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Autore: VampERY    16/04/2017    0 recensioni
Dalla storia: -Ciao bella- sento prima di vedere dietro di me un ragazzo alto, moro completo di barba di un paio di giorni e sorriso che mi uccide ogni volta.
-Mihi hai ftt male! Ahia!- il dentifricio mi impasta la bocca, mannaggia.
-Scusa?- mi chiede lui alzando un sopracciglio pensieroso.
-Mmm nn inizre- e ancora non mi libero di quella massa verde che ora avrà sicuramente una lieve sfumatura di rosso per la piccola ferita che mi sono procurata.
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Un tranvione. Ecco quello che sembro oggi. Per colpa di una persistente e fastidiosissima tosse mi ritrovo con una voce decisamente strana. Insomma bassa, calda che sembra suggerire chissà quale gioco erotico anche se sto chiedendo al commesso del supermercato un etto di prosciutto!
Di solito mi piace questa particolare “condizione”, anzi mi ricordo che da piccola facevo apposta a telefonare alle mie amiche o intrattenere lunghe conversazioni con mia mamma solo per sentire il suoni strani che uscivano dalla mia gola. Oggi invece, che di anni ne ho 25 e per lavoro discuto con altri colleghi di libri da promuovere, conferenze da organizzare e scrittori emergenti da non farsi scappare mi sento quasi ridicola.
Per tutta la giornata ho cercato di rimanere professionale ma le pause vuote, quelle in cui la mia voce chiede una tregua erano veramente spassose; era un continuo –Ripeti-, -Cosa hai detto, scusa?-, fino al comicissimo -La linea deve essere disturbata. Richiameremo più tardi-. Fortuna che ogni qual volta succedeva (ed è successo varie volte) Rachele vicino a me faceva in tempo a riacciuffare la cornetta e trattenere l’interlocutore di turno.
 
Ma ormai è sera, sto uscendo dall’ufficio della piccola ma fiorente casa editrice per cui lavoro e me ne sto tornando a casa. Senza alcun bisogno di parlare.
 
 
Finalmente a casa faccio in fretta a svuotare la borsa del notebook (ultimo gioiellino di cui l’azienda ha dotato tutti i suoi dipendenti), chiavi, pacchetti di fazzoletti, la bottiglietta d’acqua mezza vuota e io mi libero dei vestiti direzione bagno. Ho bisogno di una lunga doccia calda, di quelle che sciolgono i nodi accumulati durante la giornata. Prima però un’occhiata veloce a quel mezzo che oggi sembra essere ormai vetusto: la mia segreteria telefonica. Di solito lui lascia un messaggio quando non lo trovo ancora a casa. E infatti: -Ciao. Stasera torno un po’ più tardi. Aspettami sveglia. Un bacio-.
Sì ce la posso fare. Ci perdo le ore in doccia io. Può darsi benissimo che il tempo che mi ammollo lui arrivi.
 
 
-Ah ci voleva proprio- mi lascio andare una volta dentro l’accappatoio morbido con i capelli ancora bagnati che mi incorniciano il volto davanti al grande specchio. Niente phon per stasera, così domani avrò –si spera- una bella acconciatura selvaggia. Non è servita a niente però per quanto riguarda la voce “melodiosa”… Amen.
Penso a cosa vedermi dopo. “Non c’era un film che erano settimane aspettavo di vedere?” mi chiedo mentre con lo spazzolino in bocca mi preparo per la serata, quando mi sento afferrare per la vita da dietro e sobbalzo sul posto e inevitabilmente mi parte quell’aggeggio maledetto graffiandomi la gengiva.
-Ciao bella- sento prima di vedere dietro di me un ragazzo alto, moro completo di barba di un paio di giorni e sorriso che mi uccide ogni volta.
-Mihi hai ftt male! Ahia!- il dentifricio mi impasta la bocca, mannaggia.
-Scusa?- mi chiede lui alzando un sopracciglio pensieroso.
-Mmm nn inizre- e ancora non mi libero di quella massa verde che ora avrà sicuramente una lieve sfumatura di rosso per la piccola ferita che mi sono procurata.
Resto sola in bagno e lo sento chiedermi come è andata, del suo incontro con quelli della sede di Torino. Fa il…veramente non ho ancora capito che lavoro faccia. So che c’entrano i computer e le telecomunicazioni ma sinceramente ogni volta che me lo spiega sulla mia testa invece di comparire la famosa lampadina accesa c’è solo una balla di arbusti secchi come nei cartoni animati.
Faccio la mia entrata trionfale in camera e dico (sempre con la mia vocetta d’angelo): -Mi sono tagliata, scemo!-
 
All’inizio non sembra accorgersi di quella che sta diventando una maledizione, perché è sicuro che la mia sfiga di oggi sia dovuta alla voce. Ne ho avuto la prova quando alle macchinette non è voluta scendere la bottiglietta di thè per la quale avevo speso ben 1.50 euro!
Tengo il punto, o meglio, la mia posizione già pronta a fargli vedere quanto il suo saluto abbia avuto effetti nocivi sulla mia salute quando se ne esce con un commentino malizioso.
-Oh ma che voce suadente che abbiamo…-
-Piantala-
-Mi piace. Mi fa venire voglia-
-Voglia di che?- e con questa anche il cervello è andato a dormire per tornare a farsi vivo, si spera, solo domani mattina.
Finisce di togliersi il maglione, lo appoggia sul letto e con solo i pantaloni calati sui fianchi copre la distanza dal letto a dove mi trovo io e mi poggia un casto bacio sulle labbra, mi passa una mano a mo’ di carezza sulla guancia e poi si scusa.
 
Finiamo tutti e due in bagno. Ancora. Lui si lava i denti e io lo guardo seduta sul bordo della vasca rispondendo a quelle domande che mi aveva rivolto qualche minuto prima. Poi senza muovermi da lì e continuando il resoconto della mia giornata lo accompagno con le mie parole in camera da dove torna in pantaloni della tuta e maglietta a maniche corte, quella che gli sta tanto bene e che abbiamo comprato insieme.
-Conti di rimanere lì tutta sera o vieni a letto?-
-No, vengo-
-Lo fai tutte le volte- ammicca con un sorriso da perfetto pezzo di….no non lo è, anche perché stravedo quando fa così. Sarebbe capace di convincermi a fare qualsiasi cosa lui voglia se mi dice certe cose. Diciamo che la fase da innamoramento scemo non mi è ancora passato, ok? Oppure è il suo potere, come il mio è di organizzare ogni singola cosa (cassetti della biancheria compresi).
Faccio per alzarmi di lì quando mi ferma con uno sguardo criptico seguito da un: -Così? Asciugati i capelli, dai-
Ooooooh. Ma chi è, mia madre? Ma pensa questo…
Comunque ha ragione. E vaffambagno al mio proposito di sperimentare la tecnica del “capelli bagnati = capelli selvaggi”. Tanto non avrebbe funzionato.
Non mi serve nemmeno chiedergli di farmi compagnia che molto gentilmente mi fa alzare e si siede nello stesso punto che il mio sederotto aveva scaldato per bene.
-Comincia- mi dice a mo’ di comando insieme a un gesto della mano che segnala il via libero.
Scuoto la testa a quel suo atteggiamento ma d’altra parte che cosa dovrei rimproverargli? Di tenere a me? Di essere più lungimirante della sottoscritta? Sarebbe come ammettere che ha ragione e non sono disposta a farlo.
 
Per qualche minuto nessuno dei due ha aperto bocca: io impegnata a districare i nodi col pettine e lui…che ha fatto lui in questo tempo?
Quando mi giro per guardarlo lo vedo che se ne sta con le gambe divaricate, i gomiti sulle ginocchia, la schiena leggermente arcuata e mi guarda. Messo così i ciuffi più lunghi gli hanno coperto la fronte e parte dell’occhio sinistro e posso dire che è uno spettacolo? Sì lo dico.
-Sei proprio bello, sai?- riprendendo a districare quella matassa che sono i miei capelli.
-Parla ancora-
-Devo dire però che sei anche vanitoso-. Se vuole che gli citi in ordine alfabetico i suoi pregi si sbaglia di grosso.
-No, intendevo: dì ancora qualcosa- mi dice lisciandosi le mani palmo contro palmo come morisse dalla voglia di toccare qualcosa.
-Perché?- Solita domanda. Ero diventata “la donna dei perché” all’università solo perché mi ero stupita quando mi avevano chiesto il cappotto (per poterlo appendere in aula ma all’epoca non me ne ero accorta, insomma pensavo piuttosto mi volessero rapinare!).
Lentamente si alza e avanza verso di me. Si posiziona dietro e guardando dritto davanti a noi nello specchio: -Perché questa voce mi sta facendo impazzire, cavoli- e mi bacia il collo.
Prosegue mettendo ancora una volta quella sera le mani sui miei fianchi e mi stuzzica con la punta del naso accostandola alla mia pelle che per il contatto così gradito risponde aumentando di temperatura, solo un paio di gradi, ma sufficienti per dargli la conferma che si sta comportando bene.
-Sembra che tu voglia fare sesso quando parli. Te ne sei resa conto?-
-Ecco perché stamattina alcuni colleghi mi guardavano male-
-Ti assicuro che non è solo per questo, però aiuta-
 
Lentamente riprendiamo possesso l’uno dell’altra dopo una giornata passata nella stessa città ma lontani. Fisicamente almeno. La sera subito prima di cena è il momento che preferisco perché si concretizza sempre quel rituale che ormai da qualche mese caratterizza la mia settimana. Se lui è tornato prima di me mi fa trovare la cena o se stesso in attesa di ogni mio capriccio (dalla pizza da ordinare e stare a casa, all’imperdibile museo aperto fino a tardi); se invece sono io quella che è in sua attesa mi do da fare per rendergli il ritorno a casa il più rilassante possibile, come quella volta che ho acceso un mucchio di candele per casa con il rischio di dar fuoco alle tende del salotto.

Ci culliamo insieme muovendoci appena: schiena contro petto, mani attorno al mio corpo e le mie sulle sue come a guidarle. Ma la cosa più buona è il profumo che emana: lo stesso che ogni mattina mi sveglia e mi convince ad aprire gli occhi per dare anche alla vista quello che il naso sta già assaporando.
Poi all’improvviso mi dice: -Lascia stare i capelli. Seguimi-
Di nuovo sceglie l’angolo della vasca per sedersi e con lo sguardo invita a mettermi a cavalcioni su di lui. Cavallerescamente mi offre una mano come appiglio per quell’operazione tanto semplice ma che visto il momento di intimità e di tensione che si è magicamente creato potrebbe risultare difficile quanto scalare una montagna senza corde.
-Dovremmo registrare qualche frase sconcia, così che possa sempre averla a disposizione- sussurra al mio orecchio prima di mordermi leggermente il lobo.
Non so se sto sospirando per le fitte di piacere che la sua di voce mi manda o per quello che sta facendo. Gli circondo il collo con le mie mani e lo bacio a mia volta, senza esagerare però. La gengiva mi fa ancora male e mi basta veramente poco per prendere fuoco.
-Dì il mio nome-
La sua richiesta rimane qualche tempo inascoltata per colpa delle sue mani che percorrono in su e giù il mio corpo ancora coperto dall’accappatoio.
-Dillo, ti prego-
-Una supplica? Addirittura! Allora deve piacerti molto questa nuova me, eh?-
Pensavo di avercela solo io sta fissa per il nome detto dall’altra persona, ma evidentemente mi sbagliavo. Certo me ne sarei dovuta accorgere ormai tempo fa. Da quanto mi sentissi felice ogni volta che mi chiamava, o bisbigliava o ancora si tratteneva a stento dall’urlare il mio nome.
-Aaah…- oddio il sospiro è anche peggio così e immediatamente lui se ne accorge. Una risata breve e bassa gli esce dalle labbra, contento di aver ottenuto anche questo da me.
Piano mi scosta il tessuto colorato e mi scopre la spalla, ci passa sopra le dita e richiamando la mia attenzione mi guarda dritta negli occhi. Tutti e due ci passiamo la lingua sulle labbra in previsione di quello che succederà dopo, o forse proprio perché non sappiamo cosa seguirà.
Continua a fissarmi con quel verde magnetico che si ritrova al posto degli occhi e anche quando la sua mano avvolge il mio seno non smette di farlo.
Mi sembra di sciogliermi quando sono in mano sua; la maniera in cui mi tocca, la calma che si prende nel vezzeggiarmi e l’attenzione che pone in tutto ciò è un potente afrodisiaco per me, che ora non riesco a stare ferma.
-Uuuh-
-Hai saltato le 3 vocali in mezzo ma penso possiamo rimediare, amore mio-
-Dimmelo di nuovo-. Questa volta sono io quella che chiede di ripetere quanto detto. Non mi accontento mai di sentirglielo dire.
-Raccontami qualcosa tu e te lo dico fino a domani mattina- e mi bacia con trasporto adesso. La lingua trova subito la mia e mi spinge contro il suo corpo in allerta ormai. I capelli bagnati si spargono intorno a noi, mi vanno davanti alle labbra e anche questi vengono risucchiati con vigore da lui e la sua bellissima bocca. Solo quando davvero sembrano un ostacolo fastidioso interrompe il contatto per portarmeli dietro l’orecchio in modo da tenermi scoperta almeno una parte del collo.
Faccio per alzarmi, anzi mi metto proprio in piedi quando quasi allarmato mi chiede dove stia andando.
-Di là. In camera. Non resisto più-
Un altro sorriso, quasi un ghigno diabolico da quel non so che di tenebroso al mio bel compagno di giochi. Perché stiamo giocando: se anche lui fosse sul punto di non resistere oltre mi avrebbe già spogliato del tutto e presa sul letto di casa nostra.
-No, no, signorina- mi fa segno muovendo l’indice per poi usare lo stesso come richiamo a riprendere le posizioni di poco fa.
Sospiro. Mi rimetto a sedere quando -Ah!- prima che mi possa rimettere a cavalcioni su di lui mi allarga lì in mezzo per accarezzarmi.
-Mmm….- risucchio le labbra e strizzo gli occhi di fronte a quella sensazione paradisiaca, accentuata dalla sua bocca sul mio seno scoperto visto che la parte sopra dell’accappatoio è sceso ormai attorno alla mia vita. Ci sono solo la cascata dei miei capelli umidi e la sua mano sinistra a coprirmi la schiena.
-Non voglio che questa cazzo di voce vada più via- mi lascio andare a un commento stupido, una constatazione ovvia e utopica insieme ma che sembra aver portato il mio amante ad un livello più alto di eccitazione.
-Ora tu vieni di lì con me e finchè non ti dico basta…………….- pausa di suspense - mi leggi un libro-
-Che?-
-Uno qualsiasi ma non smettere di parlare- soffia autoritario sul mio orecchio e nello stesso tempo mi solleva e si muove con me in braccio.
Non capisco che vuole fare. Pensavo avremmo fatto sesso e adesso…io non…
-Ho appena iniziato e per quello che ho in mente domani dovrai darti malata- fa lo spaccone ma io so che quando si mette in testa qualcosa finchè non la ottiene non si arrende. E se questa volta la sua “meta” sono io beh chiamerò per avvisare in ufficio.
 
Una volta in camera mi ha appoggiato sul nostro letto e si è liberato dei vestiti per restare solo in boxer al che mi è partito un commento di apprezzamento nei suoi confronti. Mi ha passato il primo libro che ha visto sulla mensola lì vicino e dopo un -Comincia a leggere. Lentamente- si è messo accanto a me, mi ha aperto la cintura che ancora teneva semichiuso l’accappatoio e “la nostra personale serata del club di lettura è iniziata.



n.d.A.
Qui urge spiegazione: non ho la più pallida idea del perchè ho voluto pubblicare una storiella del genere. Diciamo che se anche la si dovesse leggere non porta grandi conoscenze eheh. Più che altro è un piccolo feticismo che ho fin da piccola: perdere la voce o in questo caso avere un po' di raucedine, tema che mi ha sempre affascinato avendolo provato svariate volte. Ecco forse volevo dimostrare a me stessa di essere in grado di prendere una cosa così banale e inserirla in un contesto...carino? Lascio a voi giudicare.

 
  
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