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Autore: Robin Stylinson    21/04/2017    0 recensioni
«Sei un'incendiaria, Allen. Ed io il tuo protettore.»
Il Demonium era segnato dalla "Diciannovesima" profezia. Tutto era nelle mie mani e avrei fatto il possibile per salvarmi da Enkeli ma soprattutto da Harry perché quando ti innamori di qualcosa di cui hai paura, capisci che niente e nessuno potrà salvarti all'infuori di te stessa.
Genere: Sentimentale, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Louis si avvicinò a me, ancora immobile. Senza dire nulla si chinò ai miei piedi e iniziò ad asciugare il caffè.
Una volta ripulito il disastro fatto, si limitò a lavare lo straccio nel lavandino della cucina mentre io, senza fare rumore e senza dire una parola, mi dileguai in giardino.
Il tempo reggeva, le nuvole non minacciavano ancora pioggia. Mi sedetti su una delle sdraio che erano poste vicino al bordo di quella piscina poco utilizzata. Sembrava ancora nuova. Il maglioncino grigio della sera precedente mi riparava dal leggero venticello.
Come era possibile non aver parlato con Harry? Lo avevo sentito insultarmi.
Pensai all’accaduto per svariate ore. L’unica cosa che mi venne in mente era una cosa assurda, che mai si era sentita.


 
*
 
 
Nonostante il tempo incerto, passai la giornata in giardino. La sera cominciava a scendere su di noi e, come se fosse un comando automatico, mi alzai e andai in camera. Avevo bisogno di rinfrescarmi e di dare un’occhiata alla scottatura.
Chissà come stava Eileen.
Avrei bussato alla sua porta dopo essermi ripresa.
Mi diressi in bagno, pronta a sciacquarmi il viso. Aprii l’acqua, la feci scorrere per qualche istante prima che qualcuno iniziasse a bussare alla porta di camera mia. Mi guardai allo specchio. Non ero di certo presentabile, avevo le occhiaie e i capelli scompigliati ma non potevo lasciare che qualcuno sfondasse la porta per entrare.
Con uno sbuffo mi diressi verso l’uscio. Ruotai gli occhi e aprii la porta lentamente. Appena aperto, mi guardai attorno. Non c’era nessuno.
La cosa non era per niente divertente.
Non capivo chi si divertiva a fare questi scherzi idioti.
Respirai molto profondamente, chiusi gli occhi e ripetei la cosa per un paio di volte. Mi passai le mani sul viso e mi morsi la lingua per cercare di non imprecare.
Chiusi la porta quasi sbattendola e tornai in bagno, dove c’era ancora l’acqua che scorreva. Misi le mani sotto quel getto tiepido e, dopo essermi abbassata all’altezza del lavello, me la gettai in faccia per tre, quattro, cinque volte. Era come se volessi scacciare i pensieri dalla mente.
Avevo gli occhi chiusi e a tastoni cercai la salvietta sulla mia sinistra. Non appena la trovai, ci affondai il viso. Era morbida.
Alzai il volto, di nuovo, verso lo specchio per vedere se la situazione era migliorata, quando un biglietto incastrato nella cornice del vetro riflettente ebbe tutta l’attenzione.
Un attimo prima quel biglietto non c’era. Erano passati solo dei secondi tra il bagnarsi il viso e asciugarsi con la salvietta.
La cosa stava diventando inquietante.
Presi il biglietto facendo cadere la salvietta a terra. Era uguale a quello della sera precedente ma stavolta le scritte erano cambiate. Anche il disegno non era lo stesso.
Stavolta la parola era ARIA. Sotto di essa c’era un triangolino tagliato da una striscia, orizzontalmente, a un quarto di altezza partendo dalla punta, rivolta verso l’alto .
Mi tremavano le mani.
Girai il foglietto e la parola abbinata era ELEGANZA.
Prima acqua, poi aria.
Entrambi i simboli trovati sui biglietti erano dei tatuaggi che aveva Harry. Ma perché mi mandava quei foglietti? Perché dietro a ogni nome scriveva una parola?
Mi sarebbero arrivati altri bigliettini, non poteva fermarsi a metà. I simboli erano quattro e i biglietti due. E le parole dietro a ogni nome, erano collegate l’una con l’altra?
I pensieri m’invasero la mente quando sentii come pizzicare al braccio. Il braccio sinistro. Quello che ancora era fasciato.
Andai ad appoggiare il biglietto, che ancora avevo tra le mani, sul comodino. Lo misi insieme a quello precedente. Uno sopra l’altro. Mi sedetti sul letto e dopo aver preso un bel respiro, iniziai a slegare la fascia.
Cercai di farlo il più delicatamente possibile. Stranamente non faceva male.
Tolsi anche l’ultimo strato e mi accorsi che il rossore e la scottatura erano quasi passati, ma ora c’era un’altra cosa a preoccuparmi. Un qualcosa di nero si stava formando sulla pelle. Ci passai sopra le dita in modo leggero, come se quasi non toccassi nemmeno il braccio. La pelle sembrava che stesse tornando liscia.
Pigiai un po’ di più, con tutta la mano, non bruciava nemmeno.
Mi alzai dal letto, sembrava che la ferita stesse guarendo perfettamente. Non diedi tanta importanza a quello stupido segno nero, sarebbe passato anche lui.
Mi tolsi il maglioncino e la canottiera che avevo sotto. Stavo per togliere anche i pantaloni quando un ‘bip’ mi fece girare verso la borsa, buttata un po’ così su una sedia in un angolo della stanza. Era un messaggio. Mi avvicinai ad essa e iniziai a cercare l’i Phone.
Era un numero sconosciuto.
‘Vestiti in modo pesante ed esci da casa. Sono qui fuori che ti aspetto. Harry.’
  
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