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Autore: Machaira    11/04/2017    3 recensioni
Dal secondo capitolo.
Rick si allungò, prese il fascicolo e cominciò a leggerlo. A Daryl bastò un'occhiata per riconoscere la foto di quel ragazzo con i capelli corti biondo cenere, le spalle larghe e la canottiera bianca.
“Che cazzo ci fai con quello?” chiese irruento.
“È il tuo fascicolo.” rispose imperturbabile l'uomo dall'altra parte della scrivania, senza alzare gli occhi.
[…] “Che cosa volete?” chiese secco.
“Lavora per noi.” rispose risoluto Rick.
(sempre) dal secondo capitolo.
Eugene si alzò in piedi, si portò le mani rigide lungo i fianchi e lo guardò. “A settembre comincia il periodo di praticantato degli stagisti e ne è stato assegnato uno anche al nostro distretto. Stavo aspettando che qualcuno, uno qualunque di voi, facesse un passo falso per scegliere a chi scaricare quella zavorra. Hai vinto.”
Rick rimase allibito e per un momento non riuscì a dire nulla. […] Con le spalle al muro si arrese all'idea che la sua sorte fosse già decisa. “Si sa chi è?”
“La figlia minore del Generale Greene, Beth.”
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Daryl Dixon, Michonne, Rick Grimes, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6
 
Dopo aver proseguito per la periferia, si erano destreggiati in un dedalo di stradine a senso unico. Daryl non aveva nessuna fretta: più tempo avrebbero passato in macchina, più tardi quella sorta di equilibrio si sarebbe spezzato. Erano rimasti in silenzio per ore, con il rumore del motore come unico sottofondo e temeva che se le avesse parlato sarebbe scattata. Percepiva il nervosismo della ragazza accanto a sé, sul sedile del passeggero: era come una bomba silente pronta ad esplodere in qualsiasi momento.
 
Alla fine non poté più rimandare l'inevitabile e arrivò sotto casa sua. Parcheggiò l'auto davanti alla porta e appena la spense, saltò giù velocemente.
 
“Scendi.” le disse sbrigativo, chiudendosi la portiera alle spalle.
 
Beth non disse nulla; slacciò la cintura, scese dalla vettura e con un colpo secco chiuse lo sportello. Quando si girò vide Daryl sull'uscio che la guardava, invitandola ad entrare. Dopo qualche attimo in cui l'orgoglio le urlava di non seguirlo, scese a patti con sé stessa, ben conscia che non sarebbe potuta rimanere lì fuori con il freddo che faceva a quell'ora della notte. Attraversò il piccolo marciapiede ed oltrepassò la soglia che Daryl stava tenendo aperta per lei.
 
“Su per le scale.” lo sentì dire alle sue spalle.
 
Piuttosto controvoglia salì la rampa di fronte a sé. Nel piccolo ingresso non c'erano porte che conducevano ad altre stanze: l'unico oggetto d'arredamento visibile erano le scale quindi, in un momento di lucidità in cui stava lanciando qualche occhiata qua e là, aveva dedotto che la casa vera e propria si trovasse al piano superiore.
 
I gradini conducevano direttamente nella zona giorno, e doveva ammettere che si era aspettata di trovare molto più disordine di quanto non ce ne fosse in realtà. Addossata alla parete di sinistra c'era una cucina con il minimo indispensabile: un lavandino e il piano cottura, divisi da un piccolo ripiano libero. Accanto alla cucina c'era un mobiletto basso su cui era posata la tv. Di fronte alle scale c'era una portafinestra che durante il giorno doveva far entrare molta luce mentre a completare il tutto c'erano, nel mezzo della stanza, due poltrone rivolte verso la televisione e tra quelle un tavolino quadrato. Alla sua destra vide due porte scorrevoli chiuse.
 
Si costrinse a non fare la ficcanaso e, ancora con la rabbia che le scorreva nelle vene, procedette spedita e si appoggiò alla cucina con le braccia conserte, guardando la porta di fronte a sé. Con la coda dell'occhio vide Daryl andare in giro per la stanza raccogliendo qualche sacchetto di carta in cui doveva esserci stato del cibo d'asporto e gettare tutto in un cestino sotto il lavello, accanto a lei. Prese un biglietto appoggiato sul tavolino e, tirando fuori il cellulare dalla tasca dei jeans, digitò il numero.
 
“Ciao. ... Daryl, due pizze margherita. ... No senza bibita. ... Sì, a casa” riattaccò e poi si sedette su una delle due poltrone, aspettando che arrivasse l'ordine. Circa mezz'ora dopo, passata nel silenzio più assoluto da parte di entrambi, finalmente suonarono al citofono.
 
Daryl si alzò e scese di nuovo le scale. Quando aprì la porta si ritrovò di fronte Glenn che, sorridendo, lo salutò allegramente: “Ehi amico! Abbiamo ospiti stasera?” In effetti era raro che ordinasse più di una pizza; gli unici casi in cui ne ordinava due era perché c'era Merle in casa.
 
“Ma sei l'unico fattorino che possono permettersi?” gli domandò sorpreso di trovarselo davanti anche a quell'ora della notte. Quella pizzeria era fantastica perché, oltre a fare pizze molto buone, rimaneva aperta ventiquattrore su ventiquattro, per sei giorni a settimana. “Quant'è?” proseguì tralasciando volutamente la domanda del ragazzo e prese il portafogli.
 
“Dieci dollari.” rispose il fattorino prendendo le pizze dal contenitore e porgendogliele.
 
Dopo aver preso i soldi, Glenn risalì sul motorino e prima che chiudesse la porta gli disse con tono piuttosto ambiguo “Buona serata!”
 
Daryl si assicurò che la porta fosse chiusa a chiave e poi tornò di sopra. Beth non si era mossa, ma quando aveva sollevato lo sguardo l'aveva beccata osservarlo con un'espressione indecifrabile. Sembrava quasi che stesse pensando a come ammazzarlo facendolo passare per un incidente.
 
Posò lo due pizze sul tavolino e ne allungò una verso di lei.
 
“Tieni.” le disse solamente.
 
Gli sembrava troppo strano non sentirla parlare. Di solito era lui quello che diceva poco e niente. Sapeva come gestire le cose quando era lui a stare zitto. E raramente le altre persone non parlavano, soprattutto se incazzate nere come lo era chiaramente lei in quel momento. Ma vedendola lì, che lo scrutava senza dire una parola, non capiva più niente. Santo Dio, non sapeva gestirla! Avrebbe preferito che gli urlasse dietro: quello era il suo campo e sapeva come muoversi, ma così non aveva idea di cosa le passasse per la testa e di cosa avrebbe dovuto o potuto fare.
 
Lei lo aveva osservato per un momento e i suoi occhi blu gli erano sembrati in tempesta, poi aveva fatto qualche passo verso di lui e si era seduta a terra, ai piedi del tavolino. L'aveva vista aprire il cartone e prendere la prima fetta. Lui intanto le aveva dato le spalle per tirare fuori dal frigorifero una birra e una lattina di Coca Cola, che aprì per poi posare in centro al tavolino.
 
Prima di sedersi anche lui a mangiare, andò in camera e in mezzo ai cassetti trovò due tovaglioli di stoffa che probabilmente non aveva mai usato in vita sua. Per fortuna era un tipo abbastanza ordinato; si rese conto che gli avrebbe dato fastidio se lei fosse entrata in casa sua e avesse trovato un porcile.
 
Quando tornò nell'altra stanza si sedette su una delle due poltrone pronto per gustarsi la cena ma appena sollevò lo sguardo su di lei la vide che masticava l'ultimo boccone. Aveva lasciato indietro tutte le croste, ma praticamente aveva finito.
 
Non era possibile! Era stato via meno di cinque minuti!
 
Si accorse di essere rimasto lì a guardarla sgomento, quando lei per tutta risposta si era leccata le dita con piccoli schiocchi, mantenendo gli occhi fissi nei suoi.
 
Cercò di ignorare quei continui gesti di sfida; stava perdendo la pazienza. Di solito era lui quello che sfidava e innervosiva le persone. Non era abituato a starsene calmo, fingendo che tutto quello che aveva fatto da quando erano entrati non gli avesse dato fastidio. Anche il suo silenzio era una presa di posizione. Si allungò verso le bibite per prendere la sua birra, ma lei fu più veloce: con uno scatto prese la bottiglia di vetro e portandosela alle labbra bevve un lungo sorso.
 
Sapeva che la stava guardando con quello sguardo; era un po' da prepotenti comportarsi così a trent'anni suonati, ma quando qualcosa lo innervosiva assumeva automaticamente quell'espressione di minaccia. Lei però era rimasta imperturbabile e non aveva abbassato lo sguardo.
 
Sbuffando aveva ripreso il telefono e dopo aver fatto il numero della pizzeria, ne aveva ordinate altre due. Beth intanto era rimasta a fissarlo mentre finiva di mangiare e poi lo aveva seguito con gli occhi quando il campanello aveva suonato di nuovo. Una volta tornato al piano di sotto aveva lasciato le pizze esattamente dove aveva messo le altre e si era seduto per mangiare.
 
Daryl aveva appena dato un morso all'ultima fetta rimasta e con la coda dell'occhio aveva visto che lei aveva già finito; lo osservava dal basso in su, con le braccia incrociate e quell'espressione di sfida di poco prima.
 
Ancora prima di rendersene conto aveva già richiamato la pizzeria per ordinarne un'altra.
 
Quando il campanello aveva trillato per l'ennesima volta, si era praticamente precipitato giù per le scale e aveva girato nervosamente la chiave nella toppa. Aprì la porta si era trovò davanti Glenn, che lo osservava a metà tra lo stranito e il divertito. 
 
“Cinque dollari.” disse automaticamente.
 
Daryl aveva la banconota già pronta e gliela porse, prendendo velocemente la sua pizza. Stava per chiudere la porta quando il fattorino gli chiese ridendo “Ma si può sapere quanti siete lì dentro?”
 
Daryl rimase un attimo con la porta socchiusa e rispose “Io, più uno.” per poi sbattere la porta in faccia a un Glenn piuttosto sorpreso.
 
Quando tornò al piano di sopra mise la pizza in mezzo al tavolino, proprio tra loro due, e si guardarono. Lui prese una delle quattro fette in cui era divisa e se la portò alle labbra, invece Beth afferrò direttamente mezza pizza e la piegò in due. Daryl riuscì a finire a stento quella fetta e la lasciò cadere su uno dei cartoni accanto a sé. Lei intanto non mollava. Dopo un paio di minuti in cui non era riuscita a fare più di un morso la fermò.
 
“Basta. Hai vinto.” le disse pensando che così l'avrebbe accontentata. Ma lei per tutta risposta aveva dato un altro morso alla sua fetta.
 
“Dai, smettila!” Si era sporto verso di lei, togliendole la pizza dalle mani e allontanando anche il cartone.
 
“Adesso non posso nemmeno più decidere quanto mangiare?!” sbottò lei, alzandosi in piedi. 
 
“Tutti mi considerate una bambina! Mio padre mi ha mandata a fare questo stupido stage per tenermi lontana dal pericolo, come se io non me la sapessi cavare! Guarda caso, proprio nel distretto in cui ci sono sia mia sorella che Rick! Come se l'addestramento all'Accademia fosse valido per tutti meno che per me. Arrivata in centrale speravo di poter dimostrare quello che sono, ma no! A me "tocca il lavoro d'ufficio"! Io sono utile solo quando si tratta di farsi ascoltare dal capo, perché se invece voglio prendere parte a un'operazione è troppo pericoloso! Beth non può! Perché Beth è piccola, Beth è fragile, Beth non ha esperienza! Mi avete costretta a tornare ad Atlanta quando l'unico posto dove volevo essere era con la squadra, a Savannah! Non posso bere un sorso di birra che mi guardi come se fossi un'aliena! Persino tu mi vedi come una bambina!” urlò infuriata a voce sempre più alta.
 
Daryl si alzò in un impeto di rabbia e la fronteggiò: tra loro c'era solo il tavolino a separarli, ma i volti erano vicini.
 
Guardò Beth negli occhi; aveva il fiatone, sollevava il petto velocemente e il suo respiro gli solleticava il mento. 
 
Avrebbe potuto dirle qualsiasi cosa. Anzi, mentre lei gli urlava contro, nella sua testa si erano andate formando le parole esatte con cui avrebbe potuto rispondere per le rime. Ma quell'ultima frase lo aveva spiazzato. Era stato come ricevere una doccia fredda; come quando, salendo le scale, pensi che ci sia un altro gradino e invece il tuo piede scende nel vuoto.
 
Persino tu mi vedi come una bambina.
 
Quella frase aveva cancellato tutto dalla sua mente come una spugna.
 
Si era accorto di avere anche lui il fiato corto, come se quello che aveva solo osato pensare lo avesse provato. Sbatté le palpebre e si riscosse, come se si fosse reso conto solo in quel momento di quanto fossero vicini. Si allontanò bruscamente e le diede le spalle per qualche istante.
 
Quando si girò di nuovo, Beth lo stava guardando con gli occhi spalancati.
 
Per un momento si spaventò. Che cosa aveva visto? Che si fosse accorta di cosa aveva pensato, in qualche modo? Perché non lo avrebbe mai ammesso, ma lei si sbagliava.
 
Quasi sospirò di sollievo quando la vide portarsi una mano allo stomaco e l'altra alla bocca per reprimere un conato. Capendo la situazione, aprì velocemente la porta alle sue spalle e lei lo seguì senza dire una parola. Quando entrò nel bagno andò dritta verso il lavandino e aprì il rubinetto, ma lui senza troppe cerimonie lo chiuse e la fece inginocchiare davanti al water.
 
“Stai lì, fidati.” le disse. Giusto il tempo di raccogliere i capelli biondi della ragazza tra le sue mani, che il primo urto di vomito le salì su per la gola.
 
La sentì scuotersi e tremare sotto le sue dita. Di certo avrebbe passato un brutto quarto d'ora, ma d'altra parte se non fosse stata così ostinata nel dimostrare a tutti i costi che non era una bambina - e in che modo contorto, tra l'altro! - si sarebbe risparmiata tutto quel malessere gratuito.
 
Aspettò che fosse lei a dirgli quando avesse finito. Dopo una decina di minuti Beth aveva sputato un po' di saliva amara e, facendogli segno con la mano, aveva sollevato il capo. Inspirava ed espirava profondamente, cercando di riprendere a respirare normalmente. La sua pelle candida era ancora più pallida di quanto non l'avesse mai vista, gli occhi erano lucidi e le labbra avevano perso colore.
 
“Scusami.” mormorò alzandosi in piedi.
 
Per tutta risposta Daryl borbottò qualcosa di incomprensibile che assomigliava più a un grugnito. Prese un asciugamano dal mobiletto sotto il lavandino e il colluttorio dall'armadietto e li posò sulla mensola.
 
“Tieni. Se hai bisogno chiama.” disse e poi uscì, lasciandola sola. Che serata del cazzo. Tutte a lui. Non credeva in Dio, ma da qualche parte doveva esserci una forza mistica che gli remava contro.
 
Andò in camera e cercò qualcosa con cui lei potesse dormire, ma mentre rovistava tra i cassetti si diede da solo dell'idiota: che cazzo gli prendeva?! Stava impazzendo davvero. Richiuse con uno scatto il cassetto delle magliette e andò verso il comodino. In mezzo ai calzini trovò una confezione di pasticche di paracetamolo. Ne prese una e tornò nell'altra stanza. Trovò un bicchiere di plastica nella credenza e lo riempì d'acqua.
 
Quando si girò verso il tavolino vide Beth accoccolata nella poltrona, con le gambe a penzoloni dal bracciolo e la testa appoggiata allo schienale. Aveva gli occhi chiusi, un'espressione rilassata e tranquilla, nonostante si vedesse ancora che era stata male.
 
La guardò per un attimo indeciso, poi si avvicinò al tavolino su cui posò la pasticca e il bicchiere, e se ne andò chiudendosi in camera. Si sedette sul letto e sospirò. Forse era davvero finita. Si tolse le scarpe scalciandole lontano, seguite dai calzini. Sul letto trovò i pantaloni della tuta che usava per dormire; si svestì e li indossò, rimanendo a petto nudo. Casa sua era piuttosto calda e in ogni caso odiava dormire fasciato come una mummia.
 
Si sdraiò e si coprì fino alla vita col piumone. Erano le quattro.
 
Non si era reso conto di essere tanto stanco finché non aveva posato la testa sul cuscino. Si addormentò pochi minuti dopo.
 
§§§
 
Quando Beth aprì gli occhi, tutto era immerso nel silenzio. Rimase per un po' sulla poltrona a ripensare a quella giornata. Le era sembrata lunghissima. Sembrava passato così tanto tempo da quando erano nell'ufficio di Rick o a casa del giudice.
 
Alzò la testa per cercare Daryl con lo sguardo. Chissà dov'era andato. Tirò giù le gambe dal bracciolo della poltrona e si raddrizzò nella seduta. Sul tavolino accanto a lei trovò un bicchiere d'acqua e una pasticca. Un sorriso le sorse spontaneo sulle labbra. Prese la pastiglia e in quel momento si chiese dove fosse finito l'uomo.
 
Controllò l'ora: erano le quattro e venti. Aveva chiuso gli occhi solo una mezz'oretta per riposarsi; dopo essere stata male le era venuto un forte mal di testa. Scese le scale in punta di piedi per controllare che Daryl non fosse uscito; le chiavi però erano ancora nella serratura. Tornò di sopra e aprì la porta del bagno lentamente. Niente anche lì. Rimaneva solo la camera.
 
Prima non aveva prestato attenzione a cosa significasse tutta quella situazione, ma ora che si era calmata poteva vederlo chiaramente: era in casa sua. Era in casa dell'uomo a cui pensava da più di dieci anni! E stentava a crederci.
 
Si avvicinò alla porta della camera e mise una mano sulla maniglia. Il cuore prese a batterle un po' più veloce. Fece scorrere l'anta piano piano, cercando di fare meno rumore possibile. La stanza era immersa nell'oscurità e ci mise un po' ad adattare la vista. Quando vide quello che aveva davanti quasi le venne un colpo. Daryl. A letto. Nudo.
 
Quelle semplici parole le fecero andare in tilt il cervello per qualche secondo.
 
Era bellissimo.
 
Si avvicinò lentamente, cercando di respirare piano, e stando attenta a non fare rumore o sbattere contro qualcosa. L'istinto di sopravvivenza le disse solo una cosa: scappa. Per la salvaguardia della sua sanità psicofisica e mentale avrebbe dovuto rintanarsi il più possibile lontana da lui. Se solo si fosse svegliato l'avrebbe ammazzata. D'altra parte pensò alla conversazione che aveva avuto con Maggie: doveva buttarsi. Tra le due era sua sorella la ribelle della famiglia, ma non avrebbe mai avuto una seconda occasione se si fosse fatta scappare questa.
 
Così, cercando di reprimere la sua parte razionale, fece il giro del letto, si tolse le scarpe e, delicatamente, si sdraiò vicino a lui. Daryl si teneva la mano destra posata sullo stomaco, mentre il braccio sinistro era steso sul cuscino accanto a sé. Sembrava quasi che la invitasse a dormire con lui! Non era così, ma era una tentazione che non riuscì a reprimere.
 
Rimase ferma qualche istante per assicurarsi che lui non si fosse accorto di lei, ma che continuasse a rimanere immerso nel suo sonno profondo. Quando lo sentì respirare lentamente, prese coraggio e si avvicinò ancora. Si mise su un fianco e si accoccolò sulla sua spalla, posando una mano all'altezza del suo cuore.
 
Pensava che sarebbe stata talmente agitata che mai sarebbe riuscita a prendere sonno, e invece dopo pochi minuti si addormentò, cullata dai battiti del cuore di Daryl.
 
§§§
 
Era in quel particolare momento del sonno di cui non ci si ricorda nulla una volta svegli, a meno che qualcosa non ci disturbi, ridestandoci; quella sorta di dormiveglia tra un sonno profondo e l'altro. Daryl aveva provato a voltarsi su un fianco, ma qualcosa l'aveva bloccato.
 
Per un momento era rimasto immerso nei fumi del sonno, con gli occhi chiusi a bearsi del calore accanto a lui. Un momento... calore? Com'era possibile? Girò il viso verso sinistra e qualcosa gli solleticò il naso. Profumava. Alzò di scatto la testa e socchiuse gli occhi per cercare di mettere a fuoco la stanza buia. Ancora intontito, si guardò intorno per qualche secondo prima di posare gli occhi sul corpo accanto a sé.
 
Cazzo.
 
Gli venne quasi un infarto. Che cosa ci faceva lì?! Come ci era arrivata?! Si era addormentata sulla poltrona! Com'è che ora era accoccolata accanto a lui, anzi su di lui, e lo abbracciava stretto?! Lo sapeva: l'avrebbe portato al manicomio. Che cazzo gli diceva la testa ultimamente?
 
Per un momento aveva pensato di alzarsi semplicemente dal letto e di andare su una delle due poltrone ma, anche se lo aveva nascosto a tutti, era qualche giorno che non dormiva bene a causa del mal di schiena. Non lo avrebbe mai ammesso, ma stare sulla poltrona gli avrebbe definitivamente accartocciato la spina dorsale.
 
Doveva trovare un'altra idea. Rimase nel letto qualche minuto e poi gli venne in mente la soluzione perfetta. Si mosse lentamente e, con delicatezza, prese la mano di Beth che era stretta attorno alla sua vita e la allontanò. Poi le tenne sollevata la testa e scivolò via dalla sua presa. Accompagnò il capo di Beth finché non si appoggiò al cuscino e poi scattò in piedi diretto in sala alla velocità della luce.
 
Sapeva che potevano tornargli utili tutti quei cuscini.
 
§§§
 
La luce filtrava dalla finestra e un raggio di sole si posò proprio sul viso di Beth. Pian piano illuminò le sue labbra, poi il naso e infine arrivò agli occhi. In quel momento la ragazza si svegliò, stiracchiandosi. C'era qualcosa di strano. Quella non era camera sua. Solo dopo qualche minuto passato a ricostruire la giornata precedente si ricordò cos'era successo; era a casa di Daryl.
 
Daryl!
 
Spalancò gli occhi e si girò verso destra. Pensava di trovarselo accanto e invece sbatté la faccia contro un cuscino. A quel punto si sollevò seduta sul letto e si guardò intorno. Non poteva crederci! Il materasso era diviso da un mare di cuscini e coperte. Doveva aver disfatto tutto il salotto per fare una cosa del genere. Nei film, quando due persone non vogliono dormire insieme ma sono costrette a farlo, mettono un cuscino accanto all'altro per tutta la lunghezza del letto in modo da delimitare gli spazi. Ma quella era praticamente la riproduzione in scala della dannatissima Muraglia Cinese! Le coperte e i cuscini erano impilati fino a formare un divisorio dell'altezza di quasi mezzo metro.
 
Le sarebbe anche venuto da ridere se non fosse stata tanto offesa.
 
Si rimise le scarpe e poi uscì dalla stanza. Dopo una veloce perlustrazione del bilocale si rese conto che non c'era nessuno in casa oltre a lei. Bene, adesso l'aveva anche mollata. Praticamente era scappato.
 
Aveva pensato che Daryl avrebbe potuto stranirsi trovandola nel letto ma non avrebbe mai immaginato che avrebbe letteralmente eretto un muro tra loro e sarebbe anche andato via dalla sua stessa casa!
 
Vide che la sua borsa era appoggiata accanto al tavolino. La sera prima se ne era persino dimenticata. Cercò il cellulare che, miracolosamente, aveva ancora batteria. Chiamò un taxi e aspettò che arrivasse. Per fortuna, dopo cinque minuti era già lì. Scese velocemente le scale e salì sull'auto, dando al taxista l'indirizzo.
 
Voleva solo andarsene a casa sua e farsi una doccia calda e rigenerante.
 
 
 
Nel frattempo, Daryl era rientrato in casa. Dopo aver posato il sacchetto con le brioche e i due bicchieri colmi di caffè caldo, era andato in camera per svegliare Beth ma non aveva trovato nessuno. Quando si era alzato un'ora prima aveva visto le scarpe della ragazza ai piedi del letto, ma ora non c'erano più. Andò nell'altra stanza e si accorse che anche la sua borsa era sparita.
 
Chissà cosa si era aspettato andando a prendere la colazione. Mangiò il cornetto in pochi morsi e bevve il caffè velocemente, con gesti di stizza che trasmettevano tutto il suo nervosismo. Andò in camera, prese dei vestiti puliti e li portò in bagno, dove aprì l'acqua della doccia perché cominciasse a scaldarsi.
 
Si guardò allo specchio e vide la rabbia nei suoi occhi. Perché era così arrabbiato?!
 
Andò in sala come una furia, prese dal tavolino anche l'altro bicchiere pieno di caffè e se lo scolò in pochi sorsi. Afferrò la brioche nel sacchetto, aprì l'anta sotto al lavello e la gettò nella spazzatura. Tornò in bagno, si svestì e si buttò sotto il getto di acqua calda, sperando che sciogliesse i suoi muscoli tesi.
 
§§§
 
Nonostante Rick avesse avuto una nottata pesante, l'aveva comunque chiamata per avvisarla che quella mattina in centrale sarebbero andati solo quelli che non avevano partecipato all'operazione della notte precedente. Quindi tutti loro si sarebbero ritrovati nella sala relax alle cinque del pomeriggio.
 
Sì, la missione aveva avuto successo: avevano fermato la nave che portava il carico, gli uomini di Chacòn che erano sul posto per assicurarsi che tutto filasse liscio e Jesus aveva arrestato Martìn Muñoz prima che i suoi lo avvertissero dell'intervento della polizia. Erano mesi che le cose non si mettevano così bene, per quanto riguardava quel caso, così avevano deciso festeggiare.
 
Beth non era mai stata in quella parte dell'edificio, ma non fu difficile trovare la sala relax: c'erano decorazioni sulla porta - probabilmente riciclate da qualche festa di compleanno - e si sentiva un forte chiacchiericcio provenire da dentro. Quando aprì la porta tutti si girarono verso di lei.
 
“Ehi! Finalmente sei arrivata! Ora ci siamo tutti! Ti stavamo aspettando.” sorrise Rick andandole incontro. “Bene.” disse porgendole un bicchiere di punch aranciato. “Come tutti saprete, questa notte abbiamo intercettato una partita molto grossa di cocaina, controllata da Pablo Chacòn, ed è merito di tutti i presenti. Complimenti.” sollevò il bicchiere e fecero il brindisi.
 
Si rimisero tutti a chiacchierare finché non entrò Glenn con le pizze. A quel punto si avventarono tutti al tavolo dove erano stati posati i cartoni, cercando di prendersi una fetta ciascuno. Beth invece si tenne piuttosto lontana.
 
“Ehi Beth!” la salutò Glenn allegro “Non vai a prendere la pizza? Se non ti affretti finirà subito!”
 
“Non voglio più sentire parlare di pizza per almeno un mese.” rispose scuotendo la testa.
 
“Perché?” chiese lui dispiaciuto.
 
“Ero il suo più uno.” disse con un cenno della testa indicando Daryl, che come lei si teneva lontano dal tavolo del cibo. Sapeva che avrebbe capito, perché li aveva sentiti parlare la sera prima.
 
“Ah! Adesso capisco!” sorrise l'altro di rimando. “Be, se dovessi cambiare idea, noi siamo sempre aperti!” salutò tutti quanti e se ne andò. Beth tornò a parlare con Michonne, che era appena tornata con un pezzo di pizza in mano, ma avrebbe potuto giurare di aver visto Maggie lasciare la stanza poco dopo che se ne era andato il fattorino.
 
Rimasero lì a chiacchierare per circa un'altra ora, quando alla fine restarono in pochi decisero di andare in un pub lì vicino per bere qualcosa e festeggiare come si deve. Si ritrovarono lei, Rick, Michonne, Jesus, Abraham e, a sorpresa, anche Daryl. Immaginava che Mr. Grimes c'entrasse qualcosa in tutto ciò.
 
Arrivarono al pub e presero una birra ciascuno, poi cominciarono a divertirsi. Michonne sfidò Jesus a freccette, mentre Daryl, Rick e Abraham giocarono a biliardo. Lei, dal canto suo, aveva preferito non avvicinarsi a Daryl. Non che avesse paura, ma voleva evitare di discutere di nuovo. Rimase a chiacchierare con Michonne e Jesus, ridendo e scherzando, svagandosi dopo tanto tempo che non si concedeva un'uscita.
 
Quando finì la birra tornò al bancone e ne ordinò un'altra. Nel frattempo le partite erano finite e i suoi amici si erano dati il cambio. Rick aveva raggiunto Michonne al bersaglio, mentre Jesus era andato incontro ad Abraham chiamandolo “Marshmallow!”, al che il rosso aveva commentato con una cascata di parolacce.
 
Il barista le aveva appena portato la birra quando qualcuno si sedette accanto a lei. Beth si girò e vide che si trattava proprio di Daryl, che ordinava a sua volta. Probabilmente sentendosi osservato si girò e le fece un cenno con la testa a mo di saluto. Passò un paio di secondi a chiedersi cosa significasse, ma poi ricambiò. Restarono occhi negli occhi per qualche istante, finché il barista non li interruppe per consegnare la birra al ragazzo.
 
Bevve un sorso e poi lo sentì dire qualcosa. La musica era piuttosto alta e lui non aveva parlato chiaramente, quindi non aveva capito. D'istinto si avvicinò un poco e scosse la testa per fargli capire di ripetere.
 
“Ti hanno aspettato oggi. Per il brindisi.” chiarì. Rimase in silenzio per un po' e Beth pensò di essersi quasi immaginata quello che le aveva appena detto. “Nessuno pensa che tu sia piccola. Ti hanno aspettato.” ripeté come per sottolineare l'ovvio.
 
Anche lei se ne era accorta, ma aveva troppi pensieri negativi dati dalla notte precedente per credere che fosse davvero così. Si era detta che probabilmente aveva frainteso o che era un modo di dire. Invece la stavano davvero aspettando. E lui se ne era accorto.
 
Abbassò lo sguardo sulla bottiglia di vetro che reggeva tra le mani ed annuì. Si vergognava per quello che gli aveva urlato addosso la notte scorsa. Era furiosa, ma non voleva apparire come una ragazzina isterica.
 
“Quando sono tornato stamattina non c'eri.”
 
Beth alzò lo sguardo di scatto, sorpresa. Non era una domanda, ma il sottotesto era piuttosto chiaro: dov'eri? Lo conosceva da tanto tempo, anche se lui non poteva saperlo, e il tempo passato insieme ultimamente aveva avvalorato le sue ipotesi. Sapeva com'era fatto e un comportamento del genere da parte sua non se lo aspettava.
 
“Ho pensato fosse meglio andarmene, quando non ti ho visto.” disse. Perché stavano avendo quella conversazione? E perché anche lei aveva fatto una domanda, nonostante formalmente non lo fosse?
 
“Ero andato a prendere la colazione. Non avevo molto in casa.” rispose dopo un tempo che le parve un'infinità. La colazione. Lei se ne era andata incazzata nera, pensando che lui stesse rimarcando quanto bambina fosse ai suoi occhi, e invece lui era uscito a prendere la colazione. Per lei. Per loro.
 
Si sentiva un'idiota.
 
“Credevo fossi arrabbiato per ieri sera.” decise di sorvolare il fatto che si era intrufolata nel suo letto, anche perché a giudicare dalla barriera di cuscini che si era trovata accanto quella mattina, era sicura che lui non l'avrebbe trovato un argomento piacevole. Ed era già abbastanza difficile muoversi su quel campo minato di conversazione senza far esplodere nulla.
 
“No.” rispose semplicemente. “Sei una stupida. Anche perché, come vedi, avevi torto.” disse indicando i loro colleghi. 
 
Calò di nuovo il silenzio tra loro, ma non era carico di imbarazzo, di rabbia o di tensione come il giorno prima. Era un silenzio pieno di parole non dette e di scuse non fatte. Restarono al bancone, finendo le loro birre e scambiandosi un'occhiata ogni tanto.
 
“E comunque se proprio vuoi sfidarmi, fallo come si deve.” Bevve l'ultimo sorso di birra e scese dallo sgabello andando verso il bersaglio che Rick e Michonne avevano appena lasciato libero. Lei bevve tutto d'un sorso l'ultimo goccio rimasto nella sua bottiglia e lo raggiunse con un sorriso leggero ad illuminarle il viso.




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Ed eccoci qui alla fine del capitolo! Anche qui non ci sono citazioni ma in ogni caso, se qualcuna mi fosse sfuggita, fatemelo sapere :* La scena dei cuscini a letto mi è venuta in mente riguardando per la milionesima volta il film "The Wedding Date" (la povera Kat proprio non riusciva a stare tranquilla con Nick accanto, così come i nostri due protagonisti :P). Ringrazio chi ha messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate :) Spero che la storia vi stia piacendo; come sempre, se volete farmi sapere cosa ne pensate, sarò più che contenta di leggere le vostre recensioni! A settimana prossima.
·Machaira·
   
 
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