PROLOGO
Il
cancello
cigolò appena quando lo apri, ma James Potter non lo
senti.
La
sua mano bianca sfilò la bacchetta da sotto il
mantello e la puntò verso la porta, che si
spalancò.
Aveva
varcato la soglia quando James arrivò di corsa
nell'ingresso.
Facile,
troppo facile, non aveva nemmeno preso la bacchetta...
«Lily,
prendi Harry e Beth e corri! è lui! Vai! Scappa! Io lo
trattengo...»
Trattenerlo,
senza una bacchetta in mano!... Rise prima di scagliare la
maledizione...
«Avada
Kedavra!»
La
luce verde riempi l'angusto ingresso, illuminò la carrozzina
contro la
parete, fece scintillare le sbarre della balaustra come parafulmini.
James
Potter cadde come una marionetta a cui erano stati tagliati i
fili...
La
senti urlare dal piano di sopra, in trappola, ma se non faceva
sciocchezze lei, almeno, non aveva nulla da temere... Salì
le scale, ascoltando
divertito i suoi tentativi di barricarsi dentro... nemmeno lei aveva la
bacchetta... quanto erano stupidi, e fiduciosi a riporre la loro
salvezza negli
amici, ad abbandonare le armi anche solo per qualche
istante...
Forzò
la porta, gettò da un lato la sedia e le scatole
frettolosamente
accatastate con un pigro gesto della bacchetta... lei era in piedi, i
bambini
in braccio. Nel vederlo, depose i piccoli nel lettino alle sue spalle e
aprí le
braccia, come se potesse servire a qualcosa, come se nascondendoli
sperasse di
poter essere scelta al loro posto...
«No!
Harry e Beth no, ti prego!»
«Spostati,
stupida... spostati...»
«Harry
e Beth no. Prendi me piuttosto, uccidi me, ma non
loro...»
«È
il mio ultimo avvertimento...»
«Non
i miei bambini! Ti prego... Per favore... loro no! Harry e Beth no!
Per favore... farò qualunque cosa...»
«Spostati...
spostati, ragazza...»
Avrebbe
potuto allontanarla dal lettino con la forza, ma pensò che
fosse
più prudente finirli tutti...
La
luce verde lampeggiò nella stanza e lei cadde come il
marito. In tutto
questo tempo i bambini non aveva mai pianto: stavano in piedi,
aggrappati alle
sbarre del lettino, e guardavano l'intruso in faccia con una sorta di
vivo
interesse, come se pensassero che sotto il mantello fosse nascosto loro
padre,
pronto a fare altre lucine divertenti, e che la loro mamma sarebbe
tornata su
da un momento all'altro, ridendo...
Puntò
la bacchetta attentamente contro i volti dei due bambini: voleva
vederla bene, la distruzione di quegli unici, inesplicabili pericoli.
Il
bambino scoppiò a piangere, e la sorellina con lui. In un
istinto di protezione
spinse la sorellina a sedere sul lettino e si mise davanti a lei come
per
proteggerla: si era accorto che non era James.
Non
gli piaceva che piangessero, non aveva mai sopportato i bambini che
frignavano all'orfanotrofio...
«Avada
Kedavra!»
E
poi esplose: non era più nulla, null'altro che dolore e
terrore, e
doveva nascondersi, non lì tra le macerie della casa
distrutta, dove i bambini
erano intrappolati e urlavano, ma lontano...
lontano…
E
mentre il Signore Oscuro cercava riparo, un’altra figura
avvolta in un
mantello nero comparve d’improvviso nel salotto dei
Potter.
Si
avvicinò a James Potter, ancora riverso a terra, e vi si
inginocchió
con un sorriso.
Il
suo tempismo era stato perfetto.
Mise
una mano sul petto dell’uomo, e come per magia egli riprese a
respirare.
Si
alzó da terra, sapendo che avrebbe dormito per almeno tre
ore, e si
diresse al piano superiore.
I
bambini piangevano, continuando a guardare il corpo immobile della
madre
davanti a loro, con una ferita insanguinata a forma di saetta che
spiccava
sulle loro fronti.
Alla
vista della figura incappucciata il maschietto smise
all’istante.
Ella
si avvicinó al corpo della giovane donna e, come prima aveva
fatto
con il marito, la fece tornare a respirare.
Le
lasció un bacio sui capelli ramati prima di alzarsi e
rivolgere la sua
attenzione ai due bambini nella culla, che adesso lo fissavano
incuriositi nel
più totale silenzio.
In
qualche modo avevano capito che non rappresentava una
minaccia.
La
figura si rivolse prima alla bambina e le fece una carezza, sfiorando
appena la sua cicatrice.
«Ah,
piccola Beth, mi dispiace doverti privare del tuo fratellino, ma
sappi che un giorno vi rincontrerete quindi porta
pazienza.»
quindi
si rivolse al maschietto «Harry saluta tua sorella, tra poco
ce ne
andremo.»
Sì
sentì quasi stupida nel rivolgersi ad un bambino di un anno
con quelle
parole, come se in qualche modo lui potesse capirla, ma si riprese in
fretta.
Lasció
ai due gemelli qualche altro minuto da trascorrere insieme, poi
prese il maschietto in braccio e con la bacchetta tracció
una runa sopra il
lettino, proprio nel punto in cui prima c’era Harry.
La
copertina si annerí, come colpita da una maledizione, e la
figura si
smaterializzó con il piccolo Potter in braccio.
Il
giorno dopo, da un capo all'altro del paese, c'era gente che si riuniva
in segreto e levava i calici per brindare ‘a Elizabeth
Potter, la bambina che è
sopravvissuta’, mentre pochi intimi piangevano per la
scomparsa di Harry
Potter.
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Salve
a tutti, questa è una storia scritta a quattro mani da me e
fenice
cremesi. L’inizio del prologo è tratto dai libri
di Harry Potter e non
appartengono a noi ma a J.K.Rowling. Stesso dicasi per altre parti dei
libri
nei prossimi capitoli, se dovessero esserci. Tutti i personaggi,
esclusa
Elizabeth, non appartengono a noi ma a J.K.Rowling.
Sperando
che la storia vi piaccia, vi auguriamo una buona lettura.
Mary
Evans e fenice cremesi