondo le parve di vedere un riflesso liquido nello sguardo della sua compagna. Avrebbe voluto chiederle cosa le era successo per renderla la persona che era, ma si limitò a prenderle la mano e a farsi condurre attraverso le gallerie. Per la prima volta da quando era entrata a far parte della famiglia, Nemeria si accorse di non avere più paura del buio.

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Himenoshirotsuki