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Autore: Birra fredda    14/04/2017    1 recensioni
Non deve far così paura, la morte, a chi ha già perso tutto.
Poca cosa deve essere la vita, quando è vuota.
È questa la condanna dell’essere inadeguati alla vita, forse. O ti adatti, o soccombi. Che è come dire: o muori, o muori.
Mollerò anche questa volta, per l’ultima volta.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fin da bambina mi sono chiesta cosa ci fosse di sbagliato in me. Evidentemente mi percepivo diversa da allora, mi percepivo sbagliata, mi percepivo fuori dall’ordinario.
Tutt’ora mi chiedo cosa ci sia di sbagliato in me stessa. Sebbene sia la prima a credere nel discorso che ognuno è diverso e speciale proprio in quanto unico e irripetibile, sento di essere più diversa da tutti gli altri. Potrebbe essere un bene, forse, poiché un più diverso magari è una carta rara, quasi mai un doppione da rivendere per pochi soldi. Potrei essere apprezzata perché in me c’è qualcosa che non ha nessun altro, ma non lo sono. O almeno, anche se lo sono, questo apprezzamento sembra poi avere una data di scadenza.
Chiunque mi avvicina, mi piace, si lega a me, poi, inevitabilmente, mi allontana per altri. Mi allontana per gli altri, quelli migliori di me, gli ordinari.
Vorrei essere anche io come tutti gli altri, talvolta.
Ci provo anche, sapete?
Quando mi va bene, riesco nel mio intento, a volte sfocio un po’ nel volgare perché mi perdo in un ruolo non mio e non so bene come vestirlo, ma credo di risultare simpatica, credo di riuscire a indossare decentemente la mia maschera.
Mi sento anche benino, quando mi va bene, perché mi sento accettata.
Quando non mi va bene, non riesco. Talvolta non riesco così tanto che mi blocco davanti la porta della mia camera, poso una mano sulla maniglia e non riesco ad aprirla. Per tutta la sera, magari, resto chiusa in camera e non vado neanche in bagno perché non riesco ad aprire la fottuta porta. Mi metto a letto, tiro le coperte fino alla cima della testa, infilo gli auricolari nelle orecchie e piango via il macigno che ho sul petto.
L’ansia mi divora, mi mangia pezzo dopo pezzo, partendo dallo stomaco fino a farmi esplodere fortissimi mal di testa e fino a impedirmi di muovere gli arti per i forti tremori. L’ansia, alcune volte, mi fa fuggire via dalle situazioni sociali cui mi ero imposta di partecipare. L’ansia mi fa male, pesa sulle spalle e preme contro il petto.
Anche quando tutto va bene, un minimo particolare potrebbe ribaltare la situazione e impedirmi di gestire le cose in un modo nuovo. Tutto potrebbe andare storto da un momento all’altro e non riesco a smettere di pensare che, tra un secondo, potrei ritrovarmi a gestire qualcosa di troppo grande e non saprei di sicuro farlo, nessuno mi aiuterebbe, io sono troppo impacciata e troppo debole e finirei per combinare solo una serie infinita di guai per, alla fine, mollare come ho sempre fatto.
Ecco, io mollo.
Non lotto per niente e per nessuno: mollo.
Sarà forse perché nessuno ha mai lottato per me e non so come si fa. Sarà perché quando sto perdendo qualcuno o qualcosa non so come reagire, resto impantanata nella mia testa come se fosse piena di fango e cerco di uscirne con tutte le mie forze, ma non ci riesco, non ce la faccio, non so come reagire e cosa dire e ho paura di sbagliare e peggiorare la situazione, allora non dico e non faccio niente, incasso in silenzio, somatizzo, piango, ingoio il dolore e me ne sto zitta e perdo una partita dopo l’altra, una persona dopo l’altra.
La verità è che ci tengo troppo, a tutto e a tutti, e quando mi rendo conto che la cosa non è ricambiata sprofondo e non riesco a risalire. Mi dico che non fa niente, che non mi interessa, che è meglio così, ma dentro muoio. Muoio un po’ ogni giorno, giorno dopo giorno fino a quando finalmente avrò abbastanza coraggio da tagliare più a fondo, da saltare da un piano più alto, da ingoiare più pasticche, da premere il grilletto.
Non deve far così paura, la morte, a chi ha già perso tutto.
Poca cosa deve essere la vita, quando è vuota.
È questa la condanna dell’essere inadeguati alla vita, forse. O ti adatti, o soccombi. Che è come dire: o muori, o muori.
Mollerò anche questa volta, per l’ultima volta.
So che accadrà, perché già troppe volte ci sono andata così vicina che ho visto in faccia il vuoto, solo non so quando.
E come sopravvivere, quando la vita diventa mera sopravvivenza e non c’è più nulla, dentro, che si muove?
Come sopravvivere, se non si riesce neanche a uscire dalla propria camera?
Come sopravvivere, se un giorno si sta bene e il giorno dopo ci si siede alla panchina del parco vicino casa e la si inonda di lacrime perché non si è stati capaci di fare un esercizio nel modo corretto in palestra?
Come sopravvivere, se non si sta bene da nessuna parte e si giunge alla conclusione che non sono i posti che non stanno bene a noi, siamo noi che non staremo mai bene da nessuna parte?
Come sopravvivere, quando l’ansia ti maciulla nelle sue fauci e il mondo ti si stringe addosso come una camicia di forza?
Come sopravvivere, se stai andando a prendere il treno e d’un tratto sei quasi accasciato sul marciapiede e non respiri e sudi a freddo e sta per esploderti il petto?
Come sopravvivere, quando ti invitano a una festa e vorresti davvero andarci ma sai che finiresti per essere il soggetto incomodo della situazione ti sentiresti a disagio, e anche gli altri si sentirebbero a disagio a causa tua, e allora inventi di stare male per restare a casa?
Come sopravvivere, se passi a casa troppo tempo e ti senti soffocare, e allora esci e soffochi lo stesso?
Come vivere, quando tutto quello che si riesce a fare è meramente sopravvivere, trascinandosi da un giorno all’altro grazie a troppa caffeina?
Banalmente, non voglio ancora mollare, perché un giorno potrebbe andare meglio.
Un giorno potrei venire accettata da dei troppo diversi come me, chi può dirlo. Potrei adattarmi nel mondo come una persona normale e non sentirmi male ogni volta che metto piede fuori casa per andare in ufficio, a svolgere un lavoro poco appagante.
Egoisticamente, non voglio davvero morire, voglio solo che qualcuno mi impedisca di farlo. Qualcuno così diverso e così forte, da lottare non solo per sé, ma anche per me. Così, forse, imparerei a farlo anche io.


























































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Ebbene, è una serata un po' così. Tutto sta andando male, mi sento un po' sormontata dagli eventi, molto sola e nulla, avevo bisogno di sfogarmi e lasciare uscire quello che sento. Quindi ecco qui, sperando di non deprimervi troppo.
Mi auguro che a voi le cose vadano meglio, vi abbraccio,
Birra Fredda
  
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