questo è il mio regalo di Pasqua e, mi scuso, ma potrebbe esserci un'altra lunghissima pausa.
Per ora vi saluto e vi lascio a questo undicesimo capitolo.
Buona lettura.
Lella
Capitolo XI
Il progetto di Giacomo
Michela fissò il ragazzo con uno sguardo tra lo sconcerto e il disappunto.
“Parla!” ordinò con le braccia conserte strettamente al petto
*
“Tu sei pazzo!”
* ravanare cfr romanesco rovistare
NdA: Finito. Per ora vi lascio e spero a presto
“Qui? Ora?” domandò il ragazzo, allargando teatralmente le braccia
“Preferirei avere un po' di privacy”
“Nel caso in cui tu non sappia contare, sono incinta di undici settimane
più tre giorni. Mi resta poco più di una settimana per abortire, non
abbiamo molto tempo, quindi dimmi quello che devi dirmi, ORA”
Giacomo era combattuto, forse doveva trascinarla fuori da quella stanza, ma
temeva che lei si chiudesse di nuovo. Aveva finalmente ottenuto la sua
attenzione e non voleva perdere quell'occasione. Gli dava un tremendo
fastidio il pensiero che Valerio stesse lì a fissarli gongolante, ma non
poteva assolutamente indietreggiare se voleva... cosa voleva?
“Non avresti dovuto prendere la decisione di abortire senza nemmeno
interpellarmi!” spiegò distaccato
“E perché avrei dovuto, scusa?” domandò lei interdetta “È solo una mia
decisione”
“A quanto pare il giudice non la pensa così” replicò, incrociando le
braccia al petto
“Perché è uno psicopatico come te” battibeccò la ragazza risentita
“Michi, stai rendendo tutto inutilmente complicato” si lagnò il ragazzo,
scuotendo il capo
“Cosa avrei dovuto fare?” insistette Michela sgomenta “Stupido idiota, le
avevo già rese meno complicate, sei stato tu a renderle inutilmente
complicate. Vuoi davvero un figlio da una donna che non ami? Cosa hai nella
testa, le pigne?”
“Dobbiamo decidere insieme qual è la scelta giusta. Non puoi decidere per
entrambi una cosa così importante”
Lo sguardo di Michela si era improvvisamente incupito.“Giacomo, perché?”
ululò isterica, stringendo i pugni e battendo i piedi come una bambina
capricciosa “Tu sei pazzo! Devi andare da un bravo psicologo” respirava con
fatica e la mano le scivolò sul ventre ancora piatto “Perché?”
Erano l'uno di fronte all'altra in una stanza con altre due persone, ma lui
quasi non ne percepiva più la presenza, riusciva a vedere solo lei, quel
viso stizzito, quello sguardo furioso, che lo rendeva, inspiegabilmente,
tranquillo. “Perché è anche mio figlio”
“E se non lo fosse?” insinuò lei, sollevando il labbro superiore “Forse non
è manco tuo. Siamo stati insieme una sola insignificante notte”
“È chi sarebbe il padre se non sono io?” domandò giocoso
“Valerio” confessò la ragazza, volgendo un severo sguardo sul figlio del
Dominus dello studio, che la fissò sgomento
“Mi sembra abbastanza sconcertato. Lo ha scoperto ora?” la schernì Giacomo
senza nascondere una risata ironica
“Non è tuo Giacomo, quindi non c'è niente di cui parlare” sospirò
profondamente “Continua a vivere tranquillamente la tua vita e lascia che
io viva la mia”
Il ragazzo si allontanò da lei e, appoggiato alla scrivania, fissò la donna
con aria seria. “Perché?” domandò, stringendo gli occhi confuso
Non aveva alcun dubbio sulla paternità di quel bambino, ma si sentì
sopraffatto da una strana malinconia a quella affermazione fatta con tanta
leggerezza.
Perché gli mentiva? Perché preferiva negare piuttosto che ammetterlo?
Perché continuava a rifiutare il suo pentimento? Perché non voleva quel
bambino?
“Perché, cosa?”
“Vale è tuo?” domandò Giacomo depresso
Valerio volse lo sguardo rapido su Michela, cominciando a rimpallarlo tra i
due ragazzi che lo fissavano in attesa della sua risposta. “Preferirei non
essere coinvolto” sostenne titubante
“Ieri eri con lei, ora sei qui, suppongo fossi con lei in ospedale, quindi
Valerio tu sei già coinvolto” spiegò composto, massaggiandosi nervosamente
la fronte “Ma, tranquillo, lo so che il bambino non è tuo. Non ho dubbi
sulla paternità di questo bambino”
“Sei troppo sicuro di te” osservò Michela nervosa “Non hai i super
spermatozoi e non sarei così certo, fossi in te, che mentre ti scopavi
un'altra io ero a casa a fare la calzetta!”
Lei lo amava, anche se sembrava averlo dimenticato, e lui lo sapeva.
Michela non era come lui, lei dava un valore al sesso e non sarebbe mai
andata a letto con un uomo mentre ne amava un altro.
“Io non mi scopavo nessun'altra e, comunque, tu non lo avresti mai fatto”
affermò sicuro
“Ne sei proprio sicuro?” insistette la ragazza con aria di sfida
“Scopare con un uomo pur amandone un altro? Certissimo!”
Michela scoppiò in una sonora risata e scosse la testa incredula. “Allora
sopravvaluti me oltre che te stesso, mio caro. Ho scopato con un uomo che
non amavo per quattro anni, pur continuando ad amare uno stronzo che non se
lo meritava e, per tua informazione, mi piaceva pure”
“Quindi mi rinfacci una cosa che hai fatto tu per prima” sottolineò
innervosito, pensando di averla messa nel sacco
“Io e Davide non eravamo amici. Io non ho usato, né ferito, un mio amico
per proteggere me stessa. Inizialmente, c'era un quid pro quo fra
me e Davide. Lui voleva fare sesso e a me serviva qualcuno che mi aiutasse
a distrarmi dal sentimento malato che provavo per te” sospirò profondamente
“Poi è nato qualcosa di bello, ma non sufficientemente profondo da tenerci
insieme. Quando lui ha deciso di andare per la sua strada, io non ho
cercato di trattenerlo. L'ho lasciato andare, perché sapevo che non avrei
mai potuto dargli quello di cui lui aveva diritto! Lasciami andare,
Giacomo”
il giovane avvocato stava per controbattere, ma in quel momento la porta
dello studio si spalancò ed entrarono Claudia e Valeria. Il cuore di
Giacomo si fermò nel petto.
“Hai perso la lingua?” lo pungolò Michela divertita “Pensavo che volessi
parlare”
“Che ci fa lei qui?” squittì Valeria avvicinandosi a Giacomo, che si era
alzato in piedi, rimpallando lo sguardo nervosamente tra le due donne che
tenevano lo sguardo fisso su di lui “Cosa c'è? Sei venuta a riprendertelo?”
insistette avvicinandosi minacciosa
“Guarda che per me te lo puoi anche tenere. Io non sono interessata”
“Allora che ci fai qui?” domandò leziosa, stringendo i suoi grandi occhi
azzurri
“Chiedilo a Giacomo” la sfidò Michela sfrontata
Di fronte a Giacomo, nel mezzo della stanza, tra le due scrivanie ricoperte
di fascicoli e codici, c'erano due donne importanti per lui. Valeria con il
suo visino pallido e imbronciato, con i suoi lunghi capelli biondi che
cadevano morbidi sulle esili spalle. Il morbido tubino in lana pettinata
avvolgeva e metteva in evidenza la slanciate forme del suo corpo. Era così
bella, così sensuale, così desiderabile. I suoi movimenti erano sinuosi e
aggraziati anche quando era soggiogata dalla rabbia. Nessuna donna gli
aveva mai fatto provare un desiderio così profondo che lo pervadeva dai
visceri. Volse lo sguardo su Michela, bella di una bellezza così diversa da
quella della giovane rampolla della famiglia Petroli, così delicata, quasi
eterea, bella nonostante il viso stanco e le profonde occhiaie che non era
riuscita a coprire con il trucco. Pensò a quello sguardo da cuccioli e
gattini che gli aveva fatto accapponare la pelle dopo poche settimane di
passione, pensò che il suo più grande incubo si era materializzato ed era
in quella stanza, ma gli sembrava meno spaventoso di quanto lo avesse
immaginato. Non voleva un figlio; non era pronto per gestire una famiglia
e, nonostante la decisione di Michela di escluderlo gli faceva rabbia,
convenne con se stesso che l'amica aveva ragione, abortire era la scelta
meno complicata, la scelta che avrebbe permesso a entrambi di proseguire la
loro vita senza intoppi e inutili complicazioni. E poi... voleva davvero il figlio da una donna che non amava?
Cosa voleva realmente?
Quella strana donna nel Misir Carsisi di Istanbul aveva ragione:
come poteva riconoscere la donna che gli avrebbe cambiato la vita se era
così impegnato a scansarla come la peste bubbonica? Forse doveva
semplicemente smettere di riflettere, doveva solo fare ciò che desiderava.
Sospirò profondamente e si avvicinò a Valeria. “Mi dispiace di averti
mentito, Vale” si scusò con voce calda e rassicurante, carezzandole il
pallido viso “Ma non voglio più farlo. Io e Michela non stiamo insieme.
Siamo stati insieme quattro anni fa, per un paio di settimane, ma non
poteva funzionare tra noi, perché cercavamo cose diverse. Noi siamo solo
amici”
“Ma voi vivevate insieme e aspettavate un bambino. Cosa siete una specie di
trombamici?” domandò la ragazza sconcertata, allontanandosi da lui “Cosa
c'è stronza, sei rimasta incinta apposta per potertelo tenere? E ora che il
tuo piano è saltato sei qui ad elemosinare un po' di attenzione”
Per la prima volta Giacomo vide quella debolezza che la ragazza aveva
sempre malamente cercato di nascondere. “Quello che c'è fra me e Michi è
sempre stato complicato, ma...”
“Noi non siamo trombamici! E non mi interessa di tenermelo, te lo regalo;
se vuoi te lo infiocchetto pure” lo interruppe Michela risoluta “Maledetto
idiota, non mi farai passare per quello che non sono, solo per nascondere
la tua stronzaggine, sono stanca di essere il tuo cuscinetto”
“Se mi fai finire” replicò Giacomo, scuotendo il capo indispettito “Non sai
ascoltare Michi” spiegò rivolto all'amica “per una volta ascolta e sta'
zitta!” ordinò seccato “Valeria, tuo padre mi stava assillando con quelle
voci non vere su me e tua madre” continuò a raccontare, afferrando le mani
di Valeria “e, per tenerlo tranquillo, ho chiesto a Michela di aiutarmi.
Abbiamo finto di stare insieme, abbiamo finto di aspettare un bambino”
Valeria lo fissava sbigottita e stranamente silenziosa “Volevo anche farti
un po' ingelosire” sottolineò in un timido sorriso. Doveva raccontare tutta
la verità, per quanto spiacevole che fosse, se voleva ricominciare
d'accapo, se voleva una possibilità “Tu sei una ragazza bellissima e
sensuale e...” le strinse i polsi “mi fai letteralmente impazzire, ma sei
sfuggente e inafferrabile. Ho pensato che il sentimento che mi lega a
Michela sarebbe stato sufficiente a non cadere nella rete che avevi tessuto
intorno a me” con la coda dell'occhio, vide l'ombra di Michela passargli
accanto. Le afferrò istintivamente il polso della mano sinistra “Dove stai
andando?”
“Conosco perfettamente i retroscena di questa storia” spiegò la ragazza con
compostezza “Non mi va di ascoltarlo”
Lo stomaco di Giacomo si strinse in un pugno e il suo cuore cominciò a
battere in un modo strano che non ricordava, come se ogni due battiti ne
perdesse uno. “Devi ascoltare” ordinò secco, stringendo le mani di entrambe
le donne “Michela lo ha scoperto, ha scoperto che la stavo usando per
difendermi da quello che sentivo per te e, allora, mi ha sbattuto fuori di
casa. Quella sera, sono venuto a casa tua, ma sono rimasto a fissare la
luce della tua finestra finché non si è spenta. I sensi di colpa mi
attanagliavano. Non volevo ferire Michi, ma il mio egoismo mi aveva
accecato. Sono tornato indietro da lei, perché volevo che mi perdonasse,
che ritornassimo amici” erano i retroscena che Michela stava cercando, era
quello di cui Giacomo aveva bisogno di raccontarle ed era la verità che
Valeria doveva sapere “L'ho vista che parlava con Valerio e...” scosse la
testa “...quella notte siamo stati insieme. Solo per quella notte” sospirò
profondamente “Michela è incinta” confessò in un sol fiato, lasciando la
mano di Valeria, mentre lei lo fissava sgomenta “Lei non mi aveva detto
niente, l'ho saputo da Filippo. Oggi voleva abortire, ma io ho fermato
l'aborto con un'ingiunzione del tribunale. Michela è qui per convincermi a
lasciarla andare” strinse il polso dell'amica e mentre pensava a quella
vecchia turca, all'anello del sultano, al bambino, si sentì per la prima
volta certo di star facendo la cosa giusta “ma io non voglio lasciarla
andare, l'ho già fatto una volta e non è stata una buona idea. Non so se
voglio questo bambino, non sono sicuro di quello che provo per Michela, ma
credo che dobbiamo tentare”
Michela si liberò dalla stretta del ragazzo, fissandolo con astio, mentre
Valeria lo osservava divertita.
“Quindi scegli lei solo perché è incinta” puntualizzò Valeria senza peli
sulla lingua “Spero che tu, che voi siate felici. Siete proprio degni l'uno
dell'altra” uscì dalla stanza seguita da una preoccupatissima madre
Non aveva capito niente!
“Bellissimo discorso, Giacomo” si complimentò Michela, applaudendo con aria
di scherno “Completamente inutile, ma molto bello”
Ecco un'altra che non aveva capito niente!
Non si sarebbe fatto scoraggiare da quell'atteggiamento ironico e
supponente; aveva lasciato andare Valeria, quindi avrebbe combattuto fino
alla fine. Doveva almeno tentare.
“Ragazzi, mi spiace, ma lo spettacolo è finito” sbottò rivolto ai due
ragazzi, mentre stringeva il polso di Michela “Fil, smettila di fingere di
lavorare e torna a farlo per davvero. Di' a Petroli che domani passo prima
in tribunale per depositare l'atto della causa Pedone contro il comune di
Roma” si volse a Valerio, cercando di mantenere una compostezza che con lui
non riusciva più a tenere “Accompagno io Michela a casa. Mi occupo da solo
della mia famiglia”
Era questo Michela per lui? La sua famiglia?
“Forse dovresti domandarlo prima a me” sostenne la ragazza acida, cercando
di divincolarsi. Giacomo, senza replicare, la trascinò fuori dalla stanza,
mentre lei si dibatteva per liberarsi “Devi lasciarmi stronzo. Giacomo
lasciami, ora mi stai facendo veramente incazzare”
Il ragazzo le lasciò l'esile polso solo quando furono giunti alla macchina.
Aprì la rossa portiera della sua Fiat 500 e la invitò ad entrare
“Entra” ordinò secco
“Io non vengo da nessuna parte con te”
“Michi devi smetterla di comportarti come una bambina”
“E tu devi smetterla di fare lo stronzo prepotente, soprattutto dopo tutto
il casino che hai combinato”
Lui spalancò gli occhi a quella affermazione. “Io sono un prepotente? Tu mi
hai allontanato come un appestato, mi hai mentito, mi hai nascosto la tua
gravidanza, hai deciso da sola di abortire senza consultarmi e io sarei il
prepotente?”
“Tu mi hai trascinato in questa storia senza pensare a me, hai voluto fare
sesso senza preservativo, tu...”
“Non ti sei opposta al sesso non protetto, mi pare di ricordare” sostenne
il ragazzo sconcertato da quelle sterili e puerili recriminazioni
“È stata una delle tue brillanti idee, e comunque tu mi hai rassicurata”
sbottò la ragazza piccata
“Sulle malattie, non su una gravidanza, su quello dovevi rassicurarmi tu e,
tenuto conto della tua blanda opposizione, ho ritenuto che le probabilità
di andare in rete fossero abbastanza scarse”
Michela sbuffò teatralmente. “Siamo stati sfortunati” ammise sconfitta
“Giacomo, ne abbiamo parlato molte volte, tu non vuoi un figlio. Stai
facendo tutto questo solo per spirito di rivalsa. Ci conosciamo da molto
tempo e, probabilmente nemmeno te ne accorgi, ma se c'è una cosa che non
puoi avere allora quella cosa cominci a desiderarla più di qualsiasi altra
cosa al mondo. Tu vuoi questo bambino solo perché io non lo voglio” la voce
di Michela era calma e pacata “Noi non possiamo avere un figlio solo perché
siamo stati sfortunati, non per la scopata di una notte, non per
del sesso d'addio o del sesso riparatore. Ti prego, cerca di essere
ragionevole”
“Tu hai sempre desiderato un figlio, perché non hai deciso di tenerlo?”
domandò malinconico “sarebbe davvero così terribile avere un figlio da me?”
La ragazza occupò il sedile al lato del guidatore con le gambe volte verso
l'esterno e i piedi appoggiati all'intelaiatura della base della Fiat 500.
Senza smettere di giocherellare nervosamente con le mani, sollevò lo
sguardo e fissò i suoi occhi verdi in quelli castani di Giacomo. “Non ho
mai detto di volere un figlio, ma che un giorno vorrei una famiglia; per me
questi sono due concetti molto diversi” appoggiò la mano sul suo ventre
piatto “Mi dispiace per il nostro bambino, ma io non voglio una famiglia
con uno come te”
Beh, forse avrebbe dovuto pensarci prima di permettergli di venirle
dentro.
Era molto arrabbiato per quella affermazione fatta con tanta leggerezza. In
fondo, non si era tirato indietro e stava facendo di tutto per prendersi
una responsabilità che non gli era stata nemmeno richiesta.
“Uno come me?” domandò stizzito
“Un uomo che pensa ancora di poter vivere come un adolescente” sostenne
ferma
“Mi sembra di volermi prendere delle responsabilità in questa occasione,
quindi perché sarebbe così terribile avere una famiglia con me?”
“Perché nelle famiglie non si esce per sballarsi la sera, le famiglie hanno
comode utilitarie e non belle macchine simili a giocattoli, nelle famiglie
ci sono responsabilità, condivisione, amore, complicità, sincerità e
fiducia. Nulla di queste cose esiste tra noi” sentenziò pratica
Giacomo la osservava silenzioso. Le famiglie non erano degli stereotipi
letterari; erano mutevoli, si adattavano ai tempi e alle situazioni. Le
famiglie erano fatte di persone fallibili e piene di difetti, quindi come
potevano definirsi perfette?
Le recriminazioni dell'amica erano completamente infondate. Poteva uscire
la sera per un tranquillo aperitivo o restare a casa con lei a guardare la
televisione, poteva comparare un'utilitaria, magari una bella ibrida per
famiglie come quella che aveva sua sorella e prima di quella storia fra
loro c'era condivisione, fiducia, complicità e sincerità. Non capiva tutta
quella ostilità e poi, di amore tra loro ce ne era una marea, solo che lei
non riusciva più a vederlo.
Si chinò e le strinse le mani. “Dammi una settimana, Michi. Una sola
settimana”
“A cosa servirebbe? Io ho già preso la mia decisione”
“Ho bisogno di tentare” sorrise malinconico “E poi ti prometto che non ti
fermerò e che sarò al tuo fianco”
“Perché?”
Le sorrise sereno. “Perché hai ragione. Io non voglio un bambino e non mi
sento pronto ad avere una famiglia. Il solo pensiero mi terrorizza” la
ragazza lo osservava sgomenta “ma nello stesso tempo l'idea di averlo con
te mi rasserena, mi fa pensare che... cristo, avremo un bambino” scorse,
per un attimo il cedimento negli occhi di lei “un bambino nostro”
“Noi non avremo nessun bambino anche se ti concedessi un anno” insistette
risoluta
“Solo una settimana, Michi. Solo sette giorni” la pregò convinto
Il petto di Michela si sollevava pesantemente. “Giacomo, non abbiamo tutto
questo tempo”
“Prenoteremo l'intervento oggi stesso. Non perderai tempo. Solo sette
giorni”
Il silenzio cadde fra le due figure rannicchiate, ognuno perso dentro se
stesso. Non sapeva ancora come avrebbe usato il tempo che lei le stava
sicuramente per concedere, ma sapeva che ne aveva bisogno. Gli serviva
tempo.
“Solo una settimana” assentì seccata “ma poi ti togli dai piedi e mi lasci
vivere la mia vita” liberò le mani dalla stretta morsa del ragazzo e ritirò
le gambe, sistemandosi meglio, pronta per partire
Era chiaro che Michela non aveva più voglia di parlare, ma gli aveva
concesso sette giorni, quindi Giacomo assentì gioioso : “Certo, come vuoi”
chiuse la portiera “stasera passo da te”
Sarebbe stata una lunga e intensa settimana.
Se continuavano a dirglielo tutti avrebbe cominciato a crederlo per
davvero.
“Dai sorellona? Non vuoi aiutarmi? Non hai sentito? Il tuo fratellino
scapestrato sta per diventare papà. Finalmente metterò la testa apposto”
terminò in un largo sorriso
“Giacomo, se questo è il tuo modo di mettere la testa apposto capisco
perché la povera Michela abbia deciso di abortire”
“Guarda, Agnese, che ho solo una settimana di tempo per convincerla a
tenere questo bambino e questa è l'unica cosa che mi è venuta in mente”
“Non credo sia una buona idea” sostenne sua sorella risoluta, scuotendo il
capo incredula “E io non ti darò mai la mia bambina; a dirla tutta non ti
affiderei nemmeno il gatto”
“Bravissima, vedo che hai colto perfettamente il punto, come sempre”
replicò entusiasta, sorseggiando il caffè che la sorella gli aveva offerto
“Mio Dio, il tuo caffè continua ad essere una vera schifezza!” blaterò
allontanando la tazza dalla sua bocca “Michela pensa che io non sarei
capace ad aiutarla a crescere un figlio, io devo convincerla del contrario
e la mia bella nipotina sarà di grande aiuto”
“Nicole ha appena quattro mesi, non posso lasciartela per una settimana. Lo
capisci, vero?”
“Perché no? Non ti fidi di me?”
“No, ovvio che non mi fido di te. Non hai sentito la parte in cui ti dicevo
che non ti affiderei manco il gatto?”
“Tu non hai un gatto” sostenne il ragazzo, mettendo il broncio
“Appunto; non ti affiderei manco un gatto immaginario” la donna sorseggiò
il suo caffè, arricciò il naso e appoggiò la tazza sul tondo tavolo con il
ripiano di cristallo della sua curata cucina bianca in stile liberty
"figurarsi una bambina così piccola. È assolutamente fuori discussione”
Giacomo si alzò e cominciò a rovistare in uno dei pensili della cucina per
recuperare la polvere di caffè. “Agnese, ti assicuro che io e Michi saremo
dei perfetti genitori. Dai, dai, dai” insistette con voce fanciullesca
“No!” sbuffò la donna, gonfiando teatralmente le guance “Perché stai ravanando*
nella mia cucina?” domandò curiosa
“Perché ho voglia di un caffè e credo che anche il povero Luca apprezzerà
di più il mio” scosse la testa stizzito “Agnese, forse non hai capito bene
il mio progetto, quindi se serve te lo ripeterò, aggiungendo un po' di
particolari” recuperò la moka e cominciò a versare la povere di caffè nel
filtro con il cucchiaino di ceramica che la sorella aveva lascito nel
barattolo di latta nero
“Non servono i particolari” insistette la donna, mentre sistemava la
copertina fucsia della sua bambina, sistemata nella grossa carrozzina “Non
lascerò che tu tratti la mia bambina come un giocattolo”
Nessuno riusciva a capire le sue motivazioni. Valeria, Michela e, ora anche
sua sorella, che lo aveva sempre appoggiato. Non serviva l'ennesima persona
che si metteva di traverso, aveva bisogno di sostenitori se voleva
spuntarla con quella testarda di Michela. Doveva riuscire a convincere sua
sorella Agnese. Avevano nove anni di differenza e quando era piccolo era
lei che spesso si occupava di lui, perché sua madre lavorava. Erano sempre
stati molto vicini, lui seguiva sempre i suoi consigli e lei lo adorava.
“Non tratto la mia adorata nipotina come un giocattolo” si difese il
ragazzo
“Forse se negli ultimi quattro mesi ti fossi ricordato di avere un' adorata nipotina, io sarei stata molto più partecipativa”
Giacomo avvitò la moka e la appoggio sulla piastra a induzione in vetro
nero dei fornelli, voltandosi poi verso la sorella. “Sorellina, ti prego.
Sarò uno zio perfetto e Michela la conosci, quella non riesce ad essere
scapestrata manco se si impegna” si tirò su le maniche del maglioncino
bordeaux “Non la voglio per tutta la vita, mi serve solo per una settimana”
“Giacomo, davvero, non posso. Un figlio non è un gioco e non so se tu sia
pronto a crescerne uno. Non voglio mettere in discussione il tuo geniale progetto, ma non hai pensato nemmeno per un attimo che forse
Michela ha preso la decisione giusta?”
Il giovane uomo chiuse gli occhi e pensò nuovamente all'anello del sultano,
alle parole della vecchia donna turca del mercato, a Michela, a quel
bambino che non era ancora nato e che forse non sarebbe mai nato. “E voi
due, invece, che siete così sagge non avete pensato nemmeno per un attimo
che forse io potrei essere un buon genitore?” esclamò piccato “Mi serve il
tuo aiuto, sorella! Potrai risposare qualche giorno. Dici sempre che Nicole
non ti fa dormire la notte. Tu e Luca potreste prendervi una pausa” non
poteva cedere “Almeno riflettici”
“Mi hai detto che il tuo progetto, come lo chiami tu, comincia
domani, quindi non mi sembra che tu mi stia dando tempo per riflettere” la
moka aveva cominciato a gorgogliare con insistenza “e comunque la mia
risposta continua ad essere no”
Il ragazzo fissò il volto ambrato della sorella. Diventava sempre più
identica alla loro madre, gli stessi occhi neri, i medesimi capelli ricci e
cisposi e dopo la gravidanza aveva anche messo su un bel po' di chili.
Purtroppo per lui, caratterialmente era sempre più simile a suo padre:
cocciuta e razionale.
Si voltò e spense la piastra, spostando la moka su una piastra fredda. In
quel preciso momento trillò con insistenza il campanello. Era sicuramente
suo cognato Luca che rientrava da lavoro. Le possibilità di successo di
attuare il progetto genitori per una settimana, si stavano
drasticamente assottigliando.
“Vado io” si offrì scoraggiato
“Guarda che se fai il gentile non cambio certamente idea” urlò la sorella
maggiore, mentre lui percorreva il corridoio
“Che ci fai tu qui?” domandò Luca entrando e lanciando la tracolla da
lavoro sul divano “Agnese e la piccola stanno bene?”
Suo cognato aveva simpatia per lui, ma il più delle volte lo trattava con
troppa freddezza. “Certo, sono solo passato a trovare mia sorella” sostenne
il ragazzo
“Ti serve qualcosa?” domandò Luca stringendo i suoi intensi occhi neri in
due fessure
“Non vengo qui solo quando mi serve qualcosa” sostenne Giacomo piccato “Io
voglio bene ad Agnese”
“Non fraintendermi” fece il cognato in un largo sorriso “ma non sei uno da
visita infrasettimanale” si voltò dirigendosi verso la cucina illuminata
Non era uno con cui avere una famiglia, non era uno da
visita infrasettimanale, certo che l'opinione che avevano di lui non era
proprio di uno affidabile!
Luca lo seguì silenzioso senza replicare. Il suo progetto aveva proprio
preso il largo. Se sua sorella era ostica, suo cognato era un qualcosa di
inimmaginabile. Meglio bere il caffè e battere in ritirata.
“Ciao amore” salutò la sorella gioiosa all'arrivo del marito.
Luca gli era sempre piaciuto. Suo padre, in più di un'occasione, gli aveva
detto che aveva sperato in qualcosa di meglio per la sua geniale bambina.
Laureata in matematica, come il troppo rigido genitore, con il massimo dei
voti e con un anno di anticipo. Luca era il giovanissimo proprietario della
copisteria vicino all'università e, i due giovani, si erano conosciuti al
primo anno di università. Sua sorella era bella di una bellezza senza
tempo, ma lui l'aveva notata subito, in mezzo a tante ragazzette che gli
gironzolavano intorno, e non l'aveva più lasciata andare. Le era rimasto
accanto durante il suo complicato dottorato, durante i due anni di post doc
alla Technische Universität di Berlino**, durante il periodo di depressione
per la mancanza di lavoro e per l'eterno precariato universitario, durante
la difficile decisione di insegnare matematica in un istituto tecnico, dopo
aver conseguito l'ennesima idoneità all'ennesimo inutile concorso pubblico, durante il buio periodo dell'infertilità
di lei. Poi Agnese era rimasta finalmente incinta, si erano sposati in
comune con una semplice cerimonia e dopo quattro mesi era nata Nicole. Luca
era un buon compagno di vita per sua sorella maggiore e anche se suo padre
pensava che lei potesse aspirare a qualcuno di meglio, lui aveva sempre
pensato che sua sorella era stata fortunata ad incontrare un ragazzo che
l'amava nonostante il suo difficile carattere e quella fastidiosa
cocciutaggine.
Luca versò il caffè nella tazzina bianca tempestata di grossi pallini neri,
che portò con cautela alla bocca. “Buono” sorrise “Lo ha sicuramente fatto
tuo fratello” arguì, rivolto alla moglie, che stava annusando il culetto
della bambina per assicurarsi che non avesse defecato “il caffè non è
proprio il tuo forte, mi cara”
“Non sono nemmeno così negata come dite voi due. È solo un caffè, non serve
uno chef internazionale per fare un caffè”
“Il tuo caffè fa schifo, Agnese” sostenne Giacomo, sistemando la sedia
sulla quale era seduto poco prima e recuperando il cellulare dal tavolo di
vetro
“Allora, cognatino, non mi hai ancora detto che ci fai qui!” insistette
l'uomo prendendo la bambina dalle braccia della moglie e scoccandole un
sonoro bacio sulle labbra “Ciao patatina di papà. Ma sei la bambolina del
tuo fortunato papà?” domandò retorico alla bambina che gli sorrideva
allungando le braccia e toccandogli il viso
“Racconta Giacomo” lo spronò la sorella gongolante
“Non mi sembra il caso” si difese il ragazzo “E poi è tardi, devo andare”
“Che cosa mi state nascondendo?” insistette Luca incuriosito
La ragazza inclinò la testa e spronò il fratello con gli occhi ad esporre
le sue ragioni. “Michela è incinta” confessò Giacomo
Luca lo fissò con aria seria. “Ed è una bella notizia?”
“Vuole abortire”
“E questa la bella notizia?”
“Lui vuole il bambino e Michela no” riassunse la donna pratica,
giocherellando con un cucchiaino
“Allora è una storia piuttosto complicata” sostenne l'uomo sedendosi e
poggiando la bambina cavalcioni sulla gamba sinistra “Mi chiedo perché tu
voglia tenerlo. Tu e Michela non state insieme e tu non vuoi figli, mi pare
di ricordare”
Sua sorella gli aveva fatto il terzo grado e poi si era profusa in una
lunga filippica sul sesso sicuro, sull'amore, sulla genitorialità e sulla
responsabilità di essere genitori. Invece Luca era andato diretto al sodo.
“Tra me e Michi è sempre stato complicato” ripeté meccanicamente il giovane
avvovcato
“I figli non si fanno nelle storie complicate!” perseverò Agnese ferma. Gli
sembrava di parlare con Michela e suo padre contemporaneamente; sua sorella
era praticamente una e trina.
“Tu la ami?” domandò suo cognato a bruciapelo
“Perché me lo chiedi?”
“Perché non rispondi?”
“Sì, io la amo” la sua bocca si era mossa praticamente da sola. La amava? “E voglio questo bambino perché anche se è nato per
caso, anche se è stato un errore, anche se Michi continua a dire che siamo
stati sfortunati, io credo che dovremmo almeno provare”
“E se andasse male, cosa farai? Lo abbandonerai? La lascerai da sola con un
bambino da crescere?” lo redarguì la sorella con me veemenza “Solo perché
volevi provare?”
Giacomo sospirò profondamente e strinse le mani sulla spalliera della
sedia. “Pensavo che semmai avessi scoperto che una delle mie scopate aveva
prodotto un problema mi sarei ritirato a gambe levate e avrei messo la
maggiore distanza possibile tra me e la stronza che mi voleva incastrare.
Ma Michela è una persona importante per me. Lei non è la stronza che mi
vuole incastrare, da cui voglio scappare, ma la ragazza con cui voglio
provare a costruire qualcosa”
“Ma non ne sei sufficientemente convinto, se continui a dire che vuoi provare”
“Sono spaventato, Agnese. Mi sto cagando sotto all'idea di un figlio e di
tutte quelle cazzo di responsabilità, credi che sia un idiota? Ma il fatto
che non sia scappato forse significa qualcosa”
“O forse non significa niente” insistette la sorella
Luca gli sorrise compartecipe. “Anch'io ero spaventato prima della nascita
di Nicole e anche io ero pieno di dubbi” appoggiò la mano su quella della
moglie “Ma io amo tua sorella e la cosa mi è sembrata meno spaventosa”
“Luca, noi avevamo una vita stabile” spiegò la donna concitata “vivevamo
insieme da dieci anni, avevamo una storia da quando avevo 18 anni e la
bambina era programmata e desiderata”
“Quindi immagina tu come può sentirsi tuo fratello. Lui e Michela non
stanno insieme, anche se tu fai il tifo per lei da anni, e aspettano un
bambino senza averlo programmato. Io mi cagherei sotto molto di più e sarei
pieno di dubbi. Mi sembra che Giacomo si stia comportando in maniera
piuttosto disattesa”
“Mi ha chiesto di occuparsi della bambina per una settimana insieme a
Michela. Genitori per una settimana, è il suo ennesimo strambo
progetto” Luca si fece improvvisamente serio “vuole dimostrarle che loro
possono farlo e che lui non si tirerà indietro”
“Tuo figlio non durerà una settimana ma per tutta la tua vita” spiegò
l'uomo serioso “E, scusa se te lo dico, ma è un piano veramente assurdo e
fuori di testa”
“Che ti avevo detto?” rafforzò la donna, anche se per un attimo Giacomo
aveva intravisto un moto di delusione sul viso dell'amata sorella
“Ma potrebbe funzionare!” si risolse l'uomo grattandosi il mento
“Cosa?” esclamarono i due fratelli increduli, voltandosi verso Luca
“È un'idea talmente folle che potrebbe funzionare” osservò Luca, con aria
pensosa “Tuo fratello dice di amarla, quindi potrebbe anche funzionare”
“Ma...” si oppose debolmente la moglie
“E poi, noi abbiamo bisogno di dormire qualche giorno. Sono sicuro che sarà
bravissimo, che saranno bravissimi” si lagnò stancamente, carezzando la
testa della bambina "Solo per una settimana!" osservò l'uomo stringendo la mano della moglie
"Solo una settimana!" ripeté la donna in un sorriso complice
“Non dite sul serio, vero?” domandò Giacomo incredulo
“Ragazzo mio, nessuno ti ha insegnato a non desiderare troppo qualcosa,
perché potresti ottenerla?”
Su il sipario, lo spettacolo stava per cominciare!
** Technische Universität di Berlino. Università politecnica tedesca con sede a Berlino, tra le più importanti d'Europa in ambito matematico
Raffa