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Autore: Echocide    17/04/2017    9 recensioni
[Sequel di Miraculous Heroes e Miraculous Heroes 2]
La minaccia di Maus è stata sventata, ma non c'è pace per i nostri eroi: il mistero dell'uccisione degli uomini del loro nemico non è stato risolto e un nuovo nemico trama nell'ombra...
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Quantum Universe'
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Titolo: Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero, romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what if...?, original character
Wordcount: 5.968 (Fidipù)
NoteLo avete atteso, lo avete voluto dal giorno in cui postai il capitolo di Miraculous Heroes dove Adrien fece la proposta e adesso è qui. Questo capitolo è...mh, in verità non so come definirlo, ma senza dubbio è importante: un po' perché è un passo importante per Marinette e Adrien e poi...beh, non vi dico altro. Avrei veramente tanto da dire, riguardo a questo progetto che ormai mi accompagna da un anno buono buono e mi accompagnerà per parecchio tempo ancora (ed io che ero convinta che, quando sarebbe andata in onda la seconda stagione, avrei già concluso tutto. Ah. Illusa), ma in verità non ho parole (strano, vero?) e quindi vi lascio al capitolo e, come sempre, vi ringrazio.
Grazie tantissimo a tutti voi che leggete, commentate, inserite la mia storia nelle vostre liste. Grazie a chi mi dice che considererà la mia fanfiction ufficiale, rispetto alle nuove serie di Miraculous, grazie a chi mi sopporta su facebook, leggendo i miei vari post e scleri...
A tutti voi, sia che siete con me dall'inizio, sia che siete giunti dopo, grazie di tutto cuore!



Marinette inspirò profondamente, osservando il proprio riflesso e posando le mani all’altezza dell’addome, sentendo la stoffa morbida e leggera dell’abito bianco: era stato frutto di una ricerca infinita, ma quando lo aveva indossato aveva sentito che quello era il vestito giusto.
Era un abito dalla linea semplice, con una scollatura a cuore e le spalle completamente scoperte; la stoffa candida si intrecciava nel corpetto ed era impreziosita da un ricamo floreale mentre, abbandonato sulla sedia, un piccolo bolero di lana bianca aspettava di essere indossato, onde evitare che morisse congelata nel tragitto dalla macchina alla chiesa.
Alzò una mano, toccandosi i capelli che erano stati acconciati semplicemente, in linea con l’abito: uno chignon all’altezza della nuca e poi i ciuffi che le incorniciavano il volto erano stati arricciati, mentre il lungo velo era stato appuntato all’acconciatura, senza coroncine ma con un semplice fermaglio, che riprendeva il ricamo dell'abito.
«Sei bellissima…» mormorò Sabine, prendendo la figlia per le spalle e sorridendo al riflesso che rimandava lo specchio.
«Mamma» bisbigliò Marinette, voltandosi e osservando gli occhi lucidi della donna.
«La mia bambina si sposa…»
Tom entrò nella stanza, strattonandosi la giacca scura e allargando le braccia: «Come sto?» domandò, sorridendo titubante alle due: «Pensate…»
«Tom, i pantaloni.»
«Non vanno bene?»
«Non li indossi.» dichiarò paziente Sabine, lasciando la figlia e tirando il marito in mutande verso la camera da letto, sotto lo sguardo divertito della figlia.
Marinette tornò a guardare il suo riflesso, prendendo il bouquet che aveva abbandonato sul tavolo e stringendolo fra le mani: «Va tutto bene, Marinette.» mormorò Tikki, facendo capolino tra i fiori: «E tu sei semplicemente bellissima.»
«Sarai con me, Tikki?»
La kwami scosse il capo, sorridendole serena: «Non oggi. Sarò vicino a te, ma è il tuo giorno: non hai bisogno di una kwami millenaria, che sospirerà per tutto il tempo»
«Ma…»
«Non sarai sola, Marinette. Ci sarà Adrien con te.»


«Qualcuno lo blocchi.» dichiarò spazientita Lila, fissando torva il biondo e suscitando l’ilarità del gruppetto: «Wei, fermalo, prima che lo uccida.» continuò, voltandosi verso il proprio ragazzo e indicando Adrien che, accorgendosi di essere al centro dell’attenzione, si fermò sul posto.
«Che c’è?»
«Che c’è? Lo domandi anche?»
«Amico…» sospirò Nino, passandogli un braccio attorno alle spalle e sorridendo conciliante: «Stavi per creare un solco. E non penso che al prete di questa chiesa possa piacere un solco proprio qui.»
«Ah. Non me n’ero accorto.»
«Il nostro Adrien è in preda al nervosismo? Non l’avrei mai detto.» scherzò Rafael, ridacchiando: «Tranquillo, devi solo ripetere quello che dice il prete e poi dire sì, infili l’anello e festa finita.»
«Rafael, gli anelli.»
Il moro sorrise, tastandosi le tasche del completo scuro mentre l’espressione allegra scivolava via, sostituita da una di puro terrore: «Sarah.» esclamò, voltandosi verso la bionda al suo fianco: «Gli anelli.»
«Li ho io» sospirò l’americana, prendendo la borsetta e tirando fuori la scatolina che conteneva le fedi nuziali: «Me li hai dati ieri, perché avevi paura di perderli.»
«Ho perso dieci anni di vita.»
«Tu? Tu hai perso dieci anni di vita?» tuonò Adrien, passandosi le mani fra i capelli e suscitando un moto stizzito da parte di Lila: «Che ho fatto?»
«Ci ho messo un’ora a sistemarti quelle ciocche e tu che fai? Ci passi tranquillamente le mani!» sbottò l’italiana, costringendolo a sedersi e sistemandogli i capelli: «Provaci di nuovo e ti uccido. E uccido anche voi, se non la smettete di muovervi.» dichiarò, indicando Alex e Thomas, impegnati ad armeggiare con i cellulari.
«C’è un Dragonite.»
«Thomas, dimmi che non stai giocando…»
«Ehi, mi sto annoiando.»
«Alex?»
«Mi sto annoiando anche io.»
Lila sbuffò, scuotendo il capo e portandosi poi gli indici alle tempie: «Non ci arrivo a fine giornata con voi, non ci arrivo.» sentenziò, poggiando la testa contro la spalla di Wei e biascicando qualcosa che solo il giovane cinese capì: «Fra quanto arriva Marinette?»
«E’ in ritardo? E se ha cambiato idea?»
Lila ringhiò, recuperando la propria pochette dalle mani di Wei e dando un colpo allo sposo: «Non ci sono ancora tutti gli ospiti, genio! Ti sembra sia in ritardo?» sbottò, voltandosi poi verso l’entrata della chiesa e sorridendo a Willhelmina, che stava entrando con Gabriel e Sophie, mentre subito dietro loro facevano la loro comparsa Xiang, Felix e Fu.
«Perché Manon Chamack è qui?» domandò Thomas, alzando lo sguardo dal cellulare e notando la ragazzina, che si stava accomodando di fianco alla madre in quel momento.
«Conosci Manon?» domandò Adrien, voltandosi e osservando anche lui la piccola: «Marinette le faceva da babysitter quando era piccola.»
«E’ nella mia scuola.»
«E’ la tua fidanzatina?»
«No, mi odia. Però le piace il mio migliore amico.»
«Jérèmie?» domandò Alex, sorridendo: «Potevi portarlo, alla fine avevi un più uno anche tu.»
«Non gli interessava e ho evitato di portare mia sorella: sarebbe stato imbarazzante.» mormorò il ragazzino, scuotendo il capo: «Molto imbarazzante, dato che è fan di questi due.» spiegò, indicando Adrien e Rafael: «Quindi immaginate cosa avrebbe fatto…»
«Ci siete tutti?» domandò Fu, avvicinandosi al gruppetto assieme agli altri e poggiando una mano sulla spalla di Thomas: «Aiuta questo povero vecchio, giovanotto, e portami a sedere.»
«Sei vecchio quando ti pare, Fu.» mormorò Felix, scuotendo il capo e regalando un sorriso a Nino: «Non penso ci abbiano presentato: Felix Blanchet, molto lieto.»
«Rottura di scatole è più indicato.» sbuffò Willhelmina, ignorata dai due e suscitando una risata in Sophie, che si sistemò vicino al figlio con Gabriel.
«Nino Lahiffe.» mormorò il ragazzo, stringendo la mano che gli era stata offerta dall’uomo e osservando stranito quel gruppo così variegato: conosceva Felix Blanchet di nome, lo aveva letto molto spesso negli articoli che parlavano delle imminenti elezioni del sindaco di Parigi, ma non riusciva a capire come mai fosse così intimo di Adrien, da presenziare al suo matrimonio.
E il ragazzino?
E l’anziano?
Forse erano tutte conoscenze degli Agreste…
Sorrise, ascoltando distrattamente le chiacchiere del gruppo attorno a lui e osservando poi Alya correre, per quanto glielo permettessero i tacchi, verso di loro: «La sposa sta arrivando! Non è un’esercitazione! La sposa sta arrivando! Ripeto: la sposa sta arrivando!» annunciò trillante e quelle parole dettero il via a tutto: gli invitati iniziarono a sistemarsi nelle panche della chiesa, il parroco si sistemò la toga e la stola attorno al collo, mentre Adrien si alzava e si sistemava il completo scuro, sotto lo sguardo divertito degli altri e raggiungendo l’altare con Rafael al seguito.


Marinette inspirò profondamente, osservando l’enorme portone di legno dalla linea gotica e ricordava di come le era parso immenso, quando era stata in quella chiesa da piccola; si voltò, sorridendo al padre e posò la mano nell’incavo del braccio dell’uomo: «Papà?» mormorò, attirando la sua attenzione e abbozzando un sorriso: «Prometti che non mi farai cadere, vero?»
«Per tutte le baguette di questo mondo, lo impedirò anche con la mia vita.»
«Grazie.» mormorò, sentendo l’organo intonare la marcia nuziale: fece un passo, seguita dal padre e lentamente entrò nella chiesa, inspirando profondamente quando tutti si voltarono verso di lei; sentiva il panico salirle mentre faceva vagare lo sguardo su tutta quella gente e, poi, guardò verso la fine della chiesa e si tranquillizzò.
Adrien era lì.
La fissava con il suo solito sorriso sulle labbra, forse più luminoso quel giorno, i capelli biondi tirati indietro e lo sguardo verde completamente rivolto verso di lei.
Marinette sorrise, mentre avanzava nella chiesa e non curandosi di nessuno, se non di Adrien.
Solo ed esclusivamente lui.
Ogni sguardo, ogni parola, tutto era nella sua mente, conservato gelosamente come quei ritagli di giornale per cui lui l’aveva presa in giro.
Adrien era stato il suo mondo, fin da subito, anche se lei non se n’era mai accorta.
E lei era stato il suo.
Suo padre si fermò vicino all’altare e le prese la mano, che teneva ancorata nell’incavo del suo braccio, passandola al giovane: «Ciao» mormorò Adrien, sorridendo e stringendole le dita: «E’ brutto dirti che ho pregato per tutto il tempo che tu non cadessi?»
«L’ho fatto anche io.» dichiarò Marinette, sorridendo: «Al prossimo matrimonio niente velo lungo.»
«Al prossimo matrimonio? Quante volte vuoi sposarti?» Adrien rise leggermente, stringendo le mani di lei: «Sei bellissima.»
«Anche tu.»
«Io sono sempre bellissimo.»
Il prete tossì, attirando l’attenzione su di sé e sorridendo ai due: «Se volete, iniziamo. Che ne dite?»
«Ci perdoni.»
«Non si preoccupi» mormorò Rafael, chinandosi verso l’uomo di Chiesa e ridacchiando: «Fanno sempre così: si dimenticano del mondo.»
Il parroco si schiarì la voce, allargando le braccia: «Un benvenuto a tutti voi, nella Casa del Signore. Oggi siamo qui riuniti per celebrare il sacro vincolo del matrimonio di quest’uomo e di questa donna…»


Tikki si sistemò sulla cornice di una delle vetrate, che donavano un aspetto colorato a una chiesa, altrimenti troppo carica com’era consono nelle chiese gotiche: «Marinette era nervosa?» domandò Plagg, sistemandosi accanto a lei: «Il moccioso si è dovuto abbottonare la camicia otto volte, prima di riuscire a centrare i buchi giusti. E non ti dico per la cravatta…fortuna, che è entrato Gabriel a salvare quel povero pezzo di stoffa.»
«Era nervosa sì.» mormorò la kwami, sorridendo: «Ma era più sul ‘non mi sembra vero’»
«Sono i primi…»
Tikki si voltò, osservando Plagg tenendo lo sguardo verde sui loro due Portatori e lei annuì: era vero, per quanto coloro che indossassero i loro Miraculous si amassero, Marinette e Adrien erano i primi che riuscivano a legarsi per tanto tempo e arrivavano anche a sancire la loro unione: «Sono contenta per loro…» mormorò la kwami, sospirando e sentendo il compagno fare altrettanto.
«Prima del classico rito, Marinette e Adrien ne vogliono recitare un altro» esclamò l’officiante, attirando l’attenzione di Tikki sulla coppia: li osservò, mentre erano un di fronte all’altro, le mani intrecciate.
«Qui e ora…» iniziò Adrien e Tikki si portò una zampina alla bocca, voltandosi verso Plagg e trovandolo sorpreso come lei: «Sotto questa luna, che mi è testimone, io mi dichiaro tuo marito e tuo compagno. La mia casa sarà la tua casa, il mio letto sarà il tuo letto. Offrendoti onore, fedeltà e rispetto, io ti sposo.»
«Qui e ora…» mormorò Marinette, sorridendo al suo sposo: «Sotto questa luna che mi è testimone, io mi dichiaro tua moglie e tua compagna. La tua casa sarà la mia casa, il tuo letto sarà il mio letto. Offrendoti devozione, fedeltà e rispetto, io ti sposo.»
«Quei due…» mormorò Plagg, scuotendo la testa: «Quei due…»
«Sarebbe stato bello celebrare anche il vostro matrimonio.» commentò Vooxi, sistemando di fianco a Plagg e ridacchiando: «In fondo, dove sta scritto che i kwami non possono sposarsi?»
«Esatto!» trillò Mikko, volando a fianco di Tikki e sospingendola un poco: «Inoltre, voi eravate promessi.»
«E il nostro Wayzz può officiarlo!» dichiarò Flaffy, fluttuando in aria con Nooroo e Wayzz, che avevano un sorriso compiaciuto: «Che dite? Lo facciamo?»
«Cosa volete fare voi?»
«Oh, andiamo!» sbottò Vooxi, scuotendo il capino: «Come se non ti conoscessi, Plagg. Quante volte ho dovuto ascoltare i tuoi piagnistei perché Tikki non te la dava?»
«Questo…»
«Lo facciamo?» domandò Wayzz, sfregandosi le zampette e ridacchiando: «Plagg, della tribù del Gatto Nero, colui che mi ha dato il tormento per tanti anni con le sue bravate, finalmente si sposa.»
«Voi…voi…» Plagg li osservò, voltandosi poi verso Tikki e fissandola: «Tikki, tu…»
«Sì.»
«E’ un vero peccato che non sia notte, come da tradizione a Daitya.» commentò Nooroo, sospirando: «Ma va bene lo stesso, sarà un matrimonio bellissimo.»
Wayzz si sistemò davanti a Plagg e Tikki, mentre gli altri kwami creavano un cerchio attorno a lui, i sorrisi allegri e gli occhi puntati sulla coppia: «Oggi, davanti ai nostri Sette Dei, celebriamo l’unione di queste due anime.» dichiarò, alzando le zampette verso il cielo: «Qui e ora, le vostre anime saranno legate.»
Plagg inspirò, prendendo la zampa di Tikki e fissandola, rivedendo quasi la ragazza che era stata un tempo: «Qui e ora. Sotto questa luna che mi è testimone, io mi dichiaro tuo marito e tuo compagno. La mia casa sarà la tua casa, il mio letto sarà il tuo letto. Offrendoti onore, fedeltà e rispetto, io ti sposo.»
« Qui e ora. Sotto questa luna che mi è testimone, io mi dichiaro tua moglie e tua compagna. La tua casa sarà la mia casa, il tuo letto sarà il mio letto. Offrendoti devozione, fedeltà e rispetto, io ti sposo.» mormorò Tikki, sentendo l’emozione salirle in petto: avrebbe voluto piangere, dando libero sfogo a tutto ciò che sentiva ma non poteva. Poteva solo guardare gli occhi verdi di Plagg che, nonostante tutto, non erano mai cambiati.
«Che i Sette Dei possano benedire la vostra unione.» mormorò Wayzz, chinando il capino: «Avete sopportato e rinunciato a così tanto che questo è solo una magra consolazione…»
«Sei mia moglie, Tikki.»
«E tu mio marito, Plagg.»
«E nessuno considerò il nostro caro, Wayzz.» dichiarò Vooxi, ridacchiando e posando una zampa sul guscio del kwami: «Beh, vanno capiti. E’ da quando eravamo umani che lo attendevano.»
«E adesso vai con la cioccolata!»
«Flaffy, non tutti qui mangiano cioccolata.» sospirò Mikko, scuotendo la testa mentre il pavone fluttuava attorno a tutti loro: «Flaffy…»
«Mangiate quel che volete! Io ho della cioccolata di qualità extra-superiore che attendeva un momento del genere per essere mangiata!»
Tikki ridacchiò, stringendo forte la zampa di Plagg e sorridendo al gruppo di kwami: «Sono contenta di essere qui con tutti loro. E sono contenta di poter essere diventata finalmente tua moglie, Plagg.»
Il kwami nero ridacchiò, spostando lo sguardo verde dai loro compagni a Tikki: «Anche io, Tikki. Anche io.»


Adrien si appoggiò allo schienale della sedia di Thomas, osservando divertito le donne riunirsi davanti a Marinette che sorrideva, imbarazzata da tutta quell’attenzione: «Che usanza barbara» commentò Alex, portando su di sé l’attenzione del biondo: «Sinceramente, perché costringere a questa rissa? Per cosa poi? Vincere un mazzo di fiori…»
«Ehi, chi se lo aggiudica si sposa entro l’anno» commentò Rafael, buttando giù lo champagne che aveva nel bicchiere e storcendo le labbra: «Sarah, ti prego, non prenderlo.»
«Ehi, cosa vorrebbe dire questo? Che ti vuoi solamente divertire con la mia migliore amica?»
«Amo Sarah, è la donna della mia vita ma preferisco andare piano…»
«Basta vedere quanto tempo ci ha messo per portarsela a letto. Al pennuto piace lento.»
«Non ti rispondo nemmeno.» commentò Rafael, fissando male l’amico e poi accennando con il capo a Wei: «Lila potrebbe tranquillamente prenderlo…»
«Perché no?»
«Wei, c’è qualcosa che ti smuove? Veramente, ti ho visto solo un po’ alterato quando combattemmo gli uomini di Maus e quelli avevano fatto dei commenti poco carini sulle nostre ragazze…»
«Maus…» commentò Alex, piegando la testa all’indietro e sospirando: «Sembra passato un secolo da quando è morto.» bisbigliò, scuotendo poi il capo: «Marinette, mi sembra l’abbia superata. O sbaglio?»
«Superato cosa?» domandò Thomas, alzando la testa dal proprio cellulare e osservando gli altri: «Cosa?»
«Maus è morto durante l’ultima battaglia che abbiamo avuto con lui» spiegò Adrien, osservandosi attorno e notando Felix avvicinarsi al tavolo: «E Marinette non l’ha presa bene: per un po’ si è accusata di non aver fatto abbastanza e non riusciva a dormire bene, aveva gli incubi e si svegliava in continuazione. Non è stato un bel periodo, ma adesso sta bene. E’ una ragazza forte.»
«Qualcuno vuole scommettere su chi si aggiudicherà l’agognato bouquet?» domandò Felix, poggiando i palmi delle mani e fissando gli occupanti del tavolo: «Io punto sulla biondina: mi sembra molto agguerrita.»
«Perché Chloé vuole prendere il bouquet? Non sta con nessuno o sbaglio?»
«L’ultima sua conquista di cui sono a conoscenza eri tu, pennuto.»
«Ehi, è stata una botta e via. Peccato che non abbia capito bene il concetto.»
«Sapete che c’è un bambino al vostro tavolo?»
«Stia tranquillo, Felix. Ormai sono abituato.» commentò Thomas, tornando a fissare il cellulare e aggrottando le sopracciglia: «Io punto su Lila.»
«Anche io.»
«Ovviamente Wei non poteva che puntare la sua donna.» dichiarò Adrien, ridacchiando: «L’avete capita? Puntare. La sua donna.»
«Perché Marinette non ti ha ancora ucciso, gattaccio?»
«Io scommetto su Sarah.» dichiarò Adrien, ridacchiando ed evitando il pugno di Rafael: «Scommetto che la nostra apetta…»
«Non chiamarla così!»
«…non vede l’ora di infilarti un anello al dito e proclamare a tutta Parigi che non sei più disponibile.»
«Sarah sta parlando con Fu e Willie.» borbottò il moro, indicando con un cenno del capo le tre persone in disparte: Fu e Willhelmina sembravano ascoltare con interesse e serietà quello che Sarah stava dicendo loro; Rafael sperò che la giovane non stesse raccontando loro dei sogni che stava facendo da due notti a quella parte, ma quando tutti e tre si voltarono verso di lui capì che stavano parlando di quello: «Vado da lei.» dichiarò, alzandosi e dirigendosi verso la ragazza.
«Uh. Sta per lanciare il bouquet.» commentò Thomas, poggiando il cellulare sul tavolo e osservando interessato la scena.
Rimasero tutti in silenzio, osservando il mazzo di fiori candidi venire tirato da Marinette che, voltata di spalle, si girò velocemente per vedere chi sarebbe stata la fortunata e l’intera sala rimase a bocca aperta quando il bouquet finì fra le mani di Sophie Agreste; la donna fissò i fiori, sorridendo e poi spostando l’attenzione sul marito, seduto con lei a un tavolino assieme alle vecchie professoresse di Adrien: «Sarei già sposata…» dichiarò Sophie, sventolando per aria il bouquet e venendo poi fermata da Gabriel, che fece voltare la moglie verso di sé e le sussurrò qualcosa all’orecchio, facendola ridacchiare. Sophie riabbassò il mazzo, carezzando dolcemente i petali e poi sporgendosi verso Gabriel, sfiorandogli le labbra con le proprie.
«Penso che i tuoi rinnoveranno a breve la promessa di matrimonio» constatò Alex, alzandosi in piedi e stirandosi: «Qualcuno ha visto Xiang?»
«Ah! Qualcuno mi ricorda, dopo tutta questa festa, di avvisare Fu che ho qualcosa da consegnargli?» domandò Felix, riponendo il cellulare e scuotendo la testa: «Mi dimentico sempre: Bri è…» si fermò, inspirando profondamente: «Impegnativa.»
«Come stanno andando le manovre di riconquista?»
«Ha smesso di ringhiarmi contro. E’ un buon segno, no?»
Alex scosse il capo, allentandosi la cravatta e sospirando: «Vado a cercare, Xiang.»


Sarah si voltò, osservando il ragazzo avvicinarsi a lei e abbozzò un sorriso: «Come stai?» domandò, notando lo sguardo stanco di Rafael: anche la notte precedente aveva avuto una nuova visione e si era svegliato ansante e sudato, lo aveva osservato mentre cercava di riprendere il controllo di sé e poi si era lasciata abbracciare.
Rafael riusciva a dormire tranquillo solo se la stringeva fra le braccia.
«Ho visto che hai parlato con Fu e Willie.»
«Dovevo dirglielo.» mormorò Sarah, allungando una mano e carezzandogli la tempia con la punta delle dita: «Il maestro ha detto che cercherà qualcosa fra i suoi testi e…»
«Non potevi aspettare domani, vero?»
«No, non potevo.»
Rafael sospirò, scuotendo il capo e ritrovandosi poi spinto in avanti e verso Sarah, si voltò notando una bionda – che conosceva fin troppo bene – strusciarsi contro di lui: «Chloé Bourgeois.» mormorò, allontanandosi di un poco e osservando la figlia del sindaco con la sua schiavetta personale: «Affoghi il dispiacere nello champagne?»
«Avevo smesso di puntare Adrien già da un po’» dichiarò la ragazza, piegando le labbra finemente tinte di rosso e fissandolo bramosa: «Soprattutto da quando…»
«Conosci Sarah?» dichiarò il parigino, prendendo la ragazza per le spalle e usandola quasi a mo’ di scudo: «E’ la mia fidanzata.»
Chloé lo fissò, assottigliando lo sguardo e fissandolo in volto: «Fammi indovinare, sei come Adrien?»
«Se non peggio» dichiarò Rafael, sistemandosi dietro Sarah e passandole le braccia attorno alla vita: «Sono un cattivo redento, quindi sono anche peggio del signorino Agreste…» dichiarò, poggiando le labbra contro il collo della ragazza che teneva nel suo abbraccio e osservando l’altra andarsene stizzita, con Sabrina Raincomprix dietro di sé.
«Fammi indovinare…»
«No, non vuoi indovinare.»
«D’accordo» mormorò Sarah, voltandosi fra le sue braccia e alzando le mani fino al suo volto, carezzandogli le guance: «Hai l’aria stanca…» bisbigliò, ignorando ciò che era successo fino a poco prima e ritornando a quello che più la premeva.
«Sto bene. Davvero.»
«Mh.»
«Sto bene, apetta. Devo solo dormire un po’ di più, possibilmente abbracciato a te.»
«Sono diventata il tuo peluche.»
«Sì, soprattutto quando indossi quel tuo pigiamone pesantissimo e morbidissimo.» dichiarò, chinandosi e baciandole la fronte: «Sto bene.»


Thomas sbadigliò, sistemandosi in un angolo del locale e osservando la folla di persone: l’unica altra persona della sua età era Manon Chamack, ma non che questo gli importasse, poiché aveva imparato da tempo a stare fra gli adulti.
Era il più piccolo dell’intera famiglia e alle riunioni, in occasioni delle festività, si era abituato a dover fare i conti con persone più grandi di lui e, proprio per questo, gli riusciva benissimo distrarsi, giocando con il cellulare.
«Cosa fai?» la voce di Manon lo riscosse, facendolo voltare verso la ragazzina in piedi alla sua sinistra: aveva sciolto i capelli che, legati in parte, le circondavano il volto e aveva sostituito gli abiti che indossava sempre con un grazioso vestito rosa.
Era carina quel giorno.
E se lo ammetteva lui, doveva essere così.
«Gioco» bofonchiò, mostrandole lo schermo dello smartphone e osservandola mentre si sedeva al suo fianco; si portò involontariamente una mano alla camicia, allentandosi il colletto e la cravatta che, quella mattina, sua madre aveva annodato alla perfezione.
Manon annuì con la testa, fissandolo poi seria: «Posso mettermi qui con te?» domandò, osservando il posto vuoto accanto a lui e, al cenno affermativo del ragazzino, sorrise gioiosa: «Il mio cellulare si è scaricato e…»
«Batteria di riserva.» borbottò Thomas, riportando l’attenzione sullo schermo e aggrottando lo sguardo, effettuando un lancio a effetto con la pokeball: adorava quel locale perché era piano di pokemon, quasi come se ci fosse un nido da quelle parti.
«Cosa?»
«Io mi porto sempre una batteria di riserva o il caricatore portatile.» spiegò Thomas, sorridendo e mostrando lo schermo a Manon, che gli sorrise di rimando: «Mi mancava questo…» le spiegò il ragazzino, massaggiandosi la nuca con la mano libera: «Comunque dicevo: io mi porto sempre dietro un caricatore portatile, altrimenti si scaricherebbe subito anche a me e…beh…» indicò le persone davanti a loro e Manon annuì.
«Vero. Non ci ho mai pensato.»
«Nemmeno io, poi ho visto mia sorella farlo e mi si è aperto un mondo.»
«Hai una sorella?»
«Sì, è più grande di me.»
«Che bello…»
«Io direi l’opposto, veramente.»
«Io sono figlia unica, invece.»
«Lo so.»
«Davvero?»
«Beh, tua madre è famosa, no? Quindi…»
«Ah. Giusto.» sospirò Manon, guardandosi la punta delle scarpe, in tinta con il vestito, e rimanendo in silenzio: «Tu…»
«Uaaah! Mi mancava anche questo!» esclamò Thomas, voltandosi verso di lei e mostrando lo schermo: «Per la fine della festa, avrò riempito il pokedex.»
Manon sorrise, sporgendosi verso di lui e osservandolo mentre provava a catturare un nuovo pokemon, si voltò guardando lo sguardo concentrato di Thomas e poi spostò di nuovo tutta l’attenzione sullo schermo, indicando un piccolo mostriciattolo dall’aria: «Quello! Quello!»
«Ok, vediamo di prenderlo!»



«Signora Marinette Agreste…» bisbigliò Adrien, chinandosi verso la moglie seduta al suo fianco e baciandole la spalla nuda, ascoltandola ridacchiare: «Suona bene, non trovi?»
«Dici?» domandò Marinette, piegando la testa e poggiandola contro quella del biondo, sospirando poi pesantemente e rimanendo in quella posizione per un po’: socchiuse gli occhi, ascoltando la musica e le chiacchiere delle persone che li circondavano, lasciandosi cullare dalle carezze della labbra di Adrien sulla spalla.
«Hai freddo?» le domandò il suo neo-marito, facendole riaprire le palpebre e alzare la testa: Adrien si era tolto la giacca del completo e aveva allentato la cravatta: «Vuoi la mia giacca?»
«Vorrei togliermi questi affari dai piedi» sentenziò Marinette, fissando la gonna del vestito e sapendo che sotto gli strati di stoffa bianca c’erano due strumenti di tortura medievale: «Non sono abituata ai tacchi.»
«Vero. Li indossi veramente di rado.» commentò Adrien, passandole un braccio sulle spalle e attirandola verso di sé: «L’ultima volta che te li ho visti ai piedi è stato alla settimana della moda. Giusto?»
«E’ passato così poco da quando li ho portati l’ultima volta?»
«Non ti sei portata un paio di scarpe di ricambio?» le mormorò il ragazzo, baciandole la tempia e sfiorandole i capelli mori con le labbra: «So che in molte lo fanno.»
«Non ci ho pensato…»
Il biondo annuì, stringendola più forte contro di sé: «Appena arriviamo a casa le togli e ti rilassi, ok?»
«Casa…» mormorò Marinette, posando una mano sul petto del ragazzo e giocherellando con la cravatta di seta: «E’ strano pensare che non sarà quella che ho considerato fino a ieri.»
«Ti capisco, anche per me è uguale.»
«Oh per favore!» sospirò Lila, poggiandosi al tavolo degli sposi e fissandoli: «Già eravate diabetici, non potete darvi una calmata adesso?»
«Volpe, perché non vai da Willie?»
L’italiana si voltò, nella direzione dove la ex-Portatrice del Miraculous della Coccinella, completamente sbronza, aveva eletto Felix a tiro al bersaglio: «C’è Felix che sta facendo da vittima sacrificale…»
«Vai da qualche parte con Wei, vai a dar noia ad Alex, l’importante è che ti levi dal nostro tavolo.»
«Bello il gattino romanticone!» esclamò Lila, allungandosi sul tavolo e prendendo le guance del biondo, tirandole come avrebbe fatto una nonna o una zia: «Che si sposa per San Valentino e manda a monte quello degli altri.»
«Mi stai facendo male, Lila.»
«Lila, lascialo.»
«Solo perché lo dice il boss.»
Marinette sorrise, osservando Adrien massaggiarsi le guance, facendo poi vagare lo sguardo per la sala del Cigale, allestita per il loro matrimonio: «Sto sognando, vero?»
«No, purtroppo ti sei unita con il gattaccio.»
«Te ne vuoi andare?»
«E lasciarti in pace con la tua mogliettina? Neanche morta.»
«Dov’è Wei quando serve?»
Rafael si avvicinò al tavolo, ridacchiando con Sarah, Thomas e Alex dietro di sé: «Willie ha beccato in pieno Felix.» decretò il parigino, continuando a ridere: «Con una fetta della torta.»
«No, me lo sono perso!» esclamò Adrien, balzando in piedi e posando le mani sulla tovaglia candida: «Maledizione!»
«Ho il filmato!» esclamò trionfante Thomas, mostrando il proprio cellulare: «Ha più mira da ubriaca che da sobria, quella donna.» dichiarò il ragazzino, facendo partire il filmato dove Willhelmina lanciava una fetta di torta e colpiva in pieno il volto di Felix.
«Povero Felix, forse gli conveniva rimanere a Shangri-la.» dichiarò Alex, ridacchiando e poi guardandosi in giro: «Lo so  che mi ripeto: ma qualcuno ha visto Xiang? La sto cercando dal lancio del bouquet!»
«Forse si sta nascondendo da te, Alex. Mai pensato questo?»
«Per favore, qualcuno trovi Wei, prima che gli cataclismo la fidanzata.»
«Cataclismi me? Hai veramente intenzione di farlo? Devo ricordarti di quando ti ho fatto limonare con l’aria?»
«Wei. Dov’è?»


Xiang storse la bocca, togliendosi le scarpe con il tacco e sospirando beata mentre poggiava i piedi per terra: perché le donne dovevano portare quegli strumenti di tortura? Aveva guardato con malcelata invidia Lila e le altre mentre camminavano tranquille su quegli affari, senza mostrare un minimo di cedimento.
Forse era una qualche abilità che le donne sviluppavano da quelle parti?
A Shangri-la non c’era mai stato bisogno di simili affari e, anzi, camminare con quelle ai piedi sarebbe significato morte certa nell’impervia Città senza tempo; sospirò, mentre muoveva le dita contro il pavimento freddo e cercò di non dare molto peso alla persona che stava giungendo verso di lei: «Va tutto bene?» le domandò una voce maschile, dal timbro stranamente familiare.
Dove l’aveva sentita?
Non lo ricordava.
Inspirò profondamente, aprendo le palpebre e voltandosi verso il nuovo venuto, rimanendo a bocca aperta: «Dì Ren…» bisbigliò, ricordando benissimo i tratti del ragazzo posseduto che l’aveva avvicinata, non molto tempo prima.
Era lui.
Non poteva che essere lui.
«Cosa?» le domandò il ragazzo, fissandola con un sorriso impacciato in volto: «Non ho capito.»
«Nulla…» mormorò Xiang, facendo un passo indietro e chinandosi per raccogliere le sue scarpe: era ancora posseduto dal suo nemico? Oppure, dopo che era stato usato, Dì Ren l’aveva lasciato libero?
«Stai bene?» le domandò il ragazzo, abbozzando un nuovo sorriso e guardandosi attorno.
«S-sì. Grazie.» mormorò Xiang, superandolo e raggiungendo la sala centrale del locale, si guardò attorno e notò il gruppo di Portatori al tavolo degli sposi.
«Oh, ecco la nostra Xiang!» esclamò Rafael, vedendola sopraggiungere: «Ed è la prima che ha ceduto, a quanto pare.» aggiunse, indicando le scarpe, che la ragazza teneva in mano.
«Sembra che hai visto un fantasma…» mormorò Sarah, inclinando la testa e studiandola assorta: «Xiang?»
La cinese si voltò, osservando i novelli sposi e il resto di Portatori: poteva dare loro la notizia lì, in quel momento?
Era un giorno di festa e il ragazzo che aveva incontrato non sembrava sotto l’influsso di Dì Ren.
«Mi fanno solo male i piedi….» mormorò, voltandosi nella direzione da cui era venuta e osservando colui che era stato posseduto da Dì Ren unirsi a gruppetto di invitati.
«Xiang, perché stai fissando Nathaniel?» domandò Lila, guardando anche lei la stessa direzione della cinese e sorridendo: «Alex, mi sa che hai un rivale.»
«Lo conoscete?»
«Veniva a scuola con noi. Perché?»
«Niente.»
«Testa di pomodoro deve sempre rompere le uova nel paniere a quanto pare.» commentò Adrien, passando un braccio attorno alle spalle di Marinette: «Condoglianze, Alex.»
«Cosa?»
«Se vuoi il mio consiglio, infilale un anello al dito prima che Testa di pomodoro ci provi.»
«La smetti?» sbottò Marinette, colpendo il biondo in pieno petto e fissandolo male: «Tu mi hai chiesto di sposarti quando…»
«Quando un certo pennuto ci provò con te. Vero.»
«Non rivanghiamo cose che non vogliamo dissotterrare.»
«Come siamo filosofici, piumino.»
«Me lo hai chiesto perché ti stavo tenendo il muso.»
«Ti ho chiesto di sposarmi perché sei l’amore della mia vita e l’unica che voglio al mio fianco. Fine.»
«Dateci un taglio! Siete diabetici!»
«Wei, dov’è?» sbottò Adrien, fissando male l’amica: «Diventa insopportabile quando non c’è.»
«Sta aiutando Felix con Willie.» spiegò Sarah, sorridendo: «Dopo il lancio riuscito della torta, Wei ha cercato di tenerla buona, mentre Felix evitava le cose che lei gli lanciava. Penso stia aiutando l’assistente di Willie a portarla in macchina, o qualcosa del genere.»
«Fantastico. Ci manca solo un attacco del nostro nuovo nemico e il mio matrimonio con Marinette è da ricordare per sempre.»
«L’ha detto, vero?»
«L’ha detto, volpe.» mormorò Rafael, sospirando e voltandosi verso Sarah: «Mikko e Flaffy?»
«Sono nella mia borsetta, non preoccuparti.»
«Nella mia ci sono Wayzz e Vooxi, mentre Nooroo, Plagg e Tikki sono con Sophie.» dichiarò Lila, annuendo con la testa: «Siamo pronti.»
«Io non volevo combattere il giorno del mio matrimonio, però.»
«Forse era meglio se stavo zitto…»
«Tu prega che non ci sia un attacco fino a domani, gattaccio.»


Marinette inspirò profondamente, osservando la porta dell’appartamento che, da quel giorno, avrebbe condiviso con Adrien: «Facciamo le cose per bene?» domandò il ragazzo, non dandole il tempo di rispondere e chinandosi, sollevandola poi in braccio e ridendo all’urletto spaventato della ragazza.
«Adrien!»
«Non c’è questa usanza? La sposa che entra in braccio allo sposo?» domandò il ragazzo, gettandole con qualche difficoltà il mazzo di chiavi in grembo: «Ho le mani occupate, Marinette.»
La ragazza sbuffò, prendendo le chiavi e armeggiando con la serratura, finché non riuscì ad aprirla e Adrien entrò velocemente dentro l’abitazione, poggiandola a terra: «Le mie povere braccia…» sospirò il ragazzo, andando a chiudere la porta e massaggiandosi i bicipiti sopra la giacca scura.
«Faccio finta di non aver sentito niente.» chinandosi e armeggiando con i laccetti delle scarpe: «Libera!» dichiarò felice la ragazza, guardandosi attorno e sorridendo a quella che era la loro casa: la cucina con i pensili chiari, il grande divano con la tv che dominava la stanza centrale e che dava sulla terrazza piena di piante; si avviò nel corridoio che portava alle camere e sorrise, vedendo che una era stata trasformata in una piccolo atelier: «Adrien, ma…»
«Pensavo avevi bisogno di un posto dove disegnare e cucire.» sentenziò il ragazzo, raggiungendola e osservando anche lui la stanza: «E’ stato complicato, ma con i ragazzi siamo riusciti a sistemarla a tua insaputa. Ti piace?»
«E’…è…»
«Talmente bello e dolce, che tuo marito merita un bacio?» dichiarò Adrien, abbracciandola da dietro e baciandole il collo: «Mh. Mi piace.»
«Cosa?»
«Definirmi tuo marito. E’ bello.»
«Sì, vero.»
Adrien aprì la bocca, ma qualcosa lo colpì alla nuca, si voltò e osservò irato il kwami nero: «Plagg!» esclamò, massaggiandosi la parte colpita e notando Tikki ridacchiare vicino all’altro: «Che ti prende?»
«Che mi prende? Che mi prende?» sbottò il felino, agitando le zampette vicino al viso del giovane: «Mi prende che, di punto in bianco, sento voi due che pronunciate i voti nella maniera di Daitya. Ecco, che mi prende.»
«E’ il suo modo per dirvi grazie.» dichiarò Tikki, strusciandosi contro la guancia della propria Portatrice e sorridendo: «E’ stato bello, sentirvi dire quelle frasi una seconda volta e durante la vostra unione ufficiale. Grazie.»
«Non potevi fare come Tikki? No, dovevi colpirmi.» sbottò Adrien, fissando male il kwami nero e voltandosi poi verso la moglie e il piccolo esserino rosso che confabulavano fra di loro: «Ci hanno completamente dimenticati.» sentenziò, poggiandosi contro lo stipite della porta mentre Plagg si sistemava contro la sua spalla.
«Mi chiedo se dovrei continuare a chiamarti moccioso…»
«Mi verrebbe la pelle d’oca se mi chiamassi in un altro modo, sai?»
Plagg sbuffò, alzando lo sguardo verso il cielo: «Sono contento per te.» sentenziò, dopo un po’: «Ho ascoltato i tuoi piagnistei per parecchio, quando ancora non sapevi chi era lei e vederti adesso felice e al suo fianco…beh, sono contento.»
«Adesso cosa farai? Ti struscerai contro il mio viso e…»
«Neanche morto.»
«Ottimo. Riesco a gestirti meglio così, piuttosto che un affarino coccoloso.»
Marinette si voltò verso di loro e Adrien le regalò un sorriso innocente, osservandola mentre si aggirava per la stanza e sorrideva alla vista dei suoi oggetti: il suo manichino, la sua macchina da cucire, i suoi album da disegno, gli scampoli di stoffa che teneva impilati nell’armadio e poi…
Si chinò per terra, recuperando un oggetto che conosceva molto bene: «E’ tornato da me?» domandò, agitando l’ombrello scuro e vedendo Adrien sorridere: «Mi sembrava di avertelo restituito.»
«Sarà finito qui per sbaglio…» mormorò il ragazzo, allungando una mano e prendendo l’oggetto che lei gli aveva offerto: «Stavolta non lo apro.»
«Nemmeno io.»
Adrien abbassò lo sguardo, carezzando l’incerata scura e poi riportando l’attenzione sulla ragazza davanti a lui, sua moglie: «Alle volte, mi chiedo quale sia stato il nostro vero inizio: quando ci siamo incontrati da Ladybug e Chat Noir? Quando ti ho offerto questo ombrello in segno di pace?»
Marinette lo fissò, sorridendo: sembrava passato così tanto tempo da quei loro primi incontri, da quando era caduta addosso a quel ragazzo vestito di nero e con due orecchie feline in testa, lo stesso che poi lei aveva ripreso perché pensava che facesse parte della combriccola di Chloé.
Lo stesso che le aveva donato quell’ombrello, in segno di pace.
Lo stesso che era sempre stato al suo fianco, in una veste o nell’altra, da quando tutto era cominciato.
«Quando abbiamo avuto i nostri Miraculous…»
«Cosa?»
«Il nostro inizio. E’ stato quando io ho aperto la scatola con il Miraculous di Tikki e tu quella con il Miraculous di Plagg.» mormorò Marinette, avvicinandosi a lui e poggiando la testa contro la sua spalla: «E’ lì che è iniziata la nostra storia.»
Adrien le posò le labbra sul capo, stringendola contro di sé e carezzandole la schiena: «Che ne dici di continuare questa storia con tuo marito che ti toglie questo meraviglioso abito bianco? Bellissimo, ma sento che ci sono un po’ troppi bottoni…»
«Oh, il mio micetto si arrende prima del tempo?»
«Dovresti sapere bene che mi piacciono le sfide: non sono forse riuscito ad agguantare una certa coccinella, che non faceva altro che sfuggirmi?»
Marinette sorrise, posando le mani sulle guance del biondo e annuendo: «Sì. E’ vero.»

   
 
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