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Autore: Stella Dark Star    21/04/2017    1 recensioni
Per Andrea Pazzi e Lucrezia Tornabuoni è amore a prima vista quando s’incontrano nella basilica di San Lorenzo durante il funerale di Giovanni de’ Medici. Il problema è che entrambi sono sposati e per di più le loro famiglie sono nemiche naturali. Ma questo non basterà a fermarli. Tra menzogne e segreti, l’esilio a Venezia cui lei prenderà parte e il ritorno in città della moglie e i figli di lui, sia Andrea che Lucrezia lotteranno con tutte le loro forze per cercare di tenere vivo il sentimento che li lega. Una lotta che riguarderà anche gli Albizzi, in particolar modo Ormanno il quale farà di tutto per dividerli a causa di una profonda gelosia, fino a quando un certo apprendista non entrerà nella sua vita e gli farà capire cos’è il vero amore.
Consiglio dell'autrice: leggete anche "Delfina de' Pazzi - La neve nel cuore", un'intensa e tormentata storia d'amore tra la mia Delfina e Rinaldo degli Albizzi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo dieci
Capelli rossi e sangue
 
Nonostante i buoni propositi, la sua collera non si era placata e il piacere fisico non gli aveva dato quel senso di appagamento che sperava. Non riusciva a togliersi dalla testa la conversazione avuta con Pazzi e il solo ripensare alla sua confessione d’amore per Lucrezia non faceva che ribollirgli il sangue nelle vene. Involontariamente strinse nel pugno un lembo di lenzuolo, il lino bianco e morbido messo apposta per lui in quanto cliente nobile.
Il calore di un corpo caldo che si appoggiò a lui parve dargli un attimo di tregua. Una voce gli sussurrò all’orecchio: “Confidatevi con me, Ormanno.”
Rossella, la giovane prostituta che in quegli ultimi anni era stata come un balsamo per le sue ferite spirituali, quella notte aveva miseramente fallito. Era una giovane donna scappata da un convento, che aveva trovato rifugio e fortuna nella casa di piacere di Madonna Leona. Non aveva mai rivelato il suo vero nome, per timore di essere ritrovata e ricondotta al convento, però quello che si era scelta le calzava a pennello vista la splendida massa fiammante di capelli che aveva, una moltitudine di ricci lunghissimi che le sfioravano le natiche e che si erano rivelati la sua specialità per i giochi piccanti. Ormanno ne aveva fatto la sua favorita sin dalla prima notte in cui l’aveva posseduta. Solo che, mentre lei col passare del tempo aveva cercato di entrare nel suo cuore, lui si era sempre limitato ad entrare nel suo corpo e ad innalzare poi un muro quando si trattava di sentimenti o semplicemente di confidenze.
Ormanno voltò leggermente il capo verso di lei, lo sguardo sfiorò prima le morbide curve dei seni che lei in quel momento teneva premuti contro il suo braccio, poi salì fino ad incontrare i suoi occhi azzurri e limpidi ma contornati di un pesante tratto nero di trucco che non gli era mai piaciuto e che lei si ostinava a mettersi.
“Non ho nulla da dire, a te. Resta al tuo posto o dovrò riferire a Leona che non ti comporti adeguatamente.”
A quelle parole Rossella ebbe un fremito e si ritrovò a stringere le natiche ricordando la punizione che le era stata inferta l’ultima volta in cui aveva forzato Ormanno a confidarsi con lei. A volte le sembrava di sentire ancora il bruciore delle frustate infertele con un ramoscello di salice essiccato.
“Perdonatemi. Volevo solo alleggerire il vostro fardello.” Disse con voce contrita, per poi ingoiare il timore e sfiorargli la guancia con le dita calde.
Ormanno le cinse i fianchi col braccio, la mano andò ad impossessarsi delle curve piene e burrose con bramosia, quindi le rubò un bacio forte che quasi le tolse il respiro.
Credendo che volesse riprendere il rapporto carnale, lei fece scivolare la mano sul suo corpo, sui bei pettorali scolpiti, sugli addominali, per poi avventurarsi sotto il lenzuolo ed afferrare tra le dita quello che lei amava chiamare ‘il pezzo forte’.
“No, per questa notte ho finito.” Tagliò corto lui, togliendo quella mano intrusa e scivolando fuori dal letto come un’anguilla.
Rossella camminò carponi fino al bordo del letto, le sopracciglia inarcate per la preoccupazione: “Ho forse commesso un errore? Siete così contrariato.”
Prese le braghe da una poltrona lì accanto, Ormanno cominciò a vestirsi: “No, niente di tutto ciò. Non sei tu la causa del mio malumore. C’è una cosa che devo sistemare.”
“Posso…esservi d’aiuto in qualche modo? Sapete che per voi farei qualunque cosa.”
Ormanno si lasciò sfuggire una risata amara: “Ne sono certo! Ma poi se venissi arrestata e giustiziata io perderei la mia favorita.”
Vestito di tutto punto, non gli restò che indossare il mantello e sprecare una parola per rassicurare la ragazza: “La prossima volta avrai un bel daffare per soddisfarmi. E’ una promessa.” Le lanciò prima un’occhiata maliziosa e poi una moneta che aveva preso dal borsellino alla cintola.
Mentre lui usciva dalla camera a passo spedito, Rossella prese la moneta che era finita sul letto, la sollevò e la rigirò tra le dita. Ogni spicciolo era un bene, niente di cui lamentarsi, però tutto l’oro del mondo non sarebbe mai bastato a riempire il vuoto nel suo cuore.
*
Essendo notte fonda, la città buia era invasa dal silenzio totale. Il che forse era un bene, perché se qualcuno avesse tentato di avvicinarsi per aggredirlo lui se ne sarebbe accorto e avrebbe estratto il pugnale dal fodero. Nonostante camminasse rapidamente, il suo passo era felpato e gli occhi invisibili nel buio erano vigili e pronti a scrutare qualsiasi movimento.  I sensi da soldato erano sempre attivi.
Ormanno sapeva che per liberarsi dei propri demoni c’era solo un modo e a quell’ora, in quel momento, coperto dal manto della notte, si stava appunto recando dall’unica persona che poteva aiutarlo. Voleva soddisfazione e, per ottenerla, non doveva far altro che uccidere quella dannata sgualdrina che era la causa di tutto.
Ancora una volta le parole di Andrea gli attraversarono la mente come il filo di una lama nella carne.
“…fino a quando avrò la sua totale fiducia e il suo corpo caldo nel mio letto, non ho intenzione di tirami indietro.”
Si portò le mani alle orecchie, come se quelle parole gli stessero ferendo i timpani, e invece poi si rese conto che il dolore era dentro la sua testa. Riabbassò le mani che poi strinse in pugni.
Sibilò: “Non le permetterò di portarmelo via.”
Affrettò ulteriormente il passo e, dopo quella che gli parve un’eternità, giunse infine alla piazza dove vi era la bottega dello Speziale. Anche se stava dormendo, l’avrebbe strappato ai suoi dannati sogni d’oro per portarlo nell’inferno della realtà. Voleva che l’uomo finisse il lavoro per cui suo padre l’aveva pagato. Al più presto.
Pronto a scagliarsi contro la pesante porta di legno bruciato dal sole e riempirla di pugni, Ormanno rimase sbalordito nel constatare che questa era aperta. Prima di rendersene conto si ritrovò all’interno della bottega e per poco non finì a terra, ma per fortuna riuscì ad aggrapparsi alla porta. L’interno era buio, l’aria era satura degli odori forti delle erbe mediche.
“Speziale?” La sua voce fendette il silenzio, ma non vi fu nessuna risposta.
Facendo attenzione, mosse qualche passo in avanti per raggiungere il banco e, quando lo trovò, tastò con le dita ogni cosa nella speranza di trovare una candela ed un acciarino.
“Maledizione.” Imprecò tra i denti, non trovando nulla. Comunque i suoi occhi stavano cominciando ad abituarsi all’oscurità e la luce fioca della luna alta nel cielo contribuì.
“Speziale? Sono Ormanno degli Albizzi. Mostratevi.” Questa volta parlò più forte.
Dato che nessuno rispose, pensò bene di recarsi alla porta che sapeva condurre all’interno dell’abitazione dell’uomo. Stando rasente al banco da lavoro, Ormanno fece dei passi ma all’improvviso trovò un ostacolo che lo fece cadere a capofitto.
“Ma che diavolo…?” Si rese conto di essere caduto su qualcosa di tiepido e grande all’incirca quanto lui. Era un corpo. Con uno scatto si sollevò gridando: “Chi siete?” Ma fu inutile, il corpo era immobile. Dovendo fare per forza uso del tatto, toccò con riluttanza la carcassa fino ad arrivare al viso. Sotto le sue dita sentì la sgradevole sensazione di pelle deformata.
“S…speziale?” La voce gli tremò.
All’improvviso una luce lo fece sobbalzare. Sgranò gli occhi e cercò di vedere oltre la candela che ora era sopra di lui.
“Messere.” La voce roca apparteneva ad un ragazzo alto e molto magro, vestito di abiti sgualciti e con lunghi capelli che gli coprivano parte del viso.
“Che cosa è successo? Chi…?”
“Non lo so.”
Ripreso coraggio, Ormanno si alzò in piedi e scavalcò il corpo per raggiungere il ragazzo.
“Tu chi sei?”
“Tommaso, Messere.”
“Ti conosco… Mio padre mi ha detto il tuo nome. Tu hai avvelenato Lucrezia de’ Medici.” Il suo interesse era improvvisamente impennato, ma poi si rese conto del turbamento del ragazzo, vide il suo sguardo puntato sul corpo dello speziale.
“Sicuro di non sapere nulla?”
Lui scosse il capo, una ciocca di capelli gli coprì un occhio: “Stavo dormendo, dei rumori mi hanno svegliato. Sono corso a vedere cosa accadeva e…l’ho trovato con un pugnale conficcato nella schiena. L’altro ragazzo che vive e lavora qui con noi è fuggito non appena gli ho detto che lo speziale era morto. Io sono rimasto.”
Abbassò la mano per illuminare meglio il corpo ed ecco che lanciò un grido.
“Che ti prende, adesso?” Sbottò Ormanno, i nervi a fior di pelle.
“Il…il pugnale. Non c’è più. Guardate!”
Ormanno si chinò su di un ginocchio ed esaminò il corpo. In effetti dalla ferita era fuoriuscito un rivolo di sangue che andava asciugandosi, ma non vi era traccia dell’arma né lì né attorno. Il che significava che oltre all’assassino qualcun altro era stato lì.
Tommaso ansimò: “Che cosa farò adesso? Non ho dove andare. E se resto qui verrò di certo arrestato e accusato di assassinio.”
“No, non accadrà.” Ormanno si rialzò e guardò dritto negli occhi il ragazzo per trasmettergli sicurezza: “Ora andremo insieme dal Gonfaloniere di Giustizia e gli racconteremo tutto. Starà a lui e ai suoi uomini trovare il colpevole. Dopo di che verrai a vivere a Palazzo degli Albizzi. I tuoi talenti saranno apprezzati, te l’assicuro.” Negli occhi una luce diabolica, mentre la sua mente contorta immaginava la morte di Lucrezia. 
  
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