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Autore: Deia Chades    18/04/2017    1 recensioni
Imogen Reed muore a upsilon, ho trattato l'avvenimento e ho ricreato le scene per come penso potessero essere più chiarificatrici per il suo personaggio. Qualunque parte della fanfiction che non coincide con il live action è dato dal mio modo di vedere gli accadimenti con le informazioni a disposizione, considerando che il live action è inteso proprio come ispirato e preso a pezzi dal film mai uscito.
Genere: Generale, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Imogen Reed's Death

Imogen Reed muore a upsilon, ho trattato l'avvenimento e ho ricreato le scene per come penso potessero essere più chiarificatrici per il suo personaggio. Qualunque parte della fanfiction che non coincide con il live action è dato dal mio modo di vedere gli accadimenti con le informazioni a disposizione, considerando che il live action è inteso proprio come ispirato e preso a pezzi dal film mai uscito.
P.S. è presente la versione rivista e finale

- fan fiction
(for english version use the translator to facebook or google)
Characters: Reed, other characters hints
Type: for all
based on: episode live action Transmission #8 (on Frictional games youtube channel). Events and scenes earlier and next to video
By Deia Chades (Ali)
Attenzione: la storia originale e i diritti appartengono a Frictional games. La storia in fan fiction vede gli accadimenti dal mio punto di vista, con qualche piccola aggiunta, ma cercando di essere accurata con le informazioni date in gioco, immaginando  cosa è accaduto dove non specificato... Il personaggio di Reed è trattata come io l'ho avvertita dal gioco (art e informazioni di Catherine) e live action. In questa fic Reed muore a upsilon e ho ricreato le scene per come penso potessero essere più chiarificatrici per il suo personaggio. Qualunque parte della fanfiction che non coincide con il live action è dato dal mio modo di vedere gli accadimenti. Infondo, il live action è inteso da Frictional games come ispirato ... Date e informazioni sono prese dal gioco o calcolate. L'observation tower è realmente presente a Upsilon ma non visitabile, come ambiente è simile al centro Comm solo più piccolo.


Tutte le mie fanfiction sono materiale che serviva per altri progetti per la pagina. le storie sono intese come possibili accadimenti ove poco o non specificato nell'opera, seguendo il gioco e info del sito. Non valuto molto Transmission perchè sembra sia stato montato per adattarsi meglio al gioco finale, perchè registrato prima e con fatti diversi, inoltre è inteso dalla Frictional come 'spirato'. Pertanto, in base a file e fatti nel gioco, presento come potevano essere situazioni e storie per la versione finale che abbiamo tutti giocato.



18 Dicembre 2103 - campi di upsilon

Imogen Reed aveva attraversato a piedi i campi da Lambda a Upsilon, più in fretta che poteva. Aveva tentato di sfruttare una navetta nello shuttle station più vicino, ma la sensazione di essere seguita o osservata era troppo forte e i tunnel non erano in buone condizioni da rischiare di rimanere bloccata là dentro. Il suo compito era deciso, chiaro e doveva portarlo a termine.

Dorian Cronstedt aveva dato ordini precisi e seppur riluttante, doveva seguirli. Non importava se il collega che aveva ricevuto il compito di comunicarle l'ordine di Dorian Cronstedt era morto. La situazione era peggiorata...

Tutto aveva avuto inizio a Novembre. Lei e Golaski, da soli, erano stati inviati a lambda per il recupero e sfruttamento del sito, ma anche per affrontare l'ormai allarmante perdita di gel strutturale della stazione e  la conseguente apparente influenza di WAU su esso. Anche se ferita e offesa dall'ordine imposto, a causa secondo lei di Catherine e Ark che non condivideva, aveva accettato senza replicare per la presenza di Golaski. Per loro mansioni, dovevano controllare sistemi e macchine del sito e poi dare via libera ai colleghi che li avrebbero affiancati.
Avevano passato alcuni giorni relativamente tranquilli. Lei aveva riattivato e controllato ogni computer e macchina presenti nel sito e Golaski aveva apportato i suoi 'tocchi', come dicevano i suoi colleghi che elogiavano la sua bravura, affinchè il sito potesse operare a pieno regime già dall'inizio e controllare man mano i problemi e risolverli. Sembrava operativo, ancora stabile nella struttura e relativamente con macchinari ben tenuti, nonostante l'evacuazione mesi prima dei membri.
Per diletto, lei aveva anche usato una stanza in quel momento vuota come sala proiezioni, dove si rilassava da sola o con Adam  a vedere film, osservare le registrazioni provenienti dal poco che era disponibile a Pathos sulla vita in superficie e altro, che aveva salvato in un chip di memoria che teneva sempre con se. Feste di vari tipi, paesaggi, documentari che erano diventati sfondi per simulare, nella sua mente, quello che non poteva più vedere. Proiettati nella stanza da tre visualizzatori per dare l'idea di un ambiente reale. Aveva le sue capacità e voleva sfruttarle perchè sei mesi, erano davvero tanti...

All'inizio Adam era scettico nell'usare i computer e proiettori per quegli scopi, ma lei aveva provato a lasciarsi andare, osservare il meglio del mondo in superficie e rievocare le cose belle che le davano sostegno. Lo aveva anche pregato di tentare di divertirsi mentre le figure umane digitali intorno a loro, proiettate in tutta la stanza, vivevano una vita che sembrava essere là e lei voleva cogliere quei momenti, prima dell'arrivo degli altri. Voleva ballare con lui, immaginarsi tra la neve, su una spiaggia, in strade di città o luoghi di campagna. Aveva perfino preparato un pranzo, mentre la proiezione che aveva inserito mostrava campi meravigliosi e suoni della natura, seduti a terra come se fossero realmente là. Mancava la sensazione del vento, si diceva, del calore del sole, ma Stromheier non aveva voluto assolutamente darle l'autorizzazione per creare qualcosa del genere a theta. Non in quel momento aveva detto. Ma era una cosa che desiderava costruire, un luogo simulativo del mondo, qualcosa come quello di Catherine, ma che potesse dare alla persona vera in quella stanza,  l'idea quasi reale di essere in quel momento in quel luogo, come un video immersivo, che ormai erano la norma lassù.
Come si sentiva lei quando i paesaggi, completi di audio, vibravano ricreati dai proiettori... Golaski non era della stessa idea, non voleva ricordare e lei sapeva che era per la figlia. Tutti avevano perso tanto, troppo, eppure lui sembrava sempre divorato da lei, come se anche da morta lo chiamasse  e allungasse la mano per non lasciarlo. E lei, Reed, cosa voleva o a cosa si aggrappava?
Era come Catherine, si chiedeva a volte, per restare in quell'angolo virtuale cercando di sentirsi ancora umana? Ogni oblò, vetrata e finestra panoramica mostravano sempre l'oceano intorno a loro, con pesci e altre creature che giorno dopo giorno, assumevano caratteri raccapriccianti, e iniziava a chiedersi se quelle cose appiccicate sopra ai pesci fossero negative o...  o fossero ancora vivi, almeno... e se l'oceano fosse l'ultima cosa che avesse visto prima di morire...
Quella volta che era riuscita a trovare un video simulativo che a Golaski piaceva, si era sentita sollevata e contenta. Aveva sperato che stesse tornando alla realtà, al 'loro', lontano da quel fantasma che lo attirava e isolava. E poi si era svegliata nella stanza simulativa, ormai spenta, mentre giaceva sul letto di fortuna che usava le serate per i film, e si era resa conto che lui era sparito. Il suo letto era vuoto, restava solo il resto della cena e tutto sembrava silenzioso. Ma le bastò rimettersi in piedi e avvicinarsi alla porta per sentirlo gemere stanze più in fondo. E aveva capito. Lei non bastava, la sala virtuale non basta, le promesse abbozzate non servivano. Si era avvicinata silenziosamente al luogo di quei singhiozzi e poi, di nascosto, osservando la stanza con la porta ancora aperta, lo aveva visto di sbieco, quasi a darle le spalle, intento a piangere davanti l'ennesimo video che ritraeva sua figlia e gli ultimi discorsi prima della morte. Si era stretta tra le braccia come se sentisse freddo ed era tornata silenziosa, ma cosciente del pianto che si allontanava, alla sala proiezioni.
Aveva acceso per l'ultima volta il sistema virtuale e scorrevano, mentre lei provava qualcosa di brutto nel petto mordendosi il labbro, foto e video di lei con i colleghi nei vari periodi a Pathos e poi quelli che teneva conservati, della superficie, quando era in attesa di lavorare alla facility e si godeva amici e famiglia. Si portò le mani sul viso e se aveva pianto, non si era sentito...

E in quel giorno, il 18 Dicembre 2103, lei si trovava quasi a upsilon, pronta a seguire gli ordini. Durante la lunga marcia si era chiesta cosa la portava in quel luogo, quali motivi la spingessero a farlo. Era per Cronstedt? Era per Golaski, che l'aveva cercata dopo la fuga dal magazzino e tentato di portarla con sè nel momento della follia? Quegli occhi che lei aveva visto cosa volevano dirle, veramente? Vedeva davvero lei, Imogen Reed che conosceva, oppure qualcosa di diverso? L'atto di ferirlo, da cosa era scaturito? Dalla paura verso l'uomo che non era più Adam? Da come era ridotto dal gel? Per qualcosa che lei sentiva dentro, contro la sua ossessione per la figlia? O semplicemente quel senso di sopravvivenza che esce fuori e ti fa ricordare che vivi ed esisti e non devi lasciare che arrivi la morte?

Voleva tornare al giorno che si erano conosciuti per il Mockingbird, al periodo in cui a volte andavano a trovare l'altro nel rispettivo sito e i discorsi, quando parlavano di tutto e oltre. Ridevano, scherzavano, lavoravano insieme ed era difficile per lei, mentre il freddo dell'oceano le giungeva nelle ossa, capire quando e come tutto era svanito. Quando erano soli a Lambda, Reed pensava di aver avuto pace e tranquillità e la possibilità di parlare senza paura o dubbi ad Adam. Di qualunque cosa. La pazzia a theta aveva portato tutti a diffidare di tutti, parole sussurrate, gesti nascosti, segnali privati per paura di discussioni e litigi a causa di Ark. Aveva lavorato al Vivarium e poi con Catherine per il suo progetto, ma dopo che divenne ufficiale come Ark, accettò solo la scansione per la collega. Non per altro. Non condivideva le sue ideologie e convinzioni e avevano quasi litigato varie volte, finché lei si era rifiutata di continuare a dare aiuto per le sue abilità e aveva ricevuto l'ordine di spostamento a Lambda.

Pochi mesi dall'impatto della cometa, eppure a lei sembravano dozzine di anni. Era arrivata a stare da sola nella sua stanza a lambda, dopo la decisione di non usare la zona camerata con i letti a castello, considerando il numero di elementi nel sito e nella zona di lavoro e le stanze disponibili. Restava là a fissare i computer, lavorarci o guardare l'oceano oltre i pannelli di osservazione. Adam era sempre più lontano, perso dove lei sapeva  di non poterlo trovare, mentre i colleghi sembravano aver preso bene quel cambio nelle loro vite. Cambiare aria, passare le giornate in qualcosa di utile da fare, vedere persone nuove come in quel caso, avere degli scopi che non portassero all'apatia o alla follia. Ma per lei, per Reed, erano sciocchezze. Rimpiangeva i giorno felici a Pathos, i colleghi che non sentivano mai il peso del lavoro tranne la lontananza dalla famiglia, perchè come lei amavano quello che facevano. La sala mensa sempre piena di vita e risate, gli scherzi di Strasky, le foto che facevano a ogni avvenimento o data speciale. Come quella volta che come torta per festeggiare, erano riusciti a creare delle torte pignatta. Tante torte tutte a guscio di cioccolato con dentro vari dolci e pasticcini confezionati, da rompere con un martelletto tutti insieme... o almeno, dovevano romperli i festeggiati ma era finita alla guerra con i martelletti sul cioccolato. Stromheier si era infuriato per il casino creatosi con quell'idea, ma era l'ultima festa a theta che ancora la faceva sorridere. Una delle poche volte che, in preda alla novità, ci si era lasciato andare davvero...  Non valevano i pezzi di cioccolato ovunque per la sala mensa, i giochi di scambio tra colleghi di dolci o altro pescati dalle torte pignatta, che finivano in corse per i corridoi per convincere allo scambio. A Strasky che faceva da commentatore e lei e altre colleghe che mangiavano sedute più vicino al muro possibile, per evitare di finire in quella confusione festosa. Non era mai capitato così prima e mai dopo, era stata una festa organizzata unendo compleanni e anniversari di lavoro e veniva scelto un giorno che coinvolgeva tutti. Dallo schianto della cometa, non accadeva più nulla di simile e pesava tantissimo sul morale di tutti. Reed era una di quelle persone che voleva vivere, non sopravvivere, e considerava l'idea di fare qualcosa per migliorare al meglio la vita a Pathos...  ma dopo l'idea di Catherine, tutto era sparito. Sentiva i colleghi distanti, freddi, con i sorrisi tirati e quasi sospettosi. Di cosa, non capiva. Forse dell'idea che esistevano ormai fazioni sulle idee del futuro? Ormai era tutto così difficile...

Per caso si era parlato del natale. Il primo natale a Pathos non soltanto tutti insieme, ma ormai soli in fondo all'oceano. Anche se, come tutti, in preda al dolore per la situazione, voleva festeggiare comunque la vita. Religione o meno, pensava che magari tutto con il natale potesse cambiare. Non importava dei regali, del cibo razionato e i tentativi di creare mini serre per altro ossigeno e cibo coltivato. Non importava a nessuno il fatto che qualcuno come lei trovasse rassicurante la presenza degli altri, che volesse guastarsela e magari sorridere insieme per battute, film, canzoni cantate fino allo sfinimento o altro. Erano tutti tesi e nervosi e dopo l'ultimo suicidio, di Konrad, quell'uomo grande e grosso ma simpatico, la situazione era al limite. Aveva visto con i suoi occhi Catherine arrestata per la morte di Sarang, poi rilasciata per aver scoperto la verità. Aveva visto il volto pieno di dolore o sgomento di tutti quando Catherine annunciava l'ennesima morte o Stromheier chiedeva una riunione per dare la notizia e l'ordine di evitare quelle stupidaggini. E poi, cèrano i gruppi...

Per lei erano tutti perduti, per Reed ogni collega era qualcosa lontano anni luce da chi conosceva. Tutti parlavano di Ark, Wau e la paura del domani. Wau li aveva presi in modi differenti, così aveva capito dai discorsi dei vertici di Pathos,  e la sua paura cresceva. A volte sentiva che nasceva come un fiore marcio e nero dentro di lei, e temeva fosse l'influenza della negatività a Theta. Quello che vedeva intorno a lei era la serpe velenosa della paura e pazzia. Sarang, Bass con tutto quel sangue nel suo modulo abitativo, ogni collega morto era un volto amico o conosciuto che spariva dai corridoi e stanze di Theta. Passando a volte davanti i laboratori, sentiva discorsi che le facevano mancare il fiato.
Aveva una paura più di tutte... che potessero nascere gruppi oltre quello pseudo religioso di Sarang,  capaci di qualsiasi cosa. Pronti a tutto, anche a costringerla ad atti che non voleva, se Stromheier falliva come capo della sicurezza. Temeva così tanto, quando notava situazioni strane... Che la uccidessero per chissà quale ideologia o finisse in mano agli esperimenti di Catherine o peggio Wau, come era accaduto con il Vivarium. Il Vivarium era stato sconvolgente. Se il mockingbird di Golaski era un evento strano e interessante, il Vivarium era raccapricciante. Una simulazione di se stessa su schermo che moriva davanti a lei, poi veniva ricreato come dal nulla e si comportava come se fosse lei... come se vedesse un suo film o video. L'ennesima morte della sua controparte digitale l'aveva portata a chiedere lo smantellamento dell'apparecchio. Non poteva permettere che qualcosa del genere contaminasse i sistemi di pathos e oltre Wau, ci fossero cose simili che decidevano su loro. GLi umani. Ma Catherine.... oh, Catherine! Aveva urlato la sua indignazione contro Wau perchè le aveva copiato , a suo dire, il progetto personale. E poi aveva copiato il Vivarium e portato idee malsane a Theta. Capiva chi soffriva e non vedeva speranza, ma ci sono vari modi per trovarne un pò e vedere qualcosa di buono oltre l'oscurità. Era difficile anche per lei, ma voleva fare cosa credeva giusto. Vivere e pensare al futuro. Ma con Ark, tutto era finito e poi vennero gli incubi.
Lei presa da colleghi ormai impazziti o creature di Wau che le dicevano solo una cosa... Wau è la speranza. E lei urlava, preferiva morire davvero, piuttosto che finire come gli altri. E poi, quella volta a Lambda che si era svegliata da quell'incubo ricorrente ed era scoppiata a piangere, aveva visto qualcosa di assolutamente straordinario....
Due balene, ignare di Pathos, ignare di Wau, ignare di cosa stava intorno ma intente a generare nuova vita. E lei, mentre le lacrime scorrevano per la paura e il terrore del sogno, si era ritrovata a vedere come un segno... voleva dire che forse cèra possibilità? Che quelle balene potessero essere il segnale per capire che non tutto era perduto? Che il mare, l'oceano, la vita, nonostante tutto fossero pià forti di Wau e loro, gli umani, dovessero lottare allo stesso modo? Era rimasta a osservare quella danza di vita finchè tutto era sparito, non vi era più dolore o sofferenza, aveva quasi la voglia di correre per Lambda a parlare con i colleghi e scuotere Adam dalla sua letargia. Se quella volta lo avesse fatto, se avesse trovato un modo per far vedere anche a loro quello che aveva dato una speranza anche a lei... ora non si sarebbe trovata a osservare la porta stagna di upsilon per accedere alla camera d'equilibrio. Non sentirebbe il freddo tremendo agli arti, le mani tremanti e la consapevolezza che se tutti avessero visto ben oltre l'abisso interiore, forse la profondità non l'avrebbe presi e trascinato verso una AI pazza. E lei sarebbe stata tranquilla con Adam a lavorare... e non in piedi in mezzo all'oceano a metà tra la fine di tutto davanti a lei e il dolore e morte alle sue spalle.

Attivato dal pannello il sistema di apertura, era entrata a Upsilon togliendosi soltanto il casco dello scafandro. Lo teneva stretto tra le dita, mentre percorreva i corridoi che sapeva essere deserti. Upsilon era diventata ormai 'la storia'. Tutti sapevano, anche per Strasky, che quel sito poteva rivelare cose terribili. A iniziare dalla sparizione di alcuni membri di cui si erano perse le tracce, a strani rilevamenti scoperti quando si cercava di comunicare o accedere al sito. Strani rumori risuonavano e lei sentiva solo il cuore che pompava impetuoso, le mani tremanti mentre si accostava a qualche angolo per sapere cosa stava accadendo... forse i membri mancanti del sito erano vivi? No, non era possibile. Avrebbero cercato di comunicare, era impossibile che fossero vivi da soli da qualche parte senza cercare gli altri...

Non conosceva bene Upsilon, era raro che venisse spostata per lungo tempo a lavorare a progetti e compiti, da conoscere bene quei luoghi. Seguendo però i pannelli indicativi, aveva trovato la sala di controllo del sito, ma si accorse che non poteva assolutamente raggiungere la sala gestione della centrale geotermica. Era quindi necessario andare in remoto, in altri modi o sfruttare la console ancora operativa, rischiando però di perdere troppo tempo. Non si era seduta, era rimasta in piedi davanti i computer e poi però... aveva avuto un'idea... e comprese!

Cronstedt non voleva salvare pathos da Wau. Voleva fermare Pathos per danneggiare Wau. Seguendo le informazioni a schermo del computer, aveva compreso la portata del gesto che stava per compiere. In verità, aveva temuto qualcosa del genere ma sperava di poter gestire e dirottare l'energia verso i siti principali, Theta e Omicron, sapendo che ormai l'abisso era morto, deviando la corrente da Wau. Ma non era possibile. I sistemi non era progettati per questa eventualità, Upsilon erogava corrente e calore tramite tubi che giungevano ovunque e nessun luogo poteva essere estromesso, senza spegnere definitivamente Upsilon stessa. Le mancò quasi l'aria, significava soltanto una cosa... disattivare tutta la stazione, spegnere per sempre la centrale geotermica e lasciare Pathos al buio, senza riscaldamenti e sistemi di mantenimento vitale. Quindi, la morte di tutti!

Era quasi sul punto di riflettere ancora come ultima decisione, ansimando, con gli occhi che scorrevano la stanza mentre decideva cosa fare. Spegnere tutto e lasciare tutti alla morte sicura oppure tentare altri modi per fermare Wau? Decise di Indossare il casco per uscire dal sito, quando qualcosa la fece tornare sui suoi passi. Adam era morto, Cronstedt e gli altri a Lambda erano morti. Nell'abisso da quello che si sapeva erano morti. Restavano i pochi di Theta e Omicron. Non arrivavano neanche a cinquanta persone... valeva come sopravvivenza?

Uno stridore, un rumore di qualcosa metallico che strisciava sul pavimento. Cèra qualcuno? Reed si ritrovò con il vetro del casco appannato e lo scollegò, posandolo poi a terra. Si avvicinò alla console e attivò un collegamento a Theta, tentando di comunicare con loro.

"Upsilon a Theta...Upsilon a Theta... mi sentite? Per favore, se mi sentite rispondete...cè qualcuno?"

Un altro rumore la fece voltare, alle sue spalle. La porta era chiusa, anche se non bloccata, ma quello che risuonava fuori sembrava provenire da qualcuno che si aggirava nel sito. In ansia, deglutì una volta e poi decise di effettuare una registrazione da inviare a tutti i relè della sonda Lumar. Ricordava vagamente cosa Hart le aveva parlato sulla comunicazione e cosa voleva fare  per ampliare il raggio di portata del Lumar da lambda a Theta, ma l'agitazione non le permetteva di riflettere oltre e registrò.

"Theta... qui Imogen Reed da Upsilon, ripeto, qui Imogen Reed da Upsilon... invio tramite il Lumar questo messaggio perchè devo..." abbassando la testa in ansia, sorreggendosi con le braccia sulla console , poi alzando la testa "...devo chiedervi scusa!... Si, devo chiedervi scusa perchè... sto per fare una cosa di cui mi pentirò per sempre... Cronstedt mi ha ordinato di spegnere Upsilon per fermare Wau... cosa è accaduto a Lambda non deve ripetersi... non potete immaginare cosa Wau è in grado di fare, attualmente... " prendendo una boccata d'aria per lo sforzo "...so che farete fatica a comprendere questo messaggio, ma è assolutamente necessario che comprendiate il perchè... ho deciso di spegnere Upsilon. Se mai Hart tornerà a Theta salva, potrà spiegarvi ogni cosa, ma forse tutti i sistemi del sito saranno compromessi e sarà necessario ovviare alla mancanza di corrente che giungerà pian piano, con sistemi di alimentazione autonoma che non usiamo da... mai... ma dovete provare a farcela. Voglio tornare, ci proverò o forse..." spaventandosi di colpo per i rumori che provenivano da fuori la stanza, poi si voltò di nuovo verso la cam "... devo fermarlo... Theta, perdonatemi... sono morti tutti, Adam è morto e io...io devo fare cosa ha ordinato Cronstedt, per il bene di tutti e anche per cosa cè fuori di qui... Wau sta prendendo tutto e presto lo farà con noi... Fisher e..." scuotendo la testa "Wau non deve prenderci e usarci in quel modo...Theta, qui Imogen Reed da Upsilon... preparatevi all'arresto della corrente e...perdonatemi!...!

Terminato il messaggio iniziò a controllare i computer alla ricerca di porte di sistema per accedere alla gestione della centrale geotermica. Non poteva fermare Wau, aveva troppo poco sulla Ai e la sua ubicazione per sapere come fare a sigillarlo nel suo tempio. Quando una schermata le comunicò che era entrata nel sistema di controllo della centrale, rimase a fissare lo schermo. Effettuati vari controlli, scoprì che come temeva non era possibile territorializzare la distribuzione di corrente, ma si snodava da collegamenti unici verso poi i singoli siti e, volente o nolente, doveva decidere. Dove si trovava Wau? perchè non era possibile gestire la distribuzione di corrente?
Si portò le mani ai capelli, poi chiese scusa bisbigliando e avviò la procedura di blocco totale del sistema di estrazione energetico geotermico, terminò tutti i sistemi e il countdown la avvisò che mancavano alcuni minuti allo spegnimento totale dell'impianto.

Si alzò, chinò il capo chiedendo nuovamente scusa e preso il casco, aprì la  porta e rimase in attesa. Qualcosa chiaramente girovagava per i corridoi, ma non voleva immaginare cosa potesse essere. Controllate le piantine, decise di prendere la strada lunga, ma poteva in quel modo aggirare la cosa che si muoveva per il sito. Imboccò i corridoi, seguendo sempre la segnaletica e si ritrovò tra due strade. Davanti a lei, o meglio, scendendo gli scalini,  vi era la porta stagna per il tunnel panoramico, da cui si snodavano, dopo la zona lavorazione robot e manutenzione, vari passaggi verso l'oceano che poteva scegliere. Alle sue spalle vi era invece la cupola panoramica o observation tower. Alla sua sinistra, i corridoi appena utilizzati. Strinse il casco con forza tra le dita, scese la breve scaletta sorreggendosi al corrimano e poi azionò la porta stagna verso il tunnel panoramico. Tuttavia, qualcosa stava al centro del tunnel, che si voltò verso di lei. Reed restò con il fiato sospeso per alcuni secondi, il robot si era voltato, sembrava un construct eretto sulle zampe e muoveva la testa osservandola. Rimase ferma forse alcuni minuti, che sembravano scorrere con troppa lentezza mentre il freddo si dissipava, ma restava come umidità stagna nelle sue ossa. Fece qualche passo indietro risalendo al contrario gli scalini, sapendo bene che dietro di lei vi era il cancello che portava alla cupola panoramica. Il robot  sembrava soltanto osservarla, fermo, muovendo solo la testa con quel suo monofanale. Alla sua sinistra, dal corridoio da dove era arrivata, la raggiunsero rumori identici a prima. E quindi, il costruct non era lo stesso dei rumori?

"Se è così che deve finire... allora..."

Si voltò,  con il casco riuscì a forzare il lucchetto del cancelletto e osservò le scale davanti a lei che portavano alla porta un livello sopra, la cupola panoramica. Si voltò spaventata, il costruct aveva fatto qualche passo ma si era fermato nuovamente e la fissava.

"... non so se sei pericoloso" disse al robot sorridendo tristemente "ma certamente, se aspetti che io faccia qualcosa per uccidermi, mi dispiace... sarò libera fino alla fine..."

L'observation tower aveva la porta a scorrimento del pavimento, come sapeva esserci in altre zone, ed era aperto.
Iniziò a salire le scale che la portavano al piano superiore, verso la cupola, mentre udiva i passi del robot, lenti ma presenti che salivano i gradini, stringendo il metallo freddo del passamano sotto il guanto. Lasciò scivolare il casco dalle dita, che rotolava impacciatamene con tonfi sordi, scalino dopo scalino. Giunse al piano, dietro di lei notava il robot che si era avvicinato e stava ai piedi delle scale della torre, fermo a osservarla. Vari oblò e vetrate permettevano di osservare vari punti intorno a Upsilon. Ventole di aerazione inondavano di ossigeno la cupola, ma un gorgoglio tenue attirò l'attenzione di Reed, e poi si voltò verso la porta a pavimento. Il robot era salito, lo aveva udito senza fare nulla per scappare, e ora stava oltre la porta e il passamano, alla sua sinistra e vicino, finché questa non si richiuse sotto quasi il robot. Brividi freddi inondarono il suo corpo, ma cercò di resistere e rivolse lo sguardo al gorgoglio. Un rivolo d'acqua entrava a cascata da una delle fessure della grande vetrata davanti a lei, ma non era ancora così grave da allagare l'ambiente. Sospirò e osservò quasi in lacrime l'oceano e cosa restava di upsilon, mentre le luci esterne stavano spegnendosi una dopo l'altra. Il countdown doveva essere terminato, si disse.
Alle sue spalle il robot non produceva rumore, non si muoveva, si udivano solo i cigolii del meccanismo di movimento della testa. Poco dopo che lei si girò nuovamente verso il construct, una successione di rumori fecero vibrare tutto.
Lo aveva capito, lei aveva compreso cosa lo aveva provocato. Tutti i sistemi venivano bloccati, non solo fermati, e ogni ventola e macchinario era stato arrestato di colpo producendo una serie di colpi da farle vibrare le gengive. POi, le ventole sopra la sua testa cessarono di girare.
La porta stagna era chiusa, lei respirava affannosamente per l'ansia e la paura e comprendeva che non restava, in quello spazio comunque piccolo, aria a sufficienza per resistere ancora per molto, visto quanta ne stava sprecando.
Il cuore martellava nel petto, il gelo umido nelle ossa, le mani che non avevano neanche il casco da stringere e tremavano nervosamente e lui, il costruct...che fissava... osservava... immobile... passavano i minuti e lei aspettava, osservando ora il robot, ora l'oceano.

Poi i polmoni si fecero pesanti, più prendeva aria e più sembravano macigni, poi bruciavano mentre la bocca cercava di incamerare aria a grandi boccate. Indietreggiò di due passi, mentre il robot osservava e la testa le girò.  Si appoggiò con la mano alla vetrata, guardò la sua mano piccola nella tuta e poi la vastità dell'oceano, che presto avrebbe inglobato Pathos senza più vita. Tutto le faceva male, la richiesta di aria era tremenda, i polmoni le stavano esplodendo, i muscoli dolevano e iniziava a sentire anche la testa come spremuta dentro. Gli occhi lacrimavano e la vista le creava problemi.

Si voltò verso il Costruct, gli sorrise, poi un senso di stringimento alla gola la colse, facendola scivolare a terra finendo seduta, con la grande vetrata alla sua destra e il robot alla sinistra. Convulsamente, le mani quasi cercavano l'aria in maniera autonoma, puntini bianchi e neri apparivano e scomparivano davanti agli occhi e il corpo fremeva per la mancanza d'ossigeno. Cadde definitivamente di schiena ansimando, come grandi singhiozzi, con gli occhi che lacrimavano, i polmoni come se stessero per rattrappirsi, i muscoli che mandavano spasmi orribili e tutto che sfocava, girava o vedeva cose che sapeva non cèrano. Il robot le si avvicinò, udiva i passi ovattati e rombanti e poi comparve nel suo spazio visivo. Occupava  con la testa e il collo, una parte della zona sinistra e poi le lacrime offuscarono tutto. Li chiuse, ormai in preda quasi a rantoli e ondate nella testa, si voltò verso la vetrata e allungò la mano troppo incerta e piena di spasmi sul vetro.

Tutto stava sparendo, o oscurandosi, non capiva...  il cervello sembrava come un circuito tempestato di elettricità... si sentiva quasi scivolare via. Si chiese, ormai quasi senza capire, se vedeva l'oceano là fuori in direzione di lambda, pensava ad Adam e al corpo che aveva lasciato ormai privo di vita con grande dolore, a quanto ancora poteva esserci se non accadeva nulla da parte di Wau.

L'ultimo respiro le rimase bloccato in gola, il petto tremante, la mano che pareva raschiare sui vetri, le lacrime che scendevano e poi tutto finì. Restò con gli occhi aperti verso l'oceano, mentre il robot la osservata con in mano, o meglio in una pinza, il suo casco, che non aveva notato, mentre la console su cui aveva lavorato cambiava schermata alla riaccensione. Mostrava, invece delle statistiche e informazioni dell'operato di Upsilon, il countdown delle batterie di riserva della zona più vecchia di Upsilon, quella di più di quaranta anni prima, che conteneva ancora i sistemi di emergenza con batterie capaci di restare operative per 201 giorni.

Se Reed non avesse deciso di morire, abbandonarsi e lasciarsi andare perchè credeva che tutto fosse finito con il suo gesto, si sarebbe accorda, nel tempo poco dopo la sua morte, che Upsilon veniva riattivata solo parzialmente e i siti avevano mantenuto energia e calore fino all'arrivo di Simon. Nel suo corpo...
   
 
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