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Autore: Elisa24g    19/04/2017    0 recensioni
In una terra dove la parola pace vuol dire solo un intermezzo tra una guerra e l'altra, senza possibilità di scampo dal terribile popolo del Vento, una famiglia decide di non arrendersi e di prepararsi alla battaglia, apprendendo i segreti e le magie di chi si nasconde da anni, in attesa della vendetta.
Teresa: dolce e buona;
Enn: curiosa, testarda e coraggiosa;
Rodd: di buon appetito, impaziente e sempre pronto alla risata;
Marcus: allegro e vivace, a volte provocatorio
Serin: reso muto dalla sofferenza, leale.
I genitori : innamorati, forti e coraggiosi, saranno disposti a rinunciare a tutto pur di proteggere la loro famiglia.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
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<< Cos'è? >> chiesi io, spaventata da un rumore alla mia destra.

<< Niente, sarà il vento >> rispose mio padre. Fino a quel momento avevo camminato semplicemente seguendolo, lui che sapeva la strada persino al buio, come un cavallo che si dirige a casa. Da quel rumore capii immediatamente dove fossi: vicino al sentiero per il bosco. 
I pochi che percorrevano quella strada di notte, dicevano che passando lì accanto si potesse sentire il Vento che ululava arrabbiato, che gridava guerra. Dicevano che quando si sentiva quel suono era la sofferenza che si avvicinava, poteva passare un anno, qualche mese o qualche giorno, ma qualcosa di terribile sarebbe successo.

<< Accelerate il passo >> disse mio padre, preoccupato dai miei stessi pensieri.

<< Ero così in ansia >> disse mia madre, il volto sconvolto dalla paura, << Cosa è successo? È così tardi! >>

<< La piccola è morta >> rispose Teresa, in lacrime. Sapeva che prima o poi sarebbe successo, che qualcuno dei suoi pazienti sarebbe morto.

<< Non ti affezionare a loro. Guarda la malattia, guarda il malato, fa del tuo meglio, e poi lascialo andare. >> le aveva detto un giorno il vecchio rugoso dottore.

<< Come si fa a lasciarli andare? >> chiese Teresa.

<< Si soffre, ma ci si abitua. >>


In quel momento Teresa avrebbe voluto prendere la bambina e tenerla stretta a sé, costringendola a non lasciarla mai.

I giorni seguenti fummo tutti sconvolti. Serin non si presentò a scuola, né a lavoro. Ero rimasta da sola a pensare ai miei cavalli, e non facevo che chiedermi se Glenne avesse smesso di singhiozzare, se Serin si fosse mai alzato da quel letto, se Teresa sarebbe mai più riuscita ad essere un dottore, a superare il dolore immenso che l'aveva sconvolta. Infine mi chiedevo come sarebbe stato quando li avrei rivisti, cosa avrei detto. Poi il giorno arrivò.


Indossammo tutti le nostre tuniche migliori, rigorosamente blu notte, con un esile foulard bianco, gli uomini come cintola, le donne come collana. Andammo alla roccia. Tutto il paese si trovava riunito là intorno. Era un masso leggermente squadrato, dove giaceva il piccolo cadavere, perfettamente conservato grazie agli intrugli dei Signori della morte. 

<< Grazie, miei fratelli, per essere qui. >> disse il Primo Signore. Alcuni colpi di tosse gli risposero, altri si mossero irrequieti. Era sempre brutto celebrare una morte, specie di una bambina.

<< La morte della piccola Irin ci riunisce tutti, così dolorosamente. Ci fa riflettere sulla brevità della vita, e sulla sua ingiustizia. Avvicinatevi, porgete l'ultimo saluto, ed aiutatela a cavalcare il Soffio delle anime. >> disse terminando la celebrazione. 
Ognuno di noi, si avvicinò alla bambina. C'era un ordine nel salutare: prima tutti colore che non l'avevano conosciuta da vicino, che non le avevano mai parlato. Poi tutti quelli che, anche solo per una volta, le avevano rivolto la parola; seguivano gli amici. Infine i parenti, chi l'aveva amata, e chi era stato presente nel momento della morte. Ci avvicinammo e le toccammo la manina, sussurrandole un addio. Infine il corpo venne sotterrato, la tomba scavata dai più intimi.

Dopo la celebrazione ci avvicinammo alla famiglia.

<< Siamo addolorati dalla vostra perdita. >> disse mio padre parlando per tutti.

<< Vi ringrazio per ciò che avete fatto per noi, e per essere presenti in questo momento di dolore. >> rispose il padre di Serin. Era un uomo molto alto, con i capelli brizzolati e due baffi prominenti. Anche lui indossava la tunica di rito. Ai piedi, come tutti noi, portava dei sandali.

<< Sappiate che per qualsiasi cosa noi siamo disponibili, e se Serin vuole continuare a lavorare da noi, è il benvenuto. >> continuò mio padre. Il ragazzo era ancora pallido, ancora non parlava, ai miei occhi era ancora lì, per terra accanto a quel letto, chissà se sarebbe mai più riuscito a dormire in quella stanza. Io avevo gli occhi bassi, li alzavo solo ogni tanto per sbirciare i loro volti. Mia madre aveva offerto il braccio alla madre, addolorata, e poi l'aveva abbracciata, dandole piccole pacche sulla schiena mentre lei era, ancora una volta, presa dai singhiozzi, il volto pallido. I miei due fratelli, sempre pronti alla risata, alla battuta, a qualsiasi diavoleria, quel giorno furono molto silenziosi, comportandosi egregiamente. Teresa tenne il viso basso per tutto il tempo della celebrazione e persino in quel momento si teneva in disparte. Poi la sentii prendere fiato, dandosi coraggio.

<< Vi chiedo.. >> fece una piccola pausa cercando la forza,<< Vi chiedo scusa. >>

<< Scusa? >> ripeté l'uomo incredulo, persino sua moglie smise per un attimo di piangere.

<< Si. Vi chiedo scusa per non essere stata all'altezza. >>

<< Hai fatto tutto il possibile. Sono sicuro che nemmeno il dottore ufficiale avrebbe potuto fare di più. >> rispose la donna. Era disperata, non aveva fatto altro che piangere; eppure in quel momento era lei a consolare Teresa. 

<< Andiamo adesso, ricordate che per qualsiasi cosa siamo a vostra disposizione, sempre. Siamo fratelli nel cuore adesso. >> le persone presenti alla morte di qualcuno erano legati alla famiglia del defunto da un legame di sofferenza, che li avrebbe uniti fino allo loro, di morte.


Passarono molti giorni. Serin riprese a seguire le lezioni, sempre con lo sguardo assente, sempre senza parlare. Non credo che avesse detto una sola parola da quella notte. La mia famiglia, ognuno di noi a turno, portava un cesto con del cibo alla famiglia della piccola Irin. Secondo le nostre credenze, noi avremmo dovuto continuare a portare loro dei doni per un mese, che passò velocemente.

Serin non tornò a lavorare da noi, passava le sue giornata tra la scuola e la casa, senza mai concedersi una deviazione.

<< Serin, potresti accompagnarmi a casa? >> gli chiesi un giorno dopo la lezione di storia.<< Mi sono slogata il polso e non riesco a portare i libri. >> lui si avvicinò, prese i miei libri e quaderni, e mi accompagnò, sempre senza dire una parola.


Camminammo nel più completo silenzio, rimanendo, comunque, a nostro agio. Ciò che ci aveva legato era molto forte, un legame che sarebbe durato per sempre. Nella strada verso casa passammo accanto al sentiero diretto al bosco, ed io fui colta dall'idea.

<< Andiamo >> dissi accennando con la testa al sentiero. Lui mi seguì.

Il sentiero era costellato di alberi, sulla destra e sulla sinistra. Erano alberi alti ed antichi, che emanavano odori bellissimi. C'erano anche dei fiori, rossi, gialli, verdi. Alcuni cani ci tagliarono la strada. Erano piccoli, con le orecchie lunghe, e non ci degnarono nemmeno di uno sguardo. Continuando per la strada iniziai a sentire la paura, e, dalla rigidezza con cui Serin si muoveva, capii che anche lui non era tranquillo.

Gli odori, man mano che avanzavamo, iniziavano  a cambiare. Divennero più pungenti, più intensi. I rumori della vegetazione  più forti. Si sentiva il cinguettare degli uccelli, qualche cane che abbaiava, ma, per lo più, il fruscio delle foglie, e persino qualche ramo che si spezzava. Iniziavo ad agitarmi, il sudore mi imperlava la fronte. Più avanti il sentiero curvava, e non si riusciva a vedere cosa ci fosse oltre la curva. Mille pensieri iniziarono ad attraversami, "Forse al di là c'è la casa, oppure siamo già arrivati al loro paese... no, non è possibile, prima ci deve essere la casa.. oppure abbiamo sbagliato strada, ma la strada è solo questa.." e così via. Accanto a me Serin rimaneva nel suo silenzio assoluto, le mani, però, gli tremavano lievemente; volevo quasi dirgli di tornare indietro, ma ormai eravamo lì, ed era stata una mia idea! Poi girammo per la curva, la strada continuava ancora e ancora e ancora, in un rettilineo che sembrava non avesse fine. Doveva essere ora di pranzo, ed i nostri genitori ci dovevano stare aspettando per mangiare, fui tentata di usare questa, come scusa per tornare a casa, ma no, dovevamo continuare. Avanzammo ancora per dieci minuti, mezz'ora, un'ora; il sentiero sembrava non avere fine. 

Poi da lontano avvistammo una casa. Era in legno, con un bel tetto spiovente, un portico, un recinto tutto intorno. Era una casa normalissima, però, al suo interno, avremmo visto la donna. Avevamo sentito parlare di lei in ogni modo, soprattutto di quanto fosse temibile, cosa ci avrebbe fatto se ci avesse visto? Ci avrebbe ucciso, sicuramente; i genitori di Serin avrebbero perso l'unico figlio che gli era rimasto. Se fossi stata meno orgogliosa, più buona, avrei messo da parte la mia dignità e gli avrei detto di rigirarci, e lui mi avrebbe seguito, così come aveva fatto fino a quel momento. Eppure io volevo continuare, volevo vederla, era là, a pochi passi da me. Dovevo andare avanti. Continuammo a camminare, attenti ad ogni più piccolo rumore, ci spostammo dal sentiero ed avanzammo nascondendoci da un albero all'altro, nessuno ci avrebbe dovuto vedere. In quel breve tragitto poggiai le mie mani, le mie guance, su molti alberi, sentii il contatto con la corteccia, il suo odore, il suo sapore, mentre guardavo avanti, controllando che non ci fosse nessuno. Albero dopo albero ci avvicinammo sempre di più.  Eravamo a pochi metri, e non sapevo cosa fare. Volevo guardare all'interno dalla finestra, ma era un rischio tanto elevato; se si fosse affacciata? Se avesse deciso di uscire a prendere una boccata d'aria? Mi girai verso Serin, dietro un albero alla mia sinistra, chiedendogli, solo con lo sguardo, cosa dovessimo fare. E lui mi fece cenno di avanzare: anche Serin voleva vederla, e quella fu la spinta finale. Lasciammo i nostri nascondigli e strisciammo raso terra fino al recinto. Era fatto di legno, con semplici pali infissi per terra, più per evitare che animali uscissero dalla casa, che per tenere lontane le persone; eppure nessuna sorta di bestiame si trovava lì intorno. I pali erano bassi, e li scavalcammo dal lato dietro la casa, dove non c'erano finestra, così che, anche alzandoci, non ci avrebbe visto nessuno. Una volta superato il recinto continuammo a strisciare, e raggiungemmo la finestra, sul lato est della casa. Prima di alzarci, ci tenemmo per mano, rischiavamo tutto per la nostra curiosità, rischiavamo di perdere la vita, di non avere mai una famiglia, un lavoro, rischiamo di distruggere i nostri genitori, i miei fratelli. Eppure ci alzammo. 
L'interno della casa era senza mobili, con solo un piccolo pagliericcio e un tavolo. Non c'era un secondo piano, non c'era niente. E soprattutto non c'era nessuno. Non si vedeva alcun cibo lì intorno, abiti, focolare, niente. La casa era disabitata. Ci alzammo ed entrammo, la porta era appena appoggiata, non c'era nessun catenaccio. Una volta dentro  non notammo grandi differenze, non c'era nient' altro da aggiungere a ciò che avevamo visto da fuori. Era un'unica stanza, un unico piano, un unico pagliericcio, e nessuno che ci vivesse. La donna se ne era andata, realizzammo entrambi nello stesso momento, e ci guardammo preoccupati. Finché fosse rimasta lì, niente sarebbe cambiato, questo lo sapevamo tutti, invece, adesso che se ne era andata, questo poteva significare molte cose, soprattutto, poteva significare l'arrivo di una guerra. 

Uscimmo dalla casa come in trance, percorremmo tutta la strada dell'andata, che sembrò molto più breve e silenziosa. Nel giro di poco, ci ritrovammo a casa mia, entrambi spaventati.

<< Enn! Si può sapere dove eri finita?? >> mi urlò contro mia madre, vedendomi dalla finestra.

<< Vieni subito qui >> disse minacciosa la voce di mio padre da dentro la cucina.

Entrammo.

<< Serin, che ci fai qui? >> chiese mia madre, calmandosi un attimo, per poi proseguire arrabbiata, << I tuoi genitori saranno così preoccupati, un'altra sofferenza da aggiungergli. Avete idea di che ore sono?? >>dal cielo, che iniziava appena a scurirsi, dovevano essere le sei. 

<< Vi devo parlare. >> dissi io, incerta.

<< Questo è poco, ma sicuro. >> rispose mio padre. Nella cucina c'erano solo loro due, seduti uno vicino all'altro, probabilmente i miei fratelli erano stati mandati a cercarmi.

<< Siamo andati alla casa. >> dissi tutto d'un fiato.

<< Quale casa? >> chiese mia madre, già sapendo la risposta.

<< Quella casa... >>

<< Sei un'incosciente! Anzi siete due incoscienti! Due disgraziati! Se vi avessero ucciso?? Che cosa ne sarebbe stato di tua madre, eh Serin?? Non sarebbe sopravvissuta anche alla tua morte!! >> Serin non batté ciglio, non disse una parola, non sembrò nemmeno troppo dispiaciuto.

<< Mamma, è disabitata. >> il terrore invase i loro volti. Molto più che la preoccupazione perché qualcosa sarebbe cambiato, ma vero terrore.

<< Tenete. >> disse mia madre dopo alcuni secondo, con le labbra tese. E ci porse due ciotole con dentro una zuppa di pesce. Serin ed io mangiammo affamati, non avendo messo in bocca niente dall'alba.

Mentre stavamo mangiando vidi i miei genitori parlare, in un angolo in disparte. Mio padre aveva la fronte piena di rughe, e mia madre tremava per l'ansia.

<< Partirò domani stesso, all'alba. Devo per lo meno vedere se la casa è veramente disabitata, se così fosse, vorrebbe dire che è pronta, e non so quanto possa essere pericolosa. >>

<< Va bene.. >> disse lei titubante.

<< Dovrei essere di ritorno domani sera, se così non fosse, aspetta fino al giorno seguente, poi prendi i ragazzi e scappate. Avvisa più gente possibile, e soprattutto... >> indicò con la testa Serin, mia madre rispose solo con uno sguardo preoccupato. Lui le poggiò una mano sulla spalla, gentilmente.

<< Sii forte, per te e per le nostre figlie. >>

<< Lo sarò, >> annuì lei, << Però tu devi tornare. >>

<< Tranquilla, non vi abbandono! >> ripose lui, accennando un sorriso rassicurante.


Noi finimmo il nostro piatto, dopodiché Serin salutò e venne accompagnato da mio padre alla casa.

<< Avete corso un rischio terribile, lo sai vero? E soprattutto inutile, guidati solo dalla vostra curiosità ed egoismo. >> lo stava rimproverando mio padre nel tragitto.

<< Non hai niente da rispondere? Nemmeno per chiedere scusa parli? >> Serin perseguiva nel suo silenzio.

<< Ragazzo, prima o poi dovrai parlare, non puoi continuare in questo silenzio. Pensa a tua madre >>, Serin ci pensava, ai suoi genitori, a quanto stessero male, si poteva leggere nei suoi occhi, eppure continuava a non parlare.

<< Serin! >> gridò suo padre venendogli incontro dalla porta di casa, << Ti abbiamo cercato ovunque! >>

<< Non per il sentiero. >> disse mio padre in tono grave.

<< Per il sentiero? >> ripeté sbigottito l'uomo.

<< Si, lui e mia figlia hanno deciso di fare visita alla donna nella casa. >>

<< Come.. >> fece per sgridarlo , quando mio padre lo fermò.

<< Rimanda a dopo il rimprovero, ti devo parlare. Urgentemente. >>

Serin fu strattonato dentro casa, e loro due rimasero in cortile a discutere.

Nel frattempo, io tentavo di capire da mia madre di cosa stessero parlando in gran segreto.

<< Stavate decidendo come punirmi? >> chiesi io per la terza volta.

<< Non ogni cosa gira intorno a te e alle tue monellerie. >> rispose esasperata mia madre.

<< E allora su cosa gira? Un attimo dopo che io ho fatto qualcosa di sbagliato, voi due confabulate. Di sicuro riguarda me, o quello che ho scoperto. >>

<< Scoperto! >> disse mia madre inferocita, << Tu non hai scoperto proprio niente. Non sai niente. Sei una bambina che crede di essere tanto grande solo perché ha avuto il coraggio di fare una cosa molto stupida. >>

<< Io.. >> stavo per ribattere, quando Tes e i miei fratelli rientrarono.

<< Enn! Dov'eri?? Ti abbiamo cercata ovunque!! >> disse Teresa, arrabbiata quasi quanto mia madre.

<< La signorina aveva deciso di rischiare la sua vita per soddisfare una stupida curiosità >> disse mia madre.

<< Cosa? >> chiese mia sorella, non capendo.

<< É andata a vedere la casa nel bosco. >>

<< Senza di noi?? >> chiesero i due fratelli in coro.

<< Certo si doveva portare dietro anche voi, così in una giornata sola perdevamo tre figli e un fratello nel cuore. >> disse mia madre, sempre più rossa dalla rabbia.

<< Un fratello? Ti sei portata dietro Serin, e non me? >> disse Rodd, arrabbiandosi a sua volta.

<< Ma che volete tutti quanti? Ho sbagliato, va bene. Punitemi e facciamola finita. >> risposi io.

<< Troppo facile, ti vuoi togliere il pensiero subito?! >>

<< E che dovrei aspettare? >>

<< C'è qualcosa di più importante di cui discutere. Però aspetteremo che torni vostro padre. >>

<< Che è andato dove? >> chiese Marcus.

<< A riaccompagnare Serin. >>

<< Nel frattempo te non hai dei cavalli a cui badare? Ti sei dimenticata pure dei tuoi doveri per il tuo egoismo. >>

<< Egoismo.. >> ripetei io mezza arrabbiata e mezza sbigottita. Io non ero egoista, o forse si?

<< Vado. >> dissi, e mi diressi ai cavalli.

Dopo un'oretta mio padre fece ritorno, e ci riunì tutti.

<< Io domani devo partire, tornerò la sera, se non avrò il Vento contro>> mai come in quel momento, quella frase, usata come modo di dire, aveva un senso per lui.

<< Altrimenti dovrei tornare il giorno dopo. Se non mi vedete arrivare dopo questo tempo, voglio che prendete l'indispensabile e vi mettete in viaggio. >>

<< In viaggio? Ma perché? Dove devi andare? Che succede? >> chiedemmo tutti, eccetto mia madre.

<< Ora non ho il tempo per spiegarvelo, ubbidite a vostra madre, e siate sempre forti. >>

<< Questo suona come un addio. >> disse Teresa, con un tono tra il piatto e l'accusatorio.

<< No, quale addio! >> disse mio padre ridendo, cercando di rassicurarci, ma si vedeva benissimo che qualcosa non andava.

<< É per la casa, vero? >> chiesi io,<> dissi io, colta dall'illuminazione.

<< Non vi nego che riguarda la casa. Ma non vi preoccupate, farò ritorno, e non cambierà nulla. >> disse mio padre

Il resto della giornata volò via. Avevo molto lavoro arretrato con i cavalli. "L'indispensabile, cos'è l'indispensabile? Quale di questi cavalli è indispensabile?" pensavo, mentre strigliavo un poni grigio.


Nel frattempo mio padre stava preparando una borsa, in pelle, dove mettere dentro alcune cose. Si sarebbe portato del cibo, un po' di pane, formaggio, e carne, una tunica per cambiarsi e nient'altro. Avrebbe fatto ritorno presto, continuava a ripetere a sua moglie. Avrebbe visto la casa e sarebbe tornato, nient'altro, poi avrebbero deciso insieme il da farsi.


NEL PROSSIMO CAPITOLO:
Si nascose dietro gli alberi, allo stesso modo di Serin e di me, allo stesso modo strisciò, allo stesso modo ebbe paura prima di affacciarsi alla finestra e di vedere che non c'era nessuno. Almeno quella sera sarebbe tornato a casa. Poi avrebbero affrontato ogni cosa insieme. ~
Aprì la porta e si guardò intorno. Non c'era nulla che facesse pensare a qualcuno che vivesse lì. Uscì dalla casa, mangio un pezzo di formaggio e si decise a tornare indietro. Sarebbero dovuti partire, il prima possibile. Riprese il sentiero, ancora una volta percorse quella stretta stradina costeggiata dagli alberi. Poi sentì un rumore. Si fermò di colpo. Il cuore iniziò a battere forte, i nervi a fior di pelle. Afferrò il coltello, e si mise in attesa.






   
 
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