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Autore: Rohhh    20/04/2017    1 recensioni
La ventunenne Ashley, dopo essere stata cacciata via da casa da sua madre ed essersi ritrovata completamente sola in una città a lei sconosciuta, ha riscoperto la serenità che cercava nel suo nuovo gruppo di amici, conosciuto grazie al fortunato incontro con Terence, un ragazzo gentile e premuroso e sua sorella minore Michelle, che le ha offerto una stanza nell'appartamento che condivide con altre tre ragazze. Con un lavoro che le permette di mantenersi gli studi che ha sempre desiderato e la vicinanza delle amiche, tutto sembra procedere liscio per Ashley, ma il ricordo del suo triste passato arriva spesso a tormentarla e l'unico che misteriosamente riesce a darle sollievo da quei pensieri è Matt, un ragazzo odiato dai suoi nuovi amici per motivi non ben chiari e considerato da loro come un vero e proprio nemico da cui stare alla larga. Ashley, nonostante sia conscia della fama del ragazzo nel suo gruppo, in un momento di disperazione e debolezza, finisce per cedere e commettere con lui un errore che la perseguiterà e che presto finirà per pagare caro.
Ma, forse, non tutto ciò che sembra perduto per sempre lo è davvero...
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Ciao a tutte!
Spero di non avervi fatto aspettare troppo ma purtroppo sono incasinatissima in questo periodo! 
Vi lascio al capitolo ( un po' lunghetto, scusate!!!) e spero tanto che vi piaccia.
Un grazie sempre a chi mi segue e un bacione!


Cap. 10 Verità

 

Ashley continuava a fissare Matt mentre, con una lentezza esasperante, andava avanti a fumare ormai da minuti, arrampicato sul davanzale della finestra, come se facesse di tutto per ritardare il momento delle spiegazioni.

La mano che si avvicinava alla bocca, gli angoli delle sue labbra che, per conformazione naturale, si piegavano leggermente verso l'alto, conferendogli quell'aria quasi perennemente sfacciata, il fumo che si liberava, dividendosi in forme sinuose sempre diverse, all'inizio tutti quei movimenti che si ripetevano sempre uguali l'avevano come ipnotizzata, facendola quasi rilassare, ma alla lunga avevano sortito l'effetto contrario ed Ashley sbuffò e accavallò una gamba, cominciando a muoverla nervosamente e rivelando tutta la sua irrequietezza.

«Non abbiamo tutta la nottata» gli ricordò in maniera brusca, riportandolo alla realtà.

Si aspettava una delle sue solite risposte sfottenti o un ghigno irriverente e invece Matt si voltò verso di lei, con sul viso l'espressione più nostalgica che gli avesse mai visto fare.

Ashley guardò i suoi occhi e si chiese come facesse la tristezza ad apparire così bella.

«Scusami, per spiegarti tutto devo andare indietro nei ricordi e di solito evito di farlo, mi ci perdo sempre quando succede ed è...seccante» le spiegò con calma e un sorriso incerto, e di colpo le parve di intravedere un altro Matt, quello più fragile che si nascondeva dietro il suo atteggiamento indifferente e sfrontato.

Ashley dischiuse le labbra per la sorpresa, poi abbassò gli occhi.

«Già, conosco la sensazione» mormorò a bassa voce, facendosi cupa: farsi prendere in ostaggio dal suo passato era la sua specialità, in fondo.

Matt spense la sigaretta e, con un agile salto, scese giù dalla finestra e si appoggiò con la schiena al muro e le braccia incrociate dietro la nuca.

«Devo partire proprio dall'inizio, da tanti anni fa» disse poco dopo, lanciando uno sguardo veloce ad Ashley, che fremeva sopra quella sedia come se fosse fatta di spine.

«Tanti?» domandò lei, impaziente e desiderosa di scoprire finalmente la verità.

«Diciotto – proferì Matt con gli occhi fissi nel vuoto, poi emise il suono strozzato di una risata – cazzo, è incredibile come sia passato il tempo! Già diciotto anni! Questa cosa mi fa sentire vecchio decrepito!» scherzò, con una punta di amarezza. Anche se non perdeva la sua innata ironia, Ashley capì che Matt si stava addentrando in un territorio che doveva turbarlo e che non aveva ancora imparato a percorrere senza rischi.

«Diciotto anni fa avevo solo tre anni» dichiarò lei, dopo aver fatto un rapido calcolo, rendendosi conto di quanto fossero ormai lontani quei bei tempi.

«Io e Terence ne avevamo sei ed è stato in quel periodo che ci siamo conosciuti – continuò Matt, stuzzicando la curiosità della rossa, che non immaginava di certo che la loro amicizia risalisse addirittura a quella tenera età – le nostre famiglie si frequentavano, appartenevano alla stessa sofisticata elite della città e non erano rare le occasioni mondane in cui si incontravano; feste di beneficienza, grandi galà lussuosi, inaugurazioni, cene formali, era un mondo perfetto e dorato che in realtà nascondeva molta falsità e ipocrisia – specificò con voce dura, persino i lineamenti del suo viso si erano trasformati e fatti più tesi - ma noi eravamo solo dei bambini e a quell'età ci importava solo di giocare e divertirci, i discorsi di affari, le responsabilità, i doveri, erano solo lo sfondo confuso delle nostre scorribande. Ricordo che ci piaceva nasconderci dietro le tende o sotto le lunghe tovaglie dei tavoli per isolarci da quel mondo, spiarlo e deriderlo finchè qualcuno dei nostri genitori non ci scopriva e rovinava le nostre avventure, tirandoci per le orecchie.»

Matt sorrise nel rivedere passare quelle scene felici nella sua mente ed Ashley si sforzò con molta fatica di immaginare che le due piccole pesti di quel racconto fossero gli stessi ragazzi che adesso nemmeno si parlavano più, così diversi e distanti tra loro;

«Non riesco proprio a figurarmi tu...e Terence che giocate insieme da bambini» balbettò, con l'espressione stranita e confusa e un mezzo sorriso sulle labbra, nell'immaginarseli piccoli e carini, mentre sghignazzavano tramando il prossimo danno da mettere all'opera.

«Eppure era così! Certo, tra i due sono sempre stato io il più ribelle ma Terence si lasciava coinvolgere facilmente nelle mie marachelle, in fondo piaceva anche a lui. Siamo cresciuti insieme, stesse scuole, stessi corsi, stessi amici, eravamo inseparabili» mormorò a bassa voce, un po' insicuro, quasi incredulo delle sue stesse parole che adesso suonavano così assurde.

Inseparabili non lo erano stati, alla fine.

«E poi? - incalzò Ashley, spinta dall'impazienza di sapere – alla fine che cosa è successo? Perchè vi siete ridotti così...come siete adesso»

«Semplicemente siamo cresciuti» disse serio, puntando i suoi occhi gelidi sopra Ashley, che però aggrottò i suoi, insoddisfatta da quella risposta troppo sintetica. Quell'odio profondo di certo richiedeva più di tre semplici parole per essere spiegato.

Per sua fortuna Matt intuì la sua tacita richiesta di più dettagli, ovviamente, e così andò avanti, sebbene rivangare certi momenti gli facesse bruciare ancora troppe ferite.

«Da piccoli non si comprendono molti dei meccanismi che condizionano la vita degli adulti, si è spensierati, c'è solo la scuola, uscire a giocare con gli amici, fare casino, non ci si sente ancora addosso il peso delle aspettative della propria famiglia» continuò, ma dopo quell'ultima affermazione si bloccò, il suo visò si rabbuiò talmente tanto che Ashley capì che il ragazzo aveva toccato una corda delicata della sua storia.

D'improvviso altre domande si fecero strada nella sua testa: se Matt proveniva come Terence e Michelle da una famiglia facoltosa e in vista, come mai conduceva una vita totalmente diversa da quelle dei due fratelli? Che fine avevano fatto i suoi genitori e perché a lei aveva detto di non avere più una casa?

«I tempi in cui ce ne fregavamo degli adulti e pensavamo solo a combinare qualche scherzo passarono presto e con la fine dell'infanzia ci accorgemmo di essere cambiati anche noi. Man mano che gli anni trascorrevano, la nostra spensieratezza ci abbandonava e le differenze tra noi cominciarono ad emergere. – disse, stringendo forte i pugni, poi prese fiato e alzò lo sguardo al soffitto - Terence cominciò presto a pensare al suo futuro, incoraggiato dalle promesse dei suoi genitori. A lui non dispiaceva quella realtà, amava la sua famiglia ed era orgoglioso di poter fare parte del loro mondo, e così anche sua sorella. Mi parlava spesso con fierezza dei progetti che suo padre aveva per lui e di come si sarebbe impegnato per diventare, un giorno, il suo degno erede. Avevamo 12 anni, era passato solo qualche anno da quando ci rincorrevamo lungo i corridoi delle nostre enormi case, eppure tra di noi c'era ormai un baratro.» concluse, con gli occhi persi nel vuoto e velati da un vago sentimento di tristezza.

Ashley, inchiodata su quella sedia, sentiva il suo corpo fremere così tanto che rimanere seduta le stava costando uno sforzo notevole. Le sue ginocchia tremavano e le mani avevano cominciato a sudarle mentre le dita si aggrovigliavano tra loro. Non sapeva perché stava reagendo in quel modo, nè per quale motivo le sembrava di riuscire a sentire le emozioni di Matt scorrere nelle sue stesse vene, come se le loro anime fossero comunicanti.

Era empatia, o forse uno strano sesto senso che voleva comunicarle che, alla fine di quella lunga e sofferta conversazione, sarebbe venuta a conoscenza di una verità che avrebbe cambiato per sempre il rapporto tra lei e il ragazzo che aveva di fronte.

Era davvero buffo, era venuta in quel posto per conoscere il motivo che aveva generato l'odio profondo tra i suoi amici e Matt, e adesso quasi non le importava più.

In quel momento quello che cominciava a premerle davvero era il passato che si celava dietro Matt e dietro quella famiglia, di cui continuava a parlare come se appartenesse ormai a un tempo troppo lontano.

«E tu, invece? A te non piaceva quel mondo?» domandò, tradendo il suo nervosismo, senza riuscire più a trattenersi ma vincendo l'impulso di scattare in piedi e avvicinarsi al biondo.

Matt inarcò un sopracciglio e la osservò con una punta di curiosità: quella domanda non se l'aspettava, Ashley aveva di colpo spostato la sua attenzione da Terence a lui e per di più adesso aveva l'aria di chi non riuscisse a stare ferma sopra quella sedia, presa dall'impazienza di sapere.

«No, io non riuscivo a trovarmi a mio agio dentro la vita che conducevano i miei genitori; tutti quei riflettori, i sorrisi falsi, le etichette e i doveri sociali, erano tutte cose che non sopportavo e che mi facevano sentire intrappolato, imposizioni che mi stavano sempre più strette – le rispose, piegando la testa verso destra e appoggiandola al muro – per questo non riuscivamo più a capirci io e Terence, lui non comprendeva perché fossi così insofferente, perché mi ostinassi a trasgredire alle regole imposte dai miei a costo di ricevere ceffoni e punizioni continue, e io non mi capacitavo che lui si trovasse bene in quell'ambiente, in mezzo a quei cazzo di ipocriti in giacca e cravatta!» esclamò Matt con rabbia, poi portò lo sguardo verso Ashley, che sussultò, sentendosi ad un passo dal conoscere il perché di tutte quelle strane sensazioni familiari che provava da quando aveva incontrato gli occhi sconosciuti di quel ragazzo.

«La tua famiglia, i tuoi genitori – azzardò Ashley, invasa da un'adrenalina mai provata prima – l'avevano capito?»

Matt accennò una risata amara, poi annuì col capo, lasciando che alcuni cuffi di capelli gli coprissero per intero la fronte.

«Certo che lo sapevano, per un periodo li ho sfidati di continuo, mi recavo a quelle stupide cene in condizioni impresentabili, disubbidivo a quasi tutti i loro ordini, ero sfrontato e distaccato, cercavo di attirare la loro attenzione, anche se in maniera sbagliata, ma era inutile. Tenevano piú all' immagine sociale e a mantenere pulita la loro reputazione che a conoscere i desideri di un figlio, hanno sempre fatto così» le spiegò Matt, Ashley provò l'istinto di correre da lui e buttargli le braccia al collo, senza nemmeno sapere se avrebbe funzionato a togliergli dalla faccia quell'aria insopportabilmente mesta che troppo spesso aveva visto sul suo stesso viso, quando si guardava allo specchio.

Solo allora capì cosa aveva inteso dirle Matt quando, le prime volte che si erano incrociati fuori, le aveva fatto notare quanto conoscesse bene l'espressione del suo volto.

Guardare Matt era come guardare dentro uno specchio e riconoscersi in quel riflesso, e forse trovò una risposta a quell'irrazionale forza che le impediva di lasciarlo andare e liberarsene.

«E adesso? É ancora così?» chiese Ashley con la voce spezzata, senza nemmeno accorgersi di essere balzata giù dalla sedia e averlo raggiunto, con pochi passi veloci.

Matt sgranò un poco gli occhi, perplesso nel trovarsela all'improvviso così vicina, poi li addolcì, facendoli scorrere sulla figura tremante della rossa.

«Non c'è nessun adesso, Ashley» fu la sua risposta, secca ed enigmatica, mentre una mano si posò delicatamente sulla guancia della ragazza e la accarezzò con dolcezza, facendole diventare le gambe molli come gelatina.

«Cosa? Che significa?» continuò a domandargli, arretrando di un passo, terrorizzata di sentire una risposta capace di farle riprovare il suo stesso solito dolore.

«Non ti interessava solo sapere perché i tuoi amichetti non mi sopportano?» chiese lui a sua volta, allungando la sua agonia.

Ashley scosse la testa con violenza «Mi importa anche di te!» ribattè con sicurezza e con gli occhi leggermente lucidi, senza curarsi di scoprire così tanto i suoi sentimenti, libera da ogni freno che di solito si imponeva quando era con lui.

Matt sorrise, Ashley in quel momento gli appariva nella sua forma più genuina, senza scudi o barriere, una creatura fragile che non si era ancora resa conto di quanta forza possedesse, la stessa che l'aveva spinta fin dove era ora e che le stava permettendo di riappropriarsi di una vita e di un'identità che le era stata strappata.

Percepì il suo bisogno di sfogarsi tramite lui, di tirare fuori un dolore che ancora non aveva mai ammesso a voce alta e sentì a sua volta la necessità di raccontarle quella parte così intima e personale della vita che solo pochissimi altri avevano mai ascoltato.

Alla verità però bisognava arrivarci gradualmente e non di getto, come uno schiaffo in pieno viso.

«Al liceo decisi di provare a cambiare atteggiamento, speravo che se avessi cercato di rispettarli e di essere il figlio che desideravano, alla fine avrebbero accettato ciò che ero e ciò che avrei voluto essere in futuro. Smisi di essere ribelle, ricominciai a studiare e a prendere voti alti, frequentai gli ambienti che loro approvavano e tutto sembrò migliorare. Mi convinsi che mi amavano davvero e ci ho creduto per molto tempo. Soffrivo in silenzio e quando potevo ne approfittavo per uscire e stare all'aria aperta, perché quando mi trovavo fuori da quelle mura asfissianti, mi sentivo davvero libero, me stesso. Fu in quel periodo che cominciai ad appassionarmi alla fotografia, immortalare i momenti, fissare per sempre un'immagine irripetibile dentro il mio obiettivo, mi faceva sentire vivo, cancellava ogni mia sofferenza e mi dava una energia nuova, quella che mi era mancata da quando avevo deciso di assecondare apaticamente i miei e trascurare le mie aspirazioni» proseguì Matt nel suo dettagliato racconto, mentre Ashley lo guardò sorridendo, adesso quel quadro sfocato stava cominciando ad acquisire dei contorni più nitidi e anche le parole dei suoi amici le sembrarono più comprensibili. Matt aveva rinunciato a occuparsi dell'attività di famiglia per seguire la sua passione, ormai era piuttosto evidente.

«Lo so, si vede che ami il lavoro che fai e ti ammiro per questo. Ti ho visto l'altro giorno in spiaggia e...beh, avevi un entusiasmo e una dedizione così profondi, che trasparivano da ogni tuo gesto. Io credo che valga sempre la pena seguire i propri sogni» dichiarò timidamente, immedesimandosi in lui. Non aveva mai avuto la possibilità di scegliere la propria strada e adesso stava lottando per quello, per fare ciò che più la rendeva felice e soddisfatta e, iscriversi all'università per studiare ciò che amava, era stato il primo passo.

«Già, e tu lo stai facendo?» le chiese, invitandola a mettersi di fianco a lui, con la schiena poggiata sul muro.

«Adesso sì, ci sto provando, spero non sia troppo tardi» gli confessò, leggermente in imbarazzo.

Matt le carezzò un braccio per farle sentire il suo appoggio. «Tranquilla, sei in perfetto orario e sono sicuro che riuscirai in qualunque cosa vorrai, basta crederci» la incoraggiò, facendole accendere gli occhi di una scintilla di positività.

«Solo che non è sempre facile, a volte è una strada tutta in salita e che comporta molte rinunce – riprese a parlare subito dopo, assumendo un tono molto più scuro, poi sospirò – quando comunicai ai miei la decisione di voler seguire la mia passione e diventare fotografo la presero come un tradimento. Mio padre fece una scenata assurda che ho ancora impressa in mente, mi disse che sarei stato solo un fallito, che ero ingrato per tutti i sacrifici che loro avevano fatto per farmi crescere e studiare e per assicurarmi un futuro. Mi sono sentito uno schifo, una nullità perché, per quanto avessi pensato di poter essere forte, in realtà avevo bisogno di credere che loro mi amassero e che mi avrebbero appoggiato. - la voce di Matt si fece roca mentre gli occhi di Ashley colmi di lacrime, visto che aveva vissuto con sua madre una scena molto simile quando le aveva comunicato di non volere fare giurisprudenza come il suo ex - L'unica strada possibile per me era gestire l'impresa di famiglia insieme a mio fratello, un'attività che si tramandavano di padre in figlio da generazioni e che per loro significava di più della mia felicità.» Matt si fermò un attimo, si accorse delle lacrime negli occhi di Ashley e pensò che forse il suo racconto le suscitava ricordi troppo insopportabili.

«Ehi, forse è meglio che io la smetta, non voglio certo farti stare male con le mie lagne» le sussurrò dolcemente, sollevandole il viso con una mano per portarlo alla sua altezza.

«No! - esclamò Ashley, afferrandogli il polso con forza per poi allentare la presa e renderla lieve come una carezza – continua, ti prego - lo implorò, abbassando il volume della voce – hai detto che hai un fratello?» domandò quindi, sforzandosi di cacciare indietro le lacrime che premevano.

Matt annuì semplicemente.

«Si chiama Alexander ed è cinque anni più grande di me. Lui è sempre stato un figlio modello, il vanto della mia famiglia agli occhi degli altri, e mia madre non perdeva mai occasione per paragonarmi a lui e sminuirmi. Qualunque cosa facessi, secondo lei mio fratello la faceva meglio. Per fortuna lui non si è comportato mai da stronzo con me ma tentava spesso di farmi mettere la testa a posto, di convincermi che non sarebbe stato poi così male continuare l'attività di famiglia con lui. E io invece la odiavo e non riuscivo a capire cosa ci fosse di tanto sbagliato nel voler fare altro nella vita. Mi sentivo in una fottuta prigione!» spiegò Matt, poi si accese un'altra sigaretta, inevitabile dopo tutte le emozioni negative che stava rivivendo. Ashley approfittò di quel momento di pausa per osservarlo mesta e con un macigno piantato sul cuore.

Non avrebbe mai immaginato che dietro quella sua aria irriverente potesse celarsi un passato così deprimente e doloroso, era rimasta pietrificata nell'immaginare quanto dovesse essere stato terribile per un ragazzo così giovane non avere nessuno a confortarlo o a incoraggiare le sue scelte, sentire sulle spalle il peso delle responsabilità e i ricatti d'amore dei propri genitori, disposti a volergli bene solo se avesse seguito la strada che loro avevano scelto per lui.

Una nuvola di fumo le offuscò la vista per un attimo, interrompendo i suoi pensieri, mentre Matt blaterò qualche scusa per l'aria irrespirabile, si affrettò a spalancare la finestra e subito dopo riprese a parlare.

«Per riassumere, ero solo un ragazzino di 16 anni e mi sentivo addosso il peso del mondo intero. Lasciai la mia ragazza perché anche lei non mi appoggiava, ma non c'era da meravigliarsene; faceva parte di quell'ambiente e condivideva le ragioni dei miei genitori. Non avevo nessuno dalla mia parte e mi sentivo terribilmente solo. Con Terence eravamo ancora amici anche se molto più distanti rispetto a quando eravamo bambini. Lui studiava sodo per il suo obiettivo, cioè entrare in una prestigiosa università privata di economia, anche se a volte non gli riusciva proprio bene» disse Matt ma, prima di continuare la sua attenzione venne attratta da Ashley, che si era staccata dalla parete ed era di nuovo di fronte a lui. Gli occhi non erano più lucidi ma Matt poteva scommettere che non sarebbero rimasti così ancora per molto.

«E ce l'ha fatta, alla fine? Stai parlando dell'università che frequenta ora?» chiese la rossa, sapeva che Terence a breve si sarebbe laureato in Economia, la stessa facoltà in cui era iscritta anche Michelle.

«Sì, è proprio questo il motivo del suo odio mortale nei miei confronti» arrivò dritto al nocciolo della questione, appoggiando le braccia sul davanzale e sporgendosi un secondo a guardare distrattamente fuori dalla finestra.

«Cosa? Io non capisco...puoi spiegarti meglio?» lo pregò Ashley, con le sopracciglia aggrottate e l'aria di chi non riesce proprio a capire il nesso fra la scelta di un'università e una così forte inimicizia.

«Durante il liceo ho attraversato varie crisi, alternavo stati d'animo di speranza, in cui credevo di poter affrontare i miei genitori e convincerli ad accettare il mio interesse per la fotografia, a momenti di buio totale, in cui non ero abbastanza forte da lottare e mi comportavo da vigliacco. Ero solo un ragazzino, in fondo, e vivevo costantemente in un clima di forti aspettative e di pressione psicologica. - Matt puntò lo sguardo cristallino oltre la fine della strada, dove pochi passanti discutevano animatamente di qualcosa, poi si voltò verso Ashley - Mentre Terence aveva ben chiaro il suo futuro e tutti sapevamo da anni che avrebbe cercato di entrare in una prestigiosa università privata, quella che frequentavano molti dei membri della sua famiglia, io non avevo idea di cosa fare o, per meglio dire, non mi era permesso seguire i miei sogni. Mio padre aveva scelto per me, come per mio fratello, la stessa università di Terence. Durante l'ultimo anno avevo detto a Terence che non avrei frequentato quell'università ma poi, poco prima del diploma, in un attimo di debolezza, mi feci convincere dai miei genitori a fare i test per accedervi. Non lo volevo davvero ma in un certo senso ne ero stato costretto. Mi sentivo malissimo ma Terence non riusciva a capire l'inferno che vivevo a casa, lui era amato dai suoi genitori e i suoi desideri corrispondevano a quelli della sua famiglia e tuttora è così. Mi temeva, a scuola ero più bravo di lui e la mia decisione dell'ultimo secondo di mettermi in mezzo a qualcosa che per lui era di vitale importanza e che invece io, ai suoi occhi, prendevo come un capriccio, lo infastidì. Io lo tranquillizzavo, gli dicevo che sarebbe andata bene e che saremmo riusciti ad entrare entrambi.» disse il biondo in maniera alquanto cupa, lasciando presumere invece un finale molto diverso.

«E invece?» incalzò Ashley, ad un passo dall'avere tra le mani la soluzione a tutte le sue domande e forse la risposta che avrebbe messo a tacere o confermato i suoi sensi di colpa.

«E invece non fu così. Io ottenni un buon punteggio che mi permise di accedere, nonostante detestassi quell'università con tutte le mie forze, Terence rimase scartato. Per lui fu un duro colpo, sentì di avere deluso tutti e anche se stesso, non riusciva a vedersi in nessun altro posto che non fosse quella scuola ed entrò profondamente in crisi» aggiunse Matt ed Ashley non cambiò la sua espressione perplessa, dato che non vedeva per quale motivo Terence avesse dovuto incolpare l' ex amico del suo fallimento.

«Ma, io continuo a non capire. Che colpa potevi avere tu se il suo test era andato male?» gli chiese, cercando di cavare qualcosa da quella conversazione che si stava rivelando molto più complicata di quanto si sarebbe aspettata.

«Nessuna, infatti. É per quello che ho fatto dopo che Terence e Michelle mi schifano.»

Si faceva tutto più incomprensibile ed Ashley faticava sempre più a comprendere i meccanismi dell'alta società, di cui lei non aveva mai fatto lontanamente parte, provenendo al contrario da una famiglia umile.

«Sarebbe?» insistette.

«Ho rinunciato al mio posto. Non so cosa scattò nella mia testa in quel momento, ma mi ricordo perfettamente il ghigno di vittoria di mio padre e l'espressione compiaciuta di mia madre nel sapere che alla fine avevano vinto loro, che mi ero piegato e che la loro cazzo di reputazione era salva. Fu in quell'attimo che realizzai che stavo buttando nel cesso la mia intera vita per condannarmi a un'esistenza piatta e infelice. Era meglio morire a quel punto, no? Se fossi andato in quell'università io sarei morto comunque e me ne resi conto solo quando vidi le facce vittoriose dei miei genitori. Sentii scorrermi nelle vene il coraggio che mi era sempre mancato e così, su due piedi, li affrontai e dissi loro che io in quell'università non ci avrei messo piede, che volevo fare un corso di fotografia e dedicarmi alla mia passione. Mia madre ebbe quasi un mancamento mentre mio padre mi tirò un ceffone così forte che ancora ricordo la sensazione della mia guancia infuocata. Mi disse che se avessi deciso di intraprendere la carriera di fotografo potevo anche fare i bagagli e andarmene e che una volta uscito da quella porta per loro sarei morto. E così ho fatto, cancellando per sempre la mia famiglia, sono uscito da quella casa senza sapere più chi fossi, avevo perso le mie origini, la mia identità, tutto» mormorò Matt, abbassando lo sguardo. Anche se i suoi occhi erano asciutti e la sua voce ferma, Ashley percepì il suo enorme dolore, lo vide vacillare per la prima volta, perdere ogni sfumatura di sfrontatezza e ironia e mostrarsi per quello che era; un ragazzo che aveva dovuto affrontare una tragedia tutto da solo e che era stato obbligato a rimettere lentamente insieme i pezzi della sua vita per sopravvivere, senza nessun aiuto.

Anche lei si era sentita morta, il giorno che sua madre l'aveva rinnegata e la similitudine con la storia di Matt la fece sussultare e fu in grado di provare le sue stesse sofferenze.

«E Terence?» chiese in un soffio, con quel poco di voce che riuscì a racimolare.

«L'università lo chiamò per comunicargli che una persona aveva rinunciato e che lui avrebbe occupato quel posto di nuovo libero.» rispose lui, come fosse la cosa più elementare del mondo.

«Ma non ha senso! Dovrebbe esserti grato, anche se è stata una casualità! Perché diamine dovrebbe odiarti per questo?» sbottò Ashley, le sembrava tutto così assurdo che per un attimo le balenò in testa il sospetto che Matt la stesse prendendo in giro, anche se il suo viso era così teso e scuro da risultare fin troppo credibile e lei ormai aveva iniziato a fidarsi di lui.

Matt emise una risata asettica, poi si avvicinò come un felino ad una Ashley sempre più confusa e le poggiò le mani sulle spalle per avvicinare il viso al suo.

«Ashley, tu non capisci perché non hai mai avuto a che fare con questa merda di società altolocata, ma prova per un attimo a immedesimarti in loro, prova per un po' a ragionare in questo modo. Prova ad immaginare cosa significa sapere che tuo figlio è entrato nell'università per cui si prepara da anni solo perchè uno stronzo sbandato e fallito ha rinuciato al suo prestigioso posto per andare in giro a cercare fortuna come un accattone. - le sibilò con una fredda crudeltà – prova a pensare che questa voce cominci a circolare veloce come un lampo, diffondendosi a macchia d'olio negli ambienti che frequenti, tra gli amici della tua famiglia e i conoscenti, facendoli bisbigliare e ridacchiare non appena fai il tuo ingresso. É cambiato adesso lo scenario?» la provocò con un tono suadente e terrificante, tanto da metterle i brividi.

Ashley deglutì rumorosamente e trattenne il fiato. La voce fredda di Matt aveva rispecchiato alla perfezione la crudeltà che si nascondeva dietro la patina dorata della ricchezza, un mondo falso e pronto a pugnalarti alla prima occasione e dove sopravvivere diventava una battaglia.

Matt ne era fuggito e si era salvato, anche se a un prezzo molto alto.

«Per anni Terence è stato additato come colui che è riuscito ad entrare nell'università di famiglia solo perché io, un coglione vergogna dei propri genitori, avevo rinunciato al mio posto. Detestarmi era una conseguenza più che ovvia, ma il peggio è che Terence ha cominciato a pensare che io l'avessi fatto apposta per metterlo in cattiva luce, che avessi goduto a umiliarlo in questo modo. Mi ha rinfacciato queste accuse di persona, dicendomi che ero sempre stato solo un viziato capriccioso a cui non importava un cazzo di nessuno e che avevo deciso all'ultimo minuto di fare quel test, che in realtà non mi interessava, proprio per mettergli i bastoni tra le ruote e distruggere la sua reputazione. Il suo odio si basa su questo grande fraintendimento e su nient'altro. Più volte in passato ho cercato di fargli capire come mi ero sentito, quanto ero stato debole sotto il peso delle responsabilità e senza l'amore di una famiglia, quante pressioni avevo sopportato, credendo di impazzire e quanto era stato straziante per me prendere la decisione che aveva cambiato per sempre la mia vita e la sua, di riflesso. Non ha mai capito, era troppo sconvolto dalle voci che avevano incrinato la sua immagine e quella della sua famiglia e che lo avevano marchiato come chi non era riuscito a farcela da solo e aveva avuto bisogno degli scarti di uno sfigato. É così che è andata, che tu ci creda o no. Puoi chiederlo anche a loro ma sono più che certo che ti racconterebbero un'altra versione» concluse Matt, svelando finalmente la ragione dietro quell'assurdo odio e che adesso sembrava ancora più inspiegabile.

«Ma.. è... una cosa assurda! Non riesco davvero a credere che per un equivoco del genere, per colpa dei pettegolezzi e dell'onore, si sia arrivati a questo punto!» balbettò Ashley stordita. Era venuta lì per trovare un motivo, uno soltanto che avesse potuto mettere in cattiva luce quel ragazzo in modo da trovare una ragione per ignorarlo, cancellarlo e tornare alla sua nuova vita.

E invece aveva scoperto un ragazzo distrutto, che non solo non aveva nessuna colpa per ciò che era successo, ma in più aveva dovuto sopportare anni senza amore, pieni di incubi e pesi troppo grandi per un sedicenne.

«Eppure è proprio così. Ho perso la mia famiglia, ho perso un amico, ho perso tutto in un soffio e mi sono trovato catapultato fuori a cercare di inseguire l'unica cosa che mi teneva ancora in vita, i miei sogni.» affermò, con il volto attraversato dalla tristezza ma anche da una pacata accettazione e dalla consapevolezza di esserci riuscito dopo tanti sacrifici.

«E tuo padre, tua madre? - azzardò Ashley, con voce incerta e timorosa di fargli quella domanda – vi siete più sentiti?»

«Non li sento da quel giorno, avevano detto che potevo ritenermi morto e così è stato. Sono passati cinque anni ormai e io non ho più niente a che fare con loro, ora sono un altro Matt, sono rinato e in fondo va bene così. Ogni tanto mi capita di sentire mio fratello, ha cominciato a lavorare in azienda come voleva mio padre, si è sposato due anni fa con una ragazza di buona famiglia e da un anno hanno un bambino, mio nipote. Pensa che non l'ho mai visto.» ammise e un'ombra di amarezza gli oscurò per un istante gli occhi chiari, poi spostò lo sguardo verso Ashley, trovandola con un'espressione indecifrabile in volto, sembrava una bambola vuota e senza pensieri.

Lentamente la vide muovere alcuni passi verso di lui. Si fermò solo a qualche centimetro dal biondo, sollevò lo sguardo e avvicinò la testa fino a posarla su una spalla di Matt che, all'inizio, contrasse lievemente la fronte per la meraviglia ma presto si rilassò, le circondò la schiena con le braccia e portò una mano in mezzo ai suoi capelli rossi, lasciando che si insinuassero tra le sue dita.

Ashley rimase ferma, con i battiti del cuore impazziti e una inspiegabile sensazione di pace che le aveva invaso il corpo nel momento in cui aveva percepito la consistenza e il calore di quello di Matt contro il suo.

Era bello abbracciarlo, le piaceva, ed era qualcosa di istintivo che non poteva spiegare razionalmente e, soprattutto, che non poteva più evitare.

Piano e con esitazione, come comandata da una forza incontrollabile, sollevò le braccia e poggiò i palmi delle mani sul petto di Matt, risalì lentamente, raggiunse per la prima volta la pelle morbida del suo collo, lo avvertì trattenere il fiato ed emettere un gemito senza suono mentre, di riflesso, lui alzava la testa per offrirsi e lasciarle campo libero.

Erano solo pochi tocchi, leggeri e incerti, ma profondamente intensi.

Ritrovandosi a osare, Ashley affondò le dita tra i capelli di Matt e gli circondò le spalle con le braccia, poi si allungò verso il suo orecchio e dischiuse le labbra per poter parlare.

«Mi dispiace così tanto – gli sussurrò con un filo di voce, mentre entrambi rimanevano stretti e immobili in quella posizione – non credevo che avessi dovuto sopportare tutto questo, è terribile... e io sono stata stupida..» cercò di scusarsi per aver dubitato di lui e averlo creduto solo un fastidioso rompiscatole, ma Matt la bloccò subito.

Le carezzò la schiena con una mano e rafforzò la stretta al suo esile corpo.

«Non devi scusarti, Ashley, va tutto bene adesso» provò a calmarla, dopo aver notato i suoi occhi castani sempre più lucidi.

Lei scosse la testa, serrandoli di colpo «No, non va bene! Avevi ragione dall'inizio, sai? Non so come hai fatto o se hai qualche assurdo potere magico ma...è vero, siamo molto simili noi due e.. - dovette fermarsi perché la voce cominciava a tremarle senza controllo, prese un respiro, deglutì e continuò – ho bisogno di dirtelo, io ho bisogno di sentirlo dalla mia stessa voce... anche io non ho più una famiglia!» confessò infine, due lacrime troppo pesanti caddero giù dagli angoli dei suoi occhi e le rigarono le guance mentre si staccava da Matt e decideva di farlo entrare nel suo mondo disastrato.

«Cinque anni fa avevo 16 anni e ho perso la persona più importante della mia vita, mio padre. L'ha investito una macchina che è uscita fuori strada. Sai che significa perdere qualcuno in questo modo? Un momento prima esiste, ti parla, ti sorride e un momento dopo non c'è più, sparito, cancellato per sempre. Non riuscivo nemmeno a realizzarlo, a capire come diavolo fosse possibile una cosa del genere! Era tutto surreale e mi aveva travolto senza preavviso, come una secchiata gelida. - disse, tra i singhiozzi che ormai la scuotevano senza che a lei importasse più – mi era rimasta solo mia madre...pensavo che insieme avremmo potuto farcela, ma mi sbagliavo. Si comportava con freddezza e mi evitava; all'inizio pensavo fosse solo per il dolore ma anche più tardi, anche quando riprese a vedere altri uomini, il suo atteggiamento nei miei confronti non cambiava, al contrario, peggiorava» terminò a fatica la frase perché, ormai, le lacrime le offuscavano la vista e si sentiva scossa da molti brividi, Matt le afferrò le mani bianche e fredde e le strinse.

«Ashley...non devi per forza dirmelo, non farlo se non vuoi, ti fa troppo male» provò ad evitarle quella sofferenza ma lei spalancò gli occhi e strinse più forte le sue mani.

«E invece voglio farlo Matt...io ne ho bisogno!» ammise, sputando fuori tutto il dolore che le aveva intasato il cuore per anni. Per troppo tempo si era tenuta tutto dentro ma adesso era arrivato il momento di aprirsi, di sfogarsi e voleva farlo con lui, perché Matt la capiva, perché aveva vissuto qualcosa di molto simile e non la vedeva come una sfortunata da compatire o una poveretta piena di problemi.

Per lui era solo una ragazza che stava affrontando la dura battaglia che la vita le aveva messo di fronte.

Il biondo annuì dolcemente e le sorrise, Ashley gli fece un lieve cenno del capo come un silenzioso ringraziamento.

«La situazione cominciò a degenerare, mia madre portava a casa gli uomini che frequentava e mi rinfacciava più volte di dovermi mantenere solo perché minorenne. Dopo il diploma mi rifiutai di iscrivermi in Giurisprudenza come il mio ex ragazzo e lei andò di matto. Mi disse che non mi avrebbe aiutato economicamente per farmi frequentare Lettere, come volevo io, e che avrei dovuto trovarmi al più presto un lavoro. Io lo feci, speravo di farle cambiare idea e che, dopo aver accumulato dei soldi, avrei potuto seguire la mia strada. - riprese a parlare, cercando di contenere le lacrime che ormai affioravano di continuo e le avevano già arrossato il viso – Invece pochi mesi fa, mi ha costretto a trasferirmi dal suo compagno, un uomo orribile che pretendeva di gestire anche la mia vita, io le ho detto cosa ne pensavo e sai cosa mi ha risposto? - proseguì, sempre più distrutta ma allo stesso tempo più leggera – mi ha rivelato che io non sarei dovuta mai nascere, che per lei ero solo un aborto mancato e che dovevo ringraziare mio padre se esistevo perché era stato lui a convincerla a portare a termine la gravidanza.» singhiozzò, allo stremo delle forze.

Matt le si avvicinò e le prese il viso con entrambe le mani.

Fino a poco tempo prima erano due ragazzi sconosciuti e adesso condividevano la parte più privata della loro vita.

Le mani di Matt sul suo viso erano confortanti, Ashley chiuse gli occhi per un attimo, cercando di riprendere le forze dopo quel momento di totale abbandono e sfogo, regolarizzò il respiro, smise di affannarsi come se stesse annegando e, quando li riaprì, lui era ancora lì e le faceva sentire il suo sostegno in silenzio.

«Quando poco fa hai detto che per i tuoi sei morto, che avevi perso la tua identità, come se fino a quel momento non fossi esistito...ecco, io ho provato più o meno la stessa cosa. Quando mia madre ha detto che non sarei nemmeno dovuta nascere io mi sono sentita come se la mia intera vita non avesse più un significato e non esistesse più un posto per me o un motivo per continuare a vivere. É stato orrendo ma poi ho ripensato a mio padre, a quanto lui mi avesse fortemente voluto e ho capito che non dovevo sprecare neanche un minuto. Devo farcela per me ma anche per lui.» disse, qualche lacrima cadde quando nominò la persona che più l'aveva amata.

«E tu ce la farai, sei forte, Ashley, anche se non te ne rendi conto! Io vedo una ragazza che lotta, orgogliosa e fiera, che ha sempre saputo come tenermi testa quando mi sono comportato come un' emerita testa di cazzo! - scherzò lui, continuando ad accarezzarle le guance e strappando finalmente un sorriso da quelle labbra tormentate – Cinque anni fa ero ridotto uno schifo, ero pure peggio di te, c'è stato un momento in cui ho pensato che forse sarebbe stato meglio morire. Ma poi mi sono detto ' e che cazzo, sono qui, ho finalmente la possibilità di essere libero' e me la sono giocata. Questo buco mezzo malandato è tutto il mio mondo, rappresenta i sacrifici che ho affrontato da solo e la mia vittoria, per questo ci sono così legato. Le mie cicatrici a volte fanno male e le tue ferite bruciano ancora da cani ma...hai la libertà...sfruttala adesso che puoi»

Ashley ascoltò le parole di Matt in silenzio, era proprio una beffa che l'unico capace di darle una scossa, di toglierle un paio di tonnellate dal petto, fosse stato proprio il ragazzo con cui non avrebbe nemmeno dovuto mai parlare e per un motivo che si era rivelato addirittura inesistente.

Le ultime lacrime scivolarono giù, fermandosi agli angoli delle sue labbra e, prima che potesse accorgersene, Ashley sentì le labbra di Matt sulle sue guance.

Con una delicatezza che non si sarebbe mai aspettata da lui, aveva cominciato a lasciarle dei baci lungo tutto il viso, percepiva quella morbidezza inebriante e capì che le stava asciugando le lacrime con le sue labbra. Era stato un gesto talmente intimo e così intenso che Ashley socchiuse gli occhi, annullò il mondo esterno, la realtà, e si dimenticò persino chi fossero loro due, concentrandosi solo su quelle sensazioni.

La sua mente pregò internamente che non smettesse mai, che continuasse a farla stare bene e che la baciasse ancora e ancora in mille modi diversi, perché quando lo faceva, quando le sue labbra le sfioravano la pelle, lei dimenticava tutto il dolore e tutta la sofferenza e rinasceva.

Lui era la sua medicina, quella cura pericolosa che però alla lunga provoca dipendenza e lo sapeva bene che, usandolo per alleviare le sue pene, alla fine avrebbe finito per rimanerci incastrata.

Quando Matt allontanò la bocca dal suo viso, Ashley provò una forte sensazione di vuoto, aprì gli occhi d'istinto e se lo ritrovò davanti, con quello sguardo bellissimo puntato su di lei e le labbra ancora dischiuse e umide delle sue lacrime salate.

Le sembrò un'immagine di una bellezza sconvolgente, il suo cuore perse un battito e il suo corpo non potè fare a meno di desiderarlo, senza sentimenti, senza ragione, per un bisogno fisico che premeva.

Voleva stare bene a tutti i costi e se Matt ci riusciva in quel modo, allora era tutto ok, senza porsi domande, senza pensare troppo.

Le tremarono giusto un po' le gambe quando realizzò che erano soli e che non aveva intenzione di fermarsi, voleva solo unirsi a quel ragazzo che l'aveva letta così in profondità e a cui, dopo quelle reciproche confessioni, si sentiva legata in una maniera strana e difficile da spiegare a parole.

Non era amore, non era un sentimento romantico, era un'attrazione molto più intima, che partiva dalle loro anime e che aveva bisogno di realizzarsi col contatto fisico.

Ashley passò le mani sulle spalle di Matt e gli si strinse forte, lasciando che lui facesse lo stesso e, quando i loro corpi aderirono alla perfezione, passò una mano tra i suoi capelli chiari e lo avvicinò al suo viso, ormai preda di quel turbinio di sensazioni.

Fece appena in tempo a sentire le loro fronti l'una contro l'altra e il labbro inferiore di Matt che sfiorava il suo per accingersi ad affondare in un bacio, che un rumore sordo attirò la loro attenzione e infranse la bolla in cui si erano rinchiusi, isolando il mondo esterno.

Voltarono entrambi la testa, staccandosi di riflesso, ma i loro occhi si sgranarono quando si accorsero di non essere più soli.

Un ragazzo dai capelli ricci e con un paio di occhiali sul naso aveva appena varcato la soglia e li guardava con un sorrisetto più che eloquente sulle labbra.

«Scusate, non volevo interrompere!» esclamò Luke, trattenendo per miracolo una risata e accentuando un tono piuttosto ambiguo.

Ashley rimase boccheggiante, era stata scoperta tra le braccia di Matt in evidenti atteggiamenti amorosi e senza uno straccio di giustificazione plausibile.

Quell'evento la catapultò di botto nella realtà, annientò il sogno che la stava cullando e la fece svegliare di soprassalto.

E purtroppo lei, in quella realtà, rischiava ancora di perdere i suoi amici per una cazzata del genere.

Sbiancò come un fantasma, mentre Matt aggrottò le sopracciglia e fulminò l'amico con uno sguardo davvero assassino.

«Pezzo di idiota, non si usa più bussare?» gli ringhiò, mentre Ashley disperatamente aveva recuperato la sua borsa e cercava di ricomporsi, stropicciandosi gli occhi con una mano e lisciando qualche ciocca di capelli, per fuggire e sparire il più lontano possibile da quel posto e da lui.

«Non lo faccio mai, te lo sei dimenticato? E poi se proprio hai da fare con qualcuna potresti chiudere la porta a chiave, sarebbe potuto entrare chiunque!» disse candidamente, e Matt non riuscì nemmeno a ribattere.

In fondo aveva ragione ma chi ci aveva pensato alla porta in quel momento?

«Non c'era proprio niente da fare qui dentro! - i due ragazzi spostarono lo sguardo verso la proprietaria di quella voce piuttosto nervosa – e io comunque stavo per andare!» si affrettò a dire la rossa, sfrecciando poi fuori dalla porta come un lampo senza nemmeno salutare.

Luke scrollò le spalle, poi inarcò un sopracciglio irriverente e spostò lo sguardo verso Matt che, con aria stralunata, aveva seguito i movimenti della ragazza e cercava di scorgerla dalla finestra.

Un ghigno si dipinse sul volto del moro, di certo non era cieco e quello che aveva visto era l'inizio di un bacio bello e buono che sarebbe degenerato in chissà cosa se non fosse intervenuto lui.

Fece per aprire bocca ma Matt l'anticipò.

«Ah, non ti azzardare a commentare! E togliti quella smorfia del cazzo dalla faccia!» lo ammonì puntandogli un dito minaccioso contro.

Luke sghignazzò, per nulla intimorito, poi fece qualche passo verso l'amico, senza mutare espressione.

«Ti chiedo scusa per l'intrusione, amico... ma stavolta credo proprio che qualcuno non se la caverà con un semplice 'fatti i cazzi tuoi', non trovi anche tu?» lo provocò, con aria divertita.

Matt si stropicciò la faccia con le mani, ed emise un flebile lamento.

Non poteva sottrarsi alla curiosità di Luke, non stavolta, e forse era arrivato il momento di dargli qualche spiegazione.

E soprattutto, se anche solo aveva pensato di poter ottenere, prima o poi, il perdono di Terence per qualcosa che comunque non aveva fatto, fu sicuro che, dopo quello che stava succedendo e che includeva quella ragazza dai capelli rossi, il suo ex amico non l'avrebbe mai più perdonato.

 

 

  
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