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Autore: Luxanne A Blackheart    11/04/2017    1 recensioni
Nella Londra vittoriana un affascinante uomo proveniente dall'India, un benestante e facoltoso Lord imparentato con la regina, si trasferisce in uno dei quartieri più ricchi e alla moda dell'epoca.
Lui e la sua famiglia si adatteranno alla vita sociale inglese, partecipando a balli reali e alla vita mondana dell'epoca.
Da lontano sembrano perfetti con i loro vestiti costosi, i bei sorrisi affascinanti e i modi di fare garbati. Ammalianti come un serpente prima di attaccare.
Ma sotto quella apparenza di perfezione c'è di più...
Il loro aspetto cela qualcosa di raccapricciante e orribile.
Grida e strani versi si odono nella buia e fredda notte; sangue, sospiri, affari di malcostume e morte incombono sulla loro bella casa e su chiunque osi avvicinarli.
In una Londra sporca, popolata dalla volgarità, dal malaffare, dal sangue e dalla morte la famiglia Nottern saprà trovarvi la dimora ideale.
E voi, saprete farvi conquistare dalla Famiglia del Diavolo?
Genere: Dark, Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Capitolo cinque.
La Famiglia in festa.
 

"Tu sei mia sorella - disse Jace alla fine - mia sorella, il mio sangue, la mia famiglia. Dovrei sentire il desiderio di proteggerti." Rise in silenzio e senza umorismo. "Proteggerti da tutti i ragazzi che vorrebbero fare con te esattamente quell che vorrei fare io."


("Shadowhunters - Città di vetro" di C. Clare)





Per non destare sospetti Camille aveva acquistato una delle villette in uno dei quartieri dell'alta società più in voga dell'epoca, considerato che l'enorme tenuta dei Nottern appariva fin troppo grottesca e fuori luogo per dare un ricevimento, nel quale tutte le signore e signori avrebbero finalmente avuto modo di conoscerli e soprattutto avrebbero avuto modo di scatenare i più viscidi pettegolezzi.
Ma un signora come Camille, che aveva alle spalle secoli di vita, sapeva bene come funzionavano le menti della gente, soprattutto quelle dell'alta società. Si abbigliavano come meringhe al cioccolato, nascondevano i visi coloriti dietro i loro ventagli dai colori accessi e commentavano con minuzia ogni piccolo particolare fuori luogo.
Doveva cercare solamente di apparire perfetta la prima sera e poi sarebbe stato un gioco da fanciulli inserirsi nella società civile ed integrarsi, nonostante il loro essere. E proprio lì era il divertimento... Farsi ammirare, conquistare la loro amicizia, farsi amare e poi ferirli nel peggiore dei modi.
La padrona di casa aveva riunito la famiglia in un'unica carrozza, l'unica che avevano avuto modo di comperare dal loro arrivo che corrispondeva alla moda del secolo; le altre erano ancora troppo vecchie. Si stavano ufficialmente recando nella nuova casa con tanto di bagagli nuovi.
La gente aveva già cominciato a guardare e sussurrare, osservandoli con curiosità e con occhi che scintillavano per l'appagamento. A guardarli, erano uno più bello dell'altra ed era un vero e proprio piacere osservarli. Attraenti e giovani, ciò per cui il mondo andava matto e di cui non si sarebbe mai stancato. La droga delle masse e l'ossessione dei generi.
Uno dei servitori, un mulatto dagli occhi azzurri e i capelli ricci, scese dalla carrozza, aprendo la portella e successivamente quella di casa ai padroni.
Era pomeriggio inoltrato e l'ultimo raggio di sole andava morendo, affogato tremendamente dalle dolci braccia delle tenebre. Camille, vestita di blu, scese elegantemente dalla carrozza, mostrando le scarpe eleganti e di fattura pregiata, aggrappandosi alla mano del marito e sorridendo dolcemente. William, dietro Vladimir, con le mani in tasca e senza cappello e soprabito, roteò gli occhi, sbuffando, mentre James, al suo fianco, ridacchiava.
“La solita primadonna. Fra lei e Vladimir non saprei chi scegliere.”, Will sorrise innocentemente, quando il padre di famiglia lo fulminò con lo sguardo, ma la sua espressione cambiò immediatamente quando Lucille scese a sua volta, con egual eleganza, aggrappandosi alle mani di Roman e Jean.
Il biondo la osservò scendere lentamente e gli sembrò bellissima, nel suo semplice abito rosa fiorito e il suo cappellino bianco e piumato. Sorrise dolcemente a Roman, che le schiacciò l'occhio, e si lisciò l'abito, perfetto e senza pieghe.
“Pianeta Terra chiama William, ma William non risponde.”, Jamie ridacchiò, osservando l'espressione stralunata del fratello. “Cerca di cambiare espressione, fratellino, le persone ti guardano e sei ci farai fare brutte figure, Camille ti sguinzaglia dietro Vladimir.”
“Non ho nessuna espressione. Stavo solo notando che quel cappellino con quell'abito è orribile e le sta male.”
Senza degnare di un solo sguardo Lucille che li aveva raggiunti, si girò ed entrò in casa. La ragazza sorrise tristemente, aggrappandosi al braccio di James.
“Non farci caso. E' solo geloso, vorrebbe tanto essere bello come lo sei tu questa sera.”
“Sai cosa mi importa di William.”
“Beh, tutto ciò che ho da dirti allora è solo una cosa.”, James le accarezzò l'esile mano, nascosta dai guanti bianchi. “Non metterti il vestito che Camille ti ha comprato per questa sera, altrimenti gli farai venire un infarto. Ci è mancato poco prima e ti aveva già esaminata in carrozza.”
Lucille lo guardò, scuotendo il capo. Ma un sorrisetto divertito e furbo non riuscì a nasconderlo.




La casa era posizionata su tre piani; ovviamente era molto più piccola della enorme tenuta che avevano appena fuori Londra, ma ugualmente degna dei Nottern. Vladimir non aveva voluto strafare, comprando qualcosa di non eccezionalmente grande e si era accontentato di quella piccola casetta, dove avrebbero potuto viverci circa tre famiglie.
Il tema che aveva utilizzato Camille era il bianco. Infatti in tutta la casa, tra fiori e decorazioni, c'era qualcosa che richiamava quel colore.
All'entrata gli ospiti venivano intrattenuti da camerieri, vestiti di nero, che prendevano loro i soprabiti, mentre un altro serviva loro un bicchiere di champagne e i scortava verso il salotto, dove avvenivano le danze.
L'atrio era spazioso. Al soffitto c'era un lampadario in cristallo, enorme e pesante, che poteva illuminare tutta Londra. Una scala a chiocciola in legno portava ai piani superiori, dove c'erano le camere, la libreria e la sala da musica, cosa che agli ospiti non interessava, poiché Camille aveva fatto in modo che la festa si vivesse al piano terra, nei due enormi saloni, dai quali vi si accedeva attraverso una porta indaco, che due servitori aprivano.
Nel salone di sinistra c'erano uomini e donne maritati o vedovi, quelli a cui non importava nulla del divertimento e dei balli, quanto il bere, la chiacchiera facile e il pettegolezzo.
Era enorme. C'erano grandi finestre nascoste e oscurate da pesanti tende scure, divanetti sui quali le donne potevano riposare i loro piedini fin troppo stretti nelle scomode ma bellissime scarpe, servitori che facevano avanti e indietro con i vassoi sempre pieni e colmi di cibo da sgranocchiare e bicchieri con vino bianco e champagne, una piccola orchestra di archi suonava le comuni canzoni da ballo. Ritmate e allegre.
L'altro salone aveva le stesse caratteristiche del primo, ma era prettamente per i giovincelli e le fanciulle, desiderose di divertimento e ancora troppo spensierati per chiacchiere futili e ancora convinti dell'esistenza del vero amore. Erano alla ricerca di un bel rampollo o una bella ereditiera con cui maritarsi. Anche lì musica e divertimento non mancavano. I due saloni comunicavano attraverso porte rigorosamente aperte, in modo tale da tenere sempre sotto controllo i più giovani.
William guardava Camille con la punta dell'occhio, dall'altro lato della sala, conversare amabilmente da gran signora con le altre donne, mentre lo guardavano sorridendo. Era vestito, come il resto della famiglia, tutto di bianco. Era un colore che il ragazzo detestava perché in un certo senso era come se Camille volesse ostentare un candore, una innocenza, un essere insignificante e come tutti gli altri, che in realtà lui non era... Pensandoci bene, non era solo una ipotesi quella di sua madre, era una vera e propria certezza. Come era una certezza che in quel momento le signore stessero analizzando tutti i suoi particolari, persino il modo in cui respirava, per adattarlo ad una possibile figlia, nipote, sorella, parente.
Se solo avesse potuto, avrebbe vomitato all'istante.
Sollevò il bicchiere, sorridendo alle signora e dileguandosi l'attimo seguente prima che la situazione degenerasse e lui fosse costretto a parlare con quella gente, col cibo.
James e Jean lo raggiunsero, particolarmente sottotono e stanchi, mentre di Roman e Vladimir si era persa traccia. Un attimo dopo giunse anche Lucille, che meravigliosa nel suo abito bianco, tanto da sembrare una sposa, si aggrappò alle braccia di Jamie.
“Venite a ballare! Non state qui impalati, fate amicizia!”
“Non si gioca con il cibo, Lucie, dovresti averlo capito ormai... O forse no, visto che ti sei persino sposata con uno di loro.”, Will tracannò tutto il bicchiere di champagne, poggiandolo da qualche parte lì vicino, mentre osservava il viso della sorella cambiare espressione e diventare deluso. Provò un certo senso di godimento, poiché c'era troppa gente che si stava interessando a lei, soprattutto maschi.
“Will!”, lo rimproverarono all'unisono Jean e James.
“Cerca di comportarti bene e non trattare male Lucille.”
“O dovremmo di nuovo rinchiuderti nelle segrete.”
“Andate sinceramente a farvi...”
“Signorina Nottern, potete farmi l'onore di concedermi i prossimi due balli. Sempre se i vostri fratelli me lo concedano.”, un uomo comparve all'improvviso. Doveva avere circa trent'anni; era di bell'aspetto, ricco (notando i capi d'abbigliamento) e sembrava molto gentile. Aveva dei morbidi capelli castani con sfumature bionde, due occhi nocciola con sfumature di miele e lunghe ciglia castane, labbra sottili e naso leggermente storto.
“Ma certamente, sarei onorata di ballare con voi.”
“Ne sono felice.”
L'orchestra attaccò un'altro ballo e a quel punto l'uomo porse una mano a Lucille che accettò, aprendosi in un enorme sorriso che lasciò tutti a bocca aperta. “Allora è meglio che ci muoviamo, prima che questo ballo finisca, mia signora.”
Lucie si girò verso i fratelli, schiacciando loro l'occhio e correndo dietro l'uomo che non smetteva di sorridere. Tutti si girarono verso di lei e cominciarono a mormorare, sopratutto d'invidia. Quello era Dorian Grey, cugino di secondo grado della regina Vittoria e quarto nella linea di successione al trono. William li guardò volteggiare per tutta la stanza e conversare mentre ballavano. Lei rideva e lui la faceva ridere.
Patetici.
James e Jean si girarono verso William, ghignando.
“Che cosa volete?”
“Non ringhiare, potrebbero sentirti.”, Jean rise, sussultando quando qualcuno a lui molto familiare oltrepassò la porta, raggiungendolo. Pronunciò il suo nome molto prima che se ne accorgesse e riuscisse a fermarsi, attirando l'attenzione dei suoi due fratelli. “Charles!”
“Buonasera.”
“Siete venuto, vedo. Credevo non sareste venuto più...”
“Non potevo non venire.”, Charles sorrise e Jean si schiarì la voce, sperando di non sembrare strano agli occhi dei fratelli, soprattutto a quelli di Will. James poteva essere gestito e ci si poteva parlare, ma Will, Will era imprevedibile. “Comunque vi presento mia sorella Theresa.”
Jean si rese conto solo in quel momento della ragazza che Chaeles portava sotto braccio, poco più grande di Lucille. Era molto bella, angelica, dai lineamenti delicati e dolci su una pelle pallida del viso, nel quale le lentiggini spruzzate sul naso erano state maldestramente nascoste dal trucco. Aveva grandi occhi color nocciola incorniciati da lunghe e folte ciglia nere, capelli castani con sfumature color miele, accuratamente acconciati in alto. Aveva un sorriso troppo largo, forse a causa delle labbra, poiché troppo carnose e grandi. Ma ciò non alterava la sua bellezza. Era alta, forse qualche centimetro in più di Jean.
Non somigliava per niente al fratello, pensò Jean, guardandoli. Erano diversi.
“Piacere di conoscervi, Theresa. Io sono Jean; questi sono due dei miei quattro fratelli, James e William. Vi introdurrò agli altri quando avrò modo di incrociarli.”, Jean sorrise, imbarazzato, cercando di ignorare il peso dello sguardo di Charles che gravava su di lui come un pesantissimo masso che ti schiaccia il braccio.
Theresa sorrise, arrossendo leggermente. “Vi ringrazio per l'invito Jean e piacere di conoscervi. Fare la vostra conoscenza è un privilegio.”
Nonostante si fosse rivolto al più grande fra i tre, gli occhi della giovane erano rivolti verso William, che la osservava a sua volta. Jean si trattenne dall'esprimere parole poco consone al contesto. Come avrebbe potuto dire a quella povera creatura di lasciar completamente perdere quel drogato, stronzo, figlio di buona donna di William? L'avrebbe solamente usata, portato via la sua virtù e successivamente gettata in un angolo buio. E a causa di ciò, lui e Charles avrebbero troncato i loro rapporti per sempre e non si sarebbero più visti, nonostante il volere di entrambi, ma lui doveva pensare a sua sorella e al suo onore e non poteva di certo continuare a frequentare il fratello di colui che...
“Jean, perché stai cercando di strozzare con lo sguardo William?”, lo colpì James, facendolo ritornare alla realtà. Per fortuna nessuno si era accorto della scena.
“Mi ero semplicemente incantato.”, Jean forzò un sorriso, quando vide William afferrare per mano Theresa e dirigersi verso la pista da ballo, sotto lo sguardo attento di James e Lucille. “Spero solo che non si metta nei guai...”
“Cosa alquanto impossibile per uno come lui, fratellone. Ci si vede. Charles, è stato un piacere.”, James abbozzò un sorriso e dopo averli guardati un'ultima volta sparì tra la folla di persone che aveva accerchiato Dorian, Theresa, Lucille e William.
“Vedo che i vostri fratelli siano di poche parole.”, Charles si avvicinò a lui, teneva le mani incrociate dietro la schiena. “Che ne dite di farmi vedere la vostra grande biblioteca?”
Jean tossicchiò, guardandosi intorno, sperando vivamente di non aver tirato l'attenzione. Era ansioso e nervoso, credeva che da un momento all'altro qualcuno avrebbe puntato loro il dito e urlato di sapere cosa avevano fatto. Li avrebbero uccisi senz'altro. Ma invece di dirgli di andarsene e che ci aveva ripensato e si era pentito, disse solamente: “Certamente, seguitemi al piano di sopra.”




Theresa seguiva Will come un'ombra e pendeva letteralmente dalle sue labbra. Era talmente bella, quanto insignificante e di poche parole. Nonostante ciò tutti li guardavano conversare, passeggiare e ballare per le due sale, compresa Lucille, con gran soddisfazione di William. Le era piaciuto farsi ammirare con quel biondo slavato di Dorian Grey, adesso doveva guardarlo rubarle la scena.
“William, sarebbe così gentile da accompagnarmi fuori? Avrei bisogno di un po' d'aria e mio fratello non è presente al momento.”, poteva essere una domanda legittima, sentendo il tono della sua voce, ma i suoi occhi... i suoi occhi si erano accesi di una malizia che fino a quel momento, in presenza del fratello, non aveva mai manifestato. Gli aveva sfiorato il braccio con le punta delle dita e lo guardava in quel modo strano e provocante, tant'è che Will, tentato e desideroso di scoprire cosa aveva in mente, accettò di accompagnarla.
“Chi sono io per negare un simile desiderio ad una dolce fanciulla come voi?”, lei aveva ridacchiato nascondendosi la bocca con la mano dalle dita affusolate e curate. Una volta usciti dall'appartamento, vennero investiti dall'aria fresca notturna e per il biondo fu come tornare a respirare. La ragazza si guardò intorno sorridendo, mentre camminavano lentamente nel buio della sera;gli unici rumori che provenivano erano dall'appartamento. Si udivano risa e musiche di vario genere.
Theresa afferrò la mano di William e senza aggiungere altro cominciarono a correre, velocemente, fino a girare l'angolo e nascondersi in un vicolo cieco e buio. La luna illuminava debolmente i lineamenti del volto della ragazza. Era tutta angoli bui e pelle pallida, inquietante tanto da sembrare un demone.
“Non reggevo più tutta quella gente Non riesco a fingere per più di un'ora. Spero che vi siate portati i fiammiferi.”, disse la mora, mentre si metteva le mani nella innocente scollatura del vestito, cercandovi qualcosa all'interno. Tirò fuori un aggeggio che sembrava fatto di argento, lo aprì e prese due sigarette. Una per sé e l'altra per William.
“Potrei trovare altre sorprese lì dentro, Theresa?”
“Non lo so, basta cercarle, William.”
I due si sorrisero e ciò fece divertire tanto il biondo, che non perse tempo e afferrò la ragazza per la vita, facendo aderire i loro bacini, nonostante le ingombranti stoffe della ragazza. Ella si avvicinò, schiacciandolo contro il muro e cominciando a baciarli prima il collo, poi la mascella, fino ad arrivare all'angolo della bocca per poi arrestarsi.
“Non vedevo l'ora di mordervi questo bel visino dalla prima volta che vi ho messo gli occhi addosso.”
“E io che pensavo foste noiosa.”
“Celo molte sorprese dentro di me, William, sta a voi scoprile una ad una.”
Will sorrise e la baciò senza indugiare, mentre lei sorrideva e le sigarette caddero per terra. Avevano trovato un passatempo migliore.
Quella serata, da noiosa, era diventata interessante e soprattutto divertente.






Chiedo scusa per il ritardo, ma ho avuto un po' di problemi tra stage a Dublino, scuola, interrogazioni e blocco dello scrittore. Soltanto oggi ho avuto il tempo di sedermi al computer e dedicare del tempo a questa storia.
Spero vi sia piaciuto e ci vediamo presto con la seconda parte!












 
   
 
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