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Autore: Angorian    19/04/2017    1 recensioni
«Non dovresti fidarti di me» mormorai, continuando ad accarezzarlo. Era strano che mi sentissi in dovere di rammentarglielo, nonostante fosse la sua fiducia a mantenermi in vita in quella casa.
«Lo so» rispose, l'accordo della sua voce talmente basso da risuonare nel mio petto.

***
Anno 2204. Quando il Sole è diventato velenoso, gli esseri umani hanno cercato una soluzione nell'ingegneria genetica, mutando il DNA di alcuni soggetti per sopravvivere. La mutazione ha però dato vita a una nuova razza dominante, che ha bisogno di sangue per sopravvivere. L'ultimo baluardo della società umana si è dovuta nascondere sotto terra, mentre coloro che vengono catturati diventano prede e giocattoli dei nuovi padroni della Terra.
Quando Shari viene catturata sa già che per lei è la fine: è una Selvatica, e sarà brutalmente dissanguata per il piacere dei suoi cacciatori.
Ma tra di loro c'è Gareth, fratello del Reggente di Londra, che vede in lei l'ultima speranza di essere perdonato per le atrocità commesse.
Riuscirà a salvarla?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dies Sanguinis


Prendi l'aspetto del fiore innocente, 
ma sii il serpente sotto di esso.
(Lady Macbeth: atto I, scena V)

 


Non è facile, morire.

Anche quando sai che la tua ora è ormai fatalmente vicina e che il tuo sacrificio salverà chi ami, il corpo si ostina ad aggrapparsi stupidamente alla vita. Il respiro aumenta, il battito del cuore accelera, il cervello cerca febbrilmente una via d'uscita. 
Anche quando sai che non c'è.Legacci di seta stringono le mie caviglie irrigidite, i miei polsi arrossati dall'inevitabile sfregamento. Ho tentato di non oppormi ma, come dicevo, non è facile morire.
L'altare sul quale mi hanno deposta è gelido come ghiaccio, marmo bianco inciso da scanalature leggere, in modo che il mio sangue possa raggiungere tutti nella sala.
Berranno la mia vita, leccando con grazia le piccole coppe ancora vuote fra le loro dita. I miei assassini indossano manti neri foderati di raso, e avverto nell'aria la loro eccitazione. Guardano le mie braccia nude, le mie gambe scoperte, la gola esposta. Mi desiderano, ma non possono avermi, non ancora.
Sarà un coltello d'argento a baciare la mia carne, a recidere le vene.
Spero che finisca in fretta.
Inclino un poco la testa, ed è allora che lo vedo.
Colui che leverà il coltello, il mio carnefice, il mio assassino.
Il suo volto è puro avorio, scolpito dalle mani sapienti di un artista. I capelli neri gettano ombre sulla sua fronte tesa, ammorbidendo una figura altrimenti altera. Tiene gli occhi chiusi, e le sue ciglia sono raffinato pizzo nero sulle guance dagli zigomi alti, affilati.
Quando apre gli occhi, rossi come granati, vedo la sua disperazione.
«Mi dispiace» sussurra, e l'emozione strangola il respiro nella mia gola.
Vorrei sfiorargli un'ultima volta il viso, scostare i capelli dai suoi occhi, dirgli che non è colpa sua. Ma i legacci sono acciaio sulla mia pelle martoriata, e mi impediscono di raggiungerlo.
Non è facile morire, se ami il tuo assassino.
Il coltello cala.
Ed è un inferno rosso.






Note: Questa storia è nata in un lungo viaggio in treno da Pisa a Milano, con Song for Someone degli U2 nelle orecchie. Sembrava che la storia fosse lì, tra le righe del testo. 
La storia è attualmente disponibile anche su Wattpad fino al capitolo 28. Efp è casa per me, e ho deciso che valeva la pena riportarla anche qui.

   
 
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