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Autore: Vago    21/04/2017    4 recensioni
Libro Secondo.
Dall'ultimo capitolo:
"È passato qualche anno, e, di nuovo, non so come cominciare se non come un “Che schifo”.
Questa volta non mi sono divertito, per niente. Non mi sono seduto ad ammirare guerre tra draghi e demoni, incantesimi complessi e meraviglie di un mondo nuovo.
No…
Ho visto la morte, la sconfitta, sono stato sconfitto e privato di una parte di me. Ancora, l’unico modo che ho per descrivere questo viaggio è con le parole “Che schifo”.
Te lo avevo detto, l’ultima volta. La magia non sarebbe rimasta per aspettarti e manca poco alla sua completa sparizione.
Gli dei minori hanno finalmente smesso di giocare a fare gli irresponsabili, o forse sono stati costretti. Anche loro si sono scelti dei templi, o meglio, degli araldi, come li chiamano loro.
[...]
L’ultima volta che arrivai qui davanti a raccontarti le mie avventure, mi ricordai solo dopo di essere in forma di fumo e quindi non visibile, beh, per un po’ non avremo questo problema.
[...]
Sai, nostro padre non ci sa fare per niente.
Non ci guarda per degli anni, [...] poi decide che gli servi ancora, quindi ti salva, ma solo per metterti in situazioni peggiori."
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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 Devo solo guadagnare tempo.
Basta rimanere sulla difensiva e potrebbe risolversi tutto senza troppi arti mozzati.


- Ti ho già battuto una volta, Servitore del Fato. Credi davvero di avere la meglio su di me, questa volta? La mia essenza ribolle in ogni goccia del sangue di questo corpo. – ribatté il demone cercando di ricomporsi.
- Credo di poter svolgere il mio lavoro. –
La spada della creatura animalesca tentò ancora un paio di volte di raggiungere la maga, ma venne sempre ostacolata.
- Va bene, penserò prima a te. –
Lo spettro e il demone si scambiarono un paio di colpi rapidi, con l’unico obbiettivo di mettere tra uno e l’altro un metro abbondante che gli permettesse di studiarsi a vicenda senza che potessero colpirsi.
- Dovresti capire quando è ora di fermarsi, Follia. – disse il servitore ad alta voce – Hai mancato di nuovo il tuo obbiettivo, sei imprigionato su questo pezzo di continente alla deriva. Arrenditi e potrai continuare a odiare gli dei per le eternità. Non costringermi a ucciderti. –

No, non mi viene bene per niente la parte dell’eroe, avanti, non sono minimamente credibile in questo ruolo.
Io non dovrei nemmeno essere qui. Non sono mica io il povero predestinato che papino ha deciso avrebbe dovuto uccidere questo esaltato con complessi d’inferiorità.
Dovrei invece essere su un ramo comodo, ad osservare la scena e fare commenti sarcastici sullo scontro, quello è il mio ruolo da sempre.
Perché mi ostino a rimanere?


- Non mi ucciderai. –
Follia scattò in avanti, tentando un affondo, schivato con un rapido movimento laterale, seguito immediatamente da un fendente verticale della spada avversaria, anch’esso evitato con un veloce spostamento.
Il demone evitò facilmente la palla di fuoco che correva nella sua direzione, gettandosi contro il suo obbiettivo principale, per poi scambiare con lui una decina di colpi, alla ricerca di un punto debole della sua guardia.
- Sai qual è la tua debolezza? – Chiese all’improvviso lo spettro facendo risplendere i suoi occhi di una luce ancora più intensa – Non hai immaginazione. –
Lontano, nel cielo, un arco di legno si flesse fino al suo limite, puntando il dardo che in esso riposava verso il terreno.

Devo giocarmi il tutto per tutto, se questa cosa va male, mi meriterò il titolo di stupido per il resto della mia vita… che potrebbe essere più corta del previsto.

La mano destra del servitore si aprì, lasciando cadere a terra la spada che impugnava. Un istante dopo quelle dita già stringevano il polso destro di Follia, cercando di tener lontana la lama.
- Cosa vuoi fare? Rimanere qui a trattenermi per le eternità? –
- No, giusto il tempo necessario. –
Una freccia venne scoccata una trentina di metri più in alto, sibilando nell’aria con intensità anormale e dirigendosi dritta e sicura verso il capo del demone.
Le piume su quell’asta di legno tremavano sotto la violenza del vento che le circondava.
Un secondo prima che la freccia raggiungesse il suo obbiettivo, lo spettro avvertì un movimento anormale sotto le sue dita, poi Follia si voltò in maniera innaturale verso sinistra per agguantare con la mano libera il dardo.
L’asta di legno di si ruppe sotto la stretta di quelle dita sottili.

Oh, ma dai! Non vale!
Chi diavolo si distruggerebbe un articolazione in quel modo?
Per favore!

Il servitore lasciò la sua presa, ormai inutile, per precipitarsi ad afferrare nuovamente la sua arma.
Davanti a lui, il demone sorrideva divertito, mentre il suo braccio destro pendeva mollemente lungo il suo fianco, con le ossa della spalla vistosamente lontane dalla loro normale posizione.
- Così io non avrei immaginazione? Ora scusami, ma queste intromissioni stanno cominciando ad infastidirmi. –
Follia si diresse rapido in direzione di Mea, poggiandole un piede scalzo sul torace e spingendo su questo, per darsi lo slancio verso il cielo.
Come un freccia scoccata da una ballista, la creatura sfrecciò verso il debole scintillio in cielo dal quale era stato scoccato il dardo, per poi avvinghiarsi all’essere cristallino che, disperato, sbatteva le ali per cercare di allontanarsi.
I due corpi, coinvolti in una lotta disperata, precipitarono a terra per poi scontrarsi con essa generando un tonfo sordo. Lì, Keria rimase immobile, con il ventre affannato e il volto di cristallo solcato da una crepa che dal sopracciglio destro scendeva fino al mento.
Follia si rialzò, stringendo nella sua mano la coda da rettile dell’ultimo assassino ancora in grado di essere un fastidio.
Hile provò a trascinarsi verso la scena, ma il taglio che gli squarciava il petto lo costrinse a terra rantolante.
Ci furono dei movimenti disperati tutto intorno il luogo dello schianto.
Mea cercò di portarsi su di un fianco, con un anomalo incavo al centro del petto.
Il Gatto tentò di alzarsi in piedi, reggendosi sull’unica spada rimasta tra le sue mani, ma ricadde immediatamente faccia avanti, con un rivolo di sangue che gli colava continuo dal ventre e i capelli sulla nuca intrisi della sua rossa linfa vitale.
Jasno mugugnò qualcosa, paralizzato sul terreno con il corpo pervaso da un vago tremore.
Il demone sorrise compiaciuto, poi, con forza inaudita, fece roteare sul suo capo il corpo di cristallo dell’arciere, per  farlo quindi sbattere nuovamente sul terreno.
- Ora, nuovamente, possiamo riprendere il nostro duello, servitore. –
Il demone si avventò contro lo spettro fumoso, con la spada stretta nella mano sinistra, cercando di colpirlo prima alla spalla, poi alla vita, infine alla testa.
Lo spettro ridusse le sue dimensioni, per assumere brevemente l’aspetto di un corvo che volò rapido per una decina di metri, prima di riprendere il suo aspetto originario.
- Che c’è? Perché non torni a disgregarti come al nostro primo scontro? – chiese ridendo il demone, prima di tornare all’attacco.

Non lasciare che le emozioni prendano il sopravvento. Sei tu quello il cui compito è infastidire gli altri, non il contrario.
E poi lo fai da millenni, lo batti sull’esperienza.

- Sarebbe troppo facile batterti in quel modo! – gli rispose il servitore.
I colpi di Follia si fecero sempre più violenti e ravvicinati, dal cozzare delle due lame cominciarono a levarsi scintille che cadevano a terra, trascinando con sé le schegge metalliche delle spade staccatesi con gli urti.
Il tallone dello spettro incontrò una pietra sul suo cammino, che lo fece cadere a terra con il volto rivolto verso il cielo. Ora, sopra di lui, il demone spingeva con tutta la forza che possedeva sulla sua arma, posta come una ghigliottina e incapace di raggiungere il collo nero solamente per via della lama avversaria frapposta.

Quindi questa dovrebbe essere la mia fine? Io speravo di morire in un modo un po’ più… spettacolare, con fuochi, fulmini, saette e tante lacrime, magari in un luogo insolito come il palco di un teatro abbandonato, dopo un duello all’ultimo sangue che si è andato a risolvere  con la morte di entrambi.
Questo posto fa schifo per morire, nessuno qui costruirà mai una statua in mio onore!
Ed è tutta colpa di…
Maledizione! È tutta colpa di Seila, che si è rivelata essere più dannosa per i suoi alleati che per i suoi nemici!
Ma io posso ancora salvarmi, devo solo togliere le redini alla mia lingua… che questo corpo non ha, ma questa è solo un’inezia.

- Sai, almeno in punto di morte vorrei poterlo dire a qualcuno. –
Lo sguardo del demone mutò. – Qualunque cosa dirai non ti salverà la vita. –
- Non ho intenzione di salvarmi a parole. Non questa volta. Sai, io ho sempre mentito, a te e a quei mocciosi inutili. Io non sono il Servitore del Fato. –
- Perché dovresti mentirmi così spudoratamente in punto di morte? –
- Perché è la verità. Non sono un servitore, posso morire malissimo per qualsiasi motivo, come uno di quegli schifosi umani. Regalo di mio padre. –
- Allora perché saresti dovuto venire a combattermi, se non sei asservito a lui? Se davvero sei un’immortale che può perire, dovresti tenere alla tua vita più di qualunque altra cosa. –
- Mi sono lasciato fregare. Il Fato è riuscito a raggirarmi e mi ha convinto a fare questa pazzia, ma, sai, solo ora ho capito come mai lui era così sicuro di sé. È maledettamente intelligente, quel vecchio, è sempre riuscito ad aver la meglio su tutti, persino su noi che non siamo legati a nessun destino. –
- Cosa stai farneticando? Dimmelo! – la saliva della creatura raggiunse il volto dello spettro, colando sulla pelle nera in direzione del terreno polveroso.
- Vedi, ho capito una cosa solamente ora, dopo millenni che ce l’ho davanti agli occhi. Il Fato può controllare anche noi attraverso le interazioni che abbiamo con i mortali e tu… tu, Follia, ti sei fatto fregare peggio di me. Ed è tutta colpa delle tue scelte. –
- Dimmi chiaramente cosa intendi! Come può il Fato aver potere su di me? Come!? – la pressione sulla lama dello spettro divenne più intensa, facendo sì che la spada del demone riuscisse a guadagnare qualche centimetro verso il collo avvolto dal fumo nero che gli stava sotto.

Ancora poco…
Fato, sto avendo piena fiducia in te, fai solo che non sia malriposta.


- Parla! – urlò nuovamente Follia, mentre una vena di quel corpo si gonfiava vistosamente sul lato sinistro del collo.
- Va bene. Ti ho detto fin dall’inizio che avrei vuotato il sacco. Se, per esempio, il destino di qualcuno fosse curare e offrire un riparo a un viandante morente sui Muraglia e tu fossi l’unico viandante morente in circolazione, il Viandante morente, come potrebbe il destino di questo qualcuno compiersi, se non coinvolgendoti? –
- Tu vuoi morire prima, non è così? Non c’è nessuno che dovrà curarmi, io li ucciderò tutti, porterò il caos incontrollato e distruttore ovunque e quando finalmente sarò di nuovo in forze prenderò il posto che mi spetta nella Volta degli dei. – la voce del demone ora sembrava essersi calmata, come se lui fosse certo di quel che stava dicendo.
- Avresti potuto far tutto quello che volevi, avresti potuto assicurarti la vittoria, se solo avessi capito che eri condizionato dal Fato degli altri. Guardati attorno, perché sono ancora tutti vivi, quei mocciosi? Perché tu, signore della distruzione sregolata, li hai risparmiati? Perché non sono destinati a morire qui per mano tua. Avresti potuto cambiare persino le pagine del libro del Fato se solo ti fossi opposto, ma, ormai, per te, è troppo tardi. –
- Non è tardi. Ho tutto il tempo del mondo! – Follia fece una pausa nel suo discorso, cercando di riprendere il controllo di sé, ma i suoi occhi lampeggiavano di ira – Ora ucciderò te, poi loro, uno ad uno e, alla fine, non ci sarà più nessuno ad ostacolarmi. –
- Io ho un nome in mente. – disse ancora lo spettro.
Una chioma bionda comparve sulle spalla destra del demone, che urlò quando una chiostra di denti bianchi si fece largo nelle carni che stava possedendo.
Follia si dimenò, perdendo completamente l’interesse che, fino ad allora, lo aveva guidato nella direzione dello spettro fumoso, per concentrarsi sulla figura che aveva interrotto il loro discorso. Questa cadde a terra, per poi rialzarsi lentamente, senza dire una parola o emettere un suono.
- Tu. Tu! Cosa credi fare! –
Un’elfa dalla carnagione scura come la pietra lavica gli stava di fronte, curva in avanti, con il viso smunto e gli occhi incavati, spenti. I capelli biondi le cadevano sporchi sulla fronte e sul collo, nulla rimaneva della treccia che li aveva sempre tenuti stretti.
Le labbra scure e sottili dell’elfa era spaccate in più punti dall’arsura e sporche del liquido viscoso fuoriuscito dalla spalla morsa.
- Sono stato fin troppo generoso lasciandoti in vita. Tu sarai la prima a uscire dal proprio cammino predisposto. –
Lo spettro provò ad alzarsi da terra, con la spada dritta davanti a sé, ma il fendente del demone fu più veloce. Uno schizzo di sangue cadde sul terreno, poi il corpo dell’erborista cadde sulla terra davanti agli occhi dei cinque assassini paralizzati, con la gola solcata da un profondo taglio dal quale sgorgavano fiotti di vivido sangue rosso.
- Sono stata utile? – borbottò in un gorgoglio l’elfa, con le iridi opache fisse verso il cielo terso sopra di lei.
Gli occhi del servitore si accesero di uno splendore ancor più accecante, mentre il suo sguardo cadeva sul corpo morente di Seila.
- Sconfitto dalla tua eccessiva attenzione ai dettagli e da un cadavere mosso dal rimorso. – disse lentamente lo spettro dirigendosi a passi pesanti verso Follia – Che finale ridicolo, l’avrei dovuto ispirare io. Ti sei abbassato a svolgere il lavoro di un sottoposto del Fato. –
- Io ho vinto, io l’ho uccisa! – gli rispose il demone, falciando l’aria con la spada per pulirne la lama dal sangue rimasto.
- Lei ti ha ucciso prima di morire. Non avresti dovuto darle in dono il veleno della serpe delle sabbie, vista la tua condizione. –
- Cosa stai insinuando. –
- Sei rimasto rintanato nel deserto senza nemmeno tentare di conoscere  le cose che ti stavano attorno. – il servitore continuò ad avanzare inesorabile, con la punta della sua spada che quasi toccava il terreno, tanto era tenuta bassa – Il veleno delle serpi che abitano quelle dune rapprende il sangue e i liquidi corporei a tal punto da renderli duri come la pietra. Ora rispondimi, tu dove ti sei infilato per controllare quel corpo? Ormai sei solo una statua che parla ed io un buffone che prende tempo. Non è un finale comico? Entrambi abbiamo visto i più grandi eroi affrontare le tue manie di potere e, alla fine, l’ultimo scontro si è svolto tra una Musa, una statua e un morto che cammina. –
- Io non sono morto, non basterà un semplice veleno a fermarmi. –
Il corpo del demone sembrò inarcarsi per qualche secondo, per poi tornare alla sua postura originale. La sua pelle si gonfiò per un attimo sotto la pressione esercitata sulle pareti delle vene, per poi ritirarsi fino al suo stato iniziale
- È inutile, ora siamo in due a non poterci disgregare. Spero tu soffra le pene dell’inferno qui, immobile ed immortale. Sentirai le tue carni decomporsi lentamente, seguite dallo sbriciolarsi delle ossa e tu sarai ancora cosciente, rinchiuso in un intrico di sangue pietrificato, incapace di parlare o andartene. Lei ha vinto, tu ti sei creato la tua prigione da solo. –
Follia non rispose, ma i suoi occhi lampeggiarono di odio.
- Chissà, magari tornerò a farti visita, di tanto in tanto, per ricordare i bei vecchi tempi in cui nessuno dei due riusciva a prevalere.
Il servitore proseguì per la sua strada, dirigendosi con stanchezza verso i cinque assassini agonizzanti, per poi aiutarli a rimettersi in piedi, uno dopo l’altro, fasciando le ferite aperte e porgendo alla maga un foglio sul quale aveva tracciato sul momento con una calligrafia meravigliosa un sinuoso glifo in sangue vermiglio.
I compagni lasciarono quei corpi, facendo riprendere ai quattro prescelti che potevano ancora la loro forma originale.
Il gruppo mal assemblato, infine, si avvicinò alla salma dell’erborista, sotto lo sguardo d’ira di Follia, intrappolato nel corpo immobile di un demone.



Angolo dell'Autore:
-2
Ho grandi notizie, o forse no. Starà poi a voi deciderlo.
Ho praticamente finito in sottofondo tutta la stesura, mancherà forse una pagina all'ultimo punto che apporrò su questa storia. Per il momento, almeno.
Non è ancora il momento, per me, di guardarsi alle spalle. Voi, dopotutto, avete appena assistito alla sconfitta di Follia e alla morte, definitiva, di Seila, vorrei lasciarvi ancora un attimo per metabolizzare il tutto.
Posso dirvi che abbiamo chiuso un grande capitolo, con oggi. Il Demone è stato sconfitto, il nemico che ha messo in moto le vicende di ben due storie non potrà più essere un reale pericolo per nessuno.
I prossimi due capitoli avranno toni malinconi, lenti, tristi. Saranno come un'ultima melodia funebre non solo per chi è morto, ma anche per questa storia, che si accinge a spegnersi.
Il primo servirà a lasciare un finale a tutti i personaggi che ho maltrattato nei miei mesi di lavoro, il secondo... il secondo sarà un epilogo perfettamente in linea con il primo che scrissi, ormai più di un anno fa.
Spero vi sia piaciuta questa soluzione che ho trovato, io ho sempre detto che Seila avrebbe avuto modo di brillare, prima o poi.
Ci vedremo, spero, la settimana prossima.
Vago 

   
 
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