Fanfic su attori > Altri attori/film
Segui la storia  |       
Autore: CassidyKeynes    11/04/2017    0 recensioni
[Skandar Keynes]
roba datata 2009
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Tra le mani dalle lunghe dita, fatte per suonare il piano, rigiravo ancora quella fotografia. Quella donna con quel sorriso così felice, i capelli castani al vento e il vestitino bianco e fresco… Quella fotografia sembrava quasi irreale, inconsistente, talmente era bella. E, anche se non mi consideravo bella quanto quella donna, dovevo dire che ero molto, molto, simile a lei. Forse avevamo un naso differente –il suo era piccolo e dritto mentre il mio brutto e “a patata”- e le sue labbra erano più piccole e rosse delle mie, ma lo sguardo, i capelli, i lineamenti del viso, erano gli stessi.

La mia fantasia cominciò a viaggiare e ipotizzai i vari motivi per cui quella foto fosse in un libro di mio padre. La prima possibilità era quella che la donna nella fotografia fosse mia madre (che allora era mora e con gli occhi scuri e che ora indossava lenti a contatto grigie e si tingeva a mia insaputa) oppure quella poteva essere ad esempio la mia sorellina scomparsa o qualcosa di simile o magari quella poteva essere la mia vera madre e quella che viveva sotto il mio stesso tetto era in realtà la sorella malvagia della mia vera madre che l’aveva uccisa e aveva poi minacciato mio padre di uccidere anche lui. Ok, quest’ultima ipotesi era un po’ meno improbabile delle altre due, ma che io ero dotata di una grande inventiva non era certo un segreto. Mi sembrava di essere un po’ come in un giallo. E mi sentivo proprio come Sherlock Holmes. Mi mancava solo la lente d’ingrandimento, perché l’impermeabile l’avevo già addosso.

Era una giornata piovosa ed ero appena tornata da un’intervista radiofonica. Sì, mi ero divertita abbastanza. La signora che mi aveva intervistata aveva sui trentacinque anni, aveva capelli lunghi, lisci e neri, occhi azzurri e un’aria allegra e pazza sul viso. Effettivamente si era rivelata veramente simpatica e giovanile, più di quanto m’aspettassi da una vestita con un tailleur grigio scuro. Era passata dalle domande più comuni fino a scendere a parlare della mia vita personale riuscendo anche a farmi ridere rumorosamente come mio solito. Avevamo parlato anche del mio recente incarico, quello di scrivere la canzone per la colonna sonora di Narnia. Mi aveva chiesto se avevo incontrato i protagonisti e come li avevo trovati. Io non potei rispondere altro se non che erano tutti simpatici. Raccontai di aver incontrato Georgie, Anna, Will e Skandar. La signora, di nome Sarah, allora scherzò, dicendo che alla lista dei bei ragazzi mancava solo Ben Barnes. Sorrisi a quelle parole. Non avevo visto Narnia, ma conoscevo il volto dei suoi protagonisti. Avevo abbastanza presente quello di Ben Barnes, che da quanto avevo capito interpretava il principe Caspian. Capelli ed occhi scuri, viso che ispirava simpatia istantanea e sorriso gentile. Mi sembrava una brava persona e anche un ragazzo molto carino. Magari prima o poi l’avrei conosciuto.

Parlammo anche dello spot pubblicitario girato con Will. Mi venne da arrossire parlandone e ripensando a quella giornata mi venne quasi da svenire, in fondo non avevo mai girato scene come quelle e parlarne mi imbarazzava, cosa che forse non doveva capitare ad una quasi diciottenne. Avrei voluto dire “no comment please”, ma non lo feci e risposi, cercando di mantenere la calma ripensando a quello spot che mi aveva addirittura fatto litigare con Skandar. Non parlai di Skandar, non l’avrei mai fatto. D’altronde mia madre sarebbe andata su tutte le furie. A proposito di mia madre. Non le avevo detto nulla della foto e cominciavo a credere di dovergliene parlare. Ma ogni volta che cercavo di cacciare fuori l’argomento mi tiravo indietro all’ultimo minuto. Non era una cosa facile da chiedere. Quella foto poteva essere qualcosa di importante, ma poteva anche essere qualcosa di stupido. Poteva anche solo essere una foto di mia madre da giovane. Avevo deciso. Ne avrei parlato con mio padre.

Non parlavo mai molto con lui, da piccola ci giocavo spesso, ma crescendo lui aveva cominciato ad allontanarsi. Ancora non capisco perché. Si era allontanato lentamente dal compimento dei miei dieci anni, se non ricordavo male. Erano passati due anni dal giorno in cui avevo avuto l’incidente, quindi la sua freddezza di sicuro non dipendeva dal fatto che ancora non ricordavo perfettamente ogni avvenimento capitato prima dell’incidente. Non sapevo perché, ma con gli anni mio padre cominciò ad allontanarsi sempre più, diventando quasi un estraneo ai miei occhi giovani. Non sapevo nulla di mio padre. A malapena ricordavo la data del suo compleanno. Non sapevo se lavorasse e che lavoro facesse, non sapevo se avesse amici, non sapevo quando fosse il suo anniversario di matrimonio con mia madre… non sapevo se amasse mia madre. Non sapevo nemmeno se amasse me. Eppure io gli avevo sempre voluto molto bene. Mi chiedevo sempre perché avesse cominciato ad ignorarmi come se fossi una mosca fastidiosa che vola intorno. Lo vedevo perdere la sua luce negli occhi sempre un po’ di più. Giorno per giorno lo vedevo spegnersi come una candela che si consumava sotto il calore della fiamma. Cominciai a pensare di aver “ucciso” io mio padre. Cominciai a pensare di essere io la causa delle tenebre nei suoi occhi. In fondo, se non era colpa mia, di chi?

Ero stata cresciuta dall’ipocrisia di mia madre e dall’assenza di mio padre. Ma non me ne lamentavo, in fondo non ero diventata una criminale, né una poco di buono. Anzi, ero una cantante famosa, avevo un ragazzo che mi amava, buoni amici e tutto sommato ero felice, nonostante il totale disinteresse dei miei genitori per la mia salute o per il mio stato d’animo.

Tolsi l’impermeabile, lanciandolo sulla sedia della scrivania, senza preoccuparmi minimamente di metterlo al suo posto nel mio armadio, se così si poteva chiamare. Quando ci avevo nascosto dentro Skandar, era quasi morto d’infarto, esclamando dopo “Accidenti, qua dentro c’è un mondo! Altro che Narnia…”. Risi al pensiero della sua faccia sbigottita. Lo avevo rassicurato, dicendogli che non li avevo comprati tutti io quei vestiti, che era stata mia madre per la maggior parte delle volte e poi spesso gli stilisti mi regalavano i vestiti come compenso per utilizzarli in pubblico come pubblicità.

Osservai un’altra volta la foto con la giovane donna sorridente e dopo aver preso un gran respiro infilai l’immagine nella tasca posteriore dei jeans neri, per poi uscire dalla stanza per dirigermi al piano di sotto. Purtroppo appena uscita dalla mia camera mi scontrai con John. Non avevo potuto licenziarlo perché non potevo dire a mia madre della sua “aggressione”. John era quindi rimasto a lavorare, ma cercavo di tenerlo il più lontano possibile da me.

Lui mi sorrise enigmatico e io aggrottai le sopracciglia cercando di capire cosa stesse a significare quell’espressione soddisfatta. Probabilmente notare la mia espressione infuriata e piana di risentimento nei suoi confronti non appena lo incrociavo gli dava qualche soddisfazione. Doveva essere masochista o qualcosa di simile.

Lo oltrepassai cercando di evitarlo, ma lui mi prese per il polso facendomi voltare verso di lui. Lo guardai con il fuoco negli occhi per poi sibilare tra i denti stretti: -Lasciami subito andare o urlo!

Lui non mi lasciò. Presi fiato, ma prima che potessi cacciare un urlo, lui mi attirò a sé, stringendomi in un abbraccio di ferro dal quale non potevo sfuggire in alcun modo.

Mi accarezzò i capelli con una mano e feci una smorfia di disgusto, per quanto mi fosse permesso, visto e considerato che avevo la faccia schiacciata contro il suo torace.

-Mi dispiace per l’altra volta, Lucy, non mi sono potuto trattenere – ammise a mezza voce, come se fosse una sofferenza troppo grande starmi accanto senza cercare di violentarmi come aveva fatto qualche giorno prima.

-Beh, che ti serva da lezione per trattenerti nel futuro – bofonchiai cercando di allontanarmi da lui, inutilmente.

Lui mi permise di allontanarmi un poco, ma solo per prendere il mio viso con una mano, alzandolo per poi fissare i suoi occhi strani nei miei. I suoi occhi così particolari facevano a pugni con i miei normalissimi, insulsi, occhi marroni. Invidiavo quelle iridi verdi e grigie, così belle e ipnotiche. E i capelli biondo grano contribuivano a donare ancora più effetto agli occhi mozzafiato che si ritrovava. Fortuna. Aveva avuto solo una fortuna sfacciata a nascere con quel bel faccino, altrimenti glielo avrei già distrutto. Ma non sapevo se lui ritenesse una fortuna avere quella faccia, visto e considerato che la ragazza che aveva tentato di violentare e che evidentemente gli piaceva (sì, sto parlando di me) non era intenzionata ad interessarsi a lui. Chissà se aveva capito che il problema non era il suo aspetto ma il suo carattere. Si era dimostrato gentile, premuroso e un ottimo ascoltatore, ma dopo quel fatidico pomeriggio avevo cancellato dalla mia testa tutti quei buoni aggettivi. Ormai ciò che pensavo vedendolo era: stupido maniaco.

-John, lasciami – dissi come se stessi dando un ordine ad un cane disobbediente

Lui aggrottò le sopracciglia mostrando un’espressione sofferente che quasi mi fece dispiacere di averlo trattato male. Ma subito mi ricordai di ciò che aveva tentato di farmi e la rabbia nei sui confronti tornò, reprimendo quel briciolo di gentilezza e compassione che avevano cercato di farsi strada nel mio cuore senza grandi risultati.

-Non riesci proprio a capirlo quanto mi dispiace? – chiese sempre con occhi languidi.

-No- risposi secca puntandogli i miei occhi accusatori addosso.

Lui sospirò abbassando un attimo il capo, per poi tornare a fissarmi negli occhi

-Lucy, ero mezzo ubriaco! Non ero del tutto consapevole delle mie azioni – fece una pausa e sospirò, prima di continuare – Se fossi stato sobrio non ti avrei mai fatto una cosa del genere. Io non ti ferirei mai…

Per un secondo mi colpì di sorpresa e spalancai un poco gli occhi, per poi cercare di tornare accigliata come prima. Era mezzo ubriaco? Per quello si era comportato a quel modo? In quel caso era tutto diverso, ma questo non cambiava il fatto che di lui non mi sarei fidata più, almeno non nel modo in cui mi fidavo prima.

“Io non ti ferirei mai”, già, lo dicevano tutti e alla fine riuscivano ugualmente a farti del male in un modo o nell’altro. Forse era una capacità speciale dei ragazzi quella di ferire le ragazze (amiche o fidanzate che fossero). Sì, doveva essere una caratteristica genetica di ogni essere di sesso maschile presente nella terra e forse anche oltre.

Sbuffai e con aria sufficiente dissi: -John, se quello che dici è vero allora non hai niente di cui scusarti e, soprattutto, non hai nessun motivo per trattenermi oltre. Quindi, gentilmente, lasciami – gli chiesi un’ultima volta, sperando che questa volta mi desse ascolto.

Lui lasciò cadere le braccia sui fianchi, come se si fosse ormai arreso all’evidenza. Mi rivolse un ultimo sguardo, per poi sospirare e scompigliarsi i capelli con aria confusa e stravolta. Un’espressione affranta troneggiava sul suo viso d’angelo e quasi mi fece venir voglia di scusarmi per le parole dure che gli avevo rivolto. Ma non potevo cedere così presto. Volevo bene a John e questo mi rendeva difficile tenergli il muso, ma non potevo dargliela vinta ogni volta che combinava qualcosa! Troppe volte lo avevo perdonato in passato, sebbene i piccoli disastri che combinava da adolescente non fossero nulla a confronto di quello che aveva fatto pochi giorni prima. Mi ricordo di un giorno in cui mi fece da babysitter. Aveva 18 anni e io 13. Beh, in sostanza aveva rotto per sbaglio un vaso, fatto quasi esplodere la cucina e gli era caduta la mia bambola di porcellana preferita dal quarto piano. Gli avevo portato rancore per mezza giornata al massimo, perché era riuscito subito a farmi tornare il sorriso. Non so come ne fosse capace, ma John riusciva sempre a farsi voler bene e qualsiasi cosa combinasse non si riusciva a essere in collera con lui. Almeno io. Io non ero mai riuscita ad avercela con lui per più di due o tre giorni al massimo.

Ma questa volta no. Doveva imparare che ogni azione ha le sue conseguenze, come ad esempio perdere la mia fiducia.

-Non c’è proprio niente che io possa fare per riconquistare la tua fiducia? – chiese passando di nuovo la mano tra i capelli dorati.

Sospirai e spostai lo sguardo da lui alla finestra, fissando il cielo per qualche secondo. Ebbene, voleva che io tornassi a fidarmi di lui? Ma come potevo dopo quello che era successo? Era ubriaco, certo, quindi non era completamente consapevole di ciò che stava facendo, ma in ogni caso non potevo perdonarlo del tutto. Per di più era ubriaco durante il suo orario di lavoro!

Sospirai, cercando di trovare una soluzione. Tutto pur di non veder più quella sua espressione da cane bastonato. Non ce la facevo proprio a vederlo così.

-Non ti ubriacare più e potrai di nuovo ronzarmi attorno come prima – vidi il suo viso illuminarsi, ma lo fermai prima che potesse dire qualsiasi cosa –Ma ad una condizione!

Lo vidi annuire come se avrebbe rispettato qualsiasi restrizione gli avessi imposto.

-Non dovremo stare mai più completamente soli. Se devi venirmi a portare il the in camera fallo portare a qualcun altro, oppure portalo su un carrellino, bussa alla mia porta e poi lascialo lì, insomma, scatena la tua fantasia. Ma mai più soli.

Lui sorrise, raggiante, come se fosse l’uomo più felice della terra –Mi sta bene, mi basta che siamo di nuovo amici.

Gli feci un piccolo sorriso, cercando di non sbilanciarmi. Poi mi venne in mente un'altra cosa che dovevo dirgli –Ah, un’altra cosa, John: il tuo silenzio per il mio. Se tu spifferi qualcosa a mia madre su Skandar, io le racconto tutto sul fatto che eri ubriaco sul lavoro e mi hai quasi violentata, ok?

Lui fece il gesto di chiudersi la bocca con un lucchetto per poi buttare la chiave alle sue spalle –Il tuo segreto è al sicuro con me, non ti tradirò – disse con un sorriso

“Sebbene tu abbia già tradito la mia fiducia”, pensai, ma non glielo dissi. Ma subito pensai che potesse leggermi nel pensiero, perché aggiunse di fretta: -Non questa volta

-Va bene – concessi – Possiamo riprovare. Scusa, ma ora devo fare una cosa importante. Sai dov’è mio padre?

-Tuo padre? Uhm, sì, mi sembra di averlo visto dormire sulla sua poltrona in soggiorno.

-Grazie, vado a vedere – dissi per poi tuffarmi giù per le scale.

Tirai fuori dalla tasca dei pantaloni la foto della bellissima donna che mi somigliava e la osservai qualche istante mentre scendevo le scale, cercando di non cadere. Scesi al primo piano, ma prima di poter andare fino in soggiorno, sentì il campanello della porta e visto che ero lì, decisi di andare ad aprire io stessa. Ma le persone che mi trovai davanti mi fecero quasi svenire. Non mi aspettavo di trovarmeli di fronte. Restai con gli occhi sgranati, la bocca spalancata e le braccia penzolanti sui fianchi come fossero spaghetti scotti. Ci volle qualche secondo perché mi riprendessi, animata dalle loro risatine. Poi la sorpresa lasciò spazio alla rabbia e alla paura

-Voi tre! Dannati! Cosa cavolo chi fate qui?!

Maya sembrò delusa e sporse il labbro inferiore e inarcò le sopracciglia –Pensavamo potesse farti piacere…

-Grazie, che gentili – dissi con un sorriso falso e un tono di voce smielato, per poi riprendere il tono accusatore di prima –Se mia madre trova qui Skandar, io vado alla forca! – dissi saltando sul posto e agitando le braccia come una pazza nevrotica.

Le loro risate però non mi fecero sentire meglio. Alzai gli occhi al cielo e li trascinai dentro, spingendoli velocemente verso le scale. A quanto pare la mia missione avrebbe dovuto aspettare.

Ancora con la foto in mano, corsi su per le scale, facendo segno a quei tre incoscienti di seguirmi. Mi scontrai con John e gli dissi, scrollandolo per le spalle: -Se arriva mia madre vieni subito ad avvisarmi e fai evacuare questi tre in massima segretezza. Soprattutto lui – dissi indicando prima tutti e tre e poi Skandar – Non importa se vede Maya e Will, basta che non vede Skandar, ok?

John mi sorrise e quasi rise per la mia reazione esagerata. Evidentemente nessuno capiva che mia madre era peggio di un mostro a sei teste indistruttibile ed immortale!

-Vi porto uno spuntino? – chiese cordialmente John, lisciandosi il completo da pinguino che mia madre gli imponeva.

Gli occhi di Maya si illuminarono e notando questo particolare alzai di nuovo gli occhi al cielo.

-Va bene, tutto quello che vuoi, svaligia la cucina. Andiamo! – incitai poi Will, Maya e Skandar.

Li spinsi nella prima stanza del mio piano, ovvero il guardaroba.

Il primo commento di Will fu quasi come quello di Skandar la prima volta che lo avevo nascosto lì.

-Oddio… anche tu hai un armadio che porta a Narnia! – disse guardandosi attorno.

Maya invece cominciò a lanciare piccoli gridolini, esplorando tutto il mio guardaroba, tirando fuori vestiti e poggiandoseli addosso, borbottando cose come “magari me lo può prestare”. Ma io non prestavo loro attenzione, ero troppo occupata. Sì, perché appena entrati Skandar mi aveva sospinta contro un muro e mi aveva baciata a tradimento, perfettamente conscio del fatto che avevamo qualche minuto per noi, visto che Maya e Will sarebbero rimasti incantati dall’armadio e avrebbero preso a girare tra i vestiti, dimenticandosi di noi.

Era così tanto che non vedevo Skandar e trovarmelo all’improvviso davanti a casa mi aveva sorpreso. Il problema era sempre lo stesso: il boss. Sarei praticamente morta se avesse trovato Skandar in camera mia o nel mio armadio o in qualsiasi altra stanza della casa.

Mi chiedevo perché lo odiasse tanto. In fondo non era mica stata completamente colpa sua quell’incidente. Anche mio padre aveva una parte di colpa! Se non avesse perso il controllo dell’auto non sarebbe successo nulla, non avrei perso la memoria, non avrei perso Skandar e tutto il resto della mia vita. Chissà quante altre persone avevo dimenticato e ancora non sapevo della loro esistenza. Ma in quel momento non volevo preoccuparmene, volevo solo godermi quel bacio e il tocco caldo di Skandar sui miei fianchi.

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Altri attori/film / Vai alla pagina dell'autore: CassidyKeynes