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Autore: Heihei    15/04/2017    1 recensioni
TRADUZIONE
La storia è stata scritta da Alfsigesey e pubblicata su fanfiction.net in lingua inglese.
Bethyl post-finale della 4 stagione
"Nulla sarà più facile di nuovo. Scappare da Terminus, sconfiggere una mandria di vaganti, cercare provviste. Ma niente di tutto ciò sarà difficile come innamorarsi e provare a costruire una vita insieme in mezzo a tutto questo."
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Carol Peletier, Daryl Dixon, Un po' tutti
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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LEZIONI DI GUERRA

 




 

Accovacciato a terra, Daryl strisciò fin quando non si ritrovò davanti a un fossato. Una linea di filo spinato tagliava la sua visione del campo e una moltitudine di oggetti appuntiti mirava minacciosamente ai suoi occhi. Oltrepassato il bosco, le tracce li avevano condotti a quella tendopoli di cui ora riusciva a vedere l’interno.

Dopo averlo seguito con cautela, Rick e il resto del gruppo avevano spento la jeep ed erano rimasti, lontano quanto bastava, ad attenderlo. Non volevano che qualcuno sentisse che si stavano avvicinando. Daryl proseguì con Abraham, Rosita e Carol. Avevano il compito di capire come fosse la situazione, per poi tornare indietro da loro per studiare un piano d’attacco.

Ma così non fu.

I suoi occhi trovarono la piccola Greene proprio al centro del loro campo, legata a un palo con una catena che probabilmente, in passato, qualcuno aveva usato per legare un cane particolarmente feroce. Vedere con i suoi occhi che era viva fu come riprendere a respirare davvero. Non sarebbe andato da nessuna parte, non prima di averla liberata.

“Sembra stia bene, meglio di quanto ci aspettassimo”, disse Carol. Sentì la sua mano posarsi sulla sua spalla, ma non si voltò a guardarla.

Beth stava bene. Era pallida, ma teneva la schiena dritta e la testa alta. In qualche modo, aveva trovato persino il tempo per fare qualcosa ai suoi capelli. Era forte, ce l’avrebbe fatta.

Non riuscì a ottenere una buona visuale del suo braccio mutilato, ma notò il biancore di una garza pulita e fu investito da un’ondata di tristezza. Quella era la mano che lui avrebbe stretto e baciato, la mano che l’avrebbe accarezzato e confortato.

Cominciò ad osservare i bordi del fossato per capire quale fosse il punto migliore per superarlo.

“Beh, almeno è ancora in piedi.” Rosita fece una smorfia.

Abraham le lanciò un’occhiata colma di disappunto, che però le scivolò addosso.

“A meno che non ce ne siano altri nascosti nelle tende, direi che è un gruppo abbastanza debole. C’è solo un pugno di uomini”, disse lui.

“Non sottovalutare le donne”, gli suggerì Rosita con un sorrisetto che lui non esitò a ricambiare.

“Riconosco alcune di queste ragazze. A Terminus erano nella Casa delle Madri”, la voce di Carol tremava. “Tyreese aveva ragione”, disse in poco più di un mormorio. “Tornerò, vado ad avvisare gli altri”, aggiunse, mentre si allontanava.

“Di che diavolo stai parlando?”, le rispose Abraham con un sibilo. “Dobbiamo tornare tutti indietro.”

“Lui no”, disse Rosita, indicando Daryl con la testa.

Carol sorrise e lo guardò. “No. Lui no.”

“Hanno ragione, entrerò adesso. Non la lascerò incatenata lì.”

“Dovremmo restare”, suggerì Rosita colpendo la spalla di Abraham. “Magari gli restituisci il favore di averti salvato la vita quella volta”, aggiunse con un tono innocente.

“Noi tre contro l’intero campo?”

“Sarà divertente.”

“Tornerò il prima possibile”, promise Carol. “Non fatevi ammazzare.”

Fece per andarsene, ma s’immobilizzò appena sentì dei rami rompersi alle loro spalle.

In trappola tra il campo e quella minaccia sconosciuta, i quattro si strinsero e tentarono di nascondersi nel sottobosco nel modo più silenzioso possibile.

“Come diavolo hai fatto a trovarla in questo cazzo di inferno?”, chiese una voce a pochi metri di distanza da loro.

“L’ho presa dalla borsa del prete quando è andato a parlare con Franco tipo un quarto d’ora fa. L’ho visto mentre la offriva a Miss Piggy, riesci a crederci?”

“Sarebbe un peccato ucciderlo”, mormorò la prima voce.

Entrambi risero rumorosamente.

Daryl, sporgendosi rischiosamente dal tronco che li divideva da loro, riconobbe due facce familiari. Erano le due teste di cazzo che erano sedute accanto a lui quando lui e Beth erano stati portati via per diventare cibo per vaganti giusto qualche settimana prima. Se ne stavano seduti a terra, uno dei due era impegnato a rollare uno spinello.

Sarebbe un peccato uccidere un uomo davanti a suo fratello. Un vero peccato.

La freccia partì dalla sua balestra in un secondo e trovò la sua destinazione nella testa del primo dei due fratelli. Lo spinello che era tra le sue dita cadde rovinosamente a terra e il suo corpo si accasciò nel fango, prima che l’altro potesse reagire o urlare.

Abraham si mosse velocemente, anticipando quello che Daryl stava per fare: si scagliò contro il fratello rimanente, spingendolo a terra e premendogli con forza una mano sulla bocca. Cercò di gridare, ma gli uscì solo un gemito di dolore.

“E se lo prendessimo come ostaggio? Se chiedessimo di fare uno scambio?”

Avanzando di un passo, Daryl estrasse la freccia dal cranio del primo fratello. “No”, disse cupo, “Rick all’inizio aveva provato a prenderne uno in ostaggio, ma la sua stessa gente gli sparò in testa. Non accettano nessun tipo di diplomazia.” Strinse la balestra, la ricaricò e la puntò tra gli occhi dell’uomo. “E non la meritano neanche.”

Abraham gli lasciò la testa e fece un salto all’indietro. Dalla gola dell’uomo sfuggì a malapena un grido prima che la freccia gli trapassasse il cranio.

Il bosco tremò intorno a loro.

“Dite che l’hanno sentito?”, chiese Rosita con una smorfia. Si tolse le mani dalle orecchie, facendole scivolare sulla cintura per stringere la pistola.

“Spero di sì.” Daryl si strinse nelle spalle e si affrettò a ricaricare la balestra. “La cosa migliore che potrebbe succedere in questo momento è che mandino un paio di altri stronzi a capire cos’è successo qui fuori. Se si aggirano per il bosco sarà facilissimo eliminarli. E’ pericoloso qui fuori.”


 

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Beth sentì un grido.

L’attenzione collettiva del campo si concentrò tutta sul confine.

“Vaganti?”, sentì una ragazza chiedere alle sue compagne. Aveva gli occhi lucidi.

Miranda uscì dalla sua tenda, guardandosi intorno con lieve interesse, mantenendo comunque la sua solita aria consunta e annoiata.

“Hey Gordon, Pike, andate a vedere”, soffocò un colpo di tosse. “Andate a controllare… e portatevi i pugnali, idioti!”, si rivolse a due degli uomini che stavano uscendo dalla tenda più grande.

Mentre i due si facevano strada ne boschi oltrepassando il fossato, Miranda li osservava. Si sentiva le spalle pesare ogni volta che muoveva il collo. La febbre l’aveva colpita. Gocce di sudore scorrevano sulla sua fronte dall’attaccatura dei capelli corvini. Si voltò maldestramente verso un gruppo di ragazze che stavano ricucendo un paio di giacche o qualsiasi cosa che appartenesse ai loro superiori.

“Avete visto il prete? Io e Hilly ci sentiamo una merda.”

Una delle ragazze interpellate le rispose a voce così bassa che Beth non riuscì a sentirla da quella distanza. Padre Gabriel non era nei paraggi, questo era chiaro. Infatti, Miranda si voltò infastidita e cominciò a cercarlo.

Nel momento in cui cominciò ad allontanarsi, Beth notò Sophie, nascosta dietro a una tenda a sbirciare furtivamente lo spazio circostante. Stringeva la mano bendata dell’omaccione che Gabriel le aveva fatto notare prima, Brock.

Con un sospiro, Beth realizzò che era evidente che stavano parlando di lei.

Brock, d’un tratto, si rese conto che avrebbero potuto sembrare sospetti e ritrasse la mano da quella di Sophie, invitandola a raggiungere le altre ragazze. Dal labiale, sembrava avesse detto: “Non guardarci.”

Sophie annuì con decisione e corse via. L’uomo sembrava più rilassato dopo aver ripristinato le distanze tra loro. Si sedette a terra, accanto a Beth, con le mani bendate poggiate sulle ginocchia.

“Sophie mi ha detto di parlare con te.”

Aveva un accento particolare, non sembrava della zona. A primo acchito, pensò che venisse da qualche parte a ovest, che magari era lontano da casa durante lo scoppio dell’epidemia ed era rimasto bloccato in Georgia, oppure che forse aveva cominciato a spostarsi dopo la fine di tutto. Era curiosa di conoscere la sua storia, ma aveva cose più importanti a cui pensare.

“Sophie mi ha detto che non facevi parte del gruppo fino a una settimana fa, che ti sei unito a loro dopo quel casino a Terminus.”

Lui annuì. “Ho seguito i segnali insieme alle mie figlie. Quando siamo arrivati, era invaso dai morti e completamente incendiato. Abbiamo incontrato Franco e gli altri mentre scappavano e ci siamo uniti a loro. Non sapevo ancora in cosa stavo entrando.”

“Ora lo sai?”

Il suo sguardo cupo si fermò sul suo braccio. Sembrava che stesse per vomitarle addosso. Beth si spostò preventivamente.

“Me ne andrei. Lo farei, ma sto male. Ci sono così tante ragazze, anche bambini. Non posso proteggerle tutte da solo e la più piccola delle mie sta male, non può andare da nessuna parte”, scosse la testa. “Questo non sono io. In molti qui ci sentiamo così, vogliamo parlare con Franco. Non gli permetteremo di farti ancora del male.”

Il suo tono era troppo fiducioso, troppo ingenuo. Dubitò che lui avesse capito chi fossero davvero i suoi leader e cosa gli avrebbero fatto se avesse anche solo provato a contraddirli. Ma comunque annuì, guardandolo dalla testa ai piedi e cercando di non esternare il pensiero che quel suo ragionamento fosse da completo idiota.

“Tu piaci a Sophie, piaci a tutte loro. Mi ha detto che sei carino con loro e che hai provato a proteggerle.”

La sua folta barba scura nascondeva un’espressione triste mentre abbassava lo sguardo a terra. “Provato è la parola giusta.”

“Vuoi riuscirci?”

Lui, comprensibilmente, la guardò con sospetto.

“Sophie mi ha detto che posso fidarmi di te e… credo che a breve te ne saresti accorto da solo in ogni caso. Tutti quelli che sono tornati con me, tranne Randal e Gabriel, stanno prendendo la febbre.”

Davanti a quella confessione, Brock si congelò sul posto, quasi come se avesse smesso di respirare.

La febbre”, ripeté per enfatizzare, anche se sapeva che aveva capito perfettamente. “Se loro si trasformano e tu non sei preparato, alcune persone innocenti potrebbero morire. Hai detto che ci sono altri come te? Fantastico, portali con te prima che qualcuno muoia.”

“Com’è successo?” Ritornò in sé con uno spasmo e la fissò incredulo.

“A quanto pare, è così che va se mangi carne infetta.”

Brock chiuse gli occhi, e Beth intuì che si stava prendendo il suo tempo per ripetersi quelle parole in mente e capirle.

“Loro hanno mangiato...”

Aveva ragione. Non aveva ancora capito con chi aveva a che fare. Si chiese quante altre persone del campo fossero ignare.

“Questa cosa mi ha salvato la vita”, disse apatica. “Se non queste le loro intenzioni… perché pensate che mi abbiano incatenata così?”

“Gliel’abbiamo chiesto, ma loro hanno detto...”, si bloccò. Il suo viso si tinse di rosso, non aveva dubbi che qualsiasi scusa gli avessero rifilato sarebbe sembrata ancora più stupida detta ad alta voce. “...Sei sicura?”

“Ne sono certa. Sono praticamente già morti. Forse anche il resto di voi presto lo sarà.” Guardò il campo, i suoi occhi si fermarono su una donna con in braccio un bambino che doveva essere un po’ più piccolo di Judith. “Io non voglio che accada, quindi dovrai proteggerli.”

Brock deglutì sonoramente, trovò con lo sguardo la tenda di Franco e impallidì.

“E’ più semplice di quanto pensi”, gli disse Beth con un sospiro.

Lentamente, l’uomo si rimise in piedi e annuì. “Già, credo di sì.”

Camminava a testa bassa e a spalle strette, più di come aveva fatto quando si era allontanato da Sophie. Alla fine avevano parlato per pochi minuti, nessuno doveva averli notati se non un gruppo di ragazze che, secondo Beth, non avrebbe parlato.

Miranda e Hilly ricomparvero insieme a Gabriel. Le guidò alla sua tenda per poi farle aspettare fuori. Stavano peggio che mai, i loro sguardi sembravano seriamente preoccupati. Hilly, in particolare, era un disastro: i suoi capelli rossi brillavano per quanto bagnati dal sudore, si era spogliata dei suoi abiti più pesanti per lasciare scoperto ciò che poteva. Nonostante indossasse un top molto sottile, Beth era sicura che la sua pelle stesse bruciando lo stesso.

Un rumore nauseante la portò a focalizzare l’attenzione su una delle piccole tende alle sue spalle. Sembrava che qualcuno stesse tossendo fino a strozzarsi.

Con una certa difficoltà, Franco aprì la sua tenda e uscì. Da quando l’avevano portata al campo, in quelle poche ore, le sue condizioni erano peggiorate. Aveva il volto scavato e pallido, il collo, le labbra e gli occhi gonfi come se si fosse appena drogato. Dopo essersi guardato attorno, fissò Hilly e Miranda e si diresse verso di loro, calciando rumorosamente il terreno a ogni suo passo. Beth sobbalzò non appena le passò accanto. Il suo volto era contratto dalla rabbia, ma per fortuna nessuno di quegli sguardi furibondi era riservato a lei, per il momento.

Tossì per annunciare il suo arrivo. Miranda e Hilly gli lanciarono uno sguardo cupo, capivano come si sentiva. Due degli omaccioni che stavano controllando il perimetro si misero i fucili in spalla e li raggiunsero per capire cosa stava succedendo. Randal fu l’ultimo ad unirsi a loro, e rimase indietro di qualche passo. Si voltò in direzione di Beth e fece incontrare il suo sguardo colmo di sospetto col suo. Compreso o meno cosa ci fosse che non andava nei suoi leader, non disse nulla. Mantenne la bocca serrata, anche se il suo sguardo sottintendeva una domanda.

Non era abbastanza vicina per sentire cosa stessero dicendo, ma riuscì a comprendere una frase di padre Gabriel: “...Voi tre avete bisogno di riposare.”

Li osservava, cercando di racimolare quanti più frammenti di conversazione possibili, ma un movimento tra gli alberi che aveva notato con la coda dell’occhio la riportò alla realtà. Confusa, si guardò attorno e si rese conto che ogni singola ragazza era sparita dal campo. Non sapeva se si erano effettivamente nascoste nelle loro tende oppure se erano davvero andate via, ma quella tendopoli, in pochi istanti, divenne una tendopoli fantasma.

Voltandosi il più che poteva per osservare l’ennesimo punto vuoto, vide Brock con altri due uomini. I loro sguardi sembravano fortemente determinati.

Aveva scoperto le sue carte, ora non poteva far altro che vedere come le avrebbero giocate. Avvolse la catena intorno al suo braccio, stringendola, e osservò la scena mordendosi nervosamente le labbra.

Brock doveva aver scartato la diplomazia e il tatto come modalità d’approccio, perché disse solo due parole e qualcuno aveva già cominciato ad urlargli contro.

“Non è la febbre! E’ solo una stupida influenza, l’abbiamo avuta tutti!” Hilly alzò subito la voce, mettendosi sulla difensiva.

I due uomini con i fucili scattarono per difenderla, piazzandosi tra lei e Brock. Quest’ultimo alzò le mani bendate. Beth lo interpretò come un segno di resa, finché non lo sentì dire: “Va bene, mi dispiace. Ma ora devi scegliere tra il prendere una pallottola in testa seduta stante o...”

“NON E’ LA FEBBRE!”, gridò Miranda.

Presto la situazione sfociò nel caos più totale e lei non riuscì più a capire neanche una parola, se non qualche eventuale imprecazione. Solo tre persone non presero parte alla rissa: Randal, che continuava a fissare Beth, padre Gabriel, che un’aria piuttosto confusa, e Franco. Il silenzio di quest’ultimo la terrorizzò. Le dava le spalle e teneva la testa bassa, respirava così pesantemente che poteva vedere il suo torace gonfiarsi e rilassarsi anche a quella distanza.

A un certo punto, ognuno impugnò la propria pistola. La cosa stava diventando più cruenta di quanto si aspettasse. Se le puntarono contro a vicenda, tranne padre Gabriel e Brock, che le avevano impugnate per precauzione, senza sollevarle. Stavano ancora cercando di ragionare col gruppo, cosa che non avrebbe mai funzionato.

L’unico a non aver afferrato la sua pistola era proprio Franco. Si voltò verso di lei con gli occhi furiosi iniettati di sangue per la febbre.

Sentì il primo sparo, ma non riuscì a distinguere quale fosse stato il bersaglio del proiettile. Vide due corpi crollare a terra, ma non riuscì a distinguere nient’altro tra la folla.

Nonostante il rumore assordante, Franco non aveva battuto ciglio. Il suo sguardo era fisso su di lei e sembrava animato da una furia omicida. Senza curarsi del caos alle sue spalle, cominciò a correre verso di lei. Tuttavia, non impugnò la sua pistola, e neanche il machete che già aveva avuto modo di farle conoscere. Il suo battito era letteralmente impazzito, stava scivolando nel panico mentre si domandava cosa stesse succedendo nel suo cervello malato.

Era un uomo morto, nulla avrebbe potuto impedirlo. Ma prima, aveva intenzione di pestarla a morte.

   
 
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