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Autore: _Charlie_    15/04/2017    1 recensioni
Il pericolo incombe.
Le streghe della Congrega si preparano a fare ritorno.

Arya Mason è una ragazza di sedici anni che vive a Rozendhel, Virginia. Ha lunghi capelli color rosso ciliegia, occhi verdissimi, e un passato da dimenticare. Una Visione, una Chiave ed un Portale segneranno l'inizio di una guerra da cui non potrà tirarsi indietro.

Ma quali sono le schiere del Bene? Innanzitutto, esistono davvero?
Genere: Azione, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 36:

 

Un bacio

 

Arya per poco non condannò a morte Nathaniel e gli altri due demoni al suo seguito. Difatti, si trovava in procinto di oltrepassare il velo della cupola quando Logan l'afferrò per un polso e la costrinse a fare marcia indietro. Se Throker, Zhrokron ed il giovane spettro fossero avanzati ancora di qualche passo, molto probabilmente, sarebbero scoppiati come una bolla di sapone al contatto con uno spillo.
La strega fletté dunque le ginocchia, depose una mano sulle loro teste e, sottovoce, richiamò un incantesimo che li avrebbe protetti dalla magia di Rhona.

« Non sappiamo proprio come ringraziarla » dissero i piccoli, la borsa di Nathaniel in braccio: « entrare nella sua casa è per noi un onore! »
Attraversarono la cupola, sfilarono dinanzi ai ruderi e infine individuarono la botola, al di sotto di un magico fogliame, immobile persino alla venuta del vento.
Nathaniel continuò a dormire, le sopracciglia aggrottate e le labbra secche. Erano stati soprattutto Logan ed Arya a trasportarlo fin laggiù, tenendolo rispettivamente dalle ascelle e dai polpacci. Throker e Zhokron avevano provato a dar loro una mano ma, come ben presto si accorsero, non avevano né le forze né le capacità adatte per riuscire a sollevare un peso simile.
« Il mio nome è Arya Mason » iniziò la ragazza: « ex-Custode della Chiave e Guardiana del Fuoco Aureo. Insieme a Logan O'Mooney, umano, Throker, Zhokron e Nathaniel, demoni, ti ordino di aprire le porte e di lasciarci entrare ».
Al contrario di quanto si aspettasse, la terra non emise alcun click – segno evidente che il Rifugio non volesse accettare quegli ospiti.
« Oh, andiamo! » Esclamò Logan, infastidito: « apriti e basta! »
« Non c'è altra via? »
Arya scosse la testa e riprovò: « ho detto: ti ordino di aprire le porte e di lasciarci entrare! »
La minaccia, accompagnata da quell'austero tono di voce, sembrò regalarle l'effetto desiderato: dapprima il terreno esordì con una forte sbuffata, poi decise di aprirsi su una rampa di scale, umida, e oscura.
Si calarono giù armati di una nuova fiammella – le ragnatele sparse ovunque. La celebre porta di legno, sulla quale erano incisi scarabocchi e immagini sconosciute, apparve soltanto qualche minuto più tardi. Arya intuì allora per cosa stessero: era il centesimo ostacolo, una magia che proibiva l'ingresso a qualsiasi demone di Rozendhel.
Roteò gli occhi, esausta. In cuor suo, sperò che Rhona non avesse stregato persino le forchette e i coltelli.
« Cosa succede? » Le domandò Logan: « ci sono pericoli anche qui? »
Arya annuì, il pomello stretto in un pugno: « entreremo al Rifugio e tu non ci procurerai alcun danno. Intesi? »
Le incisioni sibilarono – muovendosi come serpi sul legno – e la porta si spalancò, rivelando il lusso della loro attuale dimora.
Nessuna visita guidata fu concessa a Throker e Zhokron, che però rimasero piuttosto estasiati dalle fattezze del pino: saltellarono sulla loro propria postazione, battendo le minuscole manine e gridando come isterici. Inutile dire, quindi, che attirarono l'attenzione di tutti gli stregoni.
Arya prese a tormentarsi il labbro. La voce si sarebbe sparsa ovunque: demoni all'interno del Rifugio! Che affare!
Una miriade di bisbigli li inseguì per tutto il tragitto sino all'infermeria – una sala spoglia, con file e file di letti singoli, un altissimo soffitto a volta e il pavimento di pietra.
Deposero Nathaniel sopra le lenzuola candide di uno di essi, accanto all'entrata, e subito vennero raggiunti da una donna in carne, con un paio di occhiali a mezza-luna e l'espressione corrucciata.
« Che cosa ci fate qui? » Iniziò lei, altisonante: « chi è il bello addormentato? E chi sono questi mostriciattoli? »
« Throker e Zhokron » i piccoli si presentarono come se nulla fosse, l'entusiasmo alle stelle.
L'infermiera li ignorò, rivolgendosi unicamente ad Arya: « lei ne è al corrente? »
« Non ancora ».
« E per quale motivo? Essere l'erede di Zehelena non ti dà certo strani diritti ».
« Mostriciattoli? Strani diritti? » Ripeté Logan, le braccia incrociate dinanzi al petto: « ed io che credevo che il discorso tenutosi alla Muraglia del Drago fosse stato compreso! »
La donna gli riservò un'occhiataccia: « sei solo un ragazzino, non ti è permesso parlarmi in questo modo ».
« Ebbene, anche lei dovrebbe moderare il linguaggio » disse Logan, pacato: « loro sono Throker e Zhokron, li tratti come suoi pari o mi sentirò in dovere di stilare un rapporto ».
Era già la seconda volta che Arya rimaneva colpita dal suo atteggiamento.
Le parole, senza ombra di dubbio, erano le sue armi predilette: le selezionava con accuratezza, rendendole poi affilate quanto la lama di una spada e ardenti come il ferro appena uscito da una fucina – sul volto, un'espressione impenetrabile.
L'infermiera si arrese, fingendo un sorriso.
« Può aiutarci? » Riprese lui: « è stato colpito da una maledizione ».
« Di che tipo? »
« Un bacio » rivelò Arya: « a Rozendhel c'è un mezzo-elfo che ha il potere di trasformare gli umani in demoni, e i demoni – indugiò, livida – in polvere ».
La signora retrocesse di un passo, inorridita: « non ci voglio credere! »
« Ma è la verità » tagliò corto Logan: « quindi, può aiutarci oppure no? »
« Se vuoi che io sia sincera con te, no. Non credo che riuscirei a salvarlo. Guarda il colore della sua pelle, lo sforzo che impiega per respirare... ha le ore contate ».
Dopo aver udito quel discorso, Arya capitolò nell'ira e non poté più evitare di afferrarla per le spalle – il timbro della voce smascherò la sua angoscia: « le lacrime di drago! Utilizzi quelle! Glielo devo dire io? »
« Lacrime di drago? Io non so proprio di cosa tu stia parlando! »
« LA SMETTA! » Gridò Arya, scuotendola un poco: « non faccia la finta tonta! Io sono stata curata per mezzo di quella crema. La usi su di lui, immediatamente! »
In evidente disagio, l'infermiera non proferì alcunché. Quando scelse di aprir bocca nuovamente, lo fece con brevi sussurri: « lo farei volentieri, ma la nostra scorta è limitata... e poi, non sono neanche certa che possa fargli effetto. È un demone ».
« Ci provi lo stesso! » Arya la lasciò libera: « via, corra! E non ci metta troppo! »
Le lacrime di drago erano racchiuse all'interno di una fialetta, limpide e pastose. Ella, di ritorno, le poggiò su di un comodino e prese a spogliare Nathaniel – lasciandogli indosso soltanto quel sudicio paio di pantaloni neri.
« Si muova! » La spronò Arya: « non abbiamo tempo! »
« Non è così semplice! » Esclamò lei, nervosa: « se fossero state pure, gliele avrei fatte bere e basta! Ma purtroppo il trascorrere dei secoli le ha guastate! Ed ecco qui il risultato! Da dove posso partire? »
Il corpo di Nathaniel si mostrò loro privo di una qualsiasi cicatrice o macchia, rendendo quindi palese il fatto che la maledizione di Castigo si celasse all'interno, chissà dove...
L'infermiera gli unse le braccia possenti ed il torace ben scolpito, poi passò al collo, alla nuca ed infine alle gambe e ai piedi.
La crema si assorbì qualche istante più tardi ed il respiro di Nathaniel si regolarizzò in conseguenza.
« Ha funzionato! » Esclamarono Throker e Zhokron, contenti.
« Non è detto » rispose la donna, rigida: « lo capiremo quando si risveglierà ».
Quella previsione, tuttavia, si dimostrò assai vaga. I giorni trascorsero lentamente e senza alcun tipo di miglioramento.
Sebbene venisse criticata da molti, compreso il suo gruppetto di amici, Arya prese l'abitudine di affacciarsi in infermeria almeno due volte al giorno. Lo permetteva a sé stessa con la scusa del “tener fede a ciò che era stato deliberato alla Muraglia”, ma la verità era ben diversa e, a lungo andare, se ne sarebbero accorti tutti.
Decise quindi di cambiare strategia e, servendosi di Beckah e Quinn, ogni pomeriggio, fingeva di andare a trovare Cinnamon – la quale era solita presentarsi loro con i capelli arruffati, gli occhi stanchi e le dita tremanti. Nel corso dei mesi le avevano fatto assumere troppi medicinali, stordendola. Bartek era stato l'unico a rimanerle fedele: non la lasciava neanche quando gli urgeva il bisogno di andare in bagno, intrattenendola talora con spettacoli improvvisati di calzini parlanti ed estremamente sfacciati. Libero dall'influsso negativo di Hazelle, si mostrava simpatico e degno di ammirazione – ciononostante, il suo aspetto non aveva subito modifiche: era magro, con i capelli unti ed il solito, fetido smocking indosso.
Un sabato mattina, mentre Arya era seduta sulla branda di Cinnamon a pettinarle i nodi, la porta dell'infermeria si spalancò, per poi richiudersi un attimo dopo con un tonfo sordo – Darren aveva avuto delle serie difficoltà a farsi avanti, tra le mani un pacco di enormi dimensioni.
« Scusate! » Disse sottovoce: « non volevo fare tanto baccano! »
Beckah gli fece cenno di avvicinarsi: si trovavano a qualche metro di distanza dal lettino in cui riposava Nathaniel.
« Uh, e questo? » Domandò Quinn, interessata: « per chi è? »
Darren fece un cenno con il capo, rivolgendosi ad Arya: « stavo andando a fare colazione, quando due signore mi hanno fermato e mi hanno chiesto se potessi consegnartelo ».
« Ti ucciderebbero se venissero a scoprire che le hai definite “signore” » la ragazza si concesse una risatina, poi afferrò il pacco e cominciò togliendogli il coperchio: “Cara Arya, te li avevamo promessi ed ora sono qui. Ci auguriamo che siano di tuo gradimento! Saluti, Cynthia e Mariah. PS: le taglie sono giuste?”
Il primo capo che Arya recuperò dalla scatola fu un grazioso cappello in feltro nero, dal bordo ampio.
« Come mi sta? » Chiese, cercando l'approvazione di Cinnamon – la quale sorrise, battendo i palmi.
Le altre cose che tirò fuori furono delle parigine, una maglietta nera – classica, senza maniche – e una lunga gonna a pieghe, viola e da indossare preferibilmente a vita alta.
« Ma sono bellissimi! Non è giusto! » Protestò Quinn: « e noi che dobbiamo accontentarci dei nostri vecchi abiti! »
« Scherzi o fai sul serio? » Chiese Beckah: « ringrazia che le spie di Rhona siano riuscite a recuperare qualcosa dalle nostre case... almeno, siamo certi che si trovino ancora in piedi ».
« Ma che dici! È una storia vecchia, quella! Risalente al mattino dopo il matrimonio » la bionda s'interruppe, improvvisamente turbata: « sono passati mesi da allora... non possiamo saperlo con certezza ».
L'atmosfera si fece piuttosto pesante: ogni volta che capitava loro un qualcosa di bello, c'era un elemento che saltava fuori dal nulla, pronto a rovinare la festa a tutti. In questo caso, erano stati i commenti di Quinn.
Trascorsero in questo modo il resto della giornata, avvolti in un silenzio a tratti imbarazzante: Beckah si era fatta prestare un taccuino dal signor Hancock ed era tornata a disegnare; Darren e Quinn, al contrario, erano scesi nelle celle d'allenamento, e Cinnamon si era coricata al tramonto.
Arya lanciò un'occhiata a Bartek, sul trespolo: aveva così poche piume che poteva scorgere addirittura la sua pelle rosea.
A cena, si riunirono anche con tutti gli altri – compresi Throker e Zhokron, che dai tavoli limitrofi attiravano ancora tanti mormorii e pettegolezzi.
Il monopolio della conversazione scese proprio in mano a questi ultimi e toccò argomenti frivoli, quali la splendida camera che avevano concesso loro ed il significato che attribuivano al pino.
Cassandra, seduta più giù, roteò gli occhi – dando l'impressione di aver udito ogni sillaba.
Verso mezzanotte, poi, ognuno fece ritorno al proprio letto.
Beckah e Quinn si addormentarono subito, al contrario di Arya che si voltò e rivoltò tra le lenzuola per circa due ore. Alla fine, insofferente, scelse di alzarsi – indosso aveva soltanto un maglione bianco (che le arrivava sopra le ginocchia) e le nuove calze regalatele da Cynthia e Mariah.
S'inserì nei corridoi, il passo leggero come quello di un gatto. Se l'infermiera l'avesse scovata di notte accanto a Nathaniel, l'avrebbe di certo presa per una degenerata!
Titubante, sfiorò il pomello della porta e immediatamente lo lasciò andare.
Che stupida! Scosse il capo. Entra e basta!
Alzò le spalle, si fece coraggio ed entrò in infermeria.
Silenzio e oscurità. Possibile che non vi fosse nessuno al turno di notte?
Il giovane spettro dormiva, le labbra socchiuse e i boccoli d'argento sparsi sul cuscino.
A differenza degli altri pazienti, a lui non era stato portato nulla: né una caraffa dell'acqua, né una fetta di torta, o semplicemente un biglietto di pronta guarigione. Il suo stato comatoso non suggeriva altro che morte.
Arya si mise a sedere sul lato sinistro del materasso, sorprendendosi a carezzargli una gota. Aveva la pelle gelida, più di quanto si ricordasse.
« Mi dispiace » gli sussurrò piano: « non avrei dovuto permetterglielo ».
Ignorava il motivo per il quale stesse trattenendo le lacrime – l'abitudine di coprire ogni emozione, ormai, l'accompagnava persino quando si ritrovava da sola con sé stessa. Lasciandosi andare, avrebbe poggiato la testa sul suo petto e si sarebbe fatta cullare dal suo respiro tenue... fino ad addormentarsi. Deglutì, incerta.
Uno stregone, al quale i demoni avevano mozzato un orecchio, prese a tirare certi ronfi che le mura sembrarono cedere. Riposava nell'altra fila di lettini, in pace.
Ella ponderò sull'andarsene, ma qualcosa la arrestò. Una mano, lunga e sottile, la tenne per il maglione.
« Resta » le sussurrò Nathaniel, le palpebre semichiuse.
« Oh, ti sei svegliato! » Esclamò, sorpresa: « come ti senti? »
Egli tentò un movimento, ma fu subito colto da una terribile fitta che lo costrinse a restare lì dov'era. Sebbene regnasse l'oscurità, Arya poté accorgersi dei lineamenti del suo viso, delle sopracciglia folte e irregolari, il naso uncinato, gli occhi ambrati con le venature più scure all'estremità dell'iride.
Riprese posto: « le lacrime di drago stanno facendo effetto! »
« Le lacrime di drago? » Ripeté il ragazzo, la voce roca: « le hai sprecate su di me? Tu sei pazza! »
« Perché dici questo? » Arya aggrottò la fronte – il sottofondo emesso dall'uomo aveva cominciato ad alterarla.
« Non ricordi ciò che ci siamo detti una volta? » Tossì Nathaniel: « io non vedo l'ora di morire, Arya ».
La sola ipotesi di smarrire l'eternità e la giovinezza avrebbe potuto terrorizzare chiunque – o meglio, coloro che non avevano mai sperimentato dei doni simili, che ambivano invano ad un potere assoluto. Nathaniel aveva avuto secoli per custodirli, ma non aveva mai prestato loro la degna attenzione – invidiando i mortali.
« Che razza di vita ho condotto? » sibilò: « senza senso... senza mai ricevere delle risposte, il motivo per il quale io mi sia trasformato in uno schifoso demone ».
In effetti, Arya non si era mai posta la domanda del perché Nathaniel fosse divenuto quel che era. Si trovava al capezzale di uno sconosciuto, di un individuo di cui ignorava le origini ed il nome di famiglia.
« Parlami di te » tentò di rimediare: « so che sei nato nel diciottesimo secolo, che ti hanno sparato... ma non so nient'altro ».
Nathaniel piegò le labbra in un sorriso – credeva si trattasse di uno stupido scherzo.
« Davvero » riprese Arya in un bisbiglio: « penso di meritarmelo ».
« Tu pensi troppe cose, signorina Mason ».
« Non fare il cretino! » Sbottò lei: « come sei morto? Perché ti hanno sparato? Come ti sei accorto di essere uno spettro e che tipo di contatto avevi con l'uomo che reputi tuo padre? »
Il giovane la studiò con fare vigile – probabilmente stava valutando la questione.
Nessuna strega aveva mai avuto un contatto così diretto – e amichevole – con un demone. In qualsiasi modo agisse, Arya Mason segnava la storia. Persino a sua insaputa.
« E va bene » accettò lui, infine: « ti dirò tutto, ma non voglio che tu mi interrompa. Non sarà affatto noioso ».
« D'accordo, vai ».
Nathaniel annuì e prese un lungo respiro – doveva trattarsi della prima volta che si confidava con qualcuno che non fosse suo padre.
« Sono nato nel diciottesimo secolo, in una famiglia piuttosto agiata » iniziò, gli occhi bassi: « non avevo fratelli o sorelle. Vivevo da solo con i miei genitori biologici, che mi coccolavano e mi viziavano... rendendomi il poppante più felice dell'intero universo. L'uomo, che per convenzione ero costretto a definire “mio padre”, aveva in serbo per me una perfetta carriera da dottore. Voleva che io frequentassi le migliori scuole, che studiassi con costanza e prendessi voti sempre più alti. Mi privò di una qualsiasi amicizia ».
Arya deglutì, attenta.
« Gli anni passavano ed io iniziai a frequentare l'università – naturalmente, fui ammesso senza problemi. Ero ciò che voi tutti definireste un “secchione”. I miei erano così fieri... io, al contrario, presi ad odiarmi. Per quale motivo non riuscivo ad ammettere che la medicina mi faceva schifo, che quella non era la vita che volevo? »
« Oh, Nathaniel... ».
« Non interrompermi ».
« D'accordo, scusa ».
Il giovane sbuffò: « dunque, decisi di evadere da quella gabbia dorata e mi rifugiai in un bel teatro. Mi misi a sedere, deposi il mio costoso cappotto sullo schienale e mi godetti lo spettacolo. Era Amleto, sai? Oh, ancora ricordo il viso di quegli attori... fui sopraffatto dalla loro bravura, tanto da commuovermi. Uscii dalla sala una ventina di minuti dopo che fu calato il sipario... e lì, accadde ciò che accadde. Non vi era illuminazione per le strade e faceva freddo... nell'oscurità della notte, potei però distinguere delle ombre avventarsi su una fanciulletta e condurla in un orrido vicolo. La denudarono, misero i loro artigli sulle sue carni... lei gridò ed io non feci nulla. La paura mi aveva paralizzato ».
Arya rabbrividì.
« Erano in quattro e, con i pantaloni abbassati, si davano il cambio per violare il suo fragile, innocente corpo. Decisi di intervenire alla fine, quando di lei non era rimasto altro che un'automa. Forse avrei fatto meglio a chiamare aiuto, a denunciare in fretta la cosa... invece di scagliarmi a caso contro il primo, farmi gettare a terra come un sacco di immondizia e lasciarmi trapassare il cranio da un proiettile ».
Arya si portò una mano alla bocca, esterrefatta. Non avrebbe mai potuto immaginare una cosa simile.
« Mi risvegliai, leggero, e subito mi accorsi del cadavere della ragazza: riposava sul mio, con gli occhi affacciati sull'Inferno » il tono della voce di Nathaniel vacillò: « mi toccai la testa: quella che avevo a terra sanguinava, mentre quella che avevo sul collo era perfettamente integra. “Come posso trovarmi qui, se il mio corpo è lì per terra?” mi domandai. Era tutto così strano! L'Universo mi aveva concesso una nuova possibilità, rendendomi un fantasma – prese una pausa – sai perché ho una brutta reputazione? Sai perché sono considerato uno dei demoni più pericolosi? Perché quella notte commisi una strage. Rintracciai quei quattro mostri in un locale poco distante dal teatro; bevevano birra, i balordi... come se non fosse accaduto niente. Non immagini quanta rabbia mi provocò quella vista... »
« Ai loro occhi, tu eri invisibile? » Arya la ritenne una domanda legittima.
Nathaniel scosse il capo: « tu mi vedi, no? Ecco, lo stesso valeva per loro. Al primo, spaccai la brocca colma di birra sulla faccia, poi gli premetti i pollici sugli occhi finché non vidi esplodergli il il cranio. Al secondo, invece – si concesse una breve risata – gli tagliai gli attributi con il vetro. Il terzo, invece, tentò di contrastarmi... idiota... gli spezzai l'osso del collo, allo stesso modo dell'ultimo criminale ».
« E per questo sei reputato uno dei demoni più pericolosi in circolazione? Non ha senso! Hai solo vendicato la morte di quella povera ragazza! »
« No, Arya. Non mi fermai lì » Nathaniel schioccò le labbra: « andai a caccia delle loro famiglie e massacrai le loro donne, i loro figli, i loro padri... tutti ».
Arya non proferì alcunché, impietrita. Evitò il suo sguardo, sentendosi esplodere il cuore. Nelle orecchie, a distanza di secoli, riuscì a percepire le grida di quelle vittime e, impotente, restò ad ascoltarle. « È orribile » commentò, sottovoce: « perché l'hai fatto? »
Nathaniel fece spallucce: « sono un demone, no? »
« Solo se scegli di esserlo ».
Il silenzio si appesantì nell'infermeria e si mantenne per lunghi istanti. Se fosse dipeso da lei, Arya avrebbe di certo concluso il discorso e sarebbe tornata a dormire. Tuttavia, un qualcosa che non riuscì a spiegarsi la costrinse a rimanere lì, in quella scomoda posizione.
Lo spettro passò oltre, ignorandola: « fatto sta che venni rinchiuso all'interno della Dimensione e, quando ne uscii, trovai rifugio nel Kentucky nella casa di un uomo chiamato... ».
« Varjack » lo interruppe una nuova voce, talmente roca che la ragazza si domandò se parlare fosse una sorta di tortura.
« Bartek? » Lo chiamò, incuriosita: « hai ascoltato tutto? »
Il maggiordomo si fece avanti, con Cinnamon a braccetto: « più o meno ».
« E voi due cosa volete? » Grugnì Nathaniel: « questa doveva essere una conversazione privata ».
« Oh, Nathaniel » iniziò Bartek, sgradevole e unto: « sappiamo tutti la tua storia. Non è un mistero ».
Arya aggrottò la fronte – c'era troppa familiarità da parte sua.
« Io non ti conosco. Come fai a sapere il nome di mio padre? »
Cinnamon diede l'impressione di aver già previsto quel quesito, ma senza la sua solita lavagnetta non poté far altro che conservare il silenzio.
« Qualche tempo fa, girava la voce che uno stregone avesse preso in custodia uno spettro » rivelò Bartek: « tu e Cinnamon garantite la sua veridicità. Abitavate nello stesso Villaggio Eterno, nel Kentucky. Lo sapevi? »
Per la prima volta, Nathaniel diede l'impressione di non avere alcuna parola, offesa o minaccia da riservar loro. Sul suo volto presero ad alternarsi gradazioni di sorpresa e curiosità.
« Cinnamon? Mai sentita! » Rispose più tardi, in cagnesco.
« Be', che imbarazzo! » Bartek strinse una mano alla strega: « però, si dà al caso che lei conoscesse tuo padre. Prima che Walton Hart la rapisse, mi ha riferito, era solita chiedergli in prestito dei libri. Era un ricercatore e un celebre collezionista ».
« Tanto celebre da essere preso di mira dai Demoni-Senza-Nome di Castigo? » Iniziò a capire Arya.
Bartek annuì: « ti ha lasciato dei Frammenti, non è vero? »
« Non sono affari che vi riguardano! » Esclamò il giovane, destando il paziente senza orecchio – il quale borbottò in polacco chissà quale insulto.
« Sì, li ho visti anch'io! » Rispose Arya.
« Ecco, appunto » terminò Bartek, allungando una mano: « sarebbe il caso che tu ce li dessi. Se finissero nelle grinfie di Morgante... ».
« Cosa? No! » Gridò Nathaniel, accigliato: « che razza di storia è? Che importanza hanno quei cosi? »
Cinnamon ed Arya si scambiarono un'occhiata eloquente, poi quest'ultima scelse di prendere in mano la situazione: « quelli che tuo padre ti ha lasciato sono Frammenti della Sfera della Distruzione... o della Leggenda, come preferisci. Ricordi il biglietto? Conosceva il loro potere, ciò che possono risvegliare ».
« E cosa possono risvegliare? »
Bartek alzò le sopracciglia, la fronte marcata dalle rughe: « il Demone Supremo chiamato Incubo. Quindi, sarebbe meglio se quei Frammenti venissero custoditi in un luogo più protetto ».
« Del tipo? » Chiese Nathaniel, dubbioso: « qui? In questa topaia? Non ci sto! Non mi fido di voi! »
« Nathaniel... » cominciò Arya, ma fu subito interrotta dalla voce severa di Bartek; i suoi occhi lampeggiarono di rosso. « Sei solo un ragazzino che presto riceverà la visita della morte. Non vuoi darci i Frammenti? D'accordo! Li recupereremo dal tuo cadavere. Non c'è problema » quindi voltò i tacchi – costringendo Cinnamon a fare lo stesso. Dalla dipartita di Hazelle, era chiaro a tutti, aveva mutato le sfumature del suo carattere, mostrandosi molto più sicuro e abile di quanto non fosse mai stato: « fino ad allora – riprese, sorridente – ti auguro una buonanotte! »
Si allontanarono, raggiungendo così il trespolo ed il lettino.
Arya abbassò lo sguardo, dispiaciuta per come si fossero messe le cose.
« E tu, invece? » La sgridò Nathaniel, provato: « ancora non te ne vai? »
« Non trattarmi male. Sono l'unica che, nonostante tutto, ti resta sempre accanto ».
« Ma chi te l'ha chiesto? Stai facendo tutto da sola! Vattene via! »
Arya si accorse di una lacrima – una semplice, minuscola goccia che all'interno di sé racchiudeva demoni a lungo ignorati, angosce e tormenti. Si sentì inopportuna, fuori contesto – come se la situazione non le riguardasse affatto. Avrebbe dovuto allontanarsi? Lasciarlo lì, da solo? In balia delle ombre e del dolore?
Una morsa le attanagliò il petto ed il suo animo divenne improvvisamente di piombo.
Si sporse un poco e fece per abbracciarlo, venendo scansata subito e senza troppe cerimonie.
« Nathaniel » Arya gli sollevò il viso, dolcemente: « Nathaniel, devi ascoltarmi ».
« Non voglio » obiettò lui, la mascella contratta. Le parole di Bartek l'avevano ferito, esponendolo alla cruda verità. Nel profondo, non desiderava la morte... ma un qualcosa di ben diverso che non era mai riuscito ad ottenere.
« Smettila! » Gli asciugò le lacrime, accorgendosi di quanto fosse vellutata la sua pelle. Era la seconda volta che si trovavano ad una distanza tanto minima da poter avvertire il respiro dell'uno sul collo dell'altra.
Per quanto ancora avesse voluto mentire a sé stessa, Arya lo ignorava. Non era un qualcosa di chissà quale origine mistica a tenerla inchiodata lì, bensì i sentimenti – quelle ingenti, profonde emozioni che aveva sempre tentato di negare.
Un brivido le percorse il corpo, il sangue le bollì nelle vene. Si abbandonò all'istinto e, tremante, prese ad assaporare le sue labbra. Venne investita così dal calore, dalla morbidezza, dalla passione ardente che non aveva mai smesso di bruciare i loro animi. Prima o poi sarebbe accaduto, ed entrambi ne erano consapevoli.
Per un momento Nathaniel sembrò esitare, poi si riprese e passò a morderle il collo – esperto.
Arya socchiuse le palpebre e pregò affinché non si interrompesse – la mente satura di immagini proibite, di voglie incontenibili. Era amore? Era ciò di cui avevano bisogno? Probabilmente no, e ben presto se ne sarebbe pentita.
Ansimò, il petto gonfio.
« Fermati » gli disse piano: « potrebbero vederci ».
« La tua preoccupazione riguarda solo questo? » Rispose Nathaniel, febbrile.
Arya scosse il capo impercettibilmente: « buonanotte ».
« Cosa? No! Resta qui, a dormire ».
« Non ce lo possiamo permettere » ella si alzò in piedi e, a passo felpato, raggiunse nuovamente la porta d'ingresso. Bartek e Cinnamon si erano davvero messi a riposare? L'avevano vista? Lo avrebbero riferito a qualcuno?
Inspirò, sporgendosi oltre l'uscio.
« Buonanotte, Arya Mason ».

 

 

 

 

  
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