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Autore: Luca29    18/04/2017    1 recensioni
La Weltkrieg, la Guerra Mondiale, segnò un punto di svolta nella storia dell'umanità. Per sette anni, l'Europa bruciò nelle fiamme della guerra, e dalle sue ceneri emerse l'unico vincitore: l'Impero Tedesco. Nel 1921 la Pace con Onore sancì il destino dell'intero pianeta, che provava a risollevarsi. Antichi imperi crollarono, sorsero nuove Nazioni, nuove ideologie si diffusero tra la gente di un mondo sempre più sull'orlo di una nuova guerra, stavolta ancora più grande, e dall'esito incerto. L'eredità della Weltrkrieg era lì, da cogliere, e l'umanità intera avrebbe lottato per averla.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non passa lo straniero

Kaiserreich

3

Non passa lo Straniero1

 

Trento, Impero Austro-Ungarico

1 Marzo 1919

 

La carrozza nera e lucida, trainata da due stalloni bruni, entrò in piazza Duomo, sotto lo sguardo delle persone che passeggiavano lungo le vie e di coloro che la seguivano con lo sguardo dalle finestre dei palazzi. Il cocchiere fece girare il mezzo accanto alla fontana centrale e lo fece fermare davanti al Palazzo Pretorio. Dalla carrozza scese un uomo dal viso giovane, che indossava un abito molto bello, bianco, con una fascia rossa riempita di medaglie. Sul viso un po’ appuntito, proprio sotto il lato destro della bocca, c‘era un neo, mentre dai capelli castano scuro pettinati con cura ed ordine spuntava un vistoso ciuffo, simile ad un artiglio. Dopo di lui uscì un altro giovane, più basso con occhi blu e capelli biondo cenere, vestito di una semplice uniforme blu austriaca, che aiutò una ragazza a scendere. La giovane era bella, con grandi occhi azzurri e capelli castani, tenuti lunghi fino alle spalle, dove subivano un taglio netto, ed aveva una treccia che andava da una parte all’altra del cranio, sopra la nuca. Era vestita anche lei in uniforme blu, ma al contrario del ragazzo indossava una gonna dello stesso colore, piuttosto stretta sulle gambe, che le arrivava alle ginocchia.

“Slowakei, Böhmen, beeilen Sie sich!”2

“Umpf, aspetta un attimo Austria. Non riesco a muovermi bene con questa gonna.” Disse Boemia, cercando di far più in fretta possibile con piccoli passi: di sicuro le scarpe col tacco non erano le sue preferite.

“Almeno sei elegante, Pavla, e questo è importante. Igor, dalle il braccio. Siamo già in ritardo per via di quel pastore…”

Lo slovacco eseguì, e i tre entrarono nel palazzo. Entrarono in quello che un tempo era l’ufficio del pretore di Trento, dove c’era un tavolo su cui era distesa una cartina raffigurante il Nord-Est della penisola italica. Su di essa vi era disegnata una linea lungo il fiume Piave, e vi erano tracciate una grande freccia che partiva da Trento e puntava verso Sud-Ovest, da cui partivano due frecce: una verso Milano, un'altra verso Venezia. Austria si sedette a capotavola, e ai suoi fianchi si accomodarono Boemia e Slovacchia, uno per lato, e poi via via i vari ufficiali e comandanti, tra cui spiccava il generale Radowitz, vestito simile a Roderich e avente due grandi baffi castani e due occhi piccoli dello stesso colore. Austria prese alcuni documenti e cominciò a leggerli in silenzio.

“Herr Österreich3, lasciatemi illustrare il piano.”

“Fate pure.” Rispose l’interpellato senza alzare lo sguardo dai fogli.

Il generale si schiarì la voce e iniziò a spiegare il piano offensivo.

“Come potete notare dalla mappa, la nostra sarà una tattica completamente diversa da quelle che abbiamo usato fin ora. Gli Italiani si sono barricati aldilà del Piave, e non siamo riusciti a sconfiggerli. Dunque è giunto il momento di cambiare luogo d’attacco: partiremo dal fronte trentino. Una volta sfondato questo fronte più sguarnito, seguiremo l’Adige puntando dritti su Verona e Vicenza il più velocemente possibile: se saremo abbastanza rapidi potremo accerchiare tra il 75 e il 50% dell’intero esercito italiano nella sacca che si formerà, e che includerà Venezia. Una volta sfondato da Trento, l’armata di dividerà in due: una andrà ad Ovest verso Bergamo, Brescia e, se tutto andrà bene, a Milano; l’altra armata si dirigerà ad Est per raggiungere Venezia, supportata da un attacco sul Piave che permetterebbe di assediare la città via terra.”

Il generale guardò i presenti in cerca di domande. Slovacchia alzò un braccio.

“Sì?”

“Questa operazione richiederà molte truppe, e se le spostassimo dal Piave gli Italiani potrebbero passare all’offensiva.”

Il generale sorrise con già la risposta pronta.

“Avremo uomini a sufficienza: i tedeschi ci hanno già fornito quattro divisioni di Jaëger4 Alpini, e entro una settimana molti veterani del fronte orientale arriveranno qui a Trento. Per di più, domani i nostri alleati lanceranno una grande offensiva sul fronte occidentale, e secondo le nostre previsioni l’Intesa dislocherà parecchie divisioni dall’Italia e dal Medio Oriente.”

Austria posò le carte e guardò il generale.

“Quando inizierà l’operazione?”

“L’11 di questo mese, signore.”

“Abbiamo abbastanza pezzi di artiglieria? E munizioni? Possiamo contare sul supporto aereo?”

“Ja, signore. Tuttavia il fronte aereo sarà libero solo dopo le prime vittorie: le nostre basi aeree sono troppo piccole, nascoste tra i monti, mentre gli aeroporti nella Pianura Padana sono più ampi.”

“E nel caso occupassimo Milano?” chiese Boemia.

“Allora formeremo una linea del fronte che raggiunga il Po, occupando anche Torino. Se i fratellini non si saranno già arresi, marceremo su Roma.” A rispondere fu Austria, che, prendendo una penna tracciò una linea lungo il Po e una freccia che arrivava al lembo della mappa con su scritto: “Roma”.

“Ehm, signore, non credo sarebbe una buona idea: il fronte sarebbe troppo lungo e i francesi potrebbero inviare rinforzi agli italiani. Suggerisco invece di fermare il fronte sul Ticino ed allungarlo fino alla Svizzera.”

Austria guardò il generale con moto di stizza.

“D’accordo, l’importante per me è che l’operazione sia rapida e vittoriosa, così vedrà quell’idiota di Prussia… e poi sono stufo di combattere una stupida guerra che per colpa delle ambizioni di quella ragazzina viziata quale è Serbia5 ha già causato troppi morti…”

“La vittoria sarà nostra, glielo assicuro!”

 

Campagne nei pressi di Padova, Italia

27 Aprile 1919

Come gli Spartani alle Termopili, avevano resistito tre giorni. Come gli Spartani, avevano combattuto, da soli, contro un nemico numericamente superiore valorosamente. Come gli Spartani, erano stati sbaragliati all’alba del terzo giorno. Ecco i pensieri di Australia mentre, nell’improvvisata trincea, sparava contro gli Austro-Ungarici imitato dai suoi uomini. Avevano perso il supporto dell’artiglieria ed ora erano circondati dalle truppe nemiche, tagliati fuori dai rifornimenti. Jack, col cappello legato alle spalle e con il suo perenne cerotto sul setto nasale, non poteva fare a meno di ricordare Gallipoli.

“Però questa volta non c’è Theodore6. Sia maledetto il giorno in cui ho accettato la proposta di Arthur di venire in Italia…”

Mormorato questo, si scansò di lato, afferrò una granata e la lanciò al nemico. Ma ormai era tutto inutile: i suoi soldati stavano respingendo i nemici con ogni mezzo. Aveva già visto qualcuno usare il proprio digderidoo7 come una mazza contro la testa dei soldati avversari. Continuò a sparare finché non esaurì le munizioni del fucile, quindi prese una pistola e ricominciò a scaricare colpi su colpi. All’improvviso cadde a terra travolto da un giovane uomo biondo con un curioso ciuffo all’insù. Era vestito da ufficiale e combatteva con una forza maggiore degli altri soldati8, anche se non era forte quanto lui. Australia si rialzò e lo lanciò poco lontano facendolo rotolare rovinosamente. Gli puntò la pistola contro, ancora confuso e sorpreso, ma sentì una voce femminile dietro di lui.

“Posa subito l’arma e non ti succederà nulla!”

Australia si voltò e la vide: era stupenda, con occhi grandi e azzurri come il suo mare, capelli corti del colore del legno dei suoi ranch, e il viso, più bello della barriera corallina, che aveva un’aria incattivita come l’Outback9. Fu l’ultima cosa che vide prima di svenire. Slovacchia gettò il fucile con cui aveva colpito l’australiano alla nuca e corse ad abbracciare la sorella maggiore.

“Vd’aka za zàchranu života!10

“Staccati, siamo ancora in battaglia!” Boemia cercò di liberarsi dal fratellino, arrossendo vistosamente. Poi, ordinò a due soldati di portare Australia tra i prigionieri feriti, in attesa di trasferirli a Verona, da poco catturata.

 

Venezia, Italia

11 Aprile 1919

Il palazzo dei dogi a Venezia, un tempo abitato dai potenti consoli della Serenissima, ora era occupato da ufficiali e alte cariche dell’Esercito Regio Italiano. In quella che era una magnifica sala da pranzo, il lungo tavolo era occupato da carte. Attorno ad esso, tra le molte figure che andavano e venivano, spiccavano il generale Armando Diaz e Sua Maestà il Re Vittorio Emanuele III. Poi, c’erano i due fratelli Vargas, Romano e Veneziano, l’Italia in persona. I quattro discutevano vicino ad una finestra che dava sui canali della perla dell’Adriatico. La notizia che gli Austro-Ungarici avessero ormai completamente circondato Venezia era stata confermata, ed un enorme guaio si stagliava all’orizzonte.

“Generale, quanti uomini abbiamo nell’area attualmente tagliata fuori?” chiese il Re.

“Il 60% delle intere forze armate è a Venezia, maestà. E questo vuol dire che la penisola è sguarnita. Abbiamo già dato ordine a tutti gli uomini capaci di mobilizzarsi ed ostacolare l’avanzata nemica, ma ormai sono alle porte di Milano. Il rischio è che, se riusciranno ad oltrepassare il Po, la Nazione sarà costretta a subire un’occupazione militare.”

Il re guardò Veneziano, che non faceva altro che rimanere in silenzio, con gli occhi ambrati riempiti di lacrime che fissavano la città.

“Veneziano, non disperare, possiamo ancora farcela.”

Italia del Nord fece un debole sorriso e annuì alle parole del monarca, mentre Romano aveva assunto una colorazione rossastra, pieno di rabbia.

“Tks, è tutta colpa di quel bastardo francese! Se non ci avesse abbandonato a quest’ora…”

“Il fratellone Francia doveva farlo, Romano, anche lui è nei guai, le forze di Germania sono arrivate quasi a Parigi.”

“Maledetto crucco! Lui scatena sempre le nostre disgrazie!”

“Ve ~, se non lo avessimo tradito-“

“Basta ora, è inutile rammaricarsi. Le nostre truppe impediranno la presa di Venezia a lungo: voi, maestà, avete il tempo di fuggire via mare dato che la nostra flotta è ancora incontrastata. E suggerisco di farlo il prima possibile.” Disse Diaz, cercando di cambiare argomento.

“Devo dare ragione al generale, Maestà: voi e la sua famiglia siete in pericolo. Se lei è d’accordo, salperemo domani a mezzogiorno diretti ad Ancona, da lì prenderemo il treno fino a Roma.” Aggiunse Lovino, che sperava di allontanarsi dal fronte. Il Re sospirò gravemente, ed annuì.

“Già, forse è meglio così…” Detto questo, fece per andarsene, per poi fermarsi all’improvviso.

“L’unica cosa che mi rincresce, è abbandonare tutti i giovani valorosi. Spero mi perdoneranno.” E se ne andò, seguito poco dopo da Diaz. Presto rimasero solo Veneziano e Romano nella sala.

“Romano?”

“Che vuoi?”

“Anche se tutto andrà male, voglio che tu mi prometta che rimarremo uniti. Io, te e Filomena11.”

“Uff, sempre sdolcinato. Lo prometto: sei contento ora?”

“Sì! Ti va della pasta? Io ho molta fame!”

 

Note

1 Il titolo è un verso del ritornello della “Canzone del Piave”, una canzone militare italiana che glorifica la difesa del fronte, che in quesa linea temporale non è stata efficace.

2 “Slovacchia, Boemia, sbrigatevi!” in tedesco.

3 “Signor Austria” in tedesco.

4 Jaëger, in tedesco, vuol dire cacciatore, ed è un nome tipico delle unità di molti paesi specializzate nei combattimenti in montagna e nelle foreste.

5 Come tutti voi saprete, Gavrilo Princip, l’uomo che uccise Francesco Ferdinando, erede al trono di Austria-Ungheria e che diede il casus belli per lo scoppio della Grande Guerra, era un nazionalista serbo che credeva nel panslavismo meridionale, una dottrina che invoca all’unione dei popoli slavi dei Balcani in un’unica nazione. L’atto di Princip, sebbene causò la morte di 15 milioni di persone, permise la creazione della Jugoslavia, la Nazione degli slavi del Sud.

6 Theodore è il nome che ho dato a Nuova Zelanda, a cui Australia si riferisce nell’ambito dell’offensiva di Gallipoli.

7 Il digderidoo è uno strumento etnico delle popolazioni aborigene australiane, composto da un lungo e grosso tubo di legno senza fori lungo il tronco.

8 Nella mia visione di Hetalia, le nazioni sono fisicamente più forti dei normali esseri umani quando usano il loro massimo potenziale. Naturalmente, però, le nazioni non sono allo stesso livello di forza.

9 L’Outback, il deserto australiano, è uno dei luoghi più pericolosi e inospitali della terra: un estensione desertica grande come l’Europa Occidentale e piena di animali pericolosi.

10 “Grazie, mi hai salvato la vita!” in slovacco.

11 Filomena Vargas, l’Italia Centrale, è un OC di una mia amica, quindi non ne detengo i diritti.

 

Salve, rieccomi col terzo capitolo! Un po’ in ritardo, per via di Pasqua, ma l’importante è esserci. Un capitolo drammatico, l’Italia è invasa e nulla sembra fermare le armate Austro-Ungariche. Ma chi vincerà alla fine? Lo scoprirete solo tra un po’. Parlando dei personaggi, Slovacchia e Boemia (Repubblica Ceca oggi) sono stati rappresentati da Himaruya, quindi non sono OC. L’unica cosa originale è il loro nome, da me creato. Ve lo aspettavate Australia nel Veneto? Beh, forse no, ma la wiki della mod da cui prendo lo scenario scrive di una divisione australiana che per tre giorni bloccò l’avanzata nemica. Beh, per oggi è tutto gente, non mi resta altro che esortarvi a recensire, a dirmi se secondo voi funziona l’AustraliaxBoemia, e di rammentarvi che, se vi foste annoiate, non si è fatto apposta. Alla prossima!

   
 
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