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Autore: ToraStrife    19/04/2017    1 recensioni
Raffaello, una notte in solitudine, rotta solo da una bottiglia di Whisky e tanti ricordi di lei, Monna Lisa... e persino di una canzone, omaggio di un improvvisato compagno di bevute.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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TMNT Mona lisa smiled.
Mona Lisa Smiled



Raffaello stava stancamente agitando il bicchiere di whisky dentro il quale aveva creduto di poter affogare i suoi ricordi.
Questi, però, come i freddi cubetti di ghiaccio, sopravvivevano all'azione corrosiva dell'alcol e venivano a galla, l'uno dopo l'altro.
Tutto ciò che rimaneva all'irrequieta tartaruga era una gola inaridita e l'urgenza di vomitare.
Corse nel bagno del locale a rimediare, incurante degli sporadici avventori umani.
D'altronde, avvolto nel logoro impermeabile di almeno due taglie più grandi e protetto dal cappello a falda larga che nessuno più al giorno d'oggi avrebbe indossato, sembrava un clone perfetto del vecchio investigatore Marlowe.
Gli mancava giusto la sigaretta, ma di quella all'olfatto fino del sensei non sarebbe certo sfuggito l'odore.
Certo, per l'alcol era un altro discorso: non era la prima volta che il ribelle della famiglia Hamato si prendesse una "notte di pausa" per sé stesso.
Quel tipo di notti dove usciva senza avvertire nessuno, inforcava la moto nascosta nel magazzino abbandonato sulla Ventusima, e rombava per la città, alla ricerca di un qualcosa, o in fuga da qualcos'altro.
La prima volta che Leonardo, il primo della classe, il prediletto dal sensei, lo aveva sorpreso ubriaco fradicio vicino all'entrata, lo aveva trascinato di peso vicino al laghetto di Central Park e ce lo aveva buttato dentro.
"Ma sei impazzito? E' gelida!" Gli urlò in quell'occasione.
"La vera doccia fredda te la farà il sensei, se ti scopre in quelle condizioni".
E poi giù a vomitargli rimproveri su rimproveri. Non ricordava le parole esatte, era troppo frastornato.
E a ridurlo in quello stato era stata della "semplice" birra.
Alla fine si era giunto ad un accordo: almeno una volta a settimana Raf avrebbe avuto la sua "Notte Libera", dietro la scusa di un generico "allenamento in solitudine" per giustificarsi con Splinter.
Raffaello si dispiaceva di dover mentire al sensei, e ancora di più di dover coinvolgere il fratello nel processo.
Ma stava crescendo, avvertiva l'unità della famiglia Hamato, ma il bisogno di ritagliarsi degli spazi personali scalpitava come una tigre in gabbia.
Erano degli spazi dove doveva lasciare libero sfogo alla sua rabbia, alla solitudine, alla frustrazione.
E il tutto senza dover, come in precedenza, vestire i panni del Nightwatcher e picchiare criminali a caso.
Ma quella era una notte speciale, rispetto alle altre.
Il suo patema d'anima aveva un nome ben preciso, ed era di donna: Monna Lisa.
Ricacciando il gola il senso di nausea, Raffaello tornò al banco, a rimirare, per l'ennesima volta, quel piccolo cilindro trasparente, di cui riusciva a vedere, come in quel momento nella sua vita, solo  il contenuto mezzo vuoto.

- Non sembri reggere bene l'acol, amico.

La voce roca che distolse per la prima volta il rosso dall'oceano di angoscia, apparteneva a un uomo, dall'aria decisamente brilla.
Gli occhi azzurri di un blu profondo come il mare, la bandana viola che sembrava uscita da un film di pirati,  legata a coprire tutta la testa, con l'eccezione di pochi, sparuti ciuffi castano chiari.
Il viso che mostrava le rughe degli anta, ma che conservava l'espressione fanciullesca di un ragazzo che sembrava invecchiato, ma mai cresciuto del tutto.
Una leggera camicia scura, incurante dell'umidità di quella notte, cadeva su pantaloni neri tenuti su da una anacronistica cintura "El Charro".
E a rendere ancora più Hollywoodiano l'insieme, un paio di stivali da cowboy.

In circostanze normali il rosso si sarebbe limitato ad ignorarlo, ma l'alcool aveva oliato per bene la lingua, e diluito la sua pazienza.

- Continua ad affogarti nel tuo bicchiere e non ti impicciare.

L'uomo sorrise, sollevando il bicchiere di Guinness. - Alla tua.

Raffaello sbuffò seccato, e ricacciò altre parole di stizza giù nella gola, insieme al contenuto  dello  spirito.
Nella fretta, il liquido gli andò di traverso, e la tartaruga sbuffò e tossì goffamente, battendosi il petto.
Nell'agitarsi, il cappello gli cadde a terra.
Imprecando, lo raccolse con un gesto secco e se lo rimise, sbirciando in direzione dell'altro che aveva visto tutto.

- Cosa c'è? Mai vista una tartaruga parlante? - Soffiò, aspettandosi qualche reazione esagerata.
Lo accolse solo una risata divertita.

- Sono davvero brillo, stasera, dude. - Affermò l'uomo. - Sto parlando ad un'allucinazione.

- E' come dici tu. - Ribatté il mutante, premendo il copricapo contro il volto. L'altra mano andò ad arrancare la bottiglia del Jack, lasciata fino a quel momento in disparte.

- Whoah, hai comprato tutta la bottiglia? - Biascicò il suo compare.

- Oggi ne avevo voglia. - Raffaello si versò un altro bicchiere, poi guardò l'etichetta della bottiglia, con una punta di nausea. Forse aveva esagerato, si disse.
Era partito quella sera con l'idea di anestetizzarsi con una bevanda più forte del solito, e aveva scelto quel concentrato di settanta gradi.
Era un peccato non finirla, dopotutto, considerando quanto aveva sborsato.
Ma dopo quattro bicchierini stava già sentendo le budella contorcersi, e l'idea di finirla gli si presentò come un problema.
Almeno fino a quando non si accorse che l'uomo aveva posato i glaciali occhi sul rossiccio liquido al gusto fuoco.

- E' un peccato scolarsela da soli, amico. - Bofonchiò l'altro. - Chi non beve in compagnia...

Raffaello lo guardò infastidito.

- Di solito scrocchi da bere anche alle allucinazioni, bucaniere?

Gli mancavano solo barba e benda, dopotutto.

- Se le me offrono, non vedo dove sia il problema. Puoi chiamarmi Spike, comunque.

L'uomo porse la mano.
La tartaruga lì per lì, stava ponderando se stringergliela, ma l'idea di far vedere le tre grosse dita da mutante lo mettevano a disagio.
Spike parve capire, e scosse la testa.

- La bottiglia, amico. Passami la bottiglia.

- Mi chiamo Raffaello, accidenti a te.

- Oh, sei italiano? Io invece vengo dalla lontana, fottuta Inghilterra.

Il passaggio di consegna avenne da una mano verde titubante a una rosea che una volta stretto il collo  del contenitore, lo portò senza esitazione direttamente alla bocca dell'uomo.

- Ehy, calma, vecchia spugna! - Protestò Raf, e non riuscì a staccare il "bacio" per almeno tre secondi.

- Ci voleva. - Commentò soddisfatto Spike, asciugandosi con il dorso della mano. - Ora tocca a te.

- Dalla bottiglia? - Protestò Raf. A parte il ribrezzo di condividere la saliva di quell'uomo, vi erano anche gli effluvi di alcol dalla bottiglia, che bastavano da soli a fargli lacrimare gli occhi.

- Va bene, dude. - Convenne l'amico, che si voltò verso il banco. - Barista, un altro bicchiere.

Un improvvisato tintinnio sugellò il brindisi tra la rassegnata allucinazione e il beone.

Entrambi giacevano stancamente seduti a due tavoli adiacenti, un braccio per bere e un altro per reggersi.
La bottiglia dello spirito era quasi vuota.

- Che cosa fai nella vita, dude?

- Consegno il latte. - Ironizzò la tartaruga, commentò che strappò una risata divertita all'amico, il quale, con la massima naturalezza possibile, ribatté.

- Io faccio il musicista.

- Musicista? - Raffaello si grattò la testa. - Roba da conservatorio? Orchestra e quelle robe lì?

Spike rise. - Mi ci vedresti?

- Credo proprio di no. - Soffiò l'altro. - Sembri più un barbone.

- Barbone no, - Ponderò l'altro. - Diciamo girovago.

Tirò fuori dal taschino un pacchetto di Lucky Strike, ne tirò fuori due. Una la mise in bocca, e l'altra la porse al mutante.

- Non fumo.

- Però bevi. - Spike fece spallucce. - In ogni caso, suono la chitarra.

- Non sembri aver avuto molta fortuna.

- Non qua in America, dude. - L'accendino venne fregato dal pollice un paio di volte, per finamente accendersi. Spike respirò a pieni polmoni la prima boccata, soffiando il fumo con un. - E tu, che ci fai qui?

- Te l'ho detto, sono un lattaio. - Mentì ancora la tartaruga, incurante di apparire credibile o meno.

L'incandescente punta della paglia sembrava una lucciola volteggiante nella notte.
La voce roca dell'uomo corresse il tiro.

- Che ci fai qui stasera?

Raffaello sbuffò. Detestava quando le domande si facevano troppo personali.

- Affari miei. - Rispose secco, tappandosi la bocca con un sorso di Whisky.

- E' per via di una donna.

Aveva colto nel segno, a giudicare da come il rosso spruzzò il liquido appena sorseggiato, e lo stava guardando con espressione attonita.
Si sentì avvampare le guance da un'ondata di fuoco, tra l'imbarazzo e l'alcol.
Ma fottuta dannazione. E' così evidente?

Spike posò il bicchiere e si stiracchiò.

- Solo una donna può far sposare un uomo all'alcol in una sera solitaria.

L'uomo si allungò dalla sua sedia, e andò ad afferrare il manico di quella che Raf riconobbe come una chitarra acustica.

- Mi è venuta voglia di suonare un po'. Ti spiace?

- Fai quello che vuoi. - Soffiò l'altro, fingendo di non guardarlo.

Le dita rugose dell'uomo sembrarono ritrovare dita, appena toccarono le corde tese. Sembrava quasi che l'alcol dentro di lui fosse sparito.
"In vino veritas" dicevano gli antichi.
Raffaello se ne ricordò durante uno dei quei rarissimi momenti in cui aveva visto il Sensei aver a che fare con degli alcolici.
Sempre un uso rigidamente moderato, in occasioni speciali.
Era un evento così raro che durante la sua vita, il mutante l'aveva visto solo tre volte.
E ricordava di, in una di quelle occasioni, gli aveva detto che, a volte, alterare il proprio stato di coscienza con dell'alcol poteva sciogliere le catene delle inibizioni, e portare la coscienza a contatto genuino con i proprio sentimenti.
Insomma, che il consumo di spirito avvicini allo...spirito.
Il che gli era sempre sembrata una scusa, dato che il consumo di alcol apparteneva ad uno dei rigidi divieti del sensei.
Ma forse, complice il Jack ridondante nel sangue, quella sera sembrava più sensibile allo strimpellio di una banale ballata acustica, le cui corde toccavano tasti sensibili, e scavavano nell'animo.
E ovunque scavassero, saltava sempre il suo nome: Monna Lisa.

L'aveva conosciuta in mille vite, e tra loro sembrava esserci la maledizione di un rapporto impossibile.
Che fosse stata una studentessa di college mutata o una salamandra aliena dal nome impronunciabile, il destino l'aveva fatta incontrare nella stessa misura in cui gliel'aveva tolta.


Non si prospetta mai facile
Quando vivi e fai ciò che dice dal cuore
La passione è il cuore del problema,
per alcuni, fin dal principio


Lei, che si era esposta a un gas mutageno rinunciando alla sua umanità.

Lei, fiera combattente  che per salvare  il suo pianeta, non  esita  a  rinunciare il suo onore e al rispetto di chi ama.

Lui,  che nonostante questo tradimento lo abbia subito, sa benissimo che non avrebbe mai esitato a fare lo stesso se in gioco ci fossero stati la Terra, la sua famiglia... e lei.

In pubblico nessuna manifestazione d'affetto
Non posso esser visto tenerti la mano
Mi spaventa pensare alla situazione
solo da dove stò?

Quando si erano conosciuti, era solo, nella stiva di quella nave piena di ostaggi. Era una delle poche volte in cui non poteva contare sull'aiuto di nessuno.

A parte, lo convenne poche volte nelle sue innumerevoli esistenze, lo scoprire una delle più belle creature che un mutante potesse incontrare.

Quando si erano conosciuti, era sul campo di battaglia. Agile angelo della morte, a guardarla sembra una danza letale ed affascinante. Si erano ritrovati soli, in un situazione ostile, e per non soccombere, avevano dovuto unire le forze.
Spalla a spalla, poteva ancora ricordare il suo calore. Alla faccia di chi li considerava entrambi... "a sangue freddo".

E' una notte che passa tranquilla
E' solo il giorno che mette malinconia
Ogni ora che seggo qui solo, non sembra passar mai

Anche Monna Lisa ha sorriso
puoi vederlo dalla luce nei suoi occhi
Talvolta è dura capire perché
noi facciamo ciò che facciamo

A vederli, entrambi simili: testardi, caparbi, orgogliosi. Chiunque li avrebbe visti meglio spalla a spalla su un campo di battaglia, più che abbracciati.
Doveva esser vero che "chi si somiglia si piglia": Leo era impegolato con una fissata col senso dell'onore, Donatello con una cervellona, Michelangelo con una dolce distrattona e lui... beh...

Beh, avevo detto che non ti avrei mai lasciato
che non ti avrei mai fatto mancar nulla
ho fatto una promessa a cui pensavo che credessi
Non è così che va

Perdonami se sono troppo pazzo
di un rapporto di cui non ti è mai importato
Beh, mi congedo, saluto e dico Goodbye
io lo so, che anche tu soffrirai.

Le mani si chiusero in rabbiosi pugni. Lui era sempre stato il solitario della compagnia.
Solo odio, invidia, rabbia.
"Cool but rude" cantavano di lui.
Era così tenebroso, tuttavia, che innumerevoli fan si davano da fare per trovargli un personaggio al suo fianco.
Ma erano storie sporadiche, che duravano nell'arco di una fic.
L'unica che più volte avrebbe fatto breccia in quella armatura scheggiata, aveva una coda prensile e... beh baciava come poche.


E' una notte che passa tranquilla
E' solo il giorno che mette malinconia
Ogni ora che seggo qui solo, non sembra passar mai


Anche Monna Lisa ha sorriso
puoi vederlo dalla luce nei tuoi occhi
Talvolta è dura capire il motivo
perché facciamo ciò che facciamo


Ancora non si capacitava, si chiedeva perché la vita di un ninja sia fatta di tenebre e nascondigli.
E' una strada difficile, forse una maledizione, per la famiglia Hamato.
Nemmeno il Sensei, nella sua vita, aveva avuto la fortuna di poter dividere la sua esistenza con una moglie ed una figlia, colpa di quel maledetto di Saki.
Ora viveva tra meditazione, segreti rimpianti e sopiti rancori.
Ancora, si chiedeva come un uomo saggio come Splinter riuscisse a gestire quei sentimenti.

E mi rimarrai sempre nel cuore
me l'hai spezzato lasciandomi senza clamore
Credo di averlo saputo fin da subito
Monna Lisa eri tu.

Anche Monna Lisa ha sorriso
tra le linee dipinte del viso.
Talvolta è dura capire il motivo
perché facciamo ciò che facciamo


Raffaello raramente sorrideva. Le uniche volte in cui il suo macigno cardiaco gli aveva permesso tali agi nervosi, era solo in virtù della sua famiglia...famiglia dal quale sentiva però sempre più spesso il bisogno di staccarsi, di prendere la sua strada.
Di avere anche lui quel privilegio, come aveva avuto suo fratello Leo.
E magari chissà, partire tra le stelle per cercare di colmare un buco nero che in quel momento gli stava divorando il petto.
Sentì qualcosa di umido alla base degli occhi.
Si sfregò rabbiosamente il viso con una manica per evaporare quella debolezza.
Uno scorcio di luna, intanto, si intravedeva dalla finestra.
In quel momento, il riflesso del satellito aveva preso i contorni di una bellissima salamandra.

E quindi lascia entrare il sole
e saluta un nuovo giorno
Oh, Monna Lisa non puoi fermarti ancora
E' solo per te

Oh, Monna Lisa, Oh
Voglio vedere il tuo sorriso


Raffaello ascoltò le note della melodia estinguersi fino al silenzio.
Si alzò di scatto, facendo tentennare i bicchieri sul tavolo.
Sentiva gli occhi umidi e le guance avvampargli.

- Dude, vai già via?

Raf si fermò a guardare per un attimo l'uomo: aveva gli occhi lucidi ed era rosso in volto esattamente come lui.
Non sapeva se si fosse commosso cantando la sua stessa canzone, o era semplicemente la magia del Daniel's.
Dopotutto, non avrebbe saputo rispondere a quella domanda, neppure per sé stesso.

- Sì. - Soffiò il rosso, con la voce impastata. - E' stata una bella canzone.

- See ya, dude. -  L'uomo alzò la mano, posò lo strumento e si abbandono sulla seggiola scricchiolante.

- Il resto della bottiglia è tuo. - Aggiunse il mutante. - Bevilo alla mia salute.


Appena uscito, Raffaello lasciò che il fresco della notte gli rischiarisse le idee.
La mano era posata sul copricapo, il vento a sferzare impietosamente il soprabito.
Era una strana sensazione, aveve il fuoco dentro e il gelo sulla pelle.
Gli venne una improvvisa voglia di sfidare quel vento.
Inforcò la moto e partì di gran carriera, l'assordante ruggito del motore a contrastare il noioso silenzio celato nell'oscurità, troppo carico di ricordi.
Si immaginò di poter decollare, di spiegare le ali e volare oltre quel cielo, di viaggiare attraverso i sogni e trovare la Piccola Principessa nel suo piccolo pianetino (dannazione a Michelangelo e i suoi libri per ragazzi)
La luna osservava discreta, nascosta tra le stelle e un paio di nubi.



Non l'ho specificato all'inizio perché tanto non lo conosce nessuno, ma anche questo è un crossover. "Spike", vero nome Jonathan Gray, altri non è il cantante della rockband inglese The Quireboys.
Ed è appunto una delle sue canzoni il tizio canta nella fiction, l'omonima Monna Lisa Smiled (potete gustarla in versione acustica qua.)





 

 

 

 

 

 

 

 

 



 

 





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