8
La Legge del Contrappasso
Lysandra sospirò
stancamente alla vista dell'ambasciatore che entrava nella sala delle
udienze. Lancelith Cal'doran, secondogenito di Greleda e Reynridan
Cal'doran, era un ragazzo alto, allampanato e dalla mascella squadrata,
al quale la natura non aveva concesso né la bellezza
né una mente brillante. Tuttavia, per compensare tali
mancanze, possedeva un ego smisurato e assai poco buon senso. Come
tutti gli uomini che credevano di avere il mondo ai propri piedi,
Lancelith aveva dimostrato in ben più di un'occasione di
essere il figlio che nessun genitore avrebbe voluto avere, ma,
nonostante tutto quello che aveva combinato, sua madre non gli aveva
mai rimproverato nulla e si ostinava a mandarlo come emissario a corte,
forse nella vana speranza che la regina gli procurasse una moglie che
avesse la pazienza di sopportarlo per tutto il resto della sua vita. In
un certo qual modo, a Lysandra faceva pena la pochezza mentale di
quell'umano che amava fregiarsi del titolo di
“Magister”, come se quella parola avesse il potere
di renderlo la persona intelligente che avrebbe dovuto essere. Non
riusciva a sopportarlo, il suo modo di portare avanti la conversazione
era irritante a causa dell'obbligo quasi morale di parlare usando
l'ampolloso linguaggio accademico, intervallato qua e là da
espressioni bizzarre e pompose comprensibili solo per gli eruditi
– e spesso, a dire il vero, incontravano qualche
difficoltà pure loro.
- Benvenuto, Lancelith. - lo salutò con una smorfia che
voleva essere un sorriso di circostanza.
- Maestà. - il ragazzo s'inchinò ossequioso, -
Spero di non avervi disturbata. Posso solo provare a immaginare quanto
siate ancora addolorata per la perdita del vostro amato marito e nostro
re. -
Prontamente, un sorriso triste emerse sulle labbra di Lysandra. Non che
le venisse difficile fingere di essere afflitta, aveva il
più totale controllo sulle sue emozioni, però
quando era in presenza di Lancelith doveva sforzarsi soprattutto di
nascondere il fastidio. Per questo quando il paggio le aveva annunciato
che sarebbe venuto a farle visita, aveva optato di accompagnare l'abito
in sciamito di seta rossa con un velo di merletto nero in segno di
lutto. Trasse un profondo respiro e si asciugò una lacrima
invisibile dagli occhi, aspettando che Lancelith continuasse.
- Mio padre rinnova le condoglianze e si rammarica per non essere
potuto venire al funerale del re. Purtroppo, una banda di infidi
contadini riottosi ha tentato di attaccare i soldati che erano andati a
riscuotere le tasse e lui ha dovuto precipitarsi immediatamente nella
nostra tenuta fuori città. Mi ha scongiurato di venire qui
il prima possibile per porgervi le sue più sincere scuse. -
- Dite a vostro padre che non si deve preoccupare. Il mio caro marito
è morto, ma il mondo va avanti nonostante la sua assenza. -
scosse la testa e si portò una mano al petto, sfiorando la
piccola sfera blu.
- Il mondo all'improvviso appare più povero,
maestà. Anche il compito che il re vi ha lasciato
è molto gravoso. Io e la mia famiglia ci teniamo a farvi
sapere che avrete sempre il nostro appoggio, finché
governerete con giustizia e magnanimità. - Lancelith
sorrise, mostrando i denti storti e sporgenti.
“Fino a quando farò i vostri interessi, vorrai
direi.”
- Oh, lo so. Siete una famiglia di grandi cavalieri, sono fin troppo
consapevole di quanto siano importanti per voi le tradizioni.
Nonostante ciò, non penso tu sia venuto al mio cospetto solo
per ricordarmi quanto sia fortunata ad aver avuto il vostro appoggio. -
Lancelith intrecciò le dita dietro la schiena, sfoggiando il
suo sorriso migliore, a metà tra il misterioso e il galante.
- Mia madre vi chiede quando mi presenterete l'adorabile fanciulla che
diventerà la mia sposa. Ammetto di trattenere a stento la
curiosità. Se ha anche solo un frammento della bellezza di
vostra altezza, potrò considerarmi l'uomo più
fortunato di Esperya, anzi, di tutte le terre conosciute e non. -
- Dovrete attendere ancora, Lancelith, la dama a voi promessa
è difficile da trovare. I titoli dei quali vi fregiate sono
tanti e non vorrei mai fare un torto alla vostra famiglia legando un
giovane bello e intelligente come te a una donna la cui unica
qualità è il dono caduco della bellezza. -
- Mi lusingate. -
- Dico solo il vero, come il mio amato marito. -
Lysandra sventolò la mano e alzò gli occhi al
soffitto con un sospiro profondo, di quelli che faceva spesso da quando
Voren era morto.
- Come ho sempre detto, il nostro re era un modello per tutti noi. -
Lancelith si inchinò e abbassò la testa con aria
grave, - Ora perdonatemi, mi congedo. Non voglio disturbare
ulteriormente vostra grazia. -
Lysandra non disse nulla. Attese che il ragazzo uscisse dalla sala
delle udienze prima di far cenno al capitano delle guardie di
avvicinarsi. Era un uomo alto e possente, che Lysandra sapeva esserle
fedelissimo, soprattutto da quando aveva scoperto che aveva picchiato
fino a uccidere una prostituta nei bassifondi della città.
Quando incontrò il suo sguardo, nascosta sotto il nero pece
delle iridi e della minuscola pupilla, la Lich ravvide la stessa paura
e timore reverenziale che aveva quando lo aveva convocato per
mostrargli il cadavere della ragazza.
- A chi tocca? -
- Ci sono due ambasciatori della famiglia Erdarwell e Zagaloth che
attendono d'incontrarvi. -
- Darò loro udienza nel pomeriggio. - decise, alzandosi dal
trono.
Il capitano annuì e si congedò con un lieve cenno
del capo, uscendo dal salone a grandi falcate, mentre Lysandra si
avviava dalla parte opposta, verso la porta che conduceva alle sue
stanze. Le due guardie si spostarono per permetterle di passare, senza
che lei dovesse dire o fare nulla. Allo stesso modo, non appena
varcò la soglia, richiusero la porta in totale silenzio. Se
ne compiacque: Voren si era dimostrato inutile, un re incapace di
governare e guadagnare il rispetto dei propri sudditi, ma la sua
paranoia aveva contribuito a portare a corte soldati ciecamente
obbedienti, uomini e donne provenienti dalla Dracea nord-occidentale,
cresciuti per diventare guerrieri o assassini. Farsi tagliare la lingua
costituiva il loro battesimo del fuoco quando uccidevano per la prima
volta.
Camminò lungo il corridoio, passando davanti agli arazzi di
lana e cotone colorati e ai quadri di tutti i precedenti re e regine,
soffermandosi di tanto in tanto a osservare i loro volti. I Varaldien
erano tutti uguali, a parte per qualche dettaglio non c'erano molte
differenze nella fisionomia. Gli uomini avevano dei tratti molto
femminili, le labbra a cuore, le ciglia lunghe e i capelli biondi
leggermente mossi come quelle delle donne. Ognuno di loro riportava i
tratti di Rhegar Varaldien e Sigil Alchiria, compresa la forza d'animo
e un temperamento indomito che era valsa loro la nomea di
“Draghi d'Esperya”. L'unico che si discostava da
quella stirpe era Sejrel.
Si fermò a contemplare il quadro del precedente re di
Esperya. Il pittore lo aveva voluto catturare mentre cavalcava il suo
cavallo bardato di tutto punto, con la spada puntata verso il cielo e i
capelli rossi trattenuti a stento dalla tiara dorata. Se lo ricordava
quel ritratto: era stata la sua promessa sposa, la figlia di Kitiara
Azlan, a insistere affinché si facesse ritrarre in groppa al
nuovo stallone che suo padre gli aveva regalato. Lysandra ricordava
anche di aver pensato di farlo sostituire con uno in cui il giovane
sovrano era stato rappresentato a mezzobusto con la chiave di Sershet
tra le mani come i suoi predecessori, ma poi aveva cambiato idea. Un
sorriso beffardo si dipinse sulle sue labbra quando la memoria le
ripropose il viso congestionato di quella ragazzina al funerale, il suo
sguardo rabbioso e carico di rimpianto quando si erano incontrate al
ballo il giorno in cui Voren era stato incoronato re.
Il nome Sejrel nell'antica lingua umana significava
“speranza” e, per molto tempo, quel giovane aveva
rappresentato un faro nella notte per Sershet e tutta Esperya. Era
stato difficile farlo capitolare, e non solo perché era
sempre attorniato da uomini come il consigliere Xerxas Ascrocell:
Sejrel credeva davvero nella parità razziale e nella
possibilità di ricreare una pace duratura come quella dopo
la guerra del Centesimo Solstizio. Aveva persino creduto di rendere i
Drow un popolo libero, spingendosi a fare una visita alla saline, le
miniere in mezzo al deserto del Selyr, dove gli elfi oscuri erano
costretti a lavorare per estrarre le gemme preziose tanto care a nani e
gnomi.
- Saresti stato un grande re e una grande spina nel fianco. Te ne devo
dare atto. Per questo è stato necessario eliminarti. -
mormorò Lysandra, osservando assorta la tela.
- Mia signora, non è sicuro parlare qui. -
- E perché mai, Kvothe? - domandò divertita,
girandosi per incrociare gli occhi di ghiaccio del Cavaliere
dell'Aquila, nonché capo delle spie e del corpo di guardia
della regina, che la fissava impassibile appoggiato al muro.
La scimitarra di argento alchemico brillava al suo fianco e il fodero
di legno di frassino decorato con arabeschi dorati gli accarezzava la
gamba, sfiorando appena gli alti schinieri. Il mantello, di un blu
così scuro da sembrare nero, nascondeva tutta la sua figura,
lasciando scoperta solo la maschera di gesso, una colombina azzurra
traslucida impreziosita con intarsiature e rami verdi. Gli unici
dettagli che Lysandra riusciva a vedere erano la bocca e gli occhi, due
biglie ambrate incastonate in un viso che sapeva essere pallido,
cadaverico.
- Non si può mai sapere chi si può aggirare in
questi corridoi. - rispose il Cavaliere.
- Oh, mio caro, io so tutto di ciò che accade nel castello e
anche fuori, anche se la mia vista è limitata. Per questo ci
siete tu e i tuoi uomini, Kvothe. - fece un passo verso la porta delle
sue stanze e gli intimò di seguirla.
L'uomo chinò il capo e, silenzioso come un'ombra,
entrò subito dietro di lei. Ad accoglierli fu la fiamma
scoppiettante del caminetto e il calore avvolgente che scaturiva
dall'ipocausto vicino alla finestra sul lato ovest. Un grande letto a
baldacchino decorato con tralicci d'edera e rose rampicanti era
addossato contro il muro sud, rivolto verso la finestra ogivale che si
apriva sul balcone di marmo bianco. Sul tavolino nero dalle tozze gambe
leonine laccate in oro, posizionato vicino al caminetto, c'era una
scacchiera, e lì accanto due carrelli pieni di dolcetti alle
mandorle, pistacchi e frutta secca appena sfornati.
- Prego, accomodati pure, abbiamo molto di cui discutere. - lo
invitò Lysandra, prendendo posto sulla sedia e facendogli
cenno di fare altrettanto, - Sei anche fortunato, è l'ora
del tè e Sarge ha appena sfornato i pasticcini. Vuoi
favorire? -
- No, vi ringrazio, non ce n'è alcun bisogno. - sorrise
appena e con la grazia di un gatto si lasciò cadere sulla
sedia davanti a lei, lo sguardo già fisso sulla scacchiera
di onice e alabastro.
Tutti i pezzi erano stati bagnati nell'oro e nell'argento, secondo un
metodo antichissimo che si tramandava di generazione in generazione, a
detta dell'artigiano che l'aveva venduta al defunto re. Per quanto
Lysandra la trovasse di pessimo gusto, non poteva non apprezzare la
cura dei particolari che adornavano i due schieramenti e i quattro lupi
decorativi posti agli angoli della base, che sembravano incisi
direttamente nell'apatite.
- Ti piace? - domandò con noncuranza Lysandra, portando alle
labbra un dolcetto.
- Molto. È... davvero meravigliosa. - il Cavaliere prese
l'alfiere e se lo rigirò tra le dita, per poi portarlo al
viso con un'espressione strabiliata, - È un pezzo raro.
Vostro marito ha fatto un ottimo affare a comprarla. -
- Concordo. - mentì la regina, versandogli un goccio di
tè fumante nella propria tazza, - Veniamo al punto: cosa hai
scoperto? -
- Niente che non sapete già. La maggior parte delle famiglie
dei Consiglieri vi appoggia e il popolo, da quando avete promulgato
l'editto per la regolamentazione degli incontri nell'arena e della
distribuzione di cibo nei quartieri più poveri, vi adora. Le
casse reali non sono mai vuote e Shilazard continua a dire che era dai
tempi di Oesteron Varaldien che l'economia non era così
prospera. Oserei dire che se non fosse stato per la morte di Voren, del
Cavaliere del Lupo e del Cavaliere del Leone, avremmo assistito a
festeggiamenti infiniti. - disse e tolse il cappuccio, rivelando la
testa castana con i capelli tagliati corti fin sopra le orecchie.
- E i fatti di Luthien? -
- La rabbia e l'indignazione serpeggiano e fomentano sia i soldati che
la popolazione. Tutti vogliono che gli elfi paghino per quello che
hanno fatto. Non vedevo tutto questo fervore e questa voglia di
combattere dalla caduta di Edon e Mera. -
Lysandra annuì, compiaciuta di sentire quelle parole. La
settimana precedente, Felther era tornato con il corpo di Airis
Lullabyon e lo spadone di Ignus Adelon. Prima che cominciasse la
cerimonia funebre, la Lich si era occupata personalmente di verificare
che il corpo della guerriera fosse quello originale e che fosse davvero
morto. Quando aveva visto il sangue annerito attorno alla ferita vicino
al cuore, non era riuscita a trattenere un ghigno soddisfatto.
- Tuttavia, ci sono delle complicazioni. In primo luogo, non tutte le
famiglie sono felici del fatto che voi siate la nuova sovrana. Alcuni
nomi penso non vi siano nuovi, altri invece... sono rimasto stupito
persino io. -
- Davvero? -
- Sì, soprattutto se pensiamo che la famiglia in questione
non annovera tra i suoi antenati Cavalieri di grande valore. -
- Ti riferisci forse ai Lancers? -
Un sorriso da gatto si stirò sulle labbra di Kvothe.
Lysandra sospirò e spezzò una pasta all'amaretto
condito con frutta glassata e pinoli caramellati. Sapeva che non tutte
le famiglie nobili provavano simpatia nei suoi confronti e averne la
certezza non l'angustiava. Stava andando tutto secondo i piani.
- Hai delle prove concrete di quello che dici? -
- Per ora si tratta di voci, chiacchiere sussurrate dalla
servitù, ma il tempo mi ha insegnato che i pettegolezzi
delle sguattere sono una fonte d'informazione più
attendibile di molte altre. -
- Il problema, mio caro Kvothe, è che non bastano le
chiacchiere di una serva inacidita e invidiosa per procedere con
l'esproprio e la condanna a morte per alto tradimento. - si
tamponò le labbra con il tovagliolo di raso, in modo da non
rovinare il rossetto, - Quello che mi stai dicendo, lo sospettavo
già da tempo, non è una novità. Mi
serve qualcosa di più di un'antipatia. -
- E lo avrete, maestà. Io e miei uomini stiamo indagando, ho
già attivato la mia rete di spie per tenerli tutti sotto
controllo. Per ora sospetto stiano cercando un modo per detronizzarvi.
Non so ancora come o quando, ma sono più che certo che il
loro obiettivo finale sia questo e non una semplice e sterile polemica
contro di voi. Sanno fin troppo bene che il popolo vi ama e che i
Cal'doran, i Valakas, i Fellmoor e gli Erdarwel sono dalla vostra
parte. Per il momento presumo si limiteranno a una tenace opposizione
durante le sedute del Consiglio, almeno finché non capiranno
quali sono le forze in campo. -
- Se il loro capo è Kitiara Azlan è probabile che
attenderanno prima di agire. - convenne Lysandra con un tono quasi
annoiato, - È astuta quella donna. Se potessi, la eliminerei
subito. Ma la sua morte creerebbe scompiglio e i suoi alleati mi
additerebbero subito come colpevole. Meglio aspettare, osservare e
ponderare come muoverci. I giochi di potere sono mortali, o vinci o
perdi. E io voglio vincere. -
- Vincerete, mia regina, e sapete perché? -
- Illuminami. -
Kvothe sogghignò, mettendo in mostra una dentatura perfetta,
bianca, che contrastava con la lingua nera che gli umettava le labbra
cianotiche.
- Voi avete me. Con il sottoscritto al vostro fianco, nessuno
riuscirà a ostacolare la vostra avanzata. - si
alzò, si genuflesse ai suoi piedi e con fare teatrale le
baciò la mano, - Il giorno in cui mi avete riportato in
vita, ho giurato di servirvi e che la mia rete avrebbe strangolato
chiunque si sarebbe messo sulla vostra strada. Rinnovo il mio
giuramento qui, ora, davanti a voi, affinché vi ricordiate
che il vostro umile servitore vi coprirà le spalle. -
- Sei sempre molto modesto, Kvothe. -
- Dovevo avere pur qualche difetto. - ridacchiò, tornando a
prendere posto sulla sedia, - Ci tenevo comunque a comunicarvi che
anche Delia non costituisce più un problema per la corona. -
- Sono curiosa di sapere come ti sei occupato di lei. -
- Io? Nemmeno nella mia precedente vita ho mai alzato un dito su una
donna. Beh, non direttamente. È che la povera Delia dovrebbe
saperlo che non è una buona idea girare per le strade dei
bassifondi dopo una certa ora. Quelle stradine possono costituire una
rapida scorciatoia oppure una trappola mortale, soprattutto se si fanno
gli incontri sbagliati. - illustrò con aria vaga.
Lysandra ammiccò, si versò l'ultima tazza di
tè e vi buttò tre zollette, girando il cucchiaino
finché non le parve che lo zucchero si fosse sciolto
totalmente.
- Se mi concedete un commento, mia signora, il defunto re aveva dei
pessimi gusti in fatto di donne. Anche le altre, tutte quelle che
facevano parte del suo harem personale, non erano nemmeno lontanamente
belle come voi. Mi chiedo sinceramente per quale assurdo motivo, avendo
già voi al suo fianco, abbia dovuto rivolgere lo sguardo
verso delle amanti così imbarazzanti. -
- Le solite fisse della maggior parte degli uomini. E poi c'era la
questione dell'erede, sempre così importante per gli umani.
Per una donna di quasi quarant'anni come Wecilia Mallus è
difficile rimanere incinta. -
Lysandra tacque a lungo, fingendo di cercare di ricordare cosa dovesse
domandargli, quando sentì qualcuno bussare. Il Cavaliere
dell'Aquila portò la mano alla scimitarra e andò
ad aprire. Non appena vide Felther, sul viso di Kvothe apparve un
sorrisetto affettato, che venne ricambiato da un'occhiata di sussiego.
- Maestà. - esordì il nuovo arrivato,
inchinandosi.
- Puntuale come sempre, Cavaliere. - Lysandra finì di
sorseggiare il tè e si appoggiò comodamente allo
schienale, - C'è altro, Kvothe? -
- No, niente che non possa aspettare. -
- Bene, va' pure. Avverti Sarge che è finito il
tè. -
Il Cavaliere annuì e uscì dopo aver eseguito
alcuni inchini complicati e cerimoniosi.
Lysandra tornò subito a rivolgersi a Felther, che aspettava
immobile in posizione marziale di lato alla porta. Non le era sfuggita
l'occhiata di fuoco che aveva scoccato in direzione del Cavaliere
dell'Aquila, la rabbia celata dietro la sua solita espressione
imperscrutabile.
Il rumore di passi, già flebile di per sé, si
perse in lontananza, così Lysandra mise da parte gli indugi
e gli fece cenno di avvicinarsi. Felther obbedì, portandosi
al suo fianco. Indossava un'armatura semplice, spartana, con il simbolo
della casata reale inciso sul pettorale e quello del suo ordine, un
drago rosso con le ali spiegate, cucito sul mantello verde agganciato
al collo con una spilla d'ottone. Non portava l'elmo, come invece
l'etichetta imponeva durante le udienze ufficiali e non, lasciando
scoperto il viso pallido e le occhiaie scure che gli infossavano gli
occhi, di un grigio pastello che sfumava all'azzurro nell'intorno della
pupilla.
La Lich storse la bocca in una lieve smorfia.
“Dovrebbe nutrirsi di più.”
- Vostra altezza, vengo a fare rapporto dal fronte. -
- Spero buone nuove, Felther. Siediti. - gli ordinò Lysandra.
Rhanagar, il suo cameriere personale, entrò nella stanza
portando su un vassoio due tazzine di ceramica e una teiera fumante.
Come tutti i Drow, indossava il collare da schiavo, abbellito da rune
che rilucevano di un tenue bagliore verdastro. O almeno questo era
ciò che gli altri vedevano, perché in
realtà Lysandra aveva annullato la magia del collare da
ancor prima che Voren morisse.
La regina lo guardò appena mentre sparecchiava, molto
più interessata al viso del Cavaliere del Drago, che teneva
sotto controllo qualsiasi movimento del Drow. Da quando si era svolta
la parata in onore dei suoi compagni d'arme caduti, lo aveva mandato al
nord per verificare a che punto fossero i preparativi e, eccetto quando
lo contattava tramite la magia, non aveva avuto modo di osservarlo
meglio. A differenza di molti altri Risvegliati, quando aveva ricucito
l'anima al corpo le era parso che la trasformazione fosse andata a buon
fine. Però, guardandolo ora, aveva un'aria
“umanamente” stanca.
- Ti piacciono gli scacchi, Felther? -
- Abbastanza. Perché, mia signora? -
- Avevo voglia di una partita, ma Kvothe non è molto bravo. -
Lysandra attese che Rhanagar servisse a entrambi il tè,
prima di muovere il primo pedone.
- Dunque, parla. -
- Procede tutto secondo i piani. Abbiamo impedito ai Whorm di uscire da
Llanowar e Saradreza è riuscita ad addomesticarne altri
cinque. Ho fatto spostare le truppe nel cuore della foresta di
Noumenasse e ho stanziato un buon numero di soldati anche alle pendici
dei monti Eresse. Attendiamo solo ordini da voi. -
- Ottimo. Direi che quell'esplosione è stata un imprevisto
molto più utile di quello che pensassi.-
Felther assentì e mosse l'ultimo pedone sulla sinistra.
- Fenrir chiede se avete qualche preferenza sulla prova che vi deve
portare. - aggiunse in tono neutro, come se stesse parlando del tempo
atmosferico.
- Riferiscigli che mi basta anche il braccio, l'importante è
che quella bambina muoia. Il come lo lascio decidere a lui. -
accavallò le gambe e appoggiò il viso sul pugno
chiuso, muovendo l'alfiere per un contrattacco al centro, - Mi sembri
abbattuto negli ultimi giorni, Cavaliere. Qualcosa ti turba? -
Il labbro di Felther tremò in modo quasi impercettibile e
abbassò lo sguardo, arroccando lungo l'ottava linea. Una
mossa inutile, considerò Lysandra, le rendeva la cose fin
troppo semplici. Con la mano ornata di anelli, spostò il suo
alfiere, minacciando il re avversario e aprendo di forza la colonna
centrale per la propria torre.
- Tenendo conto del fatto che non hai bisogno né di dormire
né di mangiare e che sei un Generale esperto e temuto, mi
stupisco di vederti ridotto così. Lo sei diventato da quando
hai incontrato il Generale Lullabyon a casa sua. Non essere sorpreso,
sai che tengo sotto controllo chiunque in questa città. E
poi mi preoccupo per i miei sudditi. Sia mai che un turbamento
interiore possa compromettere la tua capacità di giudizio. -
Al silenzio che seguì, Lysandra si domandò se
avesse dovuto penetrare nella sua mente con la magia. Quasi Felther
avesse captato quel pensiero, si irrigidì e negli occhi
grigi guizzò improvvisa la consapevolezza di ciò
che sarebbe accaduto se non avesse risposto.
- Non credevo che il Generale avrebbe reagito come ha fatto. - ammise
dopo una breve esitazione, - L'ho visto andare in pezzi. Non si
è arreso solo perché doveva sostenere sua moglie.
È stato scioccante. -
Lysandra ridacchiò, una risata melodiosa che si diffuse
nell'aria calda nella stanza come il trillo di un campanellino. Era al
corrente anche di questo, la sorveglianza del vecchio Generale era
stato uno dei primi incarichi che aveva assegnato a Kvothe. Il
Cavaliere dell'Aquila le aveva riferito che l'uomo e sua moglie erano
distrutti dal dolore, ma non sembravano un pericolo.
- Tu, invece, come hai preso la morte della tua compagna? -
buttò lì suadente, gli occhi rossi che cercavano
quelli del suo nervoso interlocutore, - Non ci mentiamo, Felther, so
cosa provavi per lei e so cosa ha significato per te il suo rifiuto,
l'ho visto quando ho riunito la tua anima al corpo. E ho scorto nei
tuoi occhi il senso di colpa quando hai rimboccato la bandiera sulla
sua bara. -
Felther strinse i pugni sui bordi del tavolino, sostenendo lo sguardo
serio della regina. Se ci avesse messo più forza, avrebbe
potuto romperlo.
- Quello che provo è ininfluente. Airis Lullabyon si
è macchiata di alto tradimento e insubordinazione, questo
è un fatto che niente potrà cambiare. Essere un
Cavaliere significa anche compiere scelte di cui non si va fieri, ma
che sono necessarie per mantenere l'ordine. Se temete che la mia
fedeltà nei vostri confronti sia mal riposta, datemi la
possibilità di dimostrarvi il contrario. - scandì
deciso, la voce atona, tagliente come la lama del suo spadone.
- Oh, ma io sono più che certa che tu non sia quel genere
d'uomo, Felther. Mi fido. -
Lysandra puntò il suo sguardo ardente su di lui, lo
inchiodò sul posto, lasciandolo col braccio a mezz'aria
proteso verso la torre. Voleva che avesse l'impressione che tutta la
sua attenzione fosse concentrata su di lui, che nulla in quel momento
fosse importante come Eigor Felther. Penetrò nella sua mente
con estrema facilità, ne sfiorò i ricordi e ne
scandagliò i pensieri, frammenti di vetro che si componevano
in mosaici complessi di immagini e suoni, per poi rompersi nuovamente e
sparire, sgretolandosi in pezzi sempre più piccoli. Ne
contemplò uno in particolare, soffermandosi ad osservare i
colori che si riflettevano sulla sua superficie fino a quando non
svanì.
Lysandra sbatté un paio di volte le palpebre e dopo un
momento si ritrovò nel suo corpo, di fronte a un Felther
intontito e sgomento al tempo stesso.
- So che non mi tradirai, sei troppo attaccato all'onore. Volevo solo
assicurarmi che il senso di colpa non ti stesse condizionando. -
- Non mi sento in colpa. - replicò gelido, spostando la
torre lontano dal suo cavallo.
- Tutti gli uomini si sentono in colpa per qualcosa, è
sufficiente trovare il motivo scatenante e applicare la giusta
pressione per farla scoppiare. È un problema di tutti i
sentimenti, basta il peso di una piuma perché la diga della
ragione ceda. Adesso sei un Risvegliato, un essere sovrumano che non
sente il bisogno di nutrirsi, di dormire, di riprodursi, ma non
dimenticare che quella parte illogica e irrazionale che alimenta le
emozioni è rimasta intoccata. Sono proprio le emozioni a
renderti capace di intendere e di volere, ma allo stesso tempo, se non
le tieni a bada, potrebbero portarti alla rovina. Per conseguire il
potere e la vittoria c'è bisogno di pazienza, delicatezza,
intelligenza, equilibrio, tenacia, nonché una notevole forza
nel sopportare i fallimenti. Finora sei stato un soldato obbediente e
un Generale esemplare, ma mi preme ricordarti di non sottovalutare la
tua parte umana, che potrebbe confonderti e farti perdere di vista la
strada. -
Lysandra mosse la regina e imprigionò il re avversario con
un sorriso vittorioso, per poi colpirlo per farlo cadere.
- Scacco matto. -
Felther fissò la scacchiera e dopo un momento
chinò il capo in segno di rispetto e sconfitta.
Lysandra si alzò con gesti eleganti, avvicinandosi alla
finestra che aggettava sulla piazza principale. Da lì poteva
vedere tutta la città e, tratteggiata nella luce debole
eppure abbacinante del sole, scorse il profilo della statua del quarto
Guardiano, quella del Cavaliere del Lupo, con la spada lunga alzata
verso il cielo e l'elmo con le orecchie lupine allungate all'indietro.
- Non vi deluderò, mia regina. -
- Ne sono sicura, Cavaliere. Ora va', è il momento di
spegnere l'ultima speranza del nord. -
Quando la porta si chiuse, l'attenzione di Lysandra venne di nuovo
calamitata dalla scacchiera. La pedina del re sembrava scrutarla con i
suoi occhi metallici.
“È stato fin troppo facile.”
Angolo Autrice:
Sì
due angolini autore ravvicinati, sì non siete ubriachi.
Innanzitutto, scusate se non ho ancora risposto alle vostre recensioni,
le adoro e le leggo sempre e mi fa sempre strapiacere, ma sto
preparando un esame enorme ( aka, Biochimica <.<) e non
ho nemmeno tempo per respirare. Spero di sopravvivere fino al 20
aprile, così da dare una risposta a tutti, dal momento che
sono ben felice che troviate tutti il tempo di leggere i miei deliri e
le sfighe dei miei personaggi. Allora, emergo per dirvi tre cose: in
primo luogo, interrompo la pubblicazione di Fuoco fino al primo di
maggio, essenzialmente perchè sono rimasta senza quasi
capitoli da pubblicare e preferisco prendermi queste due settimane per
portarmi avanti con il lavoro, così da non farvi aspettare
troppo nei prossimi mesi. In secondo luogo, vabbè, ci tenevo
ad augurarvi buona Pasqua, perchè sì, la Pasqua
è sacra così come il cioccolato che vi
verrà fornito u.u In ultimo, vi ricordo che mancano solo 9
recensioni per il Giveaway! Spero che l'iniziativa vi piaccia e che
continuerete a recensire come avete sempre fatto ** autrice felice e
saltellante Per chi se lo fosse perso, vi lascio QUI
il link della pagina per rimanere sempre aggiornati sullo stato del
giveaway. Chi si aggiudicherà la OS premio per rendere
felici i nostri eroi?
Grazie mille per l'attenzione, un bacione a tutti e grazie ancora del
supporto!
Hime