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Autore: Ogin    21/04/2017    1 recensioni
"L’amore arriva e basta.
Arriva quando meno te lo aspetti, arriva e non puoi decidere nemmeno di chi innamorarti. Mi sono innamorata di lui al primo sguardo, la prima parola, la prima carezza. Mi sono innamorata di lui e tutto il resto ha perso valore."

Quasi tutti abbiamo provato nella nostra vita quell'amore tossico, così intenso da distruggerti. Ci siamo sentiti attratti verso qualcuno al punto da condannare noi stessi all'inferno pur di stargli accanto, pur di salvarlo. Si dice che nessuno si salva da solo, che alcune anime sono destinate ad incontrarsi, che non importa se poi si separeranno, ciò che conta è che si siano incontrate durante il viaggio e abbiano contribuito a dargli una svolta, in qualche modo.
Eppure da quegli amori, per quanto ti facciano provare forti emozioni, spesso è meglio tenersi alla larga, quanto meno prima che, distruggendosi, distruggano anche te.
Ho utilizzato un linguaggio piuttosto crudo, in un contesto che non lo è da meno, per cui chi è sensibile a questo tipo di impostazione, è giusto che non legga. Spero che possa piacervi, o almeno trasmettervi qualcosa. Per favore, non siate troppo duri con me. :cry:
Grazie mille.
-Ogin
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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L’amore arriva e basta.
Arriva quando meno te lo aspetti, arriva e non puoi decidere nemmeno di chi innamorarti. Mi sono innamorata di lui al primo sguardo, la prima parola, la prima carezza. Mi sono innamorata di lui e tutto il resto ha perso valore. Avrei rinunciato a tutto per lui, avrei accettato qualsiasi cosa per starci insieme, per creare quel ‘per sempre’ che purtroppo non esiste. Non gli ho mai imposto limiti, regole, il nostro era un amore libero, folle, il nostro era un amore malato, e gli amori malati, si sa, sono destinati a consumarsi. Sono come le sigarette, bruciano veloce, ti lasciano insoddisfatto, ti creano dipendenza e non riesci a pensare al male che potranno causarti in seguito, le fumi e basta, stai bene e ti basta questo, ma le felicità violente hanno morte violenta, ogni sigaretta lascia una traccia nei tuoi polmoni e sai perfettamente che se continui ti toglieranno il respiro. Eppure…eppure sei dipendente al punto da non riuscire a respirare senza. Allora ti chiamano tossico e allora io lo chiamo così il nostro amore, tossico. L’amore che ti rende felice ma allo stesso tempo ti fa male, ti uccide. L’amore che decolla e fluttua libero nell’aria ma è destinato a crollare, in un brutale impatto. L’amore che ti risucchia completamente, che ti fa perdere ogni controllo, ogni freno. Amare, amare senza paura, senza limiti, senza tempo, amare, amare e basta. Amare e farsi male.
C’ero io e c’era lui. Lui con lo sguardo assente, perso nel vuoto, seduto sull’umido marciapiede di quello squallido vico, il vico dei drogati; io stavo di fronte,  con le braccia incrociate al petto e lo sguardo fisso su di lui, con l’anima che rodeva, il cuore tra le fiamme e l’incessante dolore del vuoto allo stomaco. Era tutto buio, l’unica luce giallognola e turbe la emetteva un lampione distante qualche metro. C’erano un gruppetto di ragazzi ubriachi che lanciavano le bottiglie di birra contro il muro e si sbellicavano dalle risate, c’era qualcuno che si drogava sotto i porticati di un portone, un altro seduto sui cartoni accanto al bidone dei rifiuti,  che guardava il cielo con la siringa ficcata nel braccio, c’erano suoi amici ovunque, alcuni erano stesi sul marciapiede accanto a lui, altri parlavano in piedi, ma eravamo soli, sì, eravamo soli, o forse ero io ad essere sola.
- Ale -
Silenzio, nessuna risposta, nessuno sguardo, nemmeno un mugolio. Era impassibile, lo sguardo fisso nel vuoto, fatto come la merda. Lo odiavo, cazzo se lo odiavo. Sentivo il sangue salire alla testa, il respiro mancarmi, sentivo il dolore premere sempre di più, il cuore ridursi in cenere e l’anima bruciare, bruciare. Mi inginocchiai, lo afferrai per le spalle e cominciai a scuoterlo cercando disperatamente il suo sguardo.
-Mi ascolti?-
Ero disperata, mi guardò per qualche istante, ma non mi stava realmente guardando. Aveva le pupille dilatate. Era completamente assente, completamente stordito, mugugnò qualcosa riuscendo a stento a mantenersi ritto con la schiena.
- Vaffanculo! -
Gli mollai uno schiaffo e mi drizzai in piedi. Sentivo un groppo alla gola, stavo per piangere. Si riduceva così ogni volta e ne avevo abbastanza, non potevo sopportare che si facesse del male. Si toccò la guancia e sorrise guardandomi a stento.
-Ti vuoi drogare? Va bene, fallo pure, non importa. Vuoi suicidarti come il tuo Cobain? Prego, fallo, non me ne frega un cazzo di quello che fai della tua vita di merda. Mi hai rotto il cazzo, fai quello che ti pare. Muori.-
Urlai e non mi importava che gli altri mi sentissero, tanto erano troppo fatti per ricordarselo, erano troppo fatti per parlare. Lui scoppiò a ridere e si stese sul marciapiede guardando il cielo e respirando profondamente.  Sentivo il sangue bollirmi ancora di più nelle vene, scoppiai a piangere  e mi lasciai cadere a terra, lì in mezzo all’asfalto sporca di quel lugubre vico.
- Dannato figlio di puttana perché non mi ascolti? Sei dipendente da sta roba lo vedi? Sei diventato dipendente da sta merda! E sai qual è la cosa peggiore, lo sai?-
Non arrivava risposta, continuava a guardare il cielo con quel sorriso da rincoglionito sulle labbra. Non mi stava ascoltando, stavo parlando a vuoto ma dovevo parlare.
-La cosa peggiore è che, mentre tu non riesci a fare a meno di sta merda, io non riesco a fare a meno di te, sono dipendente da t, cazzo!-
Piangevo come una bambina, sempre più forte, le lacrime mi rigavano il viso, scorrevano veloci solcandomi le guance e io sentivo dolore, un dolore che faceva più male di qualsiasi altra cosa, e non avevo bevuto, non avevo preso niente, ero lucida, ero lì ed ero tutta sola perché lui non c’era più e io sentivo di averlo perso per sempre, sentivo che stavo perdendo anche me stessa. Cercò di alzare il capo per guardarmi, sbatteva le palpebre in modo lento, cercò di tendere una mano verso di me e socchiuse le labbra. Lo fissai con gli occhi velati di lacrime ma non sapevo se riusciva a capirmi. Lui non mi ascoltava, lui sorrideva, non gliene fregava un cazzo di quello che dicevo e io soffocavo dal male che mi faceva.
-Pensi che la vita è uno schifo e hai bisogno di sniffare merda per stare bene? E io voglio dirti che non è vero che la vita fa schifo, la vita è stupenda, stupenda in ogni cosa, bella o brutta, voglio dirti che se pure fa schifo a me basta stare con te per essere felice e che insieme possiamo renderla migliore, che non c’è cosa migliore di noi.-
Parlavo a fatica, la voce era interrotta dai singhiozzi. Mi passai una mano tra i capelli. Lui mi guardò negli occhi, il sorriso sparì, ma pareva ancora non ascoltarmi. La mano cadde sul suolo.
-Hai fatto una scelta, non hai scelto me e per quanto mi faccia male, per quanto stia morendo dentro, la cosa finisce qui. Io non voglio piangere un cadavere io voglio vivere, voglio vivere con te e se tu non vuoi allora me ne andrò per sempre.-
Urlai con tutto il fiato che avevo in petto e mi sollevai in piedi a fatica.
-Addio.-
Dissi in un filo di voce. Lo guardai un’ultima volta come a voler imprimere quel viso perfetto di cui ero così innamorata nella mente, m non ce n’era bisogno, lo avrei ricordato per sempre. Mi voltai a fatica, deglutendo a vuoto e cominciai a camminare. All’improvviso sentii un brivido di freddo percorrermi la schiena, mi strinsi nelle spalle, era un freddo terrificante, mi stavo congelando completamente, dentro. Le gambe mi tremavano, a stento riuscivo a reggermi  in piedi, lo stomaco si torceva dal dolore e io non riuscivo a respirare, non riuscivo a non piangere, mi reggevo al muro mentre avanzavo lentamente. Sentivo troppo dolore, stavo troppo male e non riuscivo a resistere e non sapevo come fare per stare meglio. Sentii un tonfo alle mie spalle e qualcosa tirarmi la caviglia. Era lui, lui steso a terra che tentava di fermarmi con una debole presa. Sussurrò il mio nome in un filo di voce.  Non riuscivo ad andarmene, non riuscivo a lasciarlo a andare, mi accovacciai e cercai di reggerlo tra le mie braccia.
-Non…-
Cercava di dire qualcosa ma non riusciva a parlare, gli poggiai la testa sulle mie gambe , infilando le dita tra i suoi lunghi capelli. Le mie lacrime crollavano sul suo viso d’angelo bagnandolo come gocce di pioggia e lui non riusciva a tenere gli occhi aperti e io non riuscivo ad andarmene.
-Ti…amo-
Mi disse in un soffio e sentii il cuore balzare nel petto, riprendere a battere così forte da far male. Soltanto due parole, dette da quelle labbra, avevano messo in moto nuovamente il mio organismo e non sapevo spiegarmelo. Gli accarezzai il viso pensando che fosse la cose più bella che avessi mai visto in tutta la mia vita.
-Ti odio.-
Gli urlai nascondendo il viso nell’incavo del suo collo e stringendogli la maglia dei Nirvana tra i pugni.
-Ti amo troppo-
Sussurrai singhiozzando e avvertii la sua debole mano poggiarsi sulla mia schiena.
-Ti prego…ti prego vivi, fallo per me, smettila.-
Gli presi il volto tra le mani e lo guardai intensamente. Non mi arrivò risposta, mi guardava distrattamente. Il suo colorito era pallido e le labbra stavano diventando scure, gli si gonfiò la gola. Allora capii. Mi sollevai e lo ressi in piedi. Cominciò a vomitare. Gli tenni la fronte con una mano, mentre con l’altra lo tenevo stretto a me. Degli stronzi dei nostri amici cominciarono a ridere e ad indicarlo. Gli lanciai un’occhiata fulminea. Stava vomitando, vomitava l’anima.
-Amore non preoccuparti, sono qui al tuo fianco.-
Gli sussurrai dandogli piccoli baci sul capo. Avevo paura, avevo aura di perderlo, una paura mai provata prima, sentivo l’aria mancare, il corpo tremare. Lui era tutto, era la mia vita, se perdevo lui nulla avrebbe avuto più senso. Non potevo permetterlo, non potevo lasciare che si facesse del male, ma lui faceva del male anche a me. Avrei potuto, avrei dovuto lasciarlo andare, farmi una mia vita, perché quello era un amore tossico, un labirinto senza via d’uscita, un amore destinato a finire perché troppo intenso, troppo malato, ma non potevo, non volevo. Volevo stargli vicino, stargli vicino per sempre, senza lui ero il nulla. Volevo provare la gioia che mi dava e anche il dolore, l’immenso dolore che mi provocava, lo amavo, amavo nel bene e nel male, nella buona e nella cattiva sorte, nel peggio e nel meglio di lui.
-No, no..non ti lascerò amore mio.-
Continuai a sussurrargli in tono dolce. Cominciò a piangere e io gli asciugavo le lacrime con dolci carezze, a piangere mentre gettava fuori l’anima senza freni, senza fermarsi. Ogni volta avevo paura che non ce l’avrebbe fatta, che sarebbero stati gli ultimi minuti passanti al suo fianco. Io ero sempre lì a tenergli la fronte, a dargli forza sebbene io non ne avessi molta, a stringerlo tra le mie braccia e mi sembrava così fragile, così debole che, se avessi stretto un po’ più forte, si sarebbe potuto frantumare in mille pezzi. Peggiorava, il suo corpo deperiva e io deperivo assieme a lui. Ero arrivata alla conclusione che se lui...no, non volevo pensarci, non ci riuscivo, eppure…eppure in cuor mio avevo paura, paura che sarebbe capitato e se, se lontanamente fosse capitato io già sapevo.
Già sapevo che lo avrei raggiunto, come sempre.
L’amore arriva e basta, e io lo amavo e basta.
 
 
   
 
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