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Autore: Princess_of_Erebor    09/04/2017    16 recensioni
May è una giovane donna che vive nel XXI secolo. Un giorno si ritrova magicamente nella Terra di Mezzo, vedendo così realizzato il suo sogno più grande. Si unirà alla Compagnia dei Nani di Thorin Scudodiquercia e combatterà al loro fianco; vivrà esperienze uniche e incontrerà l'amore della sua vita.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Fili, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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CAPITOLO VI

Una lama al chiarore dell'alba







“Braccio in alto! Più in alto… Piega il ginocchio! Così!”.

Kili era un maestro di combattimento esemplare, pensò May mentre riprendeva fiato.
Un’ora di addestramento era stata sufficiente per dimostrarle che maneggiare una spada non era per niente facile ed entusiasmante come lo aveva immaginato leggendo libri e guardando film. Aveva dolore dappertutto, ma doveva stringere i denti.
Essendo le armi nei nani troppo pesanti per le braccia di una principiante poco robusta come lei, Thorin aveva pensato bene di farla allenare con la daga di Kili: una spada corta e decisamente più maneggevole. May si asciugò il sudore dalla fronte col dorso della mano; era piovuto quella mattina, c’era umidità nell’aria e il cielo era ancora carico di nubi grigie. Aveva tolto gli stivali per allenarsi; la pioggia li aveva resi ancor più pesanti e scomodi, mentre lei amava la sensazione dell’erba bagnata sotto i piedi nudi.

“E’ inutile, non ha la stoffa della guerriera!”, grugnì Dori rivolto a Nori.
La compagnia si era concessa una sosta per il pranzo. I nani erano intenti chi a cucinare, chi ad alimentare il fuoco, chi ad asciugare indumenti bagnati, senza tuttavia perdere di vista l’esercitazione della giovane compagna.
“Fili, dà il cambio a tuo fratello e concludi la lezione prima che sia pronto da mangiare!”, ordinò Thorin alzandosi in piedi. “Kili, tu occupati dei pony!”.
Entrambi i fratelli annuirono con un cenno del capo e a May sfuggì un sospiro di rassegnazione. Non aveva considerato la possibilità di doversi allenare con lui. Stavolta non aveva scampo: doveva affrontarlo combattendo, tanto con la spada, quanto con il cuore.
Fili si avvicinò senza dire una parola; fece tre passi indietro, sguainò una delle spade gemelle dal fodero appeso alla schiena e si mise in posizione. Non vi era l’ombra di un sorriso sulle labbra serrate; gli occhi, di solito dolci e vispi, erano privi di espressione mentre fissavano quelli di lei come per focalizzare il nemico. L’esercitazione riprese. May era nervosa e pregò che lui non se ne accorgesse, ma fu inutile: un colpo di spada mal parato fece volare in aria la daga e lei lanciò un grido di dolore.

“Si può sapere dove hai la testa? Qui non sono ammesse distrazioni!”.

La compagnia al completo si voltò verso di loro, udendo il grido di May seguito dal tono alterato del suo insegnante. Fili lasciò cadere la spada, corse dalla fanciulla e le prese il polso: lei sentiva le dita che premevano, delicate ma decise, sulla sua pelle. Provò un brivido di emozione, a dispetto dello spavento.
“E’ tutto a posto” disse lui, lasciandole la mano. Il tono di voce era tornato normale, eppure a May parve gelido.
“Non sanguini e non hai nulla di rotto. Spero che quanto è accaduto ti serva di lezione. Le Terre Selvagge non sono per la gente maldestra e ammodo che non sa difendersi!”.
Fili raccolse la spada da terra, la ripose nella guaina e tornò dagli altri senza voltarsi indietro.

May sedette a una certa distanza dal gruppo su una roccia piatta e umida, dove posò il pasto che non aveva alcuna voglia di consumare; le sue spalle erano rivolte alla compagnia e nessuno poteva vedere le lacrime che, scivolando copiose lungo le guance, la facevano sentire una bimbetta debole e capricciosa, nient’affatto degna della missione. L'umiliazione bruciava nel suo petto come una ferita cosparsa di sale, ma questo era niente in confronto alla delusione procuratale dalla condotta di Fili; il nipote primogenito di Thorin non le rivolgeva uno sguardo né una parola dalla notte antecedente alla partenza e, quando lo faceva, era per rimproverarla in un modo aspro e severo che aveva visto sorgere in lei il rimpianto di non essere una combattente.
Il rumore di passi alle sue spalle la fece voltare. Si asciugò in fretta le lacrime e fece posto a Kili, che sedette accanto a lei sulla pietra.
Il nano vide la scodella del pranzo ancora piena e scosse la testa. “Così non va. Devi mangiare qualcosa: l’esercitazione di oggi ha messo a dura prova le tue forze!”.
Per May fu abbastanza: lo sguardo premuroso di lui, la voce carezzevole e quel sorriso accennato che mal celava un’amichevole preoccupazione, videro crollare ogni sua difesa. Le lacrime, che stava cercando non senza difficoltà di trattenere, sgorgarono silenziose dagli occhi rigando le nivee guance.
Kili allungò un braccio e circondò le spalle della giovane donna, attirandola a sé; lei diede libero sfogo a quella miriade di emozioni che non sapeva o non poteva esprimere, piangendo sulla spalla del suo nuovo amico.
“Coraggio, sorellina” sussurrò Kili, la guancia poggiata sul capo di lei. “In fin dei conti non te la cavi male con la spada... Sono certo che, col tempo e con il giusto esercizio, diventerai un’ottima guerriera!”.
May si staccò da lui asciugandosi le lacrime con l’indice e gli rivolse un’occhiata tra il sorpreso e il divertito.
Sorellina?”.
“Preferivi forse straniera?” replicò Kili, alzando le sopracciglia. May non rispose; aveva smesso di piangere. Prese la sua scodella e si decise a sorseggiare il brodo.
“Ebbene sì, tu sei la sorella minore che non ho mai avuto” riprese lui, con un sorriso fanciullesco dipinto sul volto. “Un fratello ce l’ho già e… Oh, a tal proposito, May…”.
Ella rimase col cucchiaio sospeso a mezz’aria; era la prima volta che Kili la chiamava per nome.
“Non badare a mio fratello”, continuò lui facendosi stranamente serio. “E’ stato lo spavento a farlo reagire in quel modo. Per un momento ha temuto che tu fossi ferita e, se ciò fosse accaduto, non se lo sarebbe perdonato tanto facilmente. Tu non lo conosci ancora: Fili è il nano più buono e gentile di questo mondo!”.
May posò il pranzo sulle ginocchia e guardò avanti a sé; il paesaggio era grigio e cupo, ma il solo sentire quel nome – pronunciato da colui che lo conosceva di più – fu come veder spuntare un raggio di sole tra le fronde degli alberi di quella regione desolata.
Senza rendersi conto che stava pensando ad alta voce, mormorò: “Lo so, Fili è un’anima gentile. L’ho capito l’altra notte”.
Kili sgranò gli occhi. “L’altra notte?”.
May avvampò fino alla radice dei capelli. Ormai il danno era fatto, tanto valeva confessare la verità.
Kili ascoltò con avida attenzione il racconto di lei, di come Fili l’aveva incrociata in uno dei corridoi di Casa Baggins e di come l’aveva condotta in cucina, per sfamarla. May scoprì che si sentiva a proprio agio nel parlare con lui e rivelò ogni cosa, sorvolando per quanto possibile sui dettagli.
A racconto terminato, Kili balzò in piedi facendola sussultare. Batté i palmi l’uno contro l’altro ed esclamò con un sorrisetto: “Ora capisco! Sorellina, il mio fratellone ha un debole per te!”.
“C-che cosa?!”.
May avvampò di nuovo. Il cuore prese a batterle furiosamente nel petto, le ginocchia tremarono e la scodella vuota rotolò a terra insieme al cucchiaio.
“Ma certo! Questo spiega tutto!”.
Kili tornò a sedersi accanto a lei; ora la guardava con l’espressione – seria e dolce – tipica del fratello maggiore che si accinge ad impartire un’importante lezione alla sorella minore.
“Sorellina… May, ascoltami: quando abbiamo lasciato la Contea ho notato un cambiamento in Fili. Dal giorno della partenza lo vedo distratto e poco incline allo scherzo; si isola spesso, non si confida con me e risponde alle domande in modo evasivo. Un fatto assai strano. In un primo momento avevo creduto che si trattasse della preoccupazione per la missione, ma in cuor mio sapevo che la causa era un’altra. Conosco mio fratello. A volte sono persino in grado di decifrare i suoi pensieri, proprio come lui fa con me. Non riuscivo a capire cosa gli passasse per la testa, ma fortunatamente, parlare con te mi ha aperto gli occhi”.
May lo fissava sbigottita, in silenzio.
“Finalmente, tutto acquista un senso!", proseguì Kili. "Mio fratello inizia a provare dei sentimenti per te e si sente confuso. E’ consapevole del fatto che questo viaggio non ammette distrazioni ed è evidente che sta facendo del suo meglio per tenersi – e tenerti – a debita distanza, per quanto le circostanze lo consentono. La sua reazione di poco fa ne è la prova. Fili è sempre stato abile nel celare le proprie emozioni, ma a quanto pare le cose sono cambiate”. Kili sorrise maliziosamente. “Ti conosce da poco e non sa in che modo agire, eppure sente di conoscerti abbastanza da provare qualcosa che lo disarma completamente. Tu appartieni ad una razza diversa, ma vedi, ciò non impedisce ad un nano di innamorarsi di una donna. E quando un nano ama, beh… Lui ama per sempre!”.

May non riusciva a credere di aver udito quelle parole; era paralizzata dallo stupore.
Si sforzò di rispondere, ma nessun suono uscì dalle sue labbra e Kili scambiò quel silenzio prolungato per puro disinteresse nei riguardi del fratello.
“Oh… Che sciocco sono stato! Ho dato per scontato che tu… Perdonami. Probabilmente, nel tuo paese hai già una persona speciale che attende il tuo ritorno”.
“Kili, è tutto a posto. I-io non…”.
“Kili! May! E’ ora di rimettersi in marcia, coraggio!”. La voce squillante di Bofur li richiamò ai doveri della missione.
Il sorriso che il giovane nano rivolse a May prima di tornare dai compagni non mascherava una punta di amarezza e, a vederlo, lei provò una fitta di dolore, tagliente come la lama di un pugnale. Avrebbe voluto gridare a Kili che ricambiava con tutto il cuore i sentimenti del fratello, l’unica persona speciale di cui le importasse veramente.
Si chinò per raccogliere la ciotola col cucchiaio e, rialzandosi, vide Bilbo venirle incontro; egli si fermò davanti a lei senza dire nulla. Sorrise, e i suoi occhi parlarono al posto della voce: “So cosa ti turba. Io sono qui, se hai bisogno di me!”.


-s-s-s-


May gettò un altro pezzo di legna secca sul fuoco; non era stato facile accenderlo, a causa del forte vento che tirava dalle prime ore del meriggio. Alla fine, Oin e Gloin – particolarmente abili in questo genere di lavori – ci erano riusciti e non senza fatica.
Il capo della compagnia aveva scelto come luogo per l’accampamento un piccolo colle dove l’erba era alta e verde, tra le rovine di quella che non molto tempo addietro era stata una modesta fattoria vicino ai boschi.
I nani andavano e venivano, affaccendati; alcuni portavano nuova legna per il fuoco, mentre altri aspettavano che Fili e Kili si occupassero dei loro pony, com’era stato ordinato da Thorin.
May si era di nuovo offerta di cucinare, per la gioia di Bombur, che l’ultima volta aveva preteso una seconda e più abbondante porzione della cena. Quantunque i nani sapessero arrangiarsi col cibo, avevano scoperto che avere una donna nel gruppo era assai utile. Mentre preparava lo stufato, May si guardava attorno con aria assente; era stremata dal lungo cavalcare e, come se ciò non fosse abbastanza, aveva delle valide ragioni per sentirsi inquieta.
Gandalf aveva lasciato la compagnia alcune ore prima, in seguito ad un diverbio avuto in privato col loro capo; lei ne conosceva la ragione, a differenza degli altri, ma la certezza che lo stregone sarebbe tornato non bastava per farla sentire tranquilla.
Sarebbe potuto succedere di tutto, in assenza di lui. E lei sapeva che cosa.
Thorin aveva rifiutato di seguire il consiglio di Gandalf, ovvero lasciare quel posto per raggiungere la Valle di Imladris, dove re Elrond Mezzoelfo li avrebbe aiutati a decifrare la mappa.
Adesso, più che mai, la giovane sentiva il bisogno di interrogare l'impenetrabile stregone. Quello stesso giorno, mentre si preparavano a ripartire dopo il pranzo, lui l’aveva presa in disparte estraendo una piccola spada con fodero dal suo mantello grigio.
“Prendila, è tua: l’ho trovata nella bottega di un fabbro a Brea e ho pensato che fosse adatta ad una piccola donna guerriera”, le aveva detto sorridendo.
“Guerriera?! Gandalf, io non posso… Io non so combattere! Lo hai visto anche tu!”.
“Oh, imparerai!”.
Era la loro prima, vera conversazione da quando May era piombata a Casa Baggins.
“Gandalf…”, ella si era guardata intorno per assicurarsi che i compagni non fossero a portata di voce. “Tu devi spiegarmi cosa ci faccio qui! Come sono arrivata nella Terra di Mezzo? E soprattutto, per quale motivo?”.
Lo stregone aveva corrugato le fitte sopracciglia ingrigite. “Questo non è tempo per le domande!”.
May aveva chinato il capo, scoraggiata.
“Ma quel tempo arriverà, mia giovane amica” aveva continuato lui, addolcendo il tono di voce. “E potresti essere tu stessa a trovare le risposte che cerchi!”.

“May, ti senti bene?”.
La voce di Bilbo la fece voltare, riportandola nel presente. “Certo, mastro Baggins! Sono solo stanca e, a dire il vero, anche un po’ affamata!”.
“Oh, non dirlo a me! Questo profumino mi sta facendo salire l’acquolina in bocca!”. Lo hobbit si sfregò le mani sorridendo all'idea del tanto atteso pasto, ma poco dopo tornò serio e rivolse a May uno sguardo ansioso. “E’ via da parecchio… Credi che tornerà?”.
“E’ uno stregone, fa come gli pare” rispose lei, scrollando le spalle nel tentativo di nascondere la propria inquietudine.
La cena era pronta e May la servì ai compagni. Quando Bilbo ebbe finito di mangiare, la fanciulla riempì due ciotole di stufato chiedendogli di portarle a Fili e Kili, che facevano la guardia ai pony nel bosco. Lo hobbit obbedì e, finalmente, May sedette sotto un albero per consumare il suo pasto. Poco distante sedevano Thorin, Balin e Dwalin i quali, con le ciotole vuote in mano, parlavano a bassa voce senza curarsi di lei; i loro volti contratti tradivano un’aria preoccupata.
“E’ folle! Deve pur esserci qualcuno in grado di farlo!”, borbottò Dwalin col suo consueto tono burbero.
“Sono certo che qualcuno sappia interpretare i segni di questa mappa e darci delle risposte. Il vero problema è trovarlo... Non possiamo attraversare tutta la Terra di Mezzo per andare alla ricerca di qualcuno che non sappiamo chi sia, né dove sia!”. Balin lanciò un’occhiata significativa al fratello, che annuì in segno di approvazione.
“Il vero problema”, interloquì Thorin “è che – con o senza mappa – non potremo entrare ad Erebor, finché ci sarà un drago a sorvegliarla di giorno e di notte. Smaug non conosce la porta nascosta, né può immaginarne l’esistenza, tuttavia ci serve un piano ben studiato se vogliamo riuscire nell’impresa. Questa mappa deve contenere alcune informazioni importanti di cui non siamo a conoscenza. Un segreto, forse…”.
Le considerazioni di Thorin furono interrotte da Fili e Kili, che giunsero trafelati dal loro posto di guardia.
“Troll!”, esclamò Fili senza fiato. “Hanno catturato quasi tutti i pony!”.
“E forse anche Bilbo!”, aggiunse Kili col terrore negli occhi.
“Troll? Dove?”. Thorin scattò in piedi, allarmato.
“Nei boschi!”, ansimò Fili. “Corri, zio!”.
“Prendete le vostre armi”, gridò il capo della compagnia. “Andiamo!”.
May si alzò immediatamente: i suoi peggiori timori si erano infine avverati.
“Tu resta qui!”, le ordinò Thorin; il suo sguardo non ammetteva repliche.
“Ma io…”, protestò lei.
“Niente ma!”.
Mentre Thorin si dirigeva correndo verso il bosco, seguito dagli altri, Fili e Kili erano rimasti indietro e May li oltrepassò accelerando il passo.
“Dove credi di andare? Non hai sentito gli ordini dello zio?”. Fili l’aveva afferrata per un braccio, trattenendola dolcemente ma con fermezza.
“Ora posseggo una spada” si giustificò lei, liberando il braccio e guardandolo con aria di sfida. Sguainò dal fodero appeso alla cintura la lama sfavillante.
“Sì, però non sai usarla”, rettificò Fili.
Non vi era traccia di contrarietà nella sua voce malferma, solo ansia e costernazione; lo sguardo di ghiaccio era scomparso. “May, ti prego, resta qui e non muoverti fino al nostro ritorno!”.
Gli occhi del giovane nano esprimevano una tenera preoccupazione che le trafisse il cuore. May abbassò lentamente la spada, riponendola nel fodero.
“Va bene, resto qui. Andate! Salvate Bilbo!”.

I minuti passavano lenti e a May parvero ore. Quanto tempo era trascorso? Perché tardavano tanto? Come mai Gandalf non si vedeva? Avrebbe già dovuto essere lì per salvarli. Camminare nervosamente avanti e indietro non contribuiva a diminuire l’angoscia; quell’attesa era penosa. Non poteva restare dov’era, mentre i compagni erano in pericolo… Lui era in pericolo. May aveva ancora davanti agli occhi l’espressione stravolta di Fili che la supplicava di non muoversi; se le osservazioni di Kili erano corrette, se davvero nel cuore di suo fratello stavano nascendo dei sentimenti per lei, allora restare con le mani in mano sarebbe stato riprovevole. Meglio disobbedire agli ordini e abbandonare il proprio posto, anziché abbandonare tutti loro.
Mentre rifletteva, la giovane non si era resa conto che i suoi passi l’avevano condotta fin dentro il bosco. Improvvisamente, vide una luce rossa brillare tra gli alberi poco distanti; si avvicinò con circospezione e sbirciò tra i cespugli. Allora li vide: in una radura tre giganteschi, spaventosi troll di montagna seduti attorno al fuoco. Si stavano rivolgendo a Bilbo, con le loro voci raccapriccianti. Lo hobbit era in piedi davanti a loro, legato dentro un sacco con la sola testa fuori. Quattro o cinque nani erano stati legati insieme e giravano lentamente sopra al fuoco. “Nani allo spiedo!”, pensò May con orrore. In un angolo dello spiazzo, pronti per essere cucinati, gli altri nani erano distesi in terra, intrappolati in grossi sacchi alla stessa maniera di Bilbo. Mentre ascoltava la conversazione tra quest’ultimo e i troll, la fanciulla si spinse leggermente in avanti: senza indugio, e senza essere vista, tagliò con la spada le spesse funi che tenevano prigionieri i pony. Si rendeva conto che lasciandoli liberi la compagnia avrebbe dovuto proseguire a piedi, ma che scelta aveva? Si sentiva in dovere di salvare quelle povere bestie da una fine crudele.

“Secondo te che ne facciamo di questi?”, domandò il troll dalla voce cavernosa, indicando i nani. “Li lasciamo andare?”.
“Beh…” rispose Bilbo, lasciando arguire quello che era il proprio pensiero.
“Credi che non so che ti frulla nel cervello? Questo piccolo furetto ci sta prendendo per degli stupidi!” esclamò il troll, furioso. Aveva compreso perfettamente che lo hobbit tentava di distrarli, lasciandogli credere che i nani fossero infestati dai parassiti.
May capì che Bilbo stava disperatamente cercando di guadagnare tempo in attesa dell’alba; i troll, infatti, dovevano tornare sotto terra prima del sorgere del sole, altrimenti i loro corpi si sarebbero tramutati in pietra.
Il troll che aveva scoperto il gioco di Bilbo fece due passi verso di lui, pronto ad afferrarlo, ma May fu più veloce: sguainò la spada e, tenendola ben salda, balzò fuori dai cespugli col cuore che batteva forte.
“Non toccarlo!” gridò, puntando la spada contro il troll che stava per mettere le mani su lo hobbit. “Se oserai sfiorare lui o uno soltanto di questi nani, assaggerai il tocco della mia lama e sarai maledetto!”.
“E quello cos’è?”, chiese uno dei troll seduti.
“Si può cucinare”?, intervenne il secondo.
“Non ti riempirebbe nemmeno la bocca, una volta spellato e disossato!”, sentenziò il terzo.

“May! No!”.
La voce di Fili fece voltare la giovane donna verso l’angolo della radura in cui il nano giaceva priginiero nel suo sacco, insieme agli altri; sembrava disperato.
Noncurante della lama che gli veniva puntata contro, il troll dalla voce profonda approfittò della distrazione di May per allungare le mani verso la nuova preda, ma non fece in tempo.

“L’alba vi prenderà tutti!”.
La voce di Gandalf echeggiò attraverso il bosco: finalmente era arrivato!
I troll si voltarono verso di lui, perplessi. Lo stregone si ergeva in piedi sopra una grossa roccia; la colpì col bastone frantumandola in due parti, permettendo così ai primi raggi del sole di illuminare la radura. La sorpresa dei troll divenne puro terrore: con grida agonizzanti, riparandosi dalla luce con le luride mani, tutti e tre si immobilizzarono e divennero pietra.
I nani esultarono e May tirò un meritato respiro di sollievo.
“Grazie di avermi difeso!” disse Bilbo con un sorriso colmo di gratitudine, mentre la fanciulla usava la spada per aprire il sacco in cui era intrappolato.
“Figurati, scasshobbit!”, rispose lei ridendo. “Sono felice che tutti voi siate salvi! Non ce l’avremmo fatta, senza il nostro stregone!”.
Mentre Gandalf e lo hobbit liberavano i nani sopra al fuoco, May corse dagli altri; slegò Kili per primo, il quale si diede da fare per rimuovere i sacchi dai corpi dei compagni, aiutato da lei.
Quando la giovane liberò Fili, i nani erano già tutti in piedi e festeggiavano la vittoria con grida ed esclamazioni di giubilo.

“Stai bene?” domandò lei, tagliando le corde dai polsi di Fili con tutta la delicatezza possibile.
Egli annuì lentamente, ma non rispose. Quando May ebbe finito, alzò gli occhi su di lui e i loro sguardi si incontrarono. Fili la fissò stordito: era rapito dalla grazia di quell’incantevole piccola donna che, pur non essendo capace di combattere, aveva sfidato il pericolo per proteggere lui e i suoi amici.
Si fece più vicino a lei e i suoi occhi brillarono. L’infinita dolcezza di quello sguardo tolse a May il fiato; le mani tremarono e la spada cadde a terra.
“Fili, m-mi dispiace. Avevo promesso che sarei rimasta dov’ero, però… Vedi, n-non potevo…”, balbettò lei incapace di proseguire, colta da un vago rimorso.
“Tu non hai nulla da rimproverarti”, disse il giovane nano in un sussurro. “Sono io che, invece, devo farti le mie scuse. Non volevo trattarti in quel modo... Temevo di averti ferito con la spada ed ero arrabbiato con me stesso. Perdonami!”.
Fili prese timidamente le mani di May, stringendole tra le sue; la guardò per un lungo istante perdendosi nell’immensità di quegli occhi verdi, mai tanto vicini a lui come in quel momento. Il suo cuore prese a battere con forza e rapidità inaspettate; egli si sentiva nudo, di fronte a lei.
“E’ t-tutto a posto” farfugliò May, arrossendo violentemente.

“Hey, giovane rubacuori! Vieni con noi, o preferisci restare qui con la tua innamorata?”.
Dwalin li guardava divertito con le braccia conserte, mentre gli altri si rimettevano in cammino. Fili e May abbozzarono un sorriso imbarazzato, quindi lei fece un passo indietro liberando le mani dalla presa di lui, raccolse la spada e si voltò per raggiungere la compagnia.
Kili le andò incontro sfoggiando un sorrisetto carico di sottintesi. Si avvicinò bisbigliandole all'orecchio: “Sapevo che avresti ricambiato i sentimenti di mio fratello… Benvenuta in famiglia, sorellina!”.
May si fermò di botto: quelle parole l’avevano colpita come un fulmine. Prima che potesse replicare, il nano era già tornato dai compagni; la fanciulla allungò il passo e, mentre raggiungeva la fine della fila, si accorse di Thorin che la guardava severo. Stava aspettando lei.
“Hai disobbedito agli ordini”, dichiarò. “Bada che non succeda di nuovo!”.










  
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