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Autore: Emmastory    17/04/2017    4 recensioni
Dieci anni. Questo l'esatto lasso di tempo trascorso dall'ultima battaglia contro i famigerati Ladri, esseri ignobili che paiono aver preso di mira la bella e umile Aveiron, città ormai divenuta l'ombra di sè stessa poichè messa in ginocchio da fame, miseria, dolore e distruzione. Per pura fortuna, Rain e il suo gruppo hanno trovato rifugio nella vicina Ascantha, riuscendo a riprendere a vivere una vita nuova e regolare, anche se, secondo alcune indecisioni del suo intero gruppo, tutto ciò non durerà per sempre. Come tutti ben sanno, la guerra continua, e ora non ci sono che vittime e complici. (Seguito di: "Le cronache di Aveiron: La guerra continua)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-VI-mod
 
 
Capitolo IV

Ricordi mai scomparsi

È di nuovo mattina, e sorprendendoci tutti, la neve è caduta. Bianca e immacolata, pare brillare se colpita dal sole, e riposando sui rami più piccoli del grande albero nel giardino di casa, minaccia di spezzarli. Inspirando a fondo, mi godo la vista dalla finestra del salotto, e accompagnando Rose fuori, la guardo giocare e divertirsi facendo a palle di neve con i due fratelli. In completo silenzio, non facevo che guardarli, e notandolo, Stefan mi prese per mano, riuscendo solo allora a spezzare la sorta di trance in cui mi ero permessa di cadere. Scuotendo la testa, finsi indifferenza realmente non provata, e guardandolo, sorrisi. Un sorriso tanto luminoso quanto mellifluo, che almeno in quel momento, sembrò abbastanza convincente da indurlo a non fare domande. “Ti piace, non è vero?” mi chiese, riferendosi alla fredda neve che intanto continuava a cadere formando un magnifico e candido tappeto. “Sì e no.” Risposi, onesta ed enigmatica al tempo stesso. Non proferendo parola, Stefan mi guardò senza capire. “È bella, ed è vero, ma è anche fredda, come tanti periodi della nostra vita. Sai bene a cosa mi riferisco, giusto?” continuai, completando quel discorso con una domanda. Mantenendo il silenzio, Stefan non fece che annuire, e prendendomi la mano, mi attirò a sé, allontanandomi in tal modo dalla finestra. Evitando di oppormi, mi lasciai abbracciare, e non appena i ragazzi tornarono in casa, li salutai. Alla mia vista, Rose e Aaron sorrisero, ma Terra no. Preoccupata, la interrogai con lo sguardo, sperando di riuscire a capire cosa la turbasse, non cavando però un ragno dal buco. Poco dopo, Terra si chiuse nella sua stanza, non uscendone per ore intere. Sempre più preoccupata per lei, bussavo periodicamente alla sua porta. “Terra, amore, sono io. Posso entrare?” le chiedevo, sperando ardentemente che me lo lasciasse fare. In qualità di madre, facevo quanto fosse in mio potere per tentare di aiutarla, ma pur provandoci, ricevevo sempre la stessa risposta. “Vattene via, non voglio vedere nessuno.” Sei lemmi che pronunciava piangendo, e che ogni volta sembravano riuscire a mandare il mio cuore di madre in pezzi. “Che succede?” mi chiese poi Stefan,dopo avermi vista per l’ennesima volta attraversare con fare sconsolato il corridoio. “Si tratta di Terra. Piange da ore, e non so cos’abbia.” Risposi, in tono mesto. “Dì, hai provato a parlarle?” fu la sua seconda domanda, tanto ovvia quanto retorica. “Sì, ma non vuole, è questo il punto!” replicai, nervosa e scocciata. “Su, ora calmati. Lo farò io, d’accordo?” disse semplicemente, facendo uso di una calma che definirei mostruosa. “Buona fortuna.” Sussurrai, al solo scopo di non essere sentita. Era davvero strano, eppure era così. Mia figlia ed io avevamo uno splendido rapporto, ma ora, di punto in bianco, non voleva parlarmi. Qualcosa la turbava, ed era chiaro come il sole, ma non avendo altre armi a disposizione, avevo lasciato che fosse Stefan a parlarle, conservando nel mio cuore la speranza che riuscisse ad aiutarla. Silenziosa come uno scaltro topo o un saggio gufo, rimasi in ascolto, avendo la fortuna e il piacere di sentire la porta della sua stanza aprirsi. Origliare era sbagliato, e lo sapevo bene, ma era mia figlia, e sentivo di avere il diritto di sapere cosa l’aveva resa così triste e apatica. “Allora, principessa, si può sapere cos’hai?” le chiese suo padre, sorridendole e sedendosi sul letto accanto a lei. “Niente, papà.” Rispose lei, scivolando poi nel silenzio e voltandosi per dargli le spalle. “Terra, dai, dimmelo. Non piangeresti se non ci fosse un motivo, no?” continuò lui, incalzandola dolcemente e tentando di indurla a confessare. “Si tratta di Trace, azzardò poi, andando a toccare quello che come donna prima e madre dopo sapevo essere un nervo scoperto. “No, fra me e lui va tutto bene, è che… biascicò, fermandosi nel bel mezzo di quella frase e lasciando che le morisse lentamente in gola. “Che…” le fece eco il padre, riuscendo solo allora a farla sorridere. Il suo fu un sorriso veloce, che difatti si spense presto, come un’ormai consunta candela. “Ho paura, va bene?” ammise, alterandosi di colpo e tornando a guardare il padre con occhi dolenti e al contempo accesi d’ira. Muto come un pesce, Stefan si limitò a guardarla, e in quel momento, Terra parve esplodere come una bomba. “Hai sentito bene, tua figlia ha paura.” Replicò all’indirizzo del padre, che, confuso, non diceva una parola. Per qualche strana ragione, la reazione del padre non fece che adirarla, e alterandosi nuovamente, quasi non urlò. “Ho visto come la gente soffre là fuori, e lo sai. Sorrido e fingo per Rose e Aaron, ma la realtà è questa. Siamo fratelli, e se a loro accadesse qualcosa… non lo sopporterei, ecco.” Questo fu il suo discorso, che giungendo alle orecchie mie e di suo padre come una confessione, mi toccò il cuore. Terra. La nostra dolce bambina, la nostra principessa, che ora si dava davvero da fare per essere una vera guerriera. Voleva davvero bene ai fratelli, e sapevo che avrebbe fatto qualunque cosa pur di vederli felici. Da parte sua tutto ciò non era che nobile, e dovendo ammetterlo, attraversai nuovamente il corridoio al solo scopo di avvicinarmi a lei. Soffrendo in silenzio, aveva ricominciato a piangere, e guardando negli occhi il padre, mosse qualche passo in avanti. Non appena fu abbastanza vicina, si lasciò abbracciare, e ben presto l’accolsi anch’io. Pianse poi fra le nostre braccia. “Mamma, papà, mi dispiace… davvero, mi dispiace.” Mormorava, mentre la stringevamo a noi e le lacrime continuavano a correrle sul viso. “Terra?” la chiamai, sorridendo leggermente. “Sì?” rispose, staccandosi da noi e tirando su col naso. “Non piangere. Noi ti vogliamo bene, e in più sei coraggiosa.” Le dissi, sorridendo ancora al solo scopo di confortarla e porgendole un fazzoletto, così che potesse ricomporsi. “No, non è vero. Lo dici solo per dire.” Replicò, ancora triste e sconsolata. “Lo dico perché lo so, tesoro. Adesso vieni, dai.” Risposi, con voce calma e neutra. Sempre titubante e incerta, camminò verso di me con andatura lenta, ma nonostante questo, afferrò la mia mano quasi fosse stata un’ancora di salvezza. La invitai quindi a sedersi nel salotto di casa, preparandole una tazza di caldo latte. Bevanda che amava, e che oltre a conciliarle il sonno, le serviva anche a scaricare la tensione e distendere i nervi. Dì lì a poco, Stefan accese il caminetto, e alcune ore dopo, Terra finì per addormentarsi sul divano di casa. Non volendo svegliarla, mi alzai lentamente, e andando alla ricerca di una coperta, gliela posai dolcemente addosso. Avvicinandomi, le deposi un bacio in fronte, sussurrandole una frase che aveva già sentito, e che nonostante l’andar del tempo, nessuna di noi due aveva dimenticato. “Buonanotte, mia piccola guerriera.” Con un sorriso, non le dissi che questo, e una volta arrivata nella mia stanza, mi sedetti alla mia scrivania, riaprendo il mio diario. Vi scrissi quindi di questo velato atto di eroismo, dovendo riconoscere che mia figlia mi somigliava davvero molto, ricordandomi infatti una versione più giovane di me. In fin dei conti, anch’io ero come lei. Dolce e forte al tempo stesso, e per quanto fragile, sempre pronta a spendermi per gli altri e fare del bene. Amavo Terra, e ad essere sincera, ero felice che avesse ereditato proprio queste qualità. Mi addormentai con un sorriso sulle labbra, crogiolandomi fra orgoglio e ricordi mai scomparsi.    
   
 
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