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Autore: Fonissa    13/04/2017    0 recensioni
"Il rosso è il mio colore preferito. Ma non il rosso di un pennarello o il rosso del tramonto, ma il vivido rosso del sangue che scorre. Quel bel colore che esce quando il mio coltello affonda nella carne delle mie vittime. Mi sento così bene quando lo faccio, mi sento finalmente me stessa.
Questo lato di me appena conosciuto... perchè non è venuto fuori prima? Eppure è questo che io sono. Non posso scappare a me stessa, devo accettarlo e andare avanti.
Io sono un'assassina"
Genere: Horror, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono le otto e quindici quando sbuco fuori dal tombino, fiodandomi nel giardino della casa di Hiroji. Da quel che ho potuto constatare negli ultimi giorni, i suoi genitori escono sempre alle otto e dieci in punto. E infatti la porta sul resto si apre, rivelando Hiroji che mi guarda sorpreso.

"Stavo giusto per scendere e venire a chiamarti." dice, come se fosse la cosa più naturale del mondo scendere in un tombino per chiamare un'amica.

Amica.

A quella parola il mio cuore perde un battito. Amica, amica, amica. Non voglio essere solo questo, voglio fare dei passi in avanti. Appena entro in casa, scuoto leggermente la testa. Non posso rovinare tutto proprio ora con questi stupidi pensieri. Casa di Hiroji è molto spaziosa e illuminata, con piante  e fiori disseminati qua e la.

"Hai fame?" mi domanda sorridendo. Io annuisco. Dannazione, non ho ancora pronunciato una parola. Passando per il salone noto una cosa che mi lascia di stucco: un grande quadro raffigurante tutta la famiglia Kouda, compresa Taniko, è appeso al muro, incorniciato da tulipani dai molti colori.

"Oh, quello. -sussurra Hiroji, notando che sto fissando il quadro- i miei genitori hanno pensato che sarebbe stato carino... io lo trovo solo deprimente. -all'improvviso si gira verso di me, afferrandomi  il polso- Hikaru, voglio essere sincero. Non ti ho ancora perdonata per non aver salvato Taniko. Ci sto provando, giuro, so che non è colpa tua, ma la disperazione certe volte prende il sopravvento. Diavolo, ancora mi sogno quella scena di notte. Ce la farò, voglio farcela, ma dammi tempo."

Questa sua confessione, così su due piedi, mi lascia senza fiato. Mi avvicino a lui, posandogli una mano tremante sulla spalla.

"Nemmeno io mi sono mai perdonata per non averla salvata." dico piano, quasi sussurrando. Lui mi guarda, una scintilla gli si accende negli occhi.

"Lo supereremo. -Hiroji sospira, guardando qualche secondo il quadro, per poi rivolgere di nuovo la sua attenzione a me- adesso vieni, non ti farò aspettare più per mangiare."

Non appena entriamo in cucina, Akio esce dalla mia tasca, guardandosi intorno.

"Hai fame anche tu, piccolo?" dico, accarezzandolo. Lui squittisce e ho tutta l'impressione che si possa intendere come un si.

"Prendo qualche seme per Akio e ti cucino un po' di riso e curry, va bene?" mi chiede Hiroji aprendo alcuni scaffali della cucina.

"Sei troppo gentile." dico, sedendomi a tavola.

"E' il minimo che possa fare. Dopo, se vuoi, puoi usare il bagno. Non dev'essere facile essere in fuga dalla polizia."

Le sue parole mi colpiscono, facendomi sgranare gli occhi. Lo guardo attentamente, come se ci fosse qualche particolare che non ho mai visto. Chi mai riuscirebbe a parlare così tranquillamente di queste cose? Chi aprirebbe la propria casa a un'assassina senza rimorso? Probabilmente Hiroji è più simile a me di quanto lui sospetti.

Quando il piatto è davanti a me, il mio stomaco inizia a brontolare. Inizio a mangiare affamata, mentre Akio a fianco a me divora i suoi semi. Hiroji ci guarda con le mani incrociate sul tavolo e il sorriso sulle labbra.

"Sono contento che ti piaccia, non cucino spesso."

"E' buonissimo, te lo assicuro."

Quando finisco di mangiare, Hiroji mi lascia usare il suo bagno per farmi una doccia. Lo scorrere dell'acqua calda mi ridà energie, anche se mi lascio scappare una smorfia alla vista della tinta bianca che cade ai miei piedi. Il pensiero di star usando il bagno di Hiroji mi fa arrossire, ma cerco di trattenermi per non sembrare una stupida. Quando esco mi avvolgo un asciugamano intorno alla vita e uno intorno ai capelli, per poi guardarmi allo specchio. Con i capelli nascosti e senza lentine, quasi sembro la vecchia me. Ma Io riesco a vederlo, quel luccichio sinistro che è presente nei miei occhi da quando ho ucciso quell'uomo a scuola. Non potrò mai più essere la vecchia me, e mi sta bene così. Quando sono ben asciutta, indosso una camicia nera e dei pantaloni dello stesso colore, poi metto le lenti rosse. Esco dal bagno, rallegrandomi nel vedere Hiroji egiocare con Akio sulle sue gambe. Per qualche secondo li guardo, poi Hiroji mi nota e Akio scende sul pavimento, per poi arrampicarsi su di me e ritornare sulla mia spalla.

"Se vuoi, posso ritornarmene nel mio tombino. Non posso uscire in pieno giorno, e non voglio annoiarti."

"No, resta. Hikaru, ho una cosa da chiederti..." ma non fa in tempo a finire di parlare, che qualcuno bussa alla porta. Hiroji guarda l'ingresso confuso, e sta per aprire, quando si ricorda che io sono ricercata.

"Nasconditi di sopra, sotto al mio letto -mi sussurra- verrò a chiamarti non appena se ne sarà andato, chiunque sia."

Annuisco, per poi correre velocemente su per le scale. Arrivo in un corridoio abbastanza lungo con cinque porte, e al terzo tentativo trovo camera di Hiroji. Mi ci fiondo dentro, chiudendo la porta per poi nascondermi sotto il letto. Da sotto sento delle voci confuse, ma non riesco a capre cosa dicono. Akio è ancora vicino a me, immobile, come se fosse spaventato anche lui. Non so quanto tempo passa, prima che senta Hiroji dirmi che se ne sono andati. Esco dal mio nascondiglio, trovando il ragazzo che mi guarda preoccupato mordendosi il labbro.

"Era la polizia. Stavano facendo il giro del quartiere, mi hanno mostrato una foto chiedendomi se conoscevo quella persona..."

"Stanno cercando me, vero?"

"Si, ma nella foto avevi i capelli scuri e gli occhi blu, non sanno ancora che hai cambiato aspetto."

"Ho giusto il tempo per cambiare luogo. Mi trasferirò qualche quartiere più avanti, poi se sera il caso -abbasso la testa, mentre le lacrime iniziano già a inondarmi gli occhi- abbandonerò la città."

Fa male dirlo, proprio davanti a Hiroji, ma sapevo che prima o poi avrei dovuto farlo. Devo ritermi fortunata se per ora non ho bisogno di andare via dal Giappone. Ma quanto ci vorrà prima che questo accada? Mesi, anni? Più il tempo passa, più ci sono possibilità che mi trovino.

"Vengo con te. E' questo che stavo cercando di dirti prima."

Le parole di Hiroji mi scuotono. Sobbalzo, fissando il verde dei suoi occhi.

"Cosa stai dicendo?"

"Che voglio venire con te, ovunque tu abbia bisogno di andare. Non so dove altro stare. Non ho mai avuto un buon rapporto con i miei genitori, e da quando è morta Taniko, non sento più questa casa come un luogo accogliente e sicuro."

"Non hai idea di cosa stai chiedendo. Preferiresti vivere al di fuori della società, nell'ombra, senza poter fare niente di quel che farebbe un normale adolescente, piuttosto che vivere qui? Vivere nei vicoli e nei tombini, non poter andare a mangiare un gelato con gli amici o al cinema..."

Hiroji stringe i pugni, guardandomi con gli occhi umidi.

"Quali amici? Gli stessi che mi hanno voltato le spalle alla morte di mia sorella? Che mi ignoravano mentre io chiedevo aiuto? Hikaru, se provi un minimo di compassione per me, permettimi di venire."

Il fiato mi si blocca. Provare un briciolo di compassione? Io gli darei tutto, la mia anima e il mio cuore. Come può passargli per la testa che io non lo voglia bene, che io non lo ami?

"E sia, vieni con me."

  
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