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Autore: Emmastory    10/04/2017    2 recensioni
Anche se il tempo continua a scorrere, le cose nell'un tempo bella e umile Aveiron sembrano non cambiare. La minaccia dei Ladri è ancora presente, e una tragedia ha ora scosso l'animo dei nostri amici. Come in molti hanno ormai capito, quest'assurda lotta non risparmia nessuno, e a seguito di un nobile sacrificio, la piccola ma coraggiosa Terra sembra caduta in battaglia, e avendo combattuto una miriade di metaforiche e reali battaglie, i nostri eroi sono ora decisi. Sanno bene che quest'assurda e sanguinosa guerra non ha ancora avuto fine, ma insieme, sono convinti che un giorno riusciranno a mettere la parola fine a questo scempio, fatto di sangue, dolore, fame, miseria e violenza. Così, fra lucenti scudi, affilate spade e indissolubili legami, una nuova avventura per la giovane Rain e il suo gruppo ha inizio. Nessuno oltre al tempo stesso sa cosa accadrà, ma come si suol dire, la speranza è sempre l'ultima a morire.
(Seguito di: Le cronache di Aveiron: Miriadi di battaglie)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Capitolo XXXVIII

Segni indelebili

È ormai arrivato il pomeriggio. Terra è da poco tornata da scuola, e ha di nuovo espresso il desiderio di stare con Trace. Ovvio è che non gliel’ho negato, e proprio ora, siamo di nuovo nel bosco. La calma sembra regnare sovrana, ma non ne sono troppo sicura. In genere, un bosco verde e rigoglioso come quello brulica di vita, e in questa stagione gli uccelli e le farfalle volano sempre anche vicino ad eventuali visitatori come noi, ma oggi non è così. È tutto calmo, troppo calmo. Non sono tranquilla, e non lo è nemmeno Stefan. Non volendo rovinare il pomeriggio dei bambini, manteniamo il silenzio non dicendo nulla, ma nonostante questo, abbiamo altro in mente. Che è successo? Non lo sappiamo, ma alcune tristi teorie cominciano a farsi spazio nelle nostre menti. “Sono davvero tornati? Ci stanno cercando? Forse sanno di noi?” Tutte ipotesi probabili, che nonostante tale consapevolezza non mi sogno di avvalorare. Ora come ora, Trace e Terra giocano contenti e ignari di tutto. Rose si è unita a loro da poco, e rimasti in disparte, Stefan ed io non facciamo che guardarli. I nostri cuori sono gonfi di gioia, ma questa non tarda a tramutarsi in preoccupazione, poiché incredibilmente, gli alberi attorno a noi paiono meno vivi e verdi del solito. Le foglie sono tutte al loro posto, ma per qualche arcana ragione, i rami oscillano minacciosi. “Andate via.” Sembrano dire, mentre il vento si alza e sibila, minaccioso come un serpente dai denti aguzzi e avvelenati. Tentando di non badarci, continuo ad ammirare la felicità negli occhi e nella risata delle mie figlie, che con alcuni ramoscelli stretti in mano, giocano a fare le guerriere. Sì, le guerriere. Una parola che Terra ormai usa spesso, e alla quale non credo riuscirò mai ad abituarmi. Sia lei che Rose stanno crescendo, e malgrado sappia di non poterle proteggere per sempre, a volte vorrei davvero che il tempo si fermasse. In fin dei conti, sono le mie bambine, e sono certa che non riuscirei a sopportare il pensiero di entrambe in mano ai Ladri o in balia del pericolo. In qualità di loro madre, ero mortalmente preoccupata, e guardando in alto, notai che alcune grigie e pesanti nuvole avevano coperto il cielo. Il vento si fece poi più freddo, tanto che fui costretta a stringermi nella giacca che portavo. In quel preciso istante, ricordai un’altra delle frasi di Lady Fatima. “Non posseggono il dono della magia, ma è come se al loro arrivo tutto cambiasse.” Una frase che a suo tempo mi aveva spiazzato e colpito molto, ma che a dispetto del tempo trascorso ricordavo ancora. Inizialmente, non volevo crederci, ma solo ora mi rendevo conto che corrispondeva al vero. Difatti, tornava tutto, e mentre continuavo a preoccuparmi, vidi mia figlia corrermi incontro. Tremava, e sembrava essere sul punto di congelare. Stringendola a me, l’aiutai ad infilare il cappotto, e aiutando anche Trace, decisi che ne avevo avuto abbastanza. Saremmo subito tornati indietro. Fu quindi questione di attimi, e la decisione fu presa. Arrivammo a casa in pochissimo tempo, ma camminando, notai delle differenze sostanziali. Per quanto ne sapevo, Ascantha era una città bella e pacifica, dove il sole era sempre solito splendere, e la pioggia non cadeva quasi mai, ma ora tutto era diverso. Il vento spirava minaccioso, e alcune pesanti nuvole parevano prossime a scaricare fiumi di pioggia sui sentieri, sul bosco e sulla città intera. Intanto il tempo scorreva, e una volta a casa, chiusi porte e finestre. La fredda pioggia continuava a cadere, e le mie povere figlie tremavano. Perfino Chance, il loro cucciolo coraggioso, guaiva e uggiolava per la paura, girando nervosamente in cerchio. Poco dopo, si sedette, ma la cadenza ritmata della coda che sbatte contro il pavimento, tradiva tensione. Il silenzio cadde poi nella stanza riempiendola completamente, per poi essere rotto come vetro da un suono che conoscevo fin troppo bene. Rose piangeva, e mugolando qualche parola, mi guardò negli occhi. “Mamma ho paura.” Piagnucolò, con la voce spezzata come l’ala di un uccellino ferito e gli occhi colmi di amare lacrime. Notandola, Chance le si avvicinò, invitandola ad accarezzarlo e sdraiandosi accanto a lei. “Ho paura anch’io, ma sono calmo, vedi?” sembrava dirle, con il respiro regolare e un sorriso sul muso. A quella vista, la bambina sorrise, calmandosi quasi istantaneamente. Orgogliosa di entrambi, lasciai cadere il mio sguardo su Chance, sorridendogli. Quasi sapendo di aver fatto un buon lavoro, agitò la coda, ma non emise un fiato. La calma era tornata, ma nel silenzio, eravamo tutti tesi. In quel momento, un velocissimo lampo rischiò di accecarmi, e subito dopo, nulla. Ancora silenzio, seguito da un forte scroscio di pioggia. Sollevata, provai a guardare fuori, scoprendo che ci avvicinavamo all’imbrunire. Voltandomi, raggiunsi Rose per prenderla in braccio, scoprendo solo allora che stringeva a sé il suo piccolo Bunny. Il pupazzetto che sua sorella Terra le aveva regalato nel giorno del suo primo compleanno, e che sin da allora custodiva gelosamente. Come lei le aveva spiegato, quel coniglietto sarebbe stato il suo cavaliere non appena fosse cresciuta, e a quanto vedevo, Rose aveva preso la sorella in parola. Proprio come lei faceva con Ned, era solita tenerlo sul suo letto o abbracciarlo per addormentarsi all’ora della nanna. Ne ero felice, poiché sapevo che un giocattolo sarebbe servito a distrarla data la sua così tenera età, ma nonostante tutto, non riuscivo a smettere di pensare a quello che ci era appena accaduto, e al fatto che quegli sporchi e ignobili Ladri stessero lasciando, anche qui ad Ascantha, dei segni indelebili.    
 
   
 
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