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Autore: DAlessiana    13/04/2017    3 recensioni
Edward fissava la foto, che conservava nel portafoglio, con sguardo perso e la mente affollata di ricordi.
"Parlami di lei..." la voce di Bella fu una dolce melodia che interruppe il filo di pensieri del ragazzo, che per qualche minuto si era dimenticato della presenza della sua fidanzata.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Carlisle Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Jasper Hale | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Il dottor Cullen cercava da mezz'ora di entrare in camera di Jasper per vedere come stava, ma veniva costantemente bloccato da Edward con ogni scusa possibile. Aveva capito che qualcosa non andava, ma si divertiva a vedere suo figlio maggiore che cercava ogni volta nuovi modi senza avere il coraggio di dirgli la verità.
All'inizio lo trovava perfino divertente e restava in silenzio, ridendo sotto i baffi per le mille trovate del figlio, cercando di ignorare quel piccolo allarme che il suo istinto sentiva suonare in modo da avvertirlo che qualcosa non andava per il verso giusto, che presto avrebbe scoperto una verità che non gli sarebbe minimamente piaciuta.
Lo squillo del telefono bloccò le azioni di entrambi e paralizzò Carlisle appena sentì quello che aveva da dire la voce dall'altra parte dell'apparecchio.
“Jasper è arrivato poco fa qui, dottor Cullen. Ha fatto un incidente con la sua auto insieme alla sua ragazza, non so ancora le sue condizioni. Il dottor Anderson mi ha detto di chiamarla prima che potessi chiedere o fare altro.” la voce di Jack, il suo specializzando, da quando lo conosceva non l'aveva mai sentita così preoccupata.
“Vengo immediatamente.” non era una domanda, era semplicemente un avviso. Di certo non sarebbe rimasto a casa con le braccia incrociate ad aspettare notizie su suo figlio.
“Devi andare in ospedale? È successo qualcosa?” chiese Edward, rimasto in disparte, se suo padre fosse stato impegnato con un paziente non si sarebbe accorto dell'assenza del fratello e questo sarebbe rientrato in tempo, vivo e vegeto.
“Sì. È successo qualcosa...a Jasper. E tu vieni con me, così mi spieghi perché diavolo non ha dormito qui stanotte!” esclamò Carlisle, fissando il maggiore dei suoi figli con sguardo truce. Edward sospirò, abbandonando l'idea di non dirgli niente. Possibile che suo fratello, ultimamente, combinasse solo casini?

Quando varcarono la soglia dell'ospedale furono accolti da un Mark visibilmente preoccupato e stressato, era l'unico medico-strutturando di turno e tutti gli specializzandi, come da protocollo, chiedevano a lui prima di iniziare qualsiasi trattamento su un paziente.
“Seguitemi.” era serio, tremendamente serio e quello non era affatto un buon segno. Edward, non conoscendo bene l'ospedale come il padre e quello che era come suo zio, era il più speranzoso dei tre. Quando lesse la scritta “Terapia intensiva” appesa sull'imponente porta che stavano per attraversare, il suo volto divenne pallido e iniziò a sudare freddo. I ricordi degli ultimi giorni di vita della madre, prima che la malattia la portasse via, gli ritornarono in mente, trascinandolo in un luogo che avrebbe fatto volentieri a meno di rivedere.
Arrivarono davanti alla camera di Jasper e lo videro attraverso la parete trasparente, era attaccato a monitor e tubi che Edward ignorava, ma che gli ricordavano ancora di più le condizioni di Esme nell'ultimo periodo, quello che suo padre ed altri medici avevano definito buio.
“Non posso mentirti, Carlisle. La situazione è critica, per qualche minuto riusciva a respirare autonomamente, ma poi è andato in arresto e abbiamo dovuto intubarlo. Stiamo aspettando che i parametri vitali si stabilizzano prima di operarlo, alcuni pezzi di vetro gli sono entrati in varie parti del corpo, ma fortunatamente non hanno provocato emorragie interne, almeno per ora. Puoi leggere tu stesso è tutto scritto qui.” ci aveva provato a mantenere un certo controllo, Mark, ma man mano che elencava le condizioni di Jasper la voce tremava, era impossibile rimanere distaccati quando si trattava della famiglia. Allungò la cartella clinica a Carlisle, che tremando leggermente la prese senza neanche guardarla, i suoi occhi erano fissi su Jasper da quando era entrato in quel reparto.
“Mi fido di te e del tuo giudizio, Mark. Mio figlio non potrebbe essere in mani migliori.” la voce era calma e l'amico si domandò come facesse a mantenere il controllo in una situazione del genere, senza sapere che Carlisle stava morendo dentro lentamente.
“C'è un problema. Io non posso occuparmi di lui e di Alice contemporaneamente, serve un altro medico-strutturando e tu dovevi essere di turno tra un paio d'ore, ma se non te la senti posso far chiamare il dottor Richardson, sono certo che capirebbe la situazione.” non sapeva che reazione aspettarsi, Mark, dopo aver esposto le sue preoccupazioni all'amico e collega. Qualsiasi decisione avrebbe preso, lui gli sarebbe stato accanto senza biasimarlo.
“No. Anche se si tratta della famiglia non significa che non possiamo fare bene il nostro lavoro, giusto? Avresti fatto chiamare me in ogni caso perché ero quello di turno solo che sono già qui. Passami la cartella clinica di Alice, mi occuperò io di lei.” aveva parlato senza esitazioni, prese un grosso respiro e fece forza sul suo autocontrollo, doveva semplicemente occuparsi di una paziente come aveva sempre fatto in anni di lavoro.
“Io non mi muovo da qui. Posso entrare per stargli accanto?” la voce di Edward era poco più alta di un sussurro e racchiudeva una singola supplica: poter percorrere quei pochi metri che lo separavano dal fratello e stringergli la mano.
“Certo. Puoi rimanere finché vuoi, Edward.” rispose Mark, dopotutto era lui il medico che aveva in cura Jasper e non sarebbe andato di certo a vedere l'orario di visita. Il figlio prima di entrare guardò suo padre trasmettendogli qualcosa di inspiegabile a parole, qualcosa che conoscevano solo loro e che il dottor Anderson non capì.
Carlisle rivolse un ultimo sguardo a Jasper prima di sparire attraverso la porta scorrevole che divideva il reparto di terapia intensiva dal resto dell'ospedale. Doveva cambiarsi e calmarsi prima di mettersi a lavoro, avrebbe dovuto ritrovare se stesso, ma si accontentò del suo essere medico perché il padre lo aveva lasciato in quella stanza, insieme al suo cuore.

“Eccolo là! Sarà contento adesso, no? Ha visto cosa ha fatto suo figlio alla mia bambina?” non fece neanche in tempo ad entrare nella stanza di Alice che il dottor Cullen fu attaccato dalla furia di Renée.
“Tesoro, ti puoi calmare, per favore? Non sappiamo come siano andate davvero le cose, non iniziare come tuo solito ad incolpare gli altri senza motivo! Ora l'unica cosa importante è che il dottor Cullen si prenda cura di Alice.” la voce dell'ispettore Swan era autoritaria e severa, fermò la corsa della moglie contro il medico in un attimo. Era stanco della caccia ai fantasmi che Renée aveva creato nelle ultime settimane.
“Penso che Charlie abbia ragione, l'unica cosa importante in questo momento è la salute di Alice ed io sono qui per prendermene cura.” disse Carlisle, ripetendo le ultime parole dell'ispettore. La donna lo fulminò con lo sguardo e tornò a guardare la figlia, che faticava a respirare.
“Sarò sincero, ora come ora non possiamo fare ulteriori esami, bisogna aspettare che i suoi segni vitali si stabilizzino. Ha riportato un lieve trauma cranico ma questo non mi preoccupa, perché dovrebbe riassorbirsi in poche ore. Il respiro è irregolare ed è quello su cui mi concentrò perché, ad un primo esame preliminare che hanno effettuato al pronto soccorso non riporta grossi traumi, perciò dobbiamo aspettare, procede ora alla cieca potrebbe solo peggiorare la situazione.” aveva ripreso il suo tono calmo e pacato, come medico non doveva farsi coinvolgere troppo dalle condizioni dei suoi pazienti e questa volta richiedeva più autocontrollo del dovuto. Rimase lì alcuni minuti, in attesa di domande o dubbi a cui rispondere con completa sincerità, ma non ricevendone alcuna si allontanò per lasciare i genitori accanto alla figlia.
“Jasper come sta?” gli domandò una voce dolce, quando si voltò riconobbe Bella in tuta e con i capelli in disordine, sicuramente era uscita di corsa di casa senza pensare minimamente all'estetica.
“Non bene.” rispose, con il cuore in gola. La ragazza si buttò tra le sue braccia, stringendolo per dargli forza. Nel suo piccolo voleva fare la sua parte e Carlisle sorrise, piacevolmente sorpreso da quel gesto, accarezzandole i capelli.

Edward da quando era entrato nella camera di Jasper gli aveva stretto la mano senza lasciarla neanche un secondo. Nell'altra aveva una foto scattata anni fa che ritraeva loro due con entrambi i genitori, quando erano felici.

 

Papà la mamma se ne andrà? Come quel signore laggiù?” domandò il figlio maggiore, di poco più di dieci anni, al padre indicando una stanza poco lontano che ospitava un uomo morto da poche ore con i figli ventenni accanto a lui in lacrime.
“Edward, ascoltami, anche se la mamma se ne andrà rimarrà sempre con te. Vivrà in ogni tuo respiro e in quello di tuo fratello.” rispose un Carlisle distrutto dalla consapevolezza di non poter salvare la donna amata. I due guardarono Jasper, il più piccolo, che si era disteso su due sedie e dormiva profondamente lontano da quella che era la crudele realtà che avrebbe dovuto affrontare da lì a poco.
“Non essere triste, papà. Ci saremo io e Jazz con te per sempre!” esclamò Edward, abbracciando il padre che sorrise accarezzandogli la testa.

 

All'epoca era troppo piccolo per comprendere il vero significato di un per sempre che in realtà non esiste. Una lacrima scivolò su quella piccola foto, macchiando prima il volto di Esme e poi quello di Jasper.
“Quando feci quella promessa a papà, giurai a me stesso di difenderti perché è quello che dovrebbe fare un fratello maggiore...invece ho fallito. Sono qui, adesso, parlando come un idiota sperando che tu mi senta. Non posso perdere anche a te, Jazz, non adesso e non così. Perché ti ho permesso di fare questa gran cazzata? Avrei dovuto fermarti e non spalleggiarti. Non sono qui a pregare un Dio che forse neanche esiste, perché se non ha salvato la mamma come può salvare te? Sono qui, accanto a te, perché non riuscirei a starti lontano...sono qui a pregare, supplicare la tua forza volontà. Non arrenderti, Jazz. Combatti e vinci questa battaglia come solo tu sei in grado di fare, rendendomi orgoglioso di avere un fratello come te.” ormai le lacrime avevano preso pieno possesso del suo volto, schiacciò la fronte contro le mani unite e pianse, sfogando tutta la disperazione che aveva dentro.



-Eccomi tornata!
Questo capitolo mi ha fatto penare, anche perché ultimamente non ho molto tempo libero causa studio. Iniziate le vacanze pasquali il mio primo pensiero è stato quello di finire di scriverlo e correggerlo in modo da pubblicare in giornata. Felice di avercela fatta!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio, come sempre, tutti quelli che continuano a seguire questa storia.
Un bacio a tutti! <3

  
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