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Autore: itsmeg    16/04/2017    2 recensioni
[RIVERDALE] [ Bughead POST 1x10]
Il tratto di strada da Pop’s a casa di Betty lo passano in silenzio, camminando ognuno immerso nei suoi pensieri. Ogni tanto uno dei due guarda l’altro di sottecchi, cercando di immaginare quale oscuro pensiero gli attraversi la mente, cercando di dire qualcosa ma senza emettere alcun suono.
Non è la prima volta che i due camminano in silenzio, e la cosa non li aveva mai messi in imbarazzo. Il loro non è il silenzio di chi non sa cosa dirsi, ma la quiete di due persone che stanno bene così come stanno, semplicemente. Quella volta, però, c’è imbarazzo tra di loro, e la colpa è soltanto di lui.
Ha rovinato tutto. In tutta la sua intera vita, ha ricevuto da suo padre un unico consiglio sincero e giusto, e lui non ha saputo dargli ascolto, mandando tutto all’aria.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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NdA: Due paroline prima di cominciare. Non so se troverete i personaggi OOC. Personalmente ho fatto di tutto per renderli quanto più IC possibile, oggettivamente parlando. La questione dell'asessualità di Jug, nel tf ancora non confermata, è comunque una cosa di cui nel fandom si discute spesso, e sinceramente da quando ne son venuta a conoscenza ( conoscevo solo in linea generale gli Archie comics) mi sono chiesta come e se avrebbero mai affrontato la cosa nel tf. Io ci ho provato, magari anche male in quanto la questione è delicata e difficile, ma come meglio ho potuto. Non credo nel tf Jug sarà asessuale, ma di sicuro ha dei problemi a livello emotivo e ci sta lavorando, si sta interrogando. Questo è quanto. Critiche, se costruttive, sono ben accette e anzi, SUPER VOLUTE! Questa è la mia prima volta nel fandom di Riverdale, e spero davvero di cuore che la storia vi piaccia. Questi due mi son sempre piaciuti, ed ora che finalmente hanno avuto la loro prima BIG FIGHT, non vedo l'ora di vedere cosa ci sarà in serbo per loro nel futuro <3 Ah, quasi dimenticavo, Buona Pasqua a tutti voi! :) 
Meg.



 
Do you know that we bleed the same?
( The perfect girl next door, the cheerleader,
 and the misfit, loner, outsider from the wrong side of the tracks.)

 
 
Cold bones,
yeah that's my love.
She hides away, like a ghost.
Does she know that we bleed the same?
Don't wanna cry, but I break that way.
Cold sheets, but where's my love?
I am searching high,
I'm searching low in the night.
Does she know that we bleed the same?
Don't wanna cry, but I break that way. […]
I got a fear, oh in my blood.
She was carried up into the clouds, high above.
If you're bled, I bleed the same.
If you're scared, I'm on my way.
Did you run away?
Did you run away,
 I don't need to know.
If you ran away,
if you ran away,
come back home..
Just come home.

( Where is my love? – Syml)


 
 
E’ nel momento in cui stringe a sé Betty da Pop’s, dopo che entrambi hanno abbattuto i muri che li stavano inesorabilmente separando, che Jughead Jones capisce che qualcosa è cambiato, tra di loro. Qualcosa di grosso e di importante, e lo capisce quando Betty posa nuovamente lo sguardo su di lui, una luce nuova ad illuminare lo sguardo con cui lo scruta sempre minuziosamente e con affettuosa attenzione. Sono diversi questa volta, quei suoi occhi così grandi, profondi ed espressivi tanto da non lasciare spazio alle parole. Non servirebbero, Betty gli sta già dicendo tutto così. Ed è sempre in quel momento che Jughead Jones comincia a maledirsi, sentendo l’innalzarsi di un nuovo e più resistente muro dentro di sé.
Betty schiude piano le labbra come per dire qualcosa, lo guarda fisso ed intensamente tanto da togliergli il fiato, e lui se ne sta lì, in apnea, in combutta con i fantasmi che vivono dentro di lui, tormentandolo.
Alzati, va’ via finché sei in tempo. Li sente urlargli, e Jug ha paura. Ha una paura matta di quelle voci, di quei fantasmi e di ciò che gli rievocano, di Betty. E si odia per questo. Lui non vuole avere paura di Betty, ma in quel momento lei lo spaventa più dei fantasmi del suo passato, e Jug preferirebbe farsi prendere a pugni da Chuck all’infinito piuttosto che avere paura della dolce, premurosa, intelligente, divertente e… Sua, Elizabeth Cooper. Sua. Che concetto idiota. Certo, Betty è la sua ragazza. La sua amica. La sua collega al giornale. La sua compagna di avventure. Nonostante ciò, Jughead non la vede come una sua proprietà. Lei è Betty, e perché questo non dovrebbe bastare? Perché dovrebbe esserci qualcosa che potrebbe definire ciò che lei significa ed è per lui meglio di Betty?  Un nome, una parola così semplice, eppure che racchiude tutto per lui. Tutto ciò che è, tutto ciò che rappresenta, tutto ciò che è interessante, diverso e speciale in lei. Jug sente il cuore in gola mentre i minuti scorrono, ma poi Betty scuote il capo lentamente, mentre sorride imbarazzata, e smette di guardarlo. Quando riprende a respirare fa quasi male, dopo aver trattenuto il fiato per un tempo che gli era sembrava infinito. E Betty se ne accorge. Lei nota qualsiasi cosa, da sempre e sempre. Elizabeth Cooper sa persino quantificare quanto sia stanco e quanto poco abbia dormito in base alla gradazione di colore delle sue occhiaie. Conosce la differenza tra un Jug arrabbiato e cinico e uno semplicemente curioso in base alla linee che gli si formano sulla fronte.
Elizabeth Cooper conosce ogni piccolo dettaglio di lui, senza che lui neanche si accorgesse di quando la ragazza lo aveva osservato e studiato così minuziosamente per scoprire cose del ragazzo che nessuno, lui compreso, aveva mai saputo.
Ed è grato del fatto che Betty non lo stia più guardando in quel modo, che quel muro che stava innalzando possa smettere di metter su mattone dopo mattone per allontanarla da lui.
Jughead Jones non è un esperto di relazioni, di qualsiasi tipo. Non è un esperto di parole, paradossalmente. E’ uno scrittore, certo, ma uno di quelli che misurano ogni frase, virgola o punto con il contagocce. Perché sprecarne? E nella realtà, è ancora più meticoloso. Non si è mai interrogato sulla sua amicizia con Archie, perché quella è venuta da sé, naturalmente, e lui ha semplicemente sempre saputo che il ragazzo era come un fratello per lui. Ancor prima che Archie glielo dicesse, lui lo sapeva già, e non aveva mai avuto il bisogno di dirglielo perché era così e basta.
Sa che fin da quando lui, Archie e Betty erano bambini, ascoltava attentamente ciò che Betty aveva da dire. Che gli piaceva guardarla raccogliere fiorellini, che aveva notato con lo scorrere del tempo ogni cambiamento fisico e caratteriale della ragazza. L’aveva osservata sporcarsi di fango insieme a loro senza fregarsene di rovinare i suoi perfetti abiti rosa confetto quando avevano sei anni; l’aveva osservata imbarazzarsi durante le loro gite estive al lago, quando il suo corpo aveva cominciato a cambiare; l’aveva osservata quando il suo modo di parlare ad Archie e di Archie era cambiato; l’aveva osservata arrabbiarsi quando i bambini a scuola lo prendevano in giro per i suoi abiti rattoppati, o quando di nascosto infilava nello zainetto di Jellybean dei cerchietti che la madre le aveva comprato e di cui lei non aveva bisogno; l’aveva osservata guardarlo sinceramente dispiaciuta quando sua madre era andata via portando con sé sua sorella; e l’aveva osservata quando, crescendo, si erano allontanati ma Betty continuava sempre ad avere un occhio di riguardo per lui, a chiamarlo Jug, nonostante le cose non fossero più come un tempo. L’unica spiegazione che Jug si era dato per il loro allontanamento era che l’unica cosa che li accomunava era Archie, e sempre lo era stato. Con il tempo erano subentrati Kevin, i sentimenti per Archie, e Jughead semplicemente aveva cominciato ad isolarsi dal resto del mondo dopo che il suo mondo, la sua famiglia, erano definitivamente crollati. Non c’era spazio per lui nella vita perfetta di Elizabeth Cooper, forse perché prima non erano mai stati davvero amici. Non si era interrogato molto sul perché, gli sembrava ovvio il motivo, ma poi improvvisamente tutto era cambiato.
Betty era andata da lui, quando aveva cominciato ad investigare sull’omicidio di Jason.
Non da Archie, non dalla sua nuova migliore amica Veronica, non da Kevin. Da lui, perché sapeva del suo romanzo. ‘ So bene quanto tu sia un abile scrittore e investigatore, Juggy.’.
Non si era chiesto il perché, le aveva detto di sì quasi subito, perché con Betty lui non aveva bisogno di imporsi di non pensare, agiva e basta, mosso da un istinto, una forza che fuoriusciva solo quando era con lei.
Lo stesso istinto che aveva fatto sì che notasse la luce che le illuminava gli occhi durante le loro investigazioni, il modo in cui si sistemava l’acconciatura nonostante fosse sempre perfetta e impeccabile, il modo in cui quando sorrideva a lui, ed unicamente a lui, due fossette comparivano ai lati della sua bocca. Lo stesso istinto che quel pomeriggio gli aveva mostrato Betty sotto un’altra luce, quando aveva semplicemente chiuso gli occhi e l’aveva baciata in camera sua, per la prima volta.
Era stato semplice, era stato giusto, per lui.
E nonostante non avesse mai smesso di essere spaventoso il modo in cui Betty riusciva a fargli fare cose che non avrebbe mai e poi mai fatto o voluto fare con qualcun altro, Jughead non ci pensava, non voleva farlo, perché bastava il sorriso di Betty a rassicurarlo.
Bastava il sorriso di Betty e quei suoi dolci sguardi a fargli mancare il fiato mentre la riaccompagnava a casa e le diceva balbettante e timido che era quello che due nella loro situazione facevano normalmente. E Betty, nonostante le sue parole, aveva capito e aveva sorriso. Stavano insieme, lei era la sua ragazza e lui il suo ragazzo, e non c’era bisogno di parole per dimostrarlo o rendere la loro relazione più reale. Jughead la guardò, mentre ringraziava il cameriere per il frullato alla vaniglia che le aveva portato e chiudeva le labbra intorno alla cannuccia, socchiudendo gli occhi come per assaporare meglio un gusto che oramai conosceva perfettamente ma che per lei era sempre buono come la prima volta. E questa era una delle cose che a Jug piaceva di più di Betty, la sua incontrastabile innocenza, nonostante tutto. La meraviglia nei suoi occhi, l’attenzione nei suoi gesti e nelle sue parole. Un sorriso nacque spontaneo sulle sue labbra ma scomparve tanto velocemente tanto quanto era nato, nel momento in cui Jug sentì una fitta allo stomaco ripensando allo sguardo di Betty e all’intera serata, alle loro parole, a quelle di sue padre…
“ Juggy?” Betty lo guarda, preoccupata, il labbro superiore sporco di frullato alla vaniglia. Istintivamente Jug le afferra il volto con una mano, e delicatamente la aiuta a pulirsi. Un sorriso increspa le labbra di lei, che arrossisce a quel contatto.
Jug sente la sua mano andare a fuoco in quel momento, e la ritira subito. Cosa gli sta accadendo? Andava tutto bene, poco fa. Andava tutto dannatamente bene, fino a due secondi fa. Loro due, soli, abbracciati da Pop’s e senza più barriere a dividerli. Betty gli afferra nuovamente la mano, e sospira. Restano in silenzio a guardarsi, mentre Betty si tortura le mani e un velo di indecisione le oscura gli occhi.
Stanno entrambi trattenendo il fiato, in attesa di qualcosa di inevitabile.
“ Ti amo.” Sussurra lei, quasi impercettibilmente. Jug però lo sente, e quelle parole lo paralizzano.
Una parte di lui vorrebbe partire e baciarla, d’istinto. L’altra, quella oscura, vorrebbe soltanto alzarsi e scappare, come se nulla fosse. Ma lui non può farlo, non può lasciare Betty da sola, non può abbandonarla e non può evitare le parole che la ragazza gli ha detto. Betty continua a guardarlo, cercando di farsi coraggio in un’attesa silenziosa. I minuti però passano, e Jughead resta in silenzio, ancora paralizzato.
Si odia, in quel momento. Si odia perché non sa risponderle, non sa cosa prova. Si odia perché qualcuno, dentro di lui, gli urla che non sta provando niente. Che le parole della ragazza non l’hanno scalfito, non l’hanno emozionato, perché lui non sa cosa sia l’amore e di certo non può provarlo tanto quanto qualcuno non può provarlo per lui. Eppure Betty gli ha dimostrato più volte di tenere a lui. Eppure sa di tenere a lei, ad Archie, a sua sorella. Sa di non essere totalmente un mostro senza sentimenti, ma in quel momento, Jughead non prova nulla, e si odia per questo. Betty abbassa lo sguardo, ma Jughead nota il cambiamento nel suo sguardo, la delusione, il dolore nei suoi lineamenti.
“ Andiamo a casa?” Gli domanda, semplicemente, e Jug si sente morire. Sa che Betty è consapevole che qualcosa in lui non vada, che i suoi occhi si son fatti più scuri, che la sua mente sta viaggiando chissà dove, ma sa anche che se cominciasse a fare domande adesso, lui fuggirebbe. Lei lo sa. Lei è Betty, e ancora una volta questa consapevolezza lo porta a sentirsi pesante, debole e agitato.
Jug annuisce piano, alzandosi e accettando la mano che Betts gli sta tendendo, incerta. Non lo guarda e lui non guarda lei, e sa quanto sia sbagliato, ma oramai non può farci nulla. I fantasmi hanno preso il sopravvento.
 
Il tratto di strada da Pop’s a casa di Betty lo passano in silenzio, camminando ognuno immerso nei suoi pensieri. Ogni tanto uno dei due guarda l’altro di sottecchi, cercando di immaginare quale oscuro pensiero gli attraversi la mente, cercando di dire qualcosa ma senza emettere alcun suono.
Non è la prima volta che i due camminano in silenzio, e la cosa non li aveva mai messi in imbarazzo. Il loro non è il silenzio di chi non sa cosa dirsi, ma la quiete di due persone che stanno bene così come stanno, semplicemente. Quella volta, però, c’è imbarazzo tra di loro, e la colpa è soltanto di lui.
Ha rovinato tutto. In tutta la sua intera vita, ha ricevuto da suo padre un unico consiglio sincero e giusto, e lui non ha saputo dargli ascolto, mandando tutto all’aria.
“ Betts, io…” Betty non lo guarda, cerca di farsi coraggio ed aspetta impazientemente che lui dica qualcosa, che diminuisca il suo senso di colpa per ciò che ha detto. Ha paura di essersi spinta troppo oltre, di essersi fatta prendere dal loro momento di onestà e di aver esagerato. Ha paura che quell’onestà, l’avergli detto ciò che realmente sente per lui, non abbia fatto altro che allontanarlo, eliminando tutti i progressi di quella serata. Quel ti amo non era programmato, Betty lo ha semplicemente visto così indifeso, con i fantasmi del suo passato a gravargli sulle spalle, e ha pensato che avrebbe fatto qualsiasi cosa per far sì che scomparissero. Lei avrebbe fatto di tutto per rendere Jughead felice, per vederlo sorridere, perché lui è così meraviglioso, così perfetto nella sua imperfezione da non rendersene nemmeno conto. Con tutti quei pensieri per la testa, quel ti amo è fuoriuscito dalle sue labbra così, senza controllo.
Betty ha capito, Betty lo guarda e capisce, e i sensi di colpa la sovrastano. Jug non dice nulla, resta a guardarla spaventato, e quello sguardo è peggio di una pallottola per lei.
E lì Jug capisce realmente di aver mandato tutto all’aria, quando Betty lo saluta, lasciando andare lentamente la presa dalla sua mano. Lo sguardo che gli riserva è la conferma definitiva che qualcosa tra di loro è ulteriormente cambiato e che non si può più tornare indietro. Quella sera le ha detto delle cose davvero stupide, cose di cui si era pentito subito dopo ma che considera le sue più grandi paure, eppure Betty non ha tentennato un attimo quando rientrato in casa di Archie l'ha implorata di parlare con lui. Gli ha detto di sì subito, con in mano la scatoletta del pronto soccorso. Arrabbiata, ferita, non importa. Il primo pensiero di Betty dopo la lite con Chuck è stato quello di curarlo, di prendersi cura di lui; nonostante ciò, in quel momento, Jughead Jones ha seriamente paura di aver perso Elizabeth Cooper per davvero da quando le loro strade si sono incrociate, tanto tempo fa.
 
I giorni dopo quell’episodio scorrono lenti. Archie e Veronica continuano a chiedergli di non dire ancora nulla a Betty riguardo la loro cosa, e Jughead si limita ad annuire. Primo perché meglio annuire che interrogarsi sul motivo per il quale secondo i due Betty reagirebbe così male nel caso lo scoprisse. Dopotutto è la sua ragazza adesso, no? Ed inoltre, i due sono troppo occupati a capire cosa diavolo stia succedendo tra di loro e in generale nelle loro vite incasinate per rendersi conto che Betty e Jug a malapena si rivolgono la parola o si scambiano uno sguardo che non sia di dispiacere da parte di lui, e di delusione da parte di lei. Betty ha provato a parlargli ancora una volta dopo quella sera, ma Jughead ha cercato con tutte le sue forze di evitare l’argomento fino a portare Betty all’esasperazione. La ragazza aveva cominciato a sentirsi umiliata e tradita, perché Jughead Jones non poteva averle fatto una scenata del genere la sera del suo compleanno per poi trattarla praticamente come un’idiota, cosa che lui ha sempre promesso che non avrebbe mai fatto, a differenza di tutto il resto del mondo. E così, le uniche occasioni in cui due si scambiano più di due parole contate sono quelle in cui sono al giornale, ma generalmente la signora Cooper prende il controllo della situazione e quindi anche in quel frangente i due possono evitare un contatto quanto più possibile.
Almeno, fino a quella sera. A turno, Betty e Jug trovavano una scusa per restare un po’ più dell’altro al giornale ed evitare così di dover percorrere il tragitto verso casa insieme. Questa notte sono rimasti più del solito al giornale, in quanto grazie alle informazioni che Polly passa ai due, la trama misteriosa intorno all’omicidio di Jason Blossom comincia sempre più a farsi chiara. Jug sposta lo sguardo dal computer alla grande vetrata dell’aula, sospirando frustrato. Fuori il cielo sembra prepararsi ad una tempesta coi fiocchi, e quando la pioggia comincia a scendere fitta dal cielo con tanto di fulmini e saette, Jughead nota Betty infilarsi il cappotto e voltarsi per andarsene senza salutarlo, ovviamente.
“ Dove stai andando?” Le domanda allarmato, facendo per raggiungerla. Betty si ferma sul posto, dandogli ancora le spalle.
“ A casa. Buona serata.” Gli risponde, fredda. Jughead incassa il colpo sapendo di meritarselo, ma non demorde.
“ Aspetta. Dovrà pur esserci un ombrello da qualche parte…” Le dice, cominciando a girovagare per l’aula in cerca dell’oggetto.
La risata improvvisa di Betty lo spaventa. Non è la sua solita risata, piena e calorosa. La sua è una risata fredda, crudele e per nulla divertita.
“ Tu sei davvero strano.” Gli dice con cattiveria, e per la prima volta in vita sua Jughead ha un assaggio del lato oscuro di Betty Cooper. La guarda e non la riconosce, il viso trasformato in una maschera di sdegno.
“ Sta piovendo fuori. Volevo solo cercarti un ombrello.” Le dice, ferito dalle sue parole. Quello strano non è una parola usata a caso, e lei lo sa tanto quanto lui. Vuole ferirlo rivoltando contro di lui le sue stesse parole, le sue stesse insicurezze.
“ E da quand’è che ti importa di me?” Gli domanda, ed ecco di nuovo quella risata. Per Jughead sentirla è come ricevere mille pugnalate allo stomaco e al petto. Non le si addice, non è Betty quella che ha davanti.
“ Betty, smettila.” Le dice, scuotendo la testa e ricominciando a cercare per lei un ombrello.
“ NO, SMETTILA TU!” Jughead si volta, preso in contropiede da quell’urlo. Betty è ancora ferma sull’uscio della porta, il corpo scosso dai tremori, le mani strette a pugno mentre digrigna i denti dopo avergli urlato contro come non aveva mai fatto prima. Jug sente la testa cominciare a girargli, mentre osserva Betty trasformarsi nella sua versione oscura ed una consapevolezza si fa strada dentro di sé. Lei non gli aveva mai urlato contro, non aveva mai riso di lui, non aveva mai fatto niente per ferirlo. Che fosse arrabbiata era comprensibile, ma questo comportamento nei suoi confronti è ciò che colpisce Jughead allo stomaco come un pugno sferrato a tutta forza. Betty Cooper lo sta trattando come prima di allora l’aveva vista trattare soltanto Chuck, Cheryl o sua madre. Il realizzare di essere diventato uno di loro gli fa provare la sensazione della terra che si apre sotto i piedi e ti inghiotte, senza vie di scampo, e una forte nausea. Il suo sguardo vuoto ed inespressivo lo riporta indietro nel tempo, al giorno in cui sua madre lo ha abbandonato. Al giorno in cui ha detto definitivamente addio alla sua infanzia, senza neanche un bacio d’addio da parte sua. Sua madre lo aveva guardato negli occhi, mentre teneva stretta a sé sua sorella, e gli aveva detto freddamente ‘ E’ meglio così, un giorno capirai.’ , per poi sparire per sempre dalla sua vita. Ed è proprio quello il momento in cui Jughead Jones ricorda di aver deciso che non avrebbe mai provato più nulla in vita sua. Amore, compassione, affetto, desiderio, niente. Inevitabilmente gli era successo e gli succede lo stesso, ma inconsapevolmente ha sempre fatto di tutto per seppellire qualsiasi tipo di sentimento, anche con il suo miglior amico. Tutto ciò, fino all'arrivo di Betty Cooper. Per quanto ci provi, dal primo momento in cui l’ha vista giocare con il fango nel parco, Jug sa che sarebbe stata l’unica falla nel suo sistema. L’unico se, l’unico ma, l’unico forse.
Jughead la guarda tremare come una foglia, spaventata e delusa da lui, e crolla.
 Quei tratti non le si addicono perché lei è bellissima quando sorride, quando si perde nel suo mondo, quando lo guarda incuriosita. Jughead lo sa, anche senza averglielo mai detto o dimostrato.
Quel tono, quell’espressione non le si addice perché lei ha l’anima più dolce, pura e incontaminata che lui abbia mai incontrato; perché nonostante quel suo lato di sé la spaventi, lei non è affatto così.
Quelle parole lo feriscono perché in quei giorni stare senza Betty è stato come restare a corto di aria nei polmoni, pensa, fregandosene di quanto fosse sdolcinato e adolescenziale quel pensiero.
Vederla in quello stato lo distrugge, lo uccide, perché ciò che ha sempre voluto è proteggerla, tenerla al sicuro, farle capire che almeno con lui, nonostante sia una delle persone più problematiche alle quali avrebbe mai potuto scegliere di legarsi, non deve aver paura di niente.
E invece, Jughead ha ferito l’unica cosa buona che gli era mai capitata.
L’unica persona che, come suo padre gli aveva detto, avrebbe mai potuto dargli ciò che loro non avrebbe mai potuto dargli.
E al di là di questo, l’unica persona nell’intero universo per cui vale la pena fare, dire, dare e sacrificare qualsiasi cosa. La sua Betty.
Senza pensarci due volte Jughead parte alla carica, e prendendola alla sprovvista, si avvicina pericolosamente alla ragazza – che ancora trema, quasi con la bava alla bocca per la rabbia – e le afferra le mani. Con una forza che non sapeva di avere fissa lo sguardo in quello della ragazza, che lotta contro il suo cercare di aprirle i palmi ormai sanguinanti. Betty si dimena, cerca di allontanarlo scalciando, ma Jug non si allontana neanche quando finalmente la ragazza apre le mani, solo per prenderlo a schiaffi.
Jughead la lascia sfogare, incassando tutti quei colpi che crede di meritare, vergognandosi per se stesso e sentendosi morire per il modo in cui l’ha ridotta. Lui, proprio lui.
“ TI ODIO! IO TI ODIO!” Gli urla disperata, in lacrime. “ Perché ti sei tolto il berretto quella sera? Perché? PERCHE’ HAI TOLTO LA TUA ARMATURA SE POI AVEVI L’INTENZIONE DI SBATTERE ANCHE ME FUORI DAL TUO MONDO? PERCHE’?”  Il cuore del ragazzo perde dei battiti al suono di quelle parole, perché Betty Cooper per l’ennesima volta ha capito tutto. Certo, quel capello è sempre stato anche il suo modo di contraddistinguersi dal resto del mondo, di essere un outsider, ma Betty con il suo occhio critico e gentile ha capito quello che il ragazzo non aveva mai confessato a nessuno, ovvero che quello stupido capello non era solo uno stupido capello da anticonformista.
“ Mi dispiace, Betty. Mi dispiace.” Sussurra lui, per poi rendersi conto di non riuscire più a controllare le lacrime che premono forte per uscire, insieme a tutto il dolore che porta dentro di sé da sempre. “ E’ tutta colpa mia, Betty. Mi dispiace.” 
“ NON E’ VERO! NON E’ VERO!” Gli urla, come una furia. Oramai Jughead sa che si sta indebolendo, lo sa perché lo colpisce sempre meno frequentemente, e perché i suoi occhi sono sempre più stanchi. “ Non è vero che ti dispiace…” Sussurra, sentendosi svenire. Jughead la afferra prontamente, sollevandola e sedendosi sul divano che la signora Cooper aveva fatto sistemare nell’aula, con Betty ancora tra le sue braccia. Il corpo della ragazza è ancora scosso dai singhiozzi, proprio come quello di Jughead. Betty lo guarda piangere, sfinita.
“ Vorrei odiarti. Ti guardo in questo stato e vorrei odiarti, ma non ci riesco, Jug… Io non ci riesco. E odio me per questo.” Gli dice, la voce flebile e stanca.
“ Sapessi quanto mi odio io per ciò che ti ho fatto, Betts.” Jughead le accarezza il capo dolcemente, mentre lei prende ad asciugare le sue lacrime in maniera compulsiva, disperata. “ Vedi? Sapessi quanto mi odio perché ti prendi cura di me anche in questo momento, quando avresti tutte le ragione per picchiarmi a morte. Sapessi quanto mi odio perché credi di dover essere infallibile anche con me tanto da darti la colpa per qualcosa che è chiaramente colpa del mio essere socialmente fuori luogo.” Le dice, e nuove lacrime scendono copiose sulle sua guance. Betty cerca di rannicchiarsi contro di lui quanto può, nonostante senta di essere troppo debole persino per muovere un dito, e nasconde il viso nell’incavo tra il collo e la spalla di lui. Per un attimo il ragazzo decide d lasciarsi andare, poggiando la testa sul capo di lei e inalando quel profumo bellissimo che gli è mancato così tanto.
“ E’ colpa mia, Jug. Non avrei mai dovuto metterti così tanta pressione… E’ solo che ogni giorno sono grata di averti nella mia vita, e quelle parole sono semplicemente uscite fuori dalla mia stupida bocca. Se potessi ritornare indietro mi rimangerei tutto, se potessi smettere di provare ciò che provo per te, ti giuro che lo farei all’istante.” Gli dice, cercando di trovare la forza per spostarsi e guardare Jug negli occhi, ma Jughead la tiene stretta a sé, impedendole di muoversi.
“ Betts…” Dice dolcemente, ma con la voce ancora tremante. “ Non dirlo. Tu non devi rimangiarti nulla.” Comincia, facendosi forza per trovare le parole adatte a continuare quel discorso così difficile, per farle capire una volta e per tutte in quale guaio emotivo ha deciso di cacciarsi nel momento in cui ha deciso di far incrociare nuovamente le loro strade. “ Quella sera da Pop’s ero sincero. Quando le persone fanno qualcosa di carino per me, divento ancora più strano. Prima di trasferirmi da Archie, io… Io vivevo al Drive-in. E dopo il susseguirsi dei vari eventi, la mia casa è stata uno degli stanzini del bidello per un po’. E’ per questo che ero sempre il primo ad arrivare a scuola, sai…” Le dice, cercando di sdrammatizzare. Betty lo guarda, e Jug sa che nel suo sguardo non c’è pietà per lui, ma solo sincera tristezza. “ Archie ha tentato più volte di convincermi ad andare a stare da lui, ma non ho accettato finché non sono praticamente stato costretto dagli eventi. Ed Archie è il mio migliore amico da una vita, Betts. So che farebbe qualsiasi cosa per me, senza secondi fini o per pietà, ma è che… Io non sono abituato ad avere qualcuno che si prende cura di me, che si preoccupa per me, che ci tiene davvero a me, che vuole sapermi al sicuro e felice. Poi sei arrivata tu. Ed Elizabeth Cooper, sappi che tu hai sconvolto letteralmente il mio mondo.” Afferma, una bozza di un timido sorriso sul suo volto, come per stemperare quella dolce dichiarazione. Betty però lo guarda attenta, aspettando pazientemente la fine del suo racconto pur non riuscendo a nascondere l’emozione per quelle parole. “ Quando io e Jellybean eravamo bambini non abbiamo mai vissuto in un ambiente amorevole e confortante. Quando i miei litigavano ci nascondevamo sotto il letto in attesa che finissero, ma poi crescendo ho pensato che avrei dovuto fare qualcosa, che avrei dovuto agire. Mio padre era sempre ubriaco, mia madre sempre depressa. E così, molte volte finivo nel bel mezzo di una loro lite pesante, e qualche volta è volata una bottiglia o un pugno di troppo.” Dice, quasi in un sussurro. Betty ripensa a tutte le cicatrici sul corpo di Jug, alle domande di Archie quando durante le loro gite estive e alla luce del sole venivano esposte, e gli occhi le si riempiono di lacrime mentre afferra le mani di Jug e le bacia. Jug la osserva, cercando cautamente le parole adatte per continuare. “ Vedi, Betts… Per tanti anni ho concentrato tutto l’amore che possedevo dentro di me nel prendermi cura di Jellybean e di mia madre, sperando si risvegliasse e decidesse di portarci via. O nel tentare di far ragionare mio padre nei suoi momenti di lucidità, quando ci stringeva e ci diceva che oramai eravamo le uniche ragioni che lo tenevano in vita. Il giorno in cui mia madre se ne è andata, guardandomi a malapena negli occhi… Ho capito che tutto l’amore del mondo non sarebbe bastato a farla restare, non sarebbe bastato a far sì che mio padre la smettesse di essere un alcolizzato, un caso perso, e così… E così da quel giorno, ho semplicemente pensato che l’amore non aveva fatto altro che distruggermi. Che se neanche la mia famiglia lo voleva, che se neanche questo riusciva a salvarla, beh… Non mi sarebbe servito. Non lo avrei dato a nessun altro o cercato in nessun altro.” Ammette, guardandola negli occhi. “ Ma sono umano, Betty. Questo lo so anche io. E so che darei la mia vita per Archie… So che darei la mia vita anche per te. So che mi hai sconvolto, che mi porti ogni giorno ad interrogarmi su ciò che sento, a smetterla di ignorare i miei sentimenti o a provare a farli riaffiorare. E ti giuro, Betts, che avrei tanto voluto non reagire così alle tue parole, e so che tutto questo suona come una grande e grossa giustificazione, ma è che ho passato così tanto tempo a tenermi lontano dalle persone che semplicemente ho smesso di considerarle e iniziato ad ignorarle per quanto potevo… Anche quando mi dimostrano di tenerci a me nonostante tutto, nonostante me stesso. E mi dispiace così tanto di essere un codardo, quando ho con me la ragazza più…” Jug la guarda, e sa che quello che sta per dirle lo pensa davvero, lo sente per davvero. “ Bella che io abbia mai visto in tutta la mia vita e che mai vedrò.” Jug abbassa lo sguardo, imbarazzato. Betty avvicina cauta la mano al suo volto, chiedendo silenziosamente il consenso per sollevare il suo volto e permetterle di guardarlo negli occhi. Jug la lascia fare, ormai privo di ogni tipo di difesa e spaventato a morte.
“ Jug…” Betty interrompe quel silenzio carico della tensione di Jughead, cercando di recuperare velocemente la lucidità necessaria per sostenere quel discorso. “ Juggy, va tutto bene.” Betty cerca di rassicurarlo, sorridendogli, e il ragazzo sente la pressione del suo corpo abbassarsi lievemente alla vista di quel sorriso.
“ Va tutto bene, Juggy, ma devi ascoltarmi. Ho bisogno che tu mi ascolti, Jug. Quindi ti prego, ti prego…” Gli dice, mentre gli afferra il volto con le mani e fa in modo che il ragazzo la guardi attentamente. “ Resta con me. Mentre ti parlo, fa sì che Juggy resti con me, Jughead. Puoi farlo per me, solo per un po’?” Gli chiede, con tutta la delicatezza del mondo. Finalmente sono lì, sono solo loro due fisicamente ed emotivamente parlando, e Betty non vuole sprecare quell’occasione per nessuna ragione al mondo. Jug annuisce piano, perdendosi in quello sguardo limpido. “ La sera del tuo compleanno mi hai detto che sono la ragazza perfetta della porta accanto, la cheerleader, mentre tu il ragazzo disagiato, emarginato e solitario che viene dai bassifondi.. Che io e te siamo completamente diversi e incompatibili, che abbiamo i giorni contati…” Betty si ferma, scossa da un singhiozzo provocato dal solo ricordare quanto quelle parole le avevano fatto del male, e non perché pensa che siano vere, quanto perché Jug aveva sostenuto che lei non lo conoscesse affatto, ma in realtà non era così. Lei lo conosce e lo capisce meglio di quanto lui creda.
“ Betts!” Esclama Jug preoccupato, ma la ragazza scuote la testa e lo rassicura. Deve farsi forza e stare tranquilla, per entrambi.
“ Sta’ zitto e farmi parlare, Jones.” Lo intima lei, tappandogli una bocca con la mano. “ Da fuori…” Comincia, prendendo un respiro per farsi coraggio. “ Non potremmo essere più diversi, Jug. Hai ragione. Ma dentro… Dentro io e te siamo più simili di quanto credi. Anzi, tu sei la mia estensione. Tu sei l’estensione esterna di tutto ciò che io provo all’interno e non riesco a cacciar fuori per via delle costanti pressioni da parte della mia famiglia e del resto del mondo. Con te è diverso, Jug. Io sono questo.” Dice, mostrandogli i palmi delle sue mani. “ Sono un disastro che cammina, una cheerleader non per mia scelta, una studentessa modello che gioca a fare Nancy Drew. Sono tante cose, ma dentro di me, alla fine della giornata, io mi sento un outsider tanto quanto te. Questa cosa mi ha distrutto per anni, finché non ho avuto il coraggio di chiederti aiuto e ho capito che non ero sola in questo mio non sentirmi inserita nel mondo. Perché c’eri sempre stato anche tu, con me.” Betty gli accarezza il viso dolcemente, per poi continuare. “ Avrei voluto mi rispondessi? Non lo so, Jug. Forse sì. Di certo non lo avevo programmato. L’ho solo capito guardandoti negli occhi, e le parole sono uscite fuori senza che io potessi controllarle. Io non mi aspetterò mai niente di più di quello che tu mi dai già adesso, Jug. Ovvero la forza di non mollare, di non impazzire, di alzarmi dal letto ogni mattina sapendo di non essere sola, di aver trovato un’anima affine alla mia. Certo non posso immaginare cosa hai passato, posso solo ascoltare i tuoi racconti e maledire il mondo per averti fatto soffrire così tanto. Però poi ci penso, penso a quello che sei e a quello che fai per gli altri nonostante tutto quello che ti è capitato, e non ti cambierei mai di una virgola. A me non importa se non hai risposto al mio… Sì, beh. Hai capito. Non mi importa perché ci sono altri miliardi di modi in cui ogni giorno mi dimostri che daresti la vita per me, come io farei per te. E questo vale più di mille parole, e sarà sempre così. Perché è così, vero Jug?” Gli chiede, e Jug non può fare altro che restare nuovamente senza fiato, ma questa volta con una sensazione di pienezza dentro di sé. Ancora una volta, nonostante le abbia raccontato i suoi segreti – dallo stanzino del bidello alla sua vita disastrata ed emotivamente instabile – lei non lo ha giudicato nemmeno per un secondo, cercando di capirlo e di essere onesta con lui al cento per cento.
“ E’ così, Betty.” Le assicura, per poi fissare lo sguardo nel suo, rabbuiandosi. “ E se non fossi mai capace di amare? Se non fossi capace di darti ciò che vuoi? E non intendo solo a livello puramente fisico, Betts. Se non dovessi mai dirti quelle parole, sebbene io ti giuri solennemente che sono e sarò sempre consapevole di quanto tu sia non solo bellissima, ma anche la cosa migliore che mi sia mai capitata e che mai mi capiterà? Posso davvero chiederti di sopportare tutto questo credendo che tu non te ne andrai?” Le domanda retorico, cercando di contenere le lacrime e il dolore che gli offuscano mente e vista.
“ Io non me ne vado da nessuna parte, capito? Non adesso, non domani, mai. Qualsiasi cosa sia successa in passato, qualsiasi cosa sia successa stasera o succederà, saremo sempre Betts e Juggy. E questa è l’unica promessa che mi sento di farti. E tu devi credermi Jughead, a me devi credere…” Lo implora, la voce tremolante e le lacrime che copiose le rigano il viso. “ Tu non sei uno dei miei progetti. Tu sei il bambino che mi aiutava a ripulirmi dal fango quando mia madre mi sgridava e mi diceva che ero un maschiaccio. Io piangevo e tu mi dicevi che le bambine un po’ maschiaccio erano forti, non stupide. Tu sei il ragazzino che restava con me sulla spiaggia mentre gli altri si tuffavano dalla scogliera solo perché sapevi che avevo paura di buttarmi anche io, e per evitare che gli altri lo scoprissero e mi prendessero in giro restavi con me inventandoti una scusa. Tu sei il ragazzo che ha liberato tutte quelle rane dalla classe di scienze quando il giorno prima della vivisezione mi hai visto piangere al solo pensiero che avremmo dovuto fargli del male. Tu sei il ragazzo che ho osservato rinchiudersi in se stesso quando il mondo ti ha voltato le spalle ma che nonostante ciò c’è sempre stato per Archie, quando sua madre è andata via. Quello che occupa sempre il solito posto da Pop’s, con il suo computer davanti e la testa che gli fuma per via delle mille idee geniali che gli passano per la mente. Tu sei quel ragazzo intelligente, introspettivo e dall’anima più pura e gentile che io abbia mai conosciuto, di cui mi sono sempre fidata così ciecamente tanto da essere l’unico a cui avrei mai potuto chiedere aiuto per risolvere l’omicidio di Jason… Se vuoi definirti un mio progetto fallo pure, ma sappi che sei uno di quelli a lungo termine.” Jughead osserva Betty riprendere fiato, stupito.
“ Tu… Come?” Betty ride, annuendo.
“ Io ricordo tutto, Jug. Non sei l’unico bravo ad osservare, e in tutti questi anni mi sono persa spesso ad osservare te. Solo che al tempo, diamo la colpa all’inesperienza causata dall’età, non riuscivo ancora a capire il perché mi interessasse tanto cogliere ogni dettaglio di te, mentre tu facevi tante cose per me senza forse neanche rendertene conto.” Jughead non può nascondere la commozione, non ci riesce più. Avvicina la sua fronte a quella di Betty e resta così, in ascolto del suo respiro. Magari è quello il punto, magari a lui serve più tempo. Magari un giorno capirà, scoprirà di più su se stesso e su quello che prova e/o non prova, e Betty sarà accanto a lui in ogni caso. Ed ancora una volta, è come se Betty leggesse nella sua mente.
“ Io ti darò sempre tutto lo spazio che ti servirà, Jug. Ti chiedo solo di farmelo capire, perché non sei l’unico ad essere spaventato. Questa cosa è nuova anche per me. Sai, potrai pensare quanto ti pare e piace che io mi stancherò di te, che cadrò tra le braccia di Archie Andrews prima o poi, che ti lascerò, ma non è così che andrà. Archie sarà stata anche la mia prima cotta, Jughead, ma.. Ora non dare di matto, ti prego.” Dice, sorridendo e prendendolo in giro bonariamente. Jug le molla un leggero colpetto sulla spalla, sorridendo e guardando lo sguardo di lei farsi nuovamente serio. “ Tu sei il mio primo… amore. E io cercherò solo di guardarti con la stessa pazienza e dedizione con cui tu guardi me inciampare per poi rialzarmi ogni volta, con cui mi aiuti anche tu a rialzarmi, ogni volta. E se non si dovesse trattare di…Traumi, se un giorno scopriremo che sei davvero danneggiato come dici di essere, o semplicemente diverso da me in un certo senso, beh… Io accetterò tutto, quando lo avrai capito, se mi prometti che troveremo sempre un modo per far funzionare le cose fin quando vorrai, per farcele andare bene, insieme… E che in qualsiasi senso tu voglia, ti piacerò sempre io, per quella che sono: Betty e basta.” I due sorridono, e Jug le afferra il volto tra le mani, sicuro di sé.
“ Non saprò cosa sono… Ma so cosa voglio, e sei tu. E non avresti potuto usare parole migliori per aiutarmi a farti capire che è per questo che mi piaci, perché sei Betty e basta. Non ho bisogno di altre parole per definirti, non ho bisogno di etichette, di categorie in cui metterti. Tutto ciò per me ha un solo nome, ed è Betty. E se c’è una cosa di cui sono sempre stato assolutamente certo e di cui lo sono anche oggi, è che da quando ti ho visto giocare per la prima volta nel fango con quel vestito color rosa confetto quando avevamo sei anni, e mi hai salutato come se fossimo amici da una vita intera… Da quando mi hai sempre difeso senza prendertene mai i meriti, guardandomi le spalle come tu hai detto che io ho fatto con te… Da quando mi hai cucinato quegli hamburger che Pop’s può solo invidiarti… E’ che se c’è una, ed una sola ragazza al mondo con cui vorrei essere me stesso senza paura, e che vorrei baciare… Quella ragazza sei tu, Betty Cooper.” Afferma, colmando la poca distanza che li separa e baciandola dolcemente.
E in quel momento, dopo tanto tempo, Betty e Jug avvertono un intenso calore che li avvolge e che si avvicina, quanto più è possibile, alla definizione di casa.

 
  
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