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Autore: nymeria214    14/04/2017    0 recensioni
[Tarjei/Henrik]
Lo dicevano tutti che loro due sembravano troppo reali, che chiunque li guardasse non riuscisse a distinguere la finzione dalla realtà, che i baci che si scambiavano, le carezze, gli sguardi, i sentimenti non si possono fingere in quel modo, che non potevano essere di scena.
Avevano tutti ragione.
[titolo tratto da FOOLS - Troye Sivan]
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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(Perdonate il ritardo,  settimana impegnata -_- ... ad ogni modo, spero che il capitolo vi piaccia <3)

I just wanna be yours

 

Tutto ciò che sentiva erano brividi.

Si strinse nella coperta che Josephine gli aveva posato sulle spalle, tirandosi le ginocchia al petto per cercare di trattenere il calore, ma era bagnato fin nelle ossa e il freddo gli scuoteva la spina dorsale.

Bugiardo.

Il freddo c’entrava, sì, ma solo in parte. Ciò che negava l’ossigeno ai suoi polmoni, che gli faceva tremare le mani e arrossare le guance, non aveva niente a che fare con i suoi vestiti fradici.

Lui era dall’altra parte della stanza, la distesa limpida dal forte odore di cloro della piscina a dividerli, seduto di fronte a lui con la nuca posata contro il muro, il lungo collo immacolato che aveva tutta l’aria di un invito e gli occhi color del cielo nascosti dalle palpebre.

Quello, si disse Tarjei, era quello, nient’altro che quello, come se non fosse abbastanza.

Se chiudeva gli occhi, poteva sentire le sue labbra così meravigliosamente piene contro le sue, divorandole come se si fosse appena accorto di essere affamato, quelle stesse labbra che adesso erano a pochi metri da lui, socchiuse e arrossate. Sembravano (erano) tutto ciò che desiderava, e dovette guardare altrove per non alzarsi di scatto, aggirare la piscina fino a raggiungerlo e sedersi sul suo grembo, prendergli il viso fra le mani e mostrare a tutti ciò che gli aveva tenuti occupati per dieci minuti, fino a quando non avevano dovuto mandare Lisa a vedere che fine avessero fatto.

La sua amica aveva esclamato un fatidico ‘te l’avevo detto che sarebbe andata bene’, un sorriso a trentadue denti ad illuminarle il volto, e Tarjei aveva nascosto il rossore nell’incavo del collo di Henrik, che intanto gli accarezzava la schiena senza nemmeno cercare di trattenere le risate. Al loro rientro, li avevano accolti con fischi e pacche sulle spalle, fino a quando Tarjei non aveva mandato tutti a quel paese e si era andato a sedere in un angolo, ringraziando Josephine e il suo tentativo di evitargli la morte per assideramento.

Quando tornò a guardare di fronte a sé, i suoi occhi lo stavano già aspettando. La gabbia delle farfalle si aprì senza troppe cerimonie.

L’attimo dopo, il cielo non c’era più.

“Bevi, hai le labbra blu.”

Julie si accovacciò di fronte a lui, una tazza di cioccolata calda in mano e un sorrisetto sornione sulle labbra. Oltre la sua spalla riusciva ancora a vederlo, ma adesso stava guardando Ulrikke, che gli stava porgendo una tazza identica a quella di Julie.

Tarjei sospirò, si stropicciò gli occhi e poi li puntò sulla donna di fronte a sé, accettando la tazza con un mezzo sorriso e rabbrividendo al contatto con la sua pelle gelida. Julie lo guardò fare un sospiro di sollievo dopo il primo sorso, poi Tarjei si morse il labbro inferiore e tornò a guardarla.

“Credi che sia stupido?”

La donna inclinò la testa di lato, poi si sedette accanto a lui e rimase in silenzio, aspettando che continuasse.

“E’ normale o mi sto solo comportando come un ragazzino bisognoso di essere coccolato?”

“Non dubitare di te stesso, Tarjei. Se dubiti di te stesso non hai più niente.”

Accennò un sorriso e gli posò una mano sulla spalla, stringendola e scuotendolo leggermente.

“Tu sei l’unica certezza che hai, l’unica che non ti deluderà mai: non voglio spaventarti, ma le persone non rimangono, e quelle che rimangono si contano sulle dita di una mano, e una di quelle sei tu.  E questo,” gli lasciò la spalla, posandogli la mano all’altezza del cuore “questo lo devi ascoltare, perché fa parte di te, e potrebbe sbagliarsi certo, ma te ne accorgeresti. Perché questo,” gli picchietto una tempia, sorridendo “oh, lui sa cos’è vero e cosa non lo è.”

Tarjei abbassò lo sguardo, per poi cercare il cielo. Guardandolo, Julie sorrise teneramente.

“Loro due non sono mai d’accordo.”

“E se lo fossero?”

“Se lo fossero dovresti alzarti e fare ciò che ti dicono.”

Poteva quasi sentirlo pensare. Quando parlò, era così spaventato e piccolo che Julie vacillò, indecisa se stringerlo a sé come avrebbe fatto Martha o semplicemente aiutarlo a rimettersi in piedi da solo. Inevitabilmente, scelse la seconda.

“Lo sono.”

“Alzati, Tarjei, e fa ciò che ti dicono.”

Il ragazzo chiuse gli occhi, poi le porse la tazza, si sfilò la coperta dalle spalle e si fece largo fra i ragazzi a bordo piscina, ignorando i loro tentativi di fermarlo per parlargli di cose che in quel momento occupavano l’ultimo posto nella lista dei suoi pensieri. Gli occhi di Henrik non l’avevano lasciato nemmeno per un attimo, ed era già in piedi quando Tarjei gli prese la mano e lo portò via con sé.

-

Da quando lo aveva conosciuto, non era passato un giorno senza che avesse sorriso almeno una volta. Sorrisi accennati, sorrisi stanchi, sorrisi furbi, sorrisi tanto grandi da illuminare una stanza ed impedirgli di vedere, e tutti erano sorrisi sinceri. Prima di lui la vita era noiosa, buia, fatta di litigi, incomprensioni, cocci di piatti frantumati contro le pareti che giacevano ai suoi piedi, inermi e stanchi come si sentiva lui. Adesso, non aveva nemmeno più bisogno di fumare per vedere il mondo a colori: a volte scopriva una nuova tonalità di verde nei suoi occhi, di oro nei suoi capelli. Colori e colori e colori.

All’una di notte, osservando il soffitto illuminato dal neon delle insegne fuori dalla sua finestra, cullato dallo scorrere dell’acqua nella stanza affianco, era certo che il sorriso che gli incurvava le labbra dovesse somigliare a quello di un ebete. Un folle innamorato che ripensa alle labbra di colui che gli aveva permesso di vedere i colori. Henrik pensò che fosse una definizione estremamente azzeccata. Il suo sorriso si allargò oltre i limiti di ciò che credeva possibile e si coprì gli occhi con le braccia quando lo scorrere dell’acqua cessò, fremendo non solo per la finestra spalancata e i suoi capelli ancora umidi.

Lo sentì stendersi accanto a lui e un attimo dopo una delle sue dita gli accarezzava le labbra, poi il naso, passando per gli zigomi e la mascella e tracciando la lunghezza del suo collo, fino a fermarsi sulle sue clavicole scoperte. Lo sguardo che incontrò quando spostò le braccia dal viso era di tale adorazione che si chiese se lo meritasse, se ne fosse all’altezza. Si disse che probabilmente non lo era, ma il suo angelo meritava che almeno ci provasse.

Tarjei era steso a pancia in giù, un gomito a sorreggerlo e le guance arrossate per la doccia appena conclusa, indossava una delle sue magliette e aveva la bocca socchiusa. Henrik gli posò una mano fra i capelli, sorridendo quando lo vide socchiudere gli occhi e abbandonarsi al suo tocco.

“Ehi baby.”

Tarjei sorrise e lasciò cadere il gomito, avvicinandosi a lui fino a nascondere il viso nel suo collo. Henrik lo circondò con entrambe le braccia, tornando ad accarezzargli i capelli quando lo sentì mugolare in protesta.

“Hai i capelli bagnati, ti ammalerai così.”

“Non m’importa.”

“A me sì però.”

Lo sentì sorridere contro la sua pelle e la sua mano salì fino ad afferrargli spalla, cercando di stringersi ancora di più a lui, fino a ritrovarsi più su di lui che sul materasso.

“Anche tu hai i capelli bagnati.”

“Sono solo umidi, e io non mi ammalo.”

Tarjei accennò un risata, scuotendo leggermente la testa. Restarono in silenzio per un po’, tanto che Henrik credette che si fosse addormentato, ma alla fine Tarjei parlò.

“Cosa dice il tuo cuore?”

In risposta, il diretto interessato perse un battito. Henrik prese la mano che gli stringeva la spalla e se la posò sul petto, dove i battiti non avevano rallentato neanche per un attimo da quando erano usciti da quella piscina.

“Ascolta.”

Il ragazzo rimase in silenzio, poi si allontanò tanto da portare il viso all’altezza del suo e guardarlo negli occhi. Deglutì visibilmente, inumidendosi le labbra come se avesse qualcosa di estremamente difficile da dire, e spostò la mano per posarla sulla sua guancia e accarezzargli la tempia con la punta di un dito.

“E lui dice la stessa cosa?”

Henrik annuì lentamente, senza aver bisogno di pensare nemmeno per un secondo alla risposta da dare. Tarjei posò la fronte sulla sua, facendo sfiorare i loro nasi.

Voglio solo essere tuo.”

Il bacio che seguì quelle parole tolse il fiato ad entrambi, eppure era lento, dolce, pieno di parole che non avevano bisogno di essere pronunciate ad alta voce.

Lo sei, lo sei, lo sei ed io sono tuo, tuo, tuo e di nessun’altro.

Si baciarono fino a quando i loro sorrisi divennero così grandi da impedirglielo. Allora Henrik strofinò il naso contro il suo e gli circondò la vita con le braccia, facendolo stendere del tutto su di lui prima di mettersi seduto e tenerlo per i fianchi. Tarjei spalancò gli occhi e strinse le mani attorno al suo collo.

“Che stai facendo?”

“Ti porto in bagno per asciugarti i capelli, non ho intenzione di lasciare che ti prenda la febbre.”

Tarjei rise e gli circondò la vita con le gambe.

“Questo si chiama giocare sporco.”

“Questo si chiama preoccuparsi per la salute del proprio ragazzo, dovresti solo ringraziarmi.”

Anche se non poteva vederlo sapeva che le sue guance si erano colorate di quell’adorabile rosso che amava così tanto, e gli posò un bacio fra i capelli quando lo sentì ripetere ‘grazie’ contro il suo collo, puntualizzando ogni parola con un leggero bacio.

-

“Henrik hai già incontrato mia madre, tipo dodici volte da quando ci conosciamo, mi spieghi perché adesso sei nervoso?”

Tarjei guardò il ragazzo (il suo ragazzo) passarsi una mano fra i capelli per l’ennesima volta da quando erano usciti di casa. Lo fermò in mezzo al marciapiede posandogli una mano sulla guancia, costringendolo a guardarlo negli occhi. Henrik posò una mano sulla sua e sospirò.

“Prima non era ‘la mamma del mio ragazzo’, okay? Adesso è tutto molto più serio.”

“Mia madre ti adora, cioè quando mi chiama chiede prima come stai tu e poi mi saluta.”

Henrik rise e portò la sua mano alle labbra baciandone il dorso per poi far intrecciare le loro dita. Tarjei arrossì e sorrise, per poi tornare a camminare.

“Secondo te avrà chiamato anche mia madre?”

“Dopo il messaggio che le ho mandato stanotte è sicuro.”

“Baby, potevi evitare di scriverle nel bel mezzo della notte ‘io ed Henrik abbiamo qualcosa di importante da dirti’.”

“Ma è vero.”

Sorrise quando gli baciò una guancia e poco dopo arrivarono di fronte alla porta. Aveva appena alzato una mano per suonare il campanello che la porta si spalancò, rivelando un Mathias che li guardava divertito. Henrik si stropicciò il viso con la mano libera.

“Non ci credo, ha portato anche te?”

“Fratello, ho letteralmente dovuto strapparle il telefono di mano per impedirle di chiamare papà dalla Svizzera.”

Il ragazzino notò le loro mani intrecciate e alzò le sopracciglia, poi sorrise e abbracciò entrambi, prima di tornare all’interno.

“Tuo fratello è troppo intelligente per la sua età.”

Henrik borbottò un ‘lo so’ e Tarjei gli strinse la mano, per poi varcare la soglia e chiudere la porta alle loro spalle. Quando entrarono nella cucina, le due donne avevano lo stesso sorrisetto sulle labbra.

“Buongiorno …”

Martha sorrise e si voltò verso Siv, che rise alzando gli occhi al cielo e si rivolse ai due ragazzi.

“Non c’è bisogno di essere nervosi, bambini, lo sapevamo già.”

Henrik rise, lasciando che la tensione abbandonasse i suoi muscoli, e si avvicinò a sua madre, dandole un bacio sulla fronte. Tarjei sorrise guardandoli e poi si voltò verso sua madre, che gli fece segno di avvicinarsi e lo accolse fra le sue braccia.

“Era così ovvio?”

“Nah, sesto senso da mamma.”

“In realtà era piuttosto ovvio.”

“Mathias!”

“Che c’è mamma? E’ vero.”

Tarjei rise e sciolse l’abbraccio, per poi guardare il ragazzino.

“Ehi, Mathias.”

“Si?”

Sorrise.

Adesso so cosa sono.”

   
 
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