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Autore: myqueasysmile    12/04/2017    1 recensioni
La scuola.
Il canto.
La musica.
La famiglia.
Queste sono le cose più importanti nella vita di Elisa, ragazza diciottenne dal carattere molto introverso e complicato.
Una ragazza che adora il fratello, che spera di conoscere il suo "eroe" e che ancora non ha idea di cosa sia l'amore.
Ma poi arriva lui, completamente inaspettato, che un po' alla volta le stravolge la vita.
Forse riuscirà a farsi avvicinare da lei, lei che tende ad allontanare tutti e starsene per conto suo. O forse no.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Nel giro di qualche settimana Marco tornò a Milano. E io andai con mamma e papà per una settimana al mare, durante la quale ricevetti i risultati degli esami, grazie a Martina. Avevo preso 80, niente male! Sinceramente mi ero aspettata peggio...

Quando tornai ero leggermente abbronzata e decisamente più rilassata.
E quando, dopo qualche giorno, Stefano mi invitò alla sua festa di compleanno accettai volentieri... mi era mancato il piccoletto!

«Buon compleanno ometto!!» esclamai trovandolo finalmente in mezzo a tutti quei bambini nel giardino.
«Ehi, Elisa! Sei venuta!!» esclamò lui saltandomi in braccio.
«Si, e questo è per te» dissi dandogli il pacchetto incartato e facendolo scendere.
Lui mi guardò con gli occhi luccicanti «Grazie, lo metto insieme agli altri. Dopo li apro!».
Corse fino al tavolo lì vicino e lo posò insieme agli altri regali.

Intanto io individuai Serena e andai a salutarla. Mi presentò alcune mamme di bimbi che andavano all'asilo con Stefano, e mi unii alle chiacchiere.
Poi, mentre loro continuavano il loro discorso, la aiutai a portare fuori altri vassoi con il cibo, sostituendoli a quelli vuoti, e sistemammo le bibite e i bicchieri.

«Vado un attimo dentro a sistemare la torta, mi tieni d'occhio Stefano intanto?» chiese lei dopo qualche minuto.
«Certo, fai pure con calma» risposi raggiungendo i bimbi.
Stavano giocando a qualche strano gioco con banditi e poliziotti. All'inizio mi erano sembrati molti di più, ma contandoli mi resi conto che erano solo in otto, compreso Stefano.
«Elisaaa, tu fai quella che porta il carico di botti... siediti lì» annunciò il biondino accorgendosi di me e indicandomi un punto del prato.
«Ok, capo» risposi sedendomi.

«Forza banditi, rubiamo il caricooo!!» urlò uno degli altri bambini.
«Siii» esclamò un altro puntandomi.
"Oh oh" pensai mentre me li vedevo venire addosso.
«Caricaaaa» gridò infine Stefano finendomi addosso e facendomi cadere all'indietro.
«Non muoverti, altrimenti ti spariamo!» esclamò il biondino mentre facevano finta di rubare il carico.
Sorrisi e mi misi un braccio sugli occhi per ripararmi dal sole, mentre arrivavano gli altri bambini, i poliziotti, e loro combattevano facendo un chiasso tremendo.

«Prendi il sole?».
Strabuzzai gli occhi, poi tolsi il braccio e lo vidi sopra di me.
«No, è sempre opera di tuo nipote quando mi trovi a fare cose strane. Avrei dovuto aspettarmelo!» commentai alzando la testa.
Lui alzò il sopracciglio. «Sei anni e già riesce a far fare alle donne quello che vuole» disse ridendo. Poi si mise vicino a me e mi allungò la mano. La presi e lui mi aiutò a tirarmi su da terra.

«Ciao, piccola solitaria» disse, quando fui di fronte a lui.
«Ciao» risposi sentendomi il calore sulle guance.
Lui piegò la testa, osservandomi. E facendo crescere il mio imbarazzo.
«È da tanto che non ci vediamo, come va?».
«Bene» risposi stringendomi nelle spalle «Come al solito, tu?».
«Benissimo» rispose sorridendo, poi si guardò intorno. «Scusa, vado un attimo dalla piccola peste, torno subito» aggiunse mostrandomi un regalo.
Annuii e lo seguii con lo sguardo.
Poi andai a sedermi sull'altalena, dondolandomi leggermente.

Aveva dei jeans corti azzurri, che richiamavano il colore dei suoi occhi, e una maglietta bianca.
Ed era bellissimo.
Come sempre.
Ammetto che, dopo quel giorno in cui Marco mi aveva portato a casa sua, ero riuscita a stargli lontana.
Quasi un mese. Era un record!

Certo, facendo da baby-sitter a suo nipote era inevitabile che prima o poi ci incontrassimo. E sinceramente non riuscivo a decidermi se volevo stargli vicino o no. La confusione nella mia testa era sempre la stessa, certo che lo volevo! Ma avevo paura di quello che voleva lui...

«A cosa pensi?».
Ecco! Mi ero di nuovo persa nei miei pensieri, estraniandomi completamente dal mondo attorno a me.
Si era seduto sulla traversa di legno dell'altalena, e mi osservava.
«A niente» risposi.
«Quel "niente" è una persona?» mi interrogò lui.
«Forse».
«Allora spero che quella persona sia seduta al mio posto» concluse lui, abbassando un po' il tono di voce.

Alzai gli occhi su di lui, interrogandolo con lo sguardo.
Lui alzò un angolo della bocca in un accenno di sorriso, poi si passò la mano tra i capelli. Gesto che, avevo notato, faceva quando era nervoso.
«È da tanto che ci penso, ho aspettato che finisse la scuola... adesso ho deciso che non aspetterò ancora. Ti va...» disse interrompendosi e facendo un bel respiro «Ti va di uscire con me?».

Registrai le sue parole, poi lo fissai sbalordita. Non stavo sognando, vero?
«Dici sul serio?» chiesi, non credendo alle mie orecchie.
Lui annuì.
«Wow. Io non... non so cosa dire!» esclamai.
«Magari rispondimi, mi stai tenendo sulle spine» mormorò lui.
«Scusa, è che non ci credo. Insomma, io non credevo di piacerti» dissi arrossendo. Poi lo guardai «Sì».

Lui si rilassò e sorrise.
«Ma non ti serviva la mia risposta, vero? Sapevi che mi piaci» chiesi facendomi coraggio.
Lui rise «L'avevo capito sì».
Mi nascosi la faccia tra le mani. «Ecco, lo sapevo. Ma tu continuavi a starmi intorno e io ogni volta non sapevo cosa fare, e poi hai cominciato a dirmi che ero bella... e io non capivo più niente».
«C'era un motivo se ti stavo intorno, piccola solitaria».

«Elisa!! La mamma ti vuole» esclamò Stefano correndo da noi.
Alzai la testa «Va bene, vengo subito». Lui annuì e corse di nuovo via.
Poi guardai Gabriele. E lui guardò me.
«Stasera?» chiese dopo qualche attimo di silenzio.
Annuii «Va bene». Poi mi alzai «Lo sai però che io non so da che parte iniziare».
«Non importa» mi rassicurò lui.
Poi mi allontanai, raggiungendo sua sorella.

«Scusa, vi ho interrotto?» chiese lei appena entrai in cucina.
«Tranquilla, non importa».
«Ti piace, vero? Ho visto come lo guardi...».
Arrossii e annuii. «In effetti, mi ha appena chiesto di uscire con lui...» dissi, non riuscendo a trattenermi.
Lei mi sorrise «Oh, ha deciso di impegnarsi un po' finalmente». Poi si chinò a sistemare le ultime candeline sulla torta.
«Serena?» chiesi dopo qualche secondo.
«Si?» fece lei alzando la testa e guardandomi.
«Credi... credi che io vada bene per lui?».

Lei si raddrizzò «Certo che vai bene per lui, perché non dovresti?».
«È che sono più piccola di lui, non so se riesco ad essere quello di cui ha bisogno» dissi esternando le mie paure.
«Ehi, non farti questi problemi. Se ti ha scelto significa che ti vuole, anche se sei più piccola. E sono sicura che riuscirai a farlo felice» rispose lei, tranquillizzandomi.
Poi mi abbracciò «Sono felice per te».
«Grazie, anche io».

Poi, su sua richiesta, presi la macchinetta fotografica e uscii. Feci qualche foto al giardino addobbato. Dopodiché mi avvicinai ai bambini e ne feci qualcuna anche a loro, mentre mi sentivo gli occhi di lui addosso.
Li avvertii di andare a sedersi al tavolo, per l'arrivo della torta, dove li raggiunsi. Lui era già lì, e mi fece sedere al suo fianco.

Dopo l'apertura dei vari regali, la canzoncina di auguri e qualche fetta di torta, ci ritrovammo a fare le foto di gruppo. Feci di tutto per fare in modo di non dover fare la foto (venivo sempre male), ma alla fine mi ritrovai dietro a Stefano e con un braccio di Gabriele intorno alla vita, mentre una mamma ci scattava qualche foto.

«Va bene se ti vengo a prendere dopo cena?» chiese a bassa voce Gabriele, mentre le mamme incominciavano a radunare i loro figlioletti.
Annuii «A che ora?».
«Otto e mezza?».
«Perfetto» risposi cercando di trattenere un sorriso «Dove andiamo?».
«Sorpresa! Tranquilla, a cena ti porto la prossima volta» rispose con un sorrisetto e gli occhi luminosi.
Arrossii. «Non serve che mi porti a cena, mi hai conquistata già tempo fa» mormorai.
«Voglio fare le cose per bene, piccola solitaria» disse prima che Stefano ci interrompesse per giocare con lui.
«Io vado allora, a stasera».
Lui sorrise, scompigliando i capelli del nipotino «Ciao».

Arrivai a casa che ancora stentavo a crederci. Allora almeno un po' gli piacevo anche io!
Saltellai per casa come una scema, e per fortuna mamma e papà erano al lavoro.
Poi mi fiondai in camera per decidere cosa mettermi per l'appuntamento, ma dato che non mi aveva detto dove saremmo andati non avevo la minima idea di come vestirmi.
Alla fine decisi per dei jeans corti e una maglietta. E una felpa da mettere sopra se avessi avuto freddo.

Adesso rimaneva la parte più difficile, cioè dire ai miei che sarei uscita e con chi sarei uscita. E se non glielo avessi detto? Dirlo a mamma e papà significava che Marco lo avrebbe saputo... e se l'avesse presa a male?
Oddio! Non volevo farlo sapere a nessuno, prima ancora di sapere come sarebbe andata tra noi...
Sbuffai.
Ci pensai per qualche minuto, poi decisi. Gli avrei detto che uscivo con una compagna di classe. Loro mica sapevano se fosse o meno la verità...

«Allora divertiti!» disse mamma, mentre mi infilavo le scarpe «Le chiavi di casa le hai, vero?».
«Sì, tranquilla. Cercherò di non fare tardi».
«Mi raccomando Elisa!» aggiunse papà.
«Va bene» risposi aprendo la porta «Ciao!».

Percorsi il vialetto e raggiunsi la macchina, e mi venne in mente che i miei quella macchina sapevano di chi era. Imprecai tra me e me. Poi aprii la portiera (mi parve strano che non lo facesse lui, come al solito) e salii in macchina.
«Ciao!» mi salutò lui.
Lo guardai e mi sentii le farfalle nello stomaco. «Ciao» risposi.
Lui accese il motore e partimmo.
«Ho pensato che sarebbe stato meglio per te se non fossi uscito dalla macchina, rimedierò dopo» spiegò lui.
«In effetti, ho raccontato una bugia ai miei. Altrimenti Marco lo saprebbe subito e non voglio» mormorai «Spero non abbiano fatto caso alla macchina».

«Spero che con loro tu menta meglio che con me» commentò lui.
Lo guardai «Sei tu che mi confondi le idee, per forza non riesco a mentirti».
Lui fece un sorrisetto «Ti confondo le idee, eh?».
Arrossii, ma fortunatamente eravamo al buio.
«Perché parliamo sempre di me?» chiesi sbuffando.
«Siamo quasi arrivati, dopo mi potrai chiedere quello che vuoi» rispose lui, girando su una strada bianca.

Cinque minuti e parcheggiò la macchina, spegnendo il motore.
«Aspettami» disse, prima di scendere.
Obbedii, aspettai che mi aprisse la portiera e che mi porgesse la mano. La presi e uscii.
Poi mi guardai attorno. Eravamo su una collinetta, da dove partivano diversi percorsi illuminati.
Chiuse la macchina, poi si diresse alla fine del parcheggio. Lo seguii e mi fermai vicino a lui. Eravamo davanti a un panorama mozzafiato.
«Ti piace?» chiese voltandosi a guardarmi.
Annuii «È bellissimo».

Stavo osservando le mille luci là sotto, quando lui intrecciò le sue dita alle mie. Mi sentii pervadere da una gioia immensa.
Lo guardai, e lui guardò me.
Poi si avvicinò e mi prese per la vita. Appoggiai timidamente le mani sul suo petto, sentendo il suo cuore battere deciso.
«Ho intenzione di baciarti» sussurrò con determinazione, avvicinando il viso al mio.
Per un attimo fui presa dalla paura. Io non sapevo farlo!
Lui se ne accorse «Tranquilla, rilassati».
Annuii e all'ultimo momento chiusi gli occhi. Appena prima che le sue labbra si appoggiassero sulle mie. Morbide, ma decise.

Sentii la sua lingua premere sulle mie labbra, allora le schiusi e lo lasciai entrare. Pensai che il suo sapore era un misto di menta e rosmarino. Poi non pensai più a niente.
Dopo qualche minuto riaprii gli occhi e lo guardai. Lui fece lo stesso.
«Wow» fu l'unica cosa che mi uscii dalla bocca. Poi lo abbracciai appoggiando la testa al suo petto e lui mi strinse a sé.

«Sei la cosa migliore che mi sia mai capitata» sussurrai.
«Anche tu, piccola solitaria» rispose lui dandomi un bacio sulla fronte.
  
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