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Autore: ten12    17/04/2017    1 recensioni
"Esistevano cinque ordini dello spirito. Alcuni di essi hanno assunto, nel tempo, l'aspetto di casate. Ogni ordine viveva in armonia con la natura ed infondeva il corpo dei suoi accoliti con il respiro dei cinque dei. Il loro obiettivo era proteggere e governare secondo i costumi e le caratteristiche della divinità protettrice. Ma negli anni gli ordini persero la loro purezza e divennero altro, opprimendo i sudditi ed uccidendosi tra loro. Finché la ribellione non scoppiò. Oggi, come sapete, l'ordine dell'Aquila, che magari voi chiamate famiglia, è distrutto e dalle sue ceneri è nato l'impero dei comuni e, come alcuni dei miei lettori forse sapranno meglio di me, esso sta battendo alle nostre porte avido di potere..." Estratto dal libro "La nascita del terrore" di joguntas Wart.
Genere: Avventura, Fantasy, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Parabellum'
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Preparativi

 

 

ASSEX!” Godwyn urlò il nome con tutto il fastidio di cui era capace. Il sole di mezzogiorno era alto in cielo. Un trambusto di passi affrettati si propagò per tutto il ponte. Un uomo sul metro e settanta magro, quasi calvo e dagli occhi neri si mise sull’attenti davanti al parapetto della nave. Godwyn lo fissò contrariato, fermo al centro dell’attracco  “Di chi sono queste casse in più!” Assex abbassò lo sguardo. Godwyn era vestito con la classica uniforme azzurro scuro da capitano della flotta con sulle spalle una pesante cappa verde “Capo!” Assex strabuzzo gli occhi “Ragazzi il capo è il nuovo capitano!” la ciurma si ammassò sul parapetto con occhi sorpresi mentre la nave oscillava leggermente sotto lo spostamento. Un boatò si sollevò. Godwyn perse un po’ di slancio ma riuscì ad imporsi “Assex cosa sono queste” indicò con il mento la pila di valigie e casse ancora una volta. L’uomo fece spallucce “Ne so quanto lei capo!” le voci si seppellirono a vicenda nel tentativo di rispondere “Uno alla volta!” la ciurma ammutolì, poi il più anziano si fece avanti “Comandante. Un tizio più vecchio di me è arrivato dicendo che su suo ordine sarebbe venuto con noi al Richiamo. Poi si è ficcato nella sua stanza” Godwyn squadro gli altri membri dell’equipaggio alla ricerca di conferme. Nel gruppo pochi altri annuirono. Il capitano posò di nuovo lo sguardo su Assex “Dov’eri?” il marinaio impallidi e deglutì “Ero qu…” il navigatore della nave, chiamato Terzo, si inserì “Era con noi al Cantore Muto capo” Assex si zittì facendosi piccolo. Godwyn osservò la scena in silenzio. La sua ciurma era unita, molto, ma nessuno di loro era una cattiva persona. Lasciò perdere. Avrebbe indagato dopo “Quindi non eri qui Assex! Perfetto!...” qualche sorriso iniziò a balenare quando capirono che stava per succedere “Assex e Terzo tirano su le casse signori! Da soli!” la ciurma scoppiò a ridere tirando pacche sulla schiena dei due. Godwyn iniziò a salire la scaletta che univa l’attracco alla nave. Terzo ed Assex si scambiarono uno sguardo. Il navigatore sbuffò infastidito e si mise al lavoro.

 

 

Le sale inferiori del Trono Bruno erano rinomate in tutto il continente, ma non perché avessero una struttura diversa dalle altre. Erano composte da massa magmatica raffreddatasi in modo sorprendentemente schematico e liscio. Per le pareti, i soffitti ed il pavimento passavano venature di pietre preziose proiettando una tenue luce naturale ma insufficiente ad illuminare di notte. Perciò, prima dell'inverno, avveniva la raccolta di resina per candele nelle foreste del monte Kjita e, a partire dalle bufere dell'ultimo mese dell'anno, il palazzo era illuminato a giorno da una calda luce. La cosa curiosa dei piani inferiori però era che, oltre una certa altezza dal terreno, gli oggetti rimanevano sospesi in aria, a poca distanza dal soffitto. Le candele erano incluse. Gli studiosi del regno della volpe avevano ipotizzato l'esistenza di "venti magnetici" ma non avevano mai riscontrato i segni di alcun reale magnetismo. Mentre Lykta sellava il cavallo nella stalla una delle candele scese verso terra fino a lui e si fermò a pochi centimetri dal suo volto. Il figlio dell'orso diede uno sguardo veloce e tornò a concentrarsi, ignorando il fenomeno. Non era la prima volta che un fantasma degli antenati si divertiva ad annoiare i vivi. La candela svolazzò davanti ai suoi occhi. Il ragazzo continuò a non degnarla d'attenzioni cercando di concentrarsi sul chiudere e controllare tutti gli allacci. Socchiuse gli occhi quando la candela si avvicinò così tanto da essere sgradevole. Lykta sentì il calore della fiammella vicino al volto. Continuò ad ignorarla. La candela si impose, fermandosi davanti  al naso. Lykta smise di preparare la sella e guardò infastidito la fonte di luce. Un rumore di passi arrivò dalle scale alle sue spalle. La candela divenne inerte e cadde sul pavimento "Signore. Posso parlarle?" Lykta si girò, freddo. Era la servitrice del terrazzino, quella che era scoppiata a piangere dopo aver visto Kerint. Era vestita con una camicia e pantaloni di un tessuto grigio e grezzo. Il volto era aggraziato, gli occhi dolci, fragili e circondati dalle occhiaie. Aveva tirato i capelli corvini in una lunga treccia dietro la schiena rendendo il suo aspetto ancora più sbattuto. Sembrava una vedova. Lykta scoppiò a ridere. Una servitrice che piangeva un membro della famiglia dell'orso. Era impensabile. Ognuno dei membri delle cinque casate aveva una connessione con la natura di cui le persone normali mancavano completamente. Quella donna era lì a piangere un uomo che l'aveva fatta entrare nel suo letto per divertimento, niente di più. La servitrice lo guardò sorpresa e ferita, poi si avvicinò a passo deciso e gli porse l'elsa di Verztand, la spada del fratello. Lykta aveva smesso di ridere dopo quello sguardo sofferente. Il figlio dell'orso prese l'elsa fissando la servitrice negli occhi con durezza. Quello che aveva fatto era gravissimo. Rubare una proprietà della famiglia dell'orso era punibile con la morte. Prese l'elsa e la mise nella saccoccia del cavallo, poi tornò a guardare la servitrice negli occhi "Perché hai rubato" domandò perentorio. La donna aveva il coraggio di sostenere il suo sguardo. La servitrice lo indicò con un dito e disse "Parlava spesso di te. Sosteneva che eri sperduto. Che senza di lui non avevi una guida" Lykta rimase freddo ed impassibile, ma sotto era in ginocchio. La servitrice socchiuse gli occhi gonfi e scosse la testa "Tu non sei la metà di lui. Dovevi rimanerci tu" la donna si voltò e si allontanò. Lykta, incapace di reagire, la guardò allontanarsi senza proferire nemmeno un lamento sotto quella gragnola di colpi ben assestati. Forse non l'aveva fatta entrare solo nel suo letto.

 

La porta vibrò sotto i colpi "Avanti!" La voce era rauca, con un tocco di allegria. Non era chiaramente la voce di un marinaio. L'allegria era per chi viveva una vita allegra. Godwyn entrò a passo deciso. La luce illuminava il nuovo disordine ordinato nella cabina del professor Joguntas Wart. Godwyn arrivò al letto. Il suo vecchio insegnante raschiava sotto al materasso, cercando qualcosa di indefinito "Professore posso parlarle?" Godwyn non si preoccupò di nascondere un tocco di stizza nel tono. Joguntas, da furbo quale era, affrontò quel tono con un altro allegro sorriso, il più disarmante di cui era capace. Godwyn non si fece toccare minimamente "Avrei preferito sapere che necessitava di un trasporto per ben venti casse di attrezzatura varia. Ed avrei preferito sapere anche l'ora a cui si sarebbe presentato" Sul volto di Joguntas si dipinse un misto tra innocenza e sorpresa "Mio caro qual'è il problema! Pensavo fosse chiaro! Ovvio!" il volto di Godwyn si fece cupò "Sul mare nulla è chiaro o ovvio professore. Il suo peso aggiuntivo rischiava di rallentarci. La fortuna delle quattro volpi ci deve aver graziato perché rischiavamo di ritrovarci senza cibo per il viaggio" Joguntas strabuzzò gli occhi "Senza cibo? Ragazzo andiamo! Questa nave è già enorme per la ciurma che ha! Siamo una trentina dannazione!" Godwyn sorrise freddamente "Professore per andare a pieno regime il mio vascello ha bisogno di un equipaggio di minimo cento marinai. Quella che ha incontrato è la mia ciurma personale. Domani faremo scalo a Istrid. Allora vedrà perché mi preoccupavo" Joguntas aprì la bocca per ribattere ma si bloccò "Chiedo scusa per la mia impertinenza comandante" Godwyn, un po' sorpreso da quel repentino cambiamento, annuì poco convinto "Scuse accettate professore" il neocapitano guardò il disordine in cui era piombata la stanza. Fogli e carte erano affissi al muro e distesi su tavolo e sgabelli. Alambicchi e contenitori di vario tipo erano stipati in cassette di legno per tutto il pavimento "La pregherei di non ci farci saltare in aria" disse semiserio allontanandosi. Joguntas colse la palla al balzo e rispose sorridente "Farò del mio meglio" Godwyn chiuse la porta accompagnandola silenziosamente. Non erano state scuse sincere le sue. Voleva solo evitare un battibecco così prematuramente. Ma il battibecco sarebbe arrivato perché Godwyn era troppo intelligente e Joguntas era pessimo a nascondere le sue ricerche. La prossima tappa era Istrid dunque. Joguntas fissò la porta un po' mestamente. Era passato molto da quando aveva rivisto la capitale del regno della volpe.

 

   
 
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