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Autore: Testechevolano    12/04/2017    1 recensioni
Una bambina viene abbandonata misteriosamente sulla porta di un monastero con una croce che sembra portare il peso di quell'azione. Viene chiamata Suryan, come il sole che sembra portare dentro.
Sembrava che quella croce le volesse cadere addosso ma era solo un'incisione, non poteva. Ma la donna sapeva che se avesse potuto l'avrebbe già schiacciata[...]Se lo meritava.
Ella viene allevata dalle suore del convento e segue le loro orme insieme alla sua inseparabile amica Judit.
Judit, nonostante fosse contro le regole, aiutò Suryan a sistemarsi. Sapevano che la vera arma per mantenere un segreto era quella di non farne parola nemmeno fra di loro.
Il passato di Suryan però non ha niente di più lontano dalla chiesa, anzi. Il suo passato parla di perseguitazioni, di superstizione, mistero ma soprattutto di una profezia.
Beatrix fece volare il bicchiere con un solo gesto e lo face finire in grembo al cugino, che sorridendo lo fece fluttuare alzando semplicemente lo sguardo. Il contenuto del bicchiere tremò. I due cugini si guardarono negli occhi.
Bombe. Spari. Urla.
-Benvenuto all'inferno, cugino.

Coppie principali femslash ed het.
Genere: Guerra, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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VII


Carol uscì dalla stanza della Strega Madre in modo repentino. La sua testa non faceva che pensare. Il tempo della Strega Madre era quasi scaduto, tra poco lo scettro sarebbe passato a lei.
Si sentiva pronta?
Dentro di lei un calore pervase il suo corpo e si sentì giusta, tutto il tempo e i sacrifici spesi in questa missione sarebbero finalmente serviti a qualcosa. Finalmente avrebbe trovato il suo posto, non sarebbe più stata la principessina da evitare. Non avrebbe più fatto parte di due estremi.
Si chiese se, diventando finalmente la Strega Madre, la madre l'avrebbe perdonata. Genevieve sarebbe riuscita ad abbandonare il suo lacerante astio verso tutti e avrebbe finalmente accolto la propria figlia come tale?
Carol rammentava, riflettendo, che neanche da piccola riceveva particolari attenzioni dalla Signora del castello. Era la Somma Kendra a farle da tutrice, cosa ben distinta da quella di madre.
Ricordò però un giorno buio, il temporale era furioso, il vento sbatteva le finestre e le porte, la pioggia sembrava voler penetrare il castello, la neve bloccava i viali d'accesso.
La piccola Carol Sonya si era alzata per cercare conforto in qualcuno. La donna l’aveva vista in corridoio e si era avvicinata con fare minaccioso, pronta ad un rimprovero, quando si era bloccata, l’aveva guardata negli occhi, e l’aveva presa tra le braccia cullandola tutta la notte.
Era l'unica immagine bellissima dell'intera vita di Carol e si era ripromessa che non l'avrebbe mai dimenticata.
La giovane strega corse verso la stanza della madre e spalancò le due ante bianche. La sua stanza era una delle poche ad avere colori diversi dal giallo, rosso e arancione. Era una grandissima stanza luminosa, due enormi porte a finestre di vetro sovrastavano tutto il muro principale. L'armadio porpora era situato nella parete di destra e il letto in quello di sinistra. Un tappeto bianco occupava gran parte del pavimento viola della stanza, finendo verso la specchiera bianca di fronte al letto. Una piccola porticina accanto segnava il bagno privato.
- Madre! Devo parlarti di una cosa importantissima.
Carol scostò le vesti dorate mentre si avvicinava piano, un po' intimorita. Nonostante cercasse di non darlo a vedere, la madre le provocava una cieca paura ed entrare nella sua stanza era un po' come varcare la tana del leone. La donna, prima distesa sul letto con le trapunta viola, fece leggera pressione sui gomiti lasciando cadere i capelli biondi sul cuscino. Era bella, molto. La sua pelle chiara faceva risaltare i suoi occhi blu e i capelli biondissimi davano l'effetto finale di paesaggio marino. Gli occhi erano il mare e i capelli una splendida spiaggia.
Carol Sonya si sedette ad un angolo del letto e le sussurrò: - Il tempo della Strega Madre è quasi finito, tra poco quello sarà il mio posto.
La donna non batté ciglio e si sedette in modo rigido mentre si sistemava l'elegante vestito nero.
- Almeno hai fatto qualcosa di buono. Ora dimmi un po', i tuoi poteri?
La ragazza sentì un pizzico di delusione ma abituata seguì il ragionamento della madre. Cercò di controllare il suo nervosismo e si impose di stare ferma, poiché il suo corpo aveva iniziato a formicolare.
- A volte ho degli indebolimenti, ma non succede da un paio di giorni ormai. Sembra tutto tornato alla normalità.
La voce ferma e pacata diede soddisfazione alla sua mente che, piano piano, fece rilassare i suoi muscoli contratti.
- E se quella puttanella fosse viva da qualche parte?
La donna guardò la figlia negli occhi, mostrando la cieca rabbia che in realtà li abitavano. A Carol parve di vedere perfino, in quel mare bellissimo, un fuoco alto.
- Non possono esserci due Hidden e quella sono io. L'hanno attestato tutti. La profezia narra bene che solo una persona può ricevere quel dono e io ho esattamente il dono di controllare la notte e soprattutto il giorno.
- Tu non sei una buona assicurazione. Sei figlia di due maghi potenti, di buio e luce. Potrebbe essere solo tutta una mera coincidenza.
- Quello che so fare io nessuno sa farlo. Nemmeno tu e nemmeno papà.
La donna sospirò rumorosamente e disse in fine: - Altro, Carol Sonya?
La ragazza si alzò dal morbido letto e guardò negli occhi chiari della madre, notando nuovamente il mare calmo, e sussurrò: - No, signora.
Lanciò uno sguardo alla porta ed uscì. - Somma Kendra?
Carol si guardò in giro, notando l'oscurità del grande salone. Non c'era luce.
- Signorina?
La donna anziana tastò l'aria e i mobili alla ricerca della sua ragazza, preoccupata anch'ella della mancanza di luce.
- Cosa sta succedendo?
Carol aveva una voce fredda e impassibile, una leader, una vera Strega Madre. Nonostante ciò, in cuor suo, sapeva che quella stranezza poteva essere sia una sciocchezza che un avvertimento di attacco. Appena formulò questo pensiero, la luce tornò, le finestre sbarrate si spalancarono e vide davanti a sé la Somma Kendra.
L'anziana accesasi la luce, si fiondò sulla ragazza tenendola stretta, pronta a qualsiasi evenienza. Sapeva che avrebbe dato la vita pur di salvaguardare Hidden.
- È tutto apposto, scendiamo nei sotterranei.



- Ciao, Hector. Sembra tu non sappia stare senza la nostra presenza.
-Solo senza la tua.
Una risatina dolce riempì il sotterraneo, rendendolo meno cupo e soffocante. Uscì una mano dalla fessura tra le sbarre per prendere quella della principessa a 'mo di saluto. La ragazza guardò con falso sdegno la mossa del ragazzo ma non sporse comunque la mano. -Domani salirai nell'aula di giustizia per la lettura del tuo processo ma non c'è bisogno ti spieghi, visto che ormai sai tutto alla perfezione.
La sua voce era autoritaria ma una nota di preoccupazione aleggiava la stanza: se la sarebbe cavata anche questa volta? Hector non rispose e in altrettanto silenzio, Carol Sonya si avvicinò alla cella di Judit, più vicina all'uscita.
La ragazza era a dir poco malconcia, sporca e piena di graffi; era distesa per terra e teneva gli occhi chiusi. Se non fosse stato per l’alzarsi e l’abbassarsi del petto, Carol l’avrebbe creduta morta.
Ormai aveva preso la sua decisione, non avrebbe aspettato più.
Guardò Hector un’ultima volta. Il giovane sembrava trafiggerla con lo sguardo. Quel gesto la provocò inevitabilmente e ad esso rispose con un cenno di superiorità.
- Sei inaspettatamente prevedibile, Hector Dumont.



Genevieve si incamminò verso la stanza della figlia e spalancò la porta sicura di trovarla: in realtà la ragazza era fuori nei giardini.
Incontrata la Somma Kendra, con un elegante e straziante calma si diresse fuori e, arrivata, chiese alle guardie di richiamare a sé la figlia. La giovane si precipitò al cospetto della madre che a sua volta fece un segno ai suoi servitori di allontanarsi.
- Ho udito delle voci poco rassicuranti. Che vorresti fare con quella ragazza?
- Diventerà la mia dama di compagnia, se mi starà simpatica. Ha un potere utile ed è meglio averla dalla nostra parte che contro.
Carol rasserenò il corpo appena finito di rispondere, la tensione era sciamata non aspettandosi un'altra repentina domanda dalla madre. Solitamente chiedeva spiegazioni per poi andare via senza neanche congedarsi educatamente; girava semplicemente le spalle.
- E a cosa potrebbe servirci precisamente, secondo te?
La madre non le aveva mai chiesto una vera e propria opinione e questa la spiazzò; forse qualcosa stava cambiando? Finalmente lei stava diventando all'altezza?
- Potrebbe prevederci cose spiacevoli, ci darebbe un buon margine di tempo per non farle avverare.
La donna voltò le spalle e cambiò aria come solito fare, ogni dolorosa volta.





Le voci dei clienti della locanda riecheggiarono per l'angusta stanza cattive e sogghignanti. Suryan avvertì una presa salda al braccio destro e subito si divincolò, terrea in viso e agitata in petto.
- Lasciatemi! - in quel momento sperò che il suo potere, di qualunque cosa si trattasse, si rendesse manifesto e allontanasse quelle persone, sempre che fossero persone. La mano che la tratteneva era gonfia e rugosa; rabbrividì.
- E tu chi saresti? Perché hai un panno in testa?
Il suddetto panno le scivolò liberando la chioma bruna e liscia dell'apprendista, portandola a sussultare e a mordersi il labbro per trattenere un grido.
Perché Helga l'aveva lasciata lì, da sola? Perché Beatrix non l'aveva aspettata?
Sentì rabbia montarle addosso e il rimorso di non aver corso più velocemente per raggiungere la strega ramata la stava pervadendo quando una voce pulita e ferma zittì gli uomini: - Lasciatela andare, potrei seccarvi in un istante!
Suryan si voltò e osservò la mano di Jasper attorniata da piccoli fulmini viola.
L'uomo che la teneva stretta la lasciò bruscamente e la ragazza quasi cadde a terra; si appoggiò ad un mobile poco distante da lei e lo squadrò, notando quanto fosse basso e muscoloso, i capelli sale e pepe e gli occhi scuri e vecchi.
- Lightland, che affari hai con questa ragazza?
Il viso di Jasper non si scompose, i fulmini al contrario aumentarono di numero. - Ad avere affari con lei, pare sia Helga. Ora, se non ti spiace, leviamo la corda.
Suryan non ebbe il tempo di formulare un pensiero, che subito si ritrovò a correre nell'ambiente esterno, il vento fresco sulla nuca.
Una Globisplendente le passò accanto repentina, o forse era lei a correre velocemente. Non distingueva i negozi e gli oggetti, il paesaggio le passava accanto sotto forma di luci e colori in maniera sfocata.
La stanchezza si fece sentire quando abbassò lo sguardo per osservare colui che la spingeva alla corsa. Vide la mano di lui sulla sua, quella stessa mano che prima avrebbe potuto commettere un omicidio era ora calda attorno alla sua ed era come se la tenesse a terra.
- Lightland! Il conto! - un urlo lontano si distinse tra i mormorii delle persone che li facevano passare, inducendo Suryan a voltarsi.
- Segui me, non distrarti! - il ragazzo parlò nuovamente.
L'apprendista, scossa e confusa, fece come le era stato chiesto senza pensarci e lo seguì fino a quando i boschi presero il posto delle luci del paese. Quando intorno a loro vi erano solo alberi, scuri a quell'ora, Jasper le lasciò la mano e portò la sua all'orecchio, per ascoltare i rumori. Suryan udiva solo strani versi animali, come grilli e uccelli.
- Ma sei impazzito?! Trascinare in quel modo un civile da una malsana locanda a cui non hai nemmeno pagato il conto! Dovrei denunciarti.
Era come se avesse corso per giorni, il cuore le batteva forte in petto e si sentiva sudata e stanca.
Jasper Lightland si voltò, incontrando il suo sguardo. La curiosità si impadronì di lei nello scorgere nuovamente i suoi occhi azzurri, nel buio della sera; le ricordavano quelli di Judit, più azzurri e grandi. Aveva un bel taglio di occhi, i riccioli che li ricoprivano in parte gli conferivano un'aria misteriosa.
- Mi scuso, ma se ti avessi lasciata lì non oso immaginare cosa ti avrebbero fatto - il tono era gentile e carezzevole, dietro esso non sembrava esserci alcun fine.
Suryan riprese nuovamente fiato prima di parlare. - Grazie per la cortesia, ma è stato.. improvviso.
Le sorrise serafico e subito dopo levò lo sguardo al cielo scuro semi coperto dal groviglio di rami. L'apprendista si rese conto solo allora di quanto si stesse facendo buio; la foresta non era più illuminata dai raggi solari e senza che vi fosse luce poté distinguere le cortecce scure degli alberi e alcuni dei frutti che Beatrix le aveva indicato, ma non tutti i fiori che avevano reso luminoso il paesaggio prima che giungesse a destinazione.
Una folata di vento le scompigliò i capelli, scoprendo il collo. I capelli!
- Oh.. no.. - protestò con enorme disagio, rendendosi conto di non avere più il panno a coprire ciò che il protocollo le intimava di nascondere, in modo ancor più certosino davanti ad un uomo.
Jasper la guardò incuriosito, poi fece un gesto che Suryan non si aspettò: in modo repentino si tolse la giacca, scoprendo una porzione di pelle segnata da profonde cicatrici, e la sua testa fu avvolta da essa.
La sfiorò incredula; non si aspettava che qualcuno potesse comprendere la sua situazione, men che meno un ragazzo alquanto sospetto.
L'odore proveniente dalla giacca non lo aveva mai sentito, era un profumo forte, non adatto ad una donna.
- Grazie, ma non prenderai freddo? - si assicurò istintivamente, quasi fosse una priorità per lei.
Jasper fece spallucce, le cicatrici sulle braccia furono più evidenti e Suryan poté immaginare quelle belle braccia trafitte da tanti colpi di frusta. Si sentì male.
- Non sembri preoccupato per te stesso.
- Strano, me lo dice anche Helga - le sue labbra si curvarono in un sorriso.
L'apprendista si sentiva fuori posto, come se avesse violato un territorio inaccessibile a lei. Avrebbe voluto chiedergli di Helga, ma non lo fece, i suoi occhi dicevano già tutto.
- Ho saputo da Theron che sei un'apprendista e, quando ti ho visto alla locanda, ne ho avuto la conferma dal tuo aspetto, non ti senti a tuo agio con i capelli al vento, giusto?
Suryan si sorprese nel sentire che lui l'aveva vista alla locanda. Non sembrava averla notata, nessuno la notava mai. Si ricordò di quegli uomini e rabbrividì. Certo, che l'avevano notata.
- Va tutto bene, vuoi che ti riconduca all'Hidden Pub? Tanto devo tornarci anche io.
La ragazza annuì e fece per ringraziarlo, quando un rumore di passi la fece sussultare e la peggiore delle ipotesi sfiorò la sua mente.
Per fortuna, dalla boscaglia scura uscì una figura femminile dai capelli altrettanto scuri e gli occhi ardenti, fissi su di lei. - Oh, ti ho trovato! Helga mi ha mollato uno schiaffo -- non me lo aspettavo! -- e poi mi ha detto che eri rimasta con un cretino alla locanda, e ho fatto due più due quando ho visto quei tizi setacciare il mercato. Jasper, potresti farti notare di meno?
Il ragazzo si era avvicinato a Suryan e lei non se n'era neanche accorta, almeno fino a quando non sentì la sua risata solleticarle la nuca. - Ripeti a pappagallo quello che ti dico sempre io, sei la solita!
Beatrix fece un'espressione strana. La guardò come se volesse squartarla -- o squartare lui?
- Che hai in testa? Letteralmente, dico, perché non ci provo neanche ad entrare nella tua testolina da suorina.
Rabbrividì, poi Jasper parlò per lei: - Dovresti procurarle un velo invece di attaccarla, lei non è come te.
Un senso di disagio l'attanagliò, ma era ingiustificato, in fondo aveva ragione, loro due erano diverse.
Una testa rossa fece capolino da un ampio cespuglio, che rivelò la figura di Jalice, visibilmente preoccupata. Si avvicinò a Suryan e le prese le mani, strofinandole. - Strano, una delle tue mani è calda, l'altra invece è freddissima.
Arrossì immediatamente, rendendosi conto che una delle sue mani era calda perché Jasper l'aveva stretta. Inspiegabilmente, pregò che Bea non avesse notato il suo disagio.
- Torniamo indietro, è chiaro che non sai cavartela nemmeno in un paese.
Divenne nuovamente rossa, questa volta per la rabbia. - Aspetta un momento. Prima sparisci come se nulla fosse e poi mi fai la predica se Helga mi trascina in una locanda! Come pretendi che io me la sappia cavare con accanto persone del genere, io sono una serva del Signore, non del Diavolo come voi!
Avvenne tutto molto velocemente. Beatrix che si voltava, il pugno diretto verso di lei che si fermava e l'urlo sorpreso di Jalice.
La sua visuale era interamente occupata dalla mano stretta a pugno di Beatrix, vicina al suo naso.
- Sapevo che non l'avresti fatto - fu Jasper a parlare, con tono sereno, ma Suryan non ebbe modo di constatare se stesse sorridendo o meno.
- Affatto, la sta bloccando con la magia, o forse no, Bea? - disse Jalice, ricomposta.
- Ma quale magia - fu l'ultima frase della corvina, prima di incamminarsi nell'oscurità.



Durante il tragitto non si erano parlate.
Il freddo sembrava essere aumentato dopo il loro litigio. Sulla soglia della porta del Pub, l'apprendista starnutì, richiamando l'attenzione di Jasper, che era dietro di lei. - Una volta dentro, dovresti chiedere a 'Lice una minestra, non sembri tollerare il freddo.
La porta si aprì e la luce del pub si diffuse, illuminando il braccio destro del ragazzo.
- Tu piuttosto, sei scoperto! Sicuro di non ammalarti?
- Io sono abituato, non puoi prevedere il tempo con certezza nei boschi incantati, e a me non piace vestirmi pesante.
Le fece cenno di entrare e lei oltrepassò quella soglia, venne inondata dalla luce. Il terreno nevoso si sostituì a quello solido dell'Hidden Pub e fu un sollievo abbandonare il pensiero di lei bloccata nella neve tra le battute di Beatrix. Già, di Beatrix..
- Sarebbe un affare, mia bella Helga, prendi in considerazione la mia proposta.
Jasper si irrigidì e non ci volle molto per capire cosa gli desse fastidio.
Helga, con indosso il grembiule da cameriera, era in piedi di fronte a un tavolo e stava parlando con un ragazzo dai capelli color grano.
I capelli della ragazza erano avvolti in un ordinato chignon e solo due ciocche ricadevano davanti, ai lati del bel viso.
Il ragazzo non era particolarmente bello, aveva un mento sporgente e gli occhi scuri erano grandi tanto da sembrare spalancati.
Fu Beatrix ad avvicinarsi per prima ai due, una nube nera sembrava avvolgerla. - Jonny, mi auguro tu abbia notizie dal palazzo.
Il ragazzo sembrò scocciato alla vista della nuova arrivata e non lo nascose di certo. - Cara signorina Dumont, io sono il figlio del Tesoriere, ho molti impegni e non sto sempre a palazzo. Tuo cugino sta bene, o almeno le cose stavano così due mesi fa.
Beatrix strinse i pugni. - E allora perché sei qui? Sei il figlio del Tesoriere, non dovresti essere immerso nella tua bella vasca dorata?
Jonny le lanciò un'occhiataccia, prima di spostare lo sguardo su Suryan e Jasper. Forse lei nemmeno l'aveva notata, tutta la sua attenzione era per il ragazzo.
- Perché sono qui? Volevo vedere la mia Helga, non è ovvio? Jasper, è raro vederti quando non sei troppo occupato a farti ammazzare, facciamo una partita a Streganera una di queste sere?
Il sorriso che illuminava il volto di Jasper era sparito, non una traccia di contentezza; sembrava una statua di ghiaccio, anche il suo tono improvvisamente era diventato freddo. - Mi 'spiace, sono troppo impegnato "a farmi ammazzare".
Helga guardava per terra, sussultò solo quando Jonny le accarezzò il braccio con la sua mano. - Quindi cara, posso avere una risposta o devo aspettare la vecchiaia?
Jasper si mosse velocemente. Un fulmine viola colpì la mano del biondo e un urlo rimbombò nella grande stanza.
Jonny si contorse sul posto sotto gli occhi stupiti dei presenti, Jasper compreso. Suryan lo guardò fissarsi la mano con uno sguardo incredulo, come a chiedersi: "Sono stato io?"
- Maledetto Lightland, questa me la paghi!
Il ferito uscì dalla stanza correndo, l'unico rumore era quello dei suoi passi. Tutto tacque, quando la porta fu chiusa alle sue spalle.
- Helga.. - Jasper tremava, come la sua voce.
Suryan si aspettava una reazione negativa da parte della ragazza, probabilmente anche Jasper. Il ragazzo strinse gli occhi, come stesse aspettando un sonoro schiaffo, ma non arrivò.
Un rumore di passi per le scale si diffuse, quando Suryan si rese conto che Helga non c'era più. Jasper aprì gli occhi sorpreso.
- Quando si tratta di lei, diventi un'altra persona, più imbecille, s'intende.
Detta la sua, Beatrix mise le mani in tasca e salì le scale.



Theron respirava a pieni polmoni i profumi che lo circondavano, il più insistente e invitante era sicuramente quello di una minestra. L'avrebbe riconosciuto ovunque, l'odore della cucina di Jalice, buono come lei.
Il fiore violaceo dalla forma concava che reggeva in mano per poco non cadde a terra, quando inciampò su un ramo che fuoriusciva dalla neve. "Non posso perderlo, ho faticato molto a trovarlo per lei".
Si liberò con uno strattone e ricominciò a camminare verso il Pub, poco distante, poteva persino vedere delle figure che si muovevano al di là delle finestre.
Si stava avviando verso la porta, quando vide una figura raggomitolata sul tetto. La suddetta abbassò il capo e i due si riconobbero.
- Helga? Che ci fai lì?
Prese la scala che usavano per spingere via la neve dal tetto e salì tenendo stretto il fiore. Quando le fu vicino, si sedette stancamente, come se avesse corso.
- Non sai che cosa ho fatto, sono proprio pazzo, se gli Anziani mi scoprissero credo mi ucciderebbero.
- Non lo faranno, loro non hanno a cuore noi. Se così fosse, ci terrebbero d'occhio come fanno con Dumont e Cherrywine. E anche con la nuova arrivata.
Theron si strinse per non sentire freddo. - Ahi ahi, quando le chiami per cognome non è mai un buon segno. Non essere triste per questo, loro vogliono bene a me, te e Jasper, anche se non abbiamo alcun legame con loro, ci hanno accolti.
Helga poggiò il mento sul gomito. - Perché è il dovere della Congrega, accogliere gli emarginati, mica lo fanno per noi.
Il ragazzo assottigliò gli occhi. - Vorresti essere pedinata, quindi?
- Santo cielo, no! Oggi Jasper è uscito, un'altra volta. Se nessuno pensa a lui, loro lo troveranno, capisci?
Theron la guardò, ammiccante. - Ah, quindi è Jasper il problema. Non dovresti preoccuparti, è uno in gamba.
Sbuffò. - Sono stufa di andargli dietro. Sai che ti dico? Quasi quasi accetto la proposta di matrimonio di Jonny.
Theron quasi si strozzò con la saliva. - La proposta di chi?!
- Mi ha proposto di sposarlo in cambio di una vita agiata nella Capitale e del riconoscimento del mio cognome. Conosci la storia, la mia famiglia ha avuto un ruolo fondamentale nell'Eclipse War, da allora venne cacciata e il titolo nobiliare fu tolto loro.
- Non devi accettare per forza, in fondo è ancora presto per..
- Ha anche proposto di finanziare il Pub.
La guardò, sconsolato. In fondo, Helga voleva bene a Jalice e gli altri e sapeva bene quanto avessero bisogno di denaro.
Rigirò lo stelo tra le dita e la ragazza se ne accorse. - Un'aquilegia? Non crescono vicino alle terre del Sole?
Theron le sorrise e spostò lo sguardo da lei al fiore. - Aquilegia, "amore nascosto". Voglio darglielo, voglio che capisca.
Per la prima volta da quando era arrivato, Helga sorrise. - Beh, buona fortuna.





Il buio che la circondava le pesava come un macigno sul petto, a fatica riusciva a respirare e a controllare le lacrime. Era stesa per terra, le braccia aperte e le gambe congiunte come fosse su una croce.
Pregava come mai aveva fatto in vita sua, quasi fosse una necessità, un modo per tenersi aggrappata alla vita.
Si lasciò sfuggire un singhiozzo, pentendosene immediatamente.
- Stai piangendo? - nel tono di Hector non vi era alcuno scherno, nemmeno curiosità. Era una certezza che espresse sotto forma di domanda per non fargliela pesare ulteriormente, ormai Judit lo conosceva.
Li aveva visti, i suoi occhi, vividi e veri per un istante, prima di venire soffocati dal sogno che lasciava spazio alla buia realtà di quella cella.
Avrebbe voluto vederlo di fronte a sé, in carne ed ossa, e assieme a lui Suryan, il padre John, persino le ragazze del convento. Avrebbe voluto vedere sua madre, la donna che l'aveva messa al mondo, che le aveva raccontato di fate e luoghi incantati, sentirsi amata da lei come una bambina che necessitava di attenzioni.
Invece era lì, in quella prigione, a muoversi, il mondo fermo intorno a lei, mentre il suo cuore lottava per ribellarsi come sempre, da quando era nata.
- Ho fatto un sogno.
Hector non le chiese più niente. Forse non la stava neanche ascoltando.
Judit respirò a pieni polmoni. Voleva che lui le parlasse, aveva il terrore di rimanere sola. - Hector..
Si zittì con la mano un'altra volta. Sembrava disperata, come se il nominarlo fosse un bisogno.
- Jude.
Sussultò, la sorpresa la pervase. La voce di lui era roca, forse per la sete. Qualunque fosse la motivazione, non aveva mai amato il suo nome, mai quanto quel giorno.
Chiuse gli occhi e si assopì, cullata da quella bellissima parola. "Jude, Jude, Jude.."
- Ragazzina.
Spalancò gli occhi e subito fu inondata da una luce fastidiosa. Quando si alzò, tremante, poté distinguere due sagome.
- Vieni immediatamente, la Signorina reclama la tua presenza.


Carol Sonya
Judit
Somma Kendra
Mamma Carol, Genevieve
Helga
Jasper

   
 
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