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Autore: sofimblack    20/04/2017    0 recensioni
Dal II capitolo:
«Vuoi una caramella?»
Lui la guardò con attenzione ancora maggiore. Non si erano mai presentati, non si conoscevano, eppure lei non si era presentata né gli aveva chiesto il suo nome. No, lei gli aveva sorriso offrendogli una caramella. Una caramella. Anche lei studiava le persone, non si era sbagliato, ma aveva l’impressione che i loro studi si muovessero su due piani diversi.
[...]Quando però lei gliela porse, e lui allungò la mano per prenderla, accaddero due cose contemporaneamente.
Si sfiorarono appena, e una lieve scossa attraversò entrambi... probabilmente pure questo è un cliché, eppure tramite quel tocco leggero presero effettivamente la scossa, era decisamente così, non ci si poteva sbagliare.
La seconda cosa fece invece cadere Rae nello sgomento. L’atmosfera, da tranquilla e rilassata, si era fatta per lei tesissima. Una sensazione terribile, sconvolgente e in qualche modo triste la attraversò, velandole per un momento gli occhi di panico. 5 novembre, 5 novembre, 5 novembre.

Cosa sarebbe potuto accadere se Rae, una ragazza molto "intuitiva" e dal passato difficile, avesse incontrato Elle durante il caso Kira? Forse il finale sarebbe stato diverso...
Beh, spero di avervi sufficientemente incuriositi! Buona lettura ^^
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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PREMESSA: Hello my dears! Chiedo scusa in anticipo, probabilmente la prima parte di questo capitolo sarà un po’ pesante… d’altronde ci sono degli episodi in Death Note che non posso ignorare o tralasciare perché mi sono utili alla trama, perciò devo riproporveli (tentando di alleggerirli il più possibile). Spero che questo non vi faccia desistere dal proseguire la lettura! ^^ Ho messo anche una specie di recap tra parentesi quadre, se però vi ricordate tutto potete semplicemente saltarle!
ps. Questi avvenimenti sono in DN 3, cap.23, “Corsa” e cap.24, “Scudo”.
Love ~ 

sofimblack

 

XI
Il secondo Kira

 

18 Aprile


R

 

Era tardo pomeriggio e Rae aveva deciso di uscire a farsi una passeggiata e, magari, a procacciarsi la cena. Si fermò in un ristorantino tipico, nel quale entrò togliendosi le scarpe. Per un istante pensò che il Giappone fosse il luogo ideale per Elle, visto che se ne andava in giro sempre scalzo... chissà perché la cosa la fece ridacchiare tra sé. La fecero accomodare ad un tavolino basso con al centro una piastra bollente e lei, dopo essersi seduta su un cuscino, ordinò circa quattro portate tra frittatine, verdure e carne. Adesso che il problema dei soldi era risolto poteva concedersi qualche lusso di tanto in tanto… Certo, aveva il sospetto che - se solo l’avesse chiesto - Watari le avrebbe fatto recapitare la cena più buona della sua vita, o magari uno chef in persona pronto a cucinare per lei tutti i giorni, ma a Rae non piaceva granché sentirsi in debito verso gli altri. Era estremamente orgogliosa e con un forte senso di indipendenza, quindi anche soltanto il fatto di vivere in quell’appartamento le creava un po’ di disagio. Capiva però che al momento era la soluzione migliore e soprattutto che Elle, dispotico e maniaco del controllo come era, non le avrebbe mai permesso di farle fare come le pareva, perciò si era rassegnata a convivere con quella situazione per lei insolita, cercando per una volta di non intestardirsi. Inoltre lui sapeva essere davvero irritante, perciò nella sua testa tentava di considerare il tutto come una sorta di “risarcimento danni”. Sospirò, inghiottendo con gusto un boccone di carne e guardandosi attorno, come sempre. Nel ristorante non c’era molta gente: un paio di coppie di mezza età, qualche mangiatore solitario come lei ed una tavolata di sei ragazzi, dalla quale ogni tanto le giungeva qualche risata. Doveva essere un locale a conduzione familiare, almeno a giudicare dalla giovane età della cameriera e dal signore brizzolato dietro la cassa, anche se le era sempre difficile formulare ipotesi del genere quando si parlava di giapponesi. L’unica pecca del luogo consisteva nell’enorme televisione attaccata alla parete, che trasmetteva programmi ai quali non fece neppure caso. Tendenzialmente odiava i posti dove c’era la TV: se si era in compagnia magari ci si distraeva, perdendo il senso di mangiare insieme ad altre persone; se si era da soli rubava tempo ad attività a lei più congeniali, ad esempio lo studio delle persone attorno a lei oppure la lettura di un libro. Quella sera si era portata dietro 1984, consumato da quante volte lo aveva riletto, uno dei pochi libri che aveva avuto modo di portarsi dietro dall’Inghilterra. Gli altri riposavano in qualche scatolone nella casa di famiglia, dove li aveva messi il giorno del funerale di suo padre. Stava dunque mangiando e leggendo, cercando di ignorare il blaterare sintetico della televisione, quando qualcosa la distolse da queste due nobili attività: il silenzio. Prolungato, irreale. Tutti stavano guardando la TV, ascoltando un presentatore che parlava. Alcuni tizi si accasciarono, immobili. Poi sullo schermo comparve una scritta, accolta da un silenzio irreale e seguita da un gran frastuono. “Kira”. Cosa stava succedendo?

Una voce distorta iniziò a dire qualcosa; purtroppo non era ancora così fluente col giapponese da afferrare ogni parola, ma vedere quelle morti in diretta non avrebbe potuto farle arrivare il messaggio più chiaramente di così. Gli altri avventori osservavano la TV ipnotizzati e colmi di sgomento, mentre Kira continuava a parlare. Eppure, c’era qualcosa che non tornava. Non sapeva dire che diamine fosse ma… le pareva di avere la soluzione ad un soffio e di non riuscire ad afferrarla. Cosa cavolo…?

 

L

 

Cosa cavolo…? La sua attenzione era totalmente catturata dallo schermo. C’era qualcosa di profondamente sbagliato. 

Kira seguiva una linea di pensiero ben precisa, e voleva che la gente ne fosse al corrente: in una sorta di distorto senso della giustizia lui puniva i “cattivi”, i delinquenti o chiunque tentasse di mettergli i bastoni tra le ruote. Non avrebbe mai ucciso qualcuno a caso per puro spirito dimostrativo, era assolutamente contro i suoi principi… perciò, che stava accadendo?

«Hanno detto che Kira avrebbe mandato un messaggio rivolto a tutto il mondo. Dobbiamo assolutamente fermare la trasmissione prima che ciò accada!»

Gli altri della squadra provarono a chiamare la Sakura TV, invano.

«Merda. Vado sul posto e li fermo io!»

Nessuno fece in tempo a trattenerlo; Ukita era già corso via, determinato ad interrompere quella follia. Kira iniziò a parlare.

«Signore e signori, ascoltatemi bene. Non ho alcuna intenzione di uccidere persone innocenti. Io odio il male e amo la giustizia. Non considero la polizia mia nemica, ma mia alleata…»

Bastardo. Elle si sentiva totalmente impotente, mentre quelle parole venivano pronunciate dalla voce distorta di questo Kira, in una sorta di imitazione di pessimo gusto dei suoi messaggi. Non poté fare altro se non assistere al momentaneo trionfo del suo avversario, le cui parole ed idee distorte continuavano ad uscire dalla televisione. Nel frattempo teneva d’occhio il telegiornale; in quel momento stavano mandando in onda delle immagini in diretta della sede della Sakura TV. Un momento. C’era qualcosa davanti alle porte… o meglio, qualcuno…

Fu come se un blocco di ghiaccio gli fosse piombato improvvisamente nello stomaco. 

Ukita.

Sdraiato a terra, la pistola ancora in mano.

Era morto. 

No, non era possibile… com’era potuto accadere? Non c’erano segni di lotta o di sangue… quello era sicuramente opera di Kira. Eppure come era riuscito ad ucciderlo? Non poteva sapere il suo nome… Elle ci mise meno di mezzo secondo a realizzare il passaggio logico successivo. Kira poteva uccidere anche senza conoscere il nome, soltanto vedendo il volto. Il pensiero lo fece rabbrividire. Forse si era sbagliato ed aveva sempre potuto farlo? No, quell’ipotesi era da scartare, altrimenti Yagami l’avrebbe già fatto fuori. Ma se a tutto ciò aggiungeva la stranezza delle morti che già lo aveva insospettito… era inevitabile dedurre che ci fosse un secondo Kira. Il vero Kira quando uccideva lo faceva seguendo una sorta di morale distorta, non ammazzava a caso. Questo invece no, era come una mina vagante, molto più pericoloso ma, probabilmente, anche molto più stupido. Molto più facile da incastrare. Inoltre le vittime questa volta erano personaggi dello spettacolo secondari, il tipo di persone che tutt’al più compaiono sulle riviste per ragazzine… non riusciva ad immaginarsi Light Yagami leggere cose del genere. In realtà non riusciva ad immaginarsi Yagami fare niente del genere… probabilmente era furioso. E probabilmente, se la pista del secondo Kira era esatta, avrebbe sicuramente voluto trovarlo. Aveva elaborato tutti quei pensieri in pochi secondi mentre Aizawa, sconvolto, si precipitava verso la porta. Lo fermò. Non poteva permettere la morte di qualcun altro. Basta, doveva assolutamente fermare quella follia.

 

[Soichiro Yagami irrompe nella Sakura TV con un furgone blindato, interrompendo il messaggio di Kira. Elle chiama il capo della polizia per procurare una via d’uscita sicura a Soichiro, che poi lo raggiunge al Quartier Generale. Gli consegna la busta con le varie cassette contenenti le altre registrazioni. Kira aveva chiesto che Elle venisse consegnato e perciò, dopo aver analizzato le altre registrazioni, la polizia comunica la propria risposta negativa e manda in onda il messaggio che Kira aveva detto di trasmettere in tal caso.]

 

 

 

 

«Uno degli agenti che collaborano con me è morto.»

Il suo tono di voce era freddo, quasi distaccato, ma Rae riusciva a leggergli negli occhi un turbamento nuovo, mischiato ad una feroce determinazione. Dalla porta finestra che dava sul balcone faceva mostra di sé una tiepida giornata primaverile, ma nessuno dei due ci stava facendo particolarmente caso.

«È stato ucciso perché ha mostrato il volto… eppure Kira non poteva certo conoscere il suo nome, inoltre ha agito in un modo eccessivamente diverso dal solito. Per questo motivo sospetto che si tratti di un secondo Kira, con poteri diversi e più pericolosi, e che Yagami sia interessato a lui. Dunque lo includerò ufficialmente nel caso Kira: devo controllare le sue mosse ed impedire che si metta in contatto col secondo Kira. »

Disse tutto ciò quasi con indifferenza, eppure Rae non si lasciò ingannare nemmeno per un momento: riusciva ad indovinare la tempesta che si nascondeva dentro di lui. Non disse nulla, intuiva che lui avrebbe odiato se lei gli avesse chiesto qualcosa. Comunque sia con le sue deduzioni si era rivelato ingegnoso e astuto - come sempre del resto; poter assistere ai passaggi logici della mente di Elle e alle soluzioni che tirava fuori era davvero affascinante… un secondo Kira. Non era ovvio? Un campanello le risuonò in testa, andando a sistemare un ulteriore tassello: lei sapeva chi era il secondo Kira. Misa Amane. Semplice, tornava tutto. Probabilmente il suo volto rispecchiava fin troppo bene quello che le stava passando per la testa perché Elle si soffermò ad osservarla, evidentemente incuriosito.

«Ti fa sorridere il fatto che ci sia un secondo Kira? O che una persona sia morta?» chiese tagliente mormorando tra sé, quasi sovrappensiero. Lei stava quasi per ribattere, indignata per quell’accusa di superficialità, ma poi lui si contraddisse da solo quasi immediatamente: «No, non è questo, tu non sei fatta così. Deduco che abbia a che fare con una delle tue premonizioni.»

Possibile che riuscisse a farla sentire ogni volta come una bambina colta in flagrante mentre cerca di rubare le caramelle? Lei non rispose, ritenendola la mossa più saggia: quando apriva bocca rischiava di lasciarsi sfuggire qualcosa di apparentemente insignificante, ma sicuramente più che sufficiente per la mente agile di Elle.

«Iniziano ad essere molte le cose che non vuoi dirmi. Lo trovo decisamente irritante. Ci sono volte in cui vorrei aprire la testa della gente per guardarci dentro, per capire…»

«Lo fai fin troppo spesso sai? Inoltre è quasi imbarazzante il tuo totale disinteresse per la privacy delle persone.»

Rae quasi sbuffò, pensando alle sue manie di controllo e a come lui invece non si sbottonasse mai su niente. Lui invece fece un sorrisetto, ricacciando i pensieri pesanti da qualche parte dentro di sé.

«Asseconderò questa tua voglia di cambiare argomento osservando che non ti sei lamentata delle telecamere in alcun modo.»

Perché cavolo le era sembrato che ci fosse qualcosa di malizioso nella sua voce? Se lo era immaginato, di sicuro.

«Se serve a farti fidare di me mi sta bene… alla fine sono io che sono venuta a cercarti. Inoltre penso che quello che faccio non sia così interessante da essere oggetto di osservazione continua da parte tua. E - cosa più importante - so che hai avuto almeno la decenza di non metterne in bagno» concluse, in parte scherzando ed in parte no.

«In realtà ti sorprenderebbe sapere quanto tu sia un soggetto affascinante da studiare.»

Rae arrossì. E questo cosa cavolo significava? Quel commento così diretto l’aveva messa in imbarazzo, anche se probabilmente avrebbe dovuto sentirsi invece offesa o indignata. Era diventata forse una cavia da laboratorio? Eppure non riuscì a prendersela, iniziava capire il modo di vedere le cose che aveva Elle e sapeva che la stava solo provocando. Per quanto probabilmente pensasse veramente quello che aveva detto, quel ragazzo aveva una faccia tosta non indifferente. A quel punto lei avrebbe volentieri tagliato la corda - stava quasi per farlo - ma poi realizzò che erano nel suo appartamento… dove credeva di poter andare? Quasi leggendole per davvero nel pensiero fu Elle ad alzarsi, infilandosi le scarpe consumate. 

«Dal momento che non vuoi dirmi niente è inutile che io resti qua. Devo tornare al Quartier Generale per portare avanti le indagini.»

Che strano, sicuramente lui sapeva già dal principio che lei non gli avrebbe detto niente, allora perché era venuto lo stesso, se quello era lo scopo della sua visita?

«Allora… ciao.»

Lui se ne andò chiudendo la porta dietro di sé, senza salutare, come sempre.

 

Quasi se lo aspettava quando era andata a dormire. Il suo sogno era cambiato, facendosi più confuso di quelli precedenti: era sul tetto di un grattacielo, ai suoi piedi però non c’era una città, solo un campo di grano immenso. Sembrava un mare dorato, increspato dal vento che formava delle onde pigre. Piano piano il grano iniziò a crescere, come fosse stato veramente un oceano pronto ad inghiottirla, le onde di grano sempre più alte. Fu colta da un senso di panico e per istinto si raggomitolò su se stessa, mentre le onde superavano il grattacielo. Quando aprì gli occhi, tutto era bianco. Per terra il quaderno nero, quello che l’aveva ossessionata per settimane. Cosa ci faceva lì? Come guidata da una forza esterna si alzò, raccolse il quaderno da terra e se lo mise al petto. Davanti a lei comparve uno specchio e così si vide lì, in piedi, stretta al quaderno. Gli occhi rossi.




Ciao a tutti ^^ Come state? Non so voi, ma io credo di essere diventata in questi giorni una palletta semovente di cibo... ghghgh.
Comunque sia vi chiedo umilmente scusa, giovedì non ho pubblicato nulla T_T ...ho avuto problemi organizzativi/personali e non ho potuto aggiornare ma tranquilli, da questa settimana si riparte come sempre :)
In realtà tutto quello che dovevo dire l'ho messo nella premessa quindi niente, ringrazio as always tutti voi che mi leggete... grazie, davvero <3

sofimblack

 

  
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