Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Always__Potterhead    21/04/2017    1 recensioni
Quando, improvvisamente, i sogni di Hazel iniziano a farsi inquietanti e ripetitivi, Alison Cataluña inizia a preoccuparsi: non ha mai visto la sua amica così spaventata.
E quando, ancora più improvvisamente, le persone iniziano a scomparire dalla città di Washington, la situazione si fa ancora più seria.
Perché Alison Cataluña non è una normale ragazza. Lei è una Sopravvissuta, una dei pochi esseri umani i cui anima e subconscio non possono essere divisi. E dovrà combattere contro la Tormenatrice, una creatura dotata di straordinari poteri e conoscenza che vuole prendere potere sul mondo aiutata da un esercito di subconsci. Un esercito di persone alle quali è stata rubata l'anima.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Alison si stava annoiando. Guardò la sua compagna di banco, Marilene, che stava seguendo attentamente la professoressa. Come al solito.

Si girò a guardare Hazel e Victoria: stavano ridendo come sempre, guardando sotto al banco - probabilmente il telefono di Hazel -. Ailish, da vicino a Victoria, cercava di sbirciare.

Alison sbuffò di nuovo e appoggiò la testa sul palmo della mano, cercando di non addormentarsi. Dopo alcuni tentativi di rimanere sveglia, le sue palpebre si chiusero e tutto il mondo diventò nero. Passarono minuti, forse ore, e poi Sylvia le scrollò la spalla.

«Per quanto ho dormito?» le chiese a bassa voce.

«Ehm... circa un'ora.» rispose la sua compagna di banco.

«Così tanto?» si stupì la bionda.

«Ti beccherai una punizione, Alison, se non stai più attenta.» si intromise Marilene. «Lo sai, questo. Ti hanno già avvisato.» continuò.

«Lo so. Ma chimica mi annoia.»

«In realtà stavamo facendo biologia.» ridacchiò Sylvia.

«Biologia?!» chiese stupita la ragazza.

«Sì, Alison. Biologia.»

«Stai zitta, Hazel.»

«No, io non sto zitta. Tu non puoi darmi ordini, Alison. Ricordati che sei The stupid one!» le ricordò Hazel, cercando di non urlare in presenza di suo padre, il professore di matematica.

«In che senso?»

«Cataluña, girati.» Il professore parlò con voce strascicata e quasi senza voglia di vivere. Alison si girò, poggiando i gomiti sul banco.

La sua classe non era niente di speciale: come tutte le altre era interamente dipinta di bianco, con una colonna vicino alla porta quasi del tutto piena di scritte fatte con pennarelli o matite colorate, che riportavano parolaccie o insulti ai professori o persino promesse d'amore eterno. Le finestre alla sua sinistra, invece, erano alte e lasciavano entrare molta luce, anche se si potevano aprire solo nella parte superiore. La lavagna sporca e mai pulita dai bidelli era brutta e vecchia ed era in netto contrasto con l'altra lavagna – una interattiva –, che era bianca, pulita e nuova fiammante. Ad Alison piaceva quell'ambiente. Certo, c'era puzza di fumo – quello che i suoi compagni rilasciavano dalle sigarette fumate in classe al cambio dell'ora – ma tutto sommato era accogliente. A volte un po' troppo fredda, a volte afosa, ma accogliente.

Il resto dell'ora passò in fretta e la bionda quasi non si accorse che la campanella della pausa pranzo era suonata.

«Finalmente!» si stiracchiò Victoria, affiancando Alison. «Non ne potevo più della voce strascicata del professor Butler.» ridacchiò poi.

«Neanche io. E poi manda sempre me a fare i problemi!» Hazel ridacchiò.

«Tua madre vuole che parli male di tuo padre, Hazel?» Marilene si avvicinò, con la gonna svolazzante e i capelli scompigliati, probabilmente a causa del fatto che mentre prendeva appunti ci giocherellava continuamente.

La castana alzò le spalle. «A lei non importa. Anche lei lo prende in giro!»

Scoppiarono tutte a ridere, ripensando a tutte le volte che avevano deriso il loro professore per via della sua testa pelata simile a quella di un alieno.

Si diressero nel bar-ristorante davanti alla scuola, dove trovarono Sylvia e Alish intente a fare una scelta difficilissima, che avrebbe potuto cambiare loro la vita: patate fritte o patate al forno?

«Dai prendiamo le patate fritte.»

Sylvia sospirò. «E va bene. Vada per le fritte.»

«Ciao ragazze. Qual è il menù di oggi?» Hazel fece una smorfia vedendo il pesce sul piatto di Ailish.

«'Pesce e patate. Coca cola. Mela rossa o gelato al cioccolato'. In pratica, se non ti piacciono queste cose, per loro puoi anche morire di fame.» Marilene indicò con la testa i cuochi al lavoro.

«Be', almeno è cibo fresco e non scaduto!» ridacchiò Victoria.

«Non esiste l'acqua?» chiese Hazel ad un cameriere.

«Mi dispiace, ma non sono io che faccio i menù.» rispose lui.

«Ma almeno l'acqua ce la potevano mettere!» brontolò la riccia, tornando verso le altre cinque.

«Dai, vieni Hazel. Per l'acqua troveremo una soluzione. In quanto al tuo pranzo... vedrai che riusciremo a farti mangiare qualcosa.» Victoria prese un vassoio e si diresse verso l'area self-service, cominciando a riempirlo di pesce e patatine fritte.

Alison, intanto, stava cercando un tavolo insieme ad Ailish e Sylvia, cercando di non far cadere il suo vassoio.

«Cataluña, Robbins, O'Sullivan! Venite a sedervi al nostro tavolo!» Una mano si alzò in aria e si mosse in un segno di saluto militare.

Le tre amiche si scambiarono un'occhiata interrogativa, per decidere se sedersi o no al tavolo di Matthew Young e Luke Thompson.

Alison alzò le spalle. «Andiamo a sederci da loro. Basta che non arrivino quelli antipatiche di Gracie e Madison.» Le altre due annuirono, pienamente d'accordo.

«Come state, esercito?» chiese Matthew.

«Ma che ti importa?» Hazel arrivò con un vassoio con quattro bottiglie d'acqua, mezzo piatto di patatine fritte e un panino. Dietro di lei c'erano Victoria e Marilene.

«Siete il mio esercito. Per combattere dovete essere sane.» Il ragazzo castano addentò una patatina. Forse voleva sembrare figo, ma non lo era neanche un po'.

Alison non stava prestando attenzione a quella conversazione, intenta com'era a notare per la prima volta il locale. Le pareti di un giallo intenso facevano immaginare di essere sul sole – anche se il sole è rosso – e i tavoli ben disposti e puliti erano a forma di rombo, forse di plastica o di compensato di legno. Era carino, lì, ma la bionda ci andava principalmente perché il proprietario era un amico di suo padre e faceva a lei e alle sue amiche degli sconti molto generosi. In più, il cibo era buonissimo e fresco, o almeno così dicevano i cuochi.

«Quanto avete preso nel test di Latino?» si intromise Luke. Per fortuna non tutti erano come Matthew e non tutti pensavano solo a far colpo sulle ragazze. Per fortuna c'era Luke.

«Ottantacinque su cento.» Ailish alzò fiera la testa, sorridente.

«Cento su cento.» Il momento di gloria della bionda si spense e quest'ultima lanciò un'occhiata fulminante a Marilene.

«Lavoro eccellente, ingegner Baker!»

«Io sessantasei.» rispose Alison, tornata alla realtà.

«Be', io vado a parlare con Guy.» Ailish si alzò e si diresse ad un altro tavolo.

«E ti pareva.» Victoria sbuffò con tono scherzoso mentre la bionda le faceva la linguaccia.

Luke parlò: «Io vado in classe, Matt. Ci vediamo lì.» E se ne andò.

Hazel sussurrò a Victoria, ma tutte le persone sedute a quel tavolo sentirono: «Li shippo troppo!» E l'altra ragazza rise, ma non aveva una faccia molto divertita. Più che altro sembrava d'accordo.

Alison si alzò e posò il suo vassoio nello spazio apposito del ristorante. Doveva sbrigarsi se voleva arrivare in tempo alla lezione di Letteratura francese: il suo armadietto era ben lontano sia dall'ingresso che dall'aula in cui si doveva dirigere. Uscì in strada – certa che Hazel avrebbe pagato anche per lei – e rientrò a scuola, dirigendosi in corridoio, dove molti alunni chiacchieravano e ridevano. Ma lei non guardò negli occhi nessuno. Anche perché non conosceva nessuno. Assorta nei suoi pensieri non si accorse di essere arrivata al suo armadietto ed andò a sbattere contro il suo ex ragazzo, che – sfortunatamente – aveva l'armadietto vicino al suo.

«Ciao, Alison.» la salutò lui con un cenno del capo. I suoi amici lanciavano fischi in lontananza e poi ridevano, indicando i due con fare canzonatorio. La bionda non li degnò di uno sguardo.

«Maximilian. Come stai?» La ragazza cercò di ignorare le occhiatacce che arrivavano da una ragazza lì vicino, che batteva il piede a terra, in attesa. Era Catherine, la nuova “fiamma” di Maximilian.

«Abbastanza bene.» Il ragazzo sorrise. Alison, ora che lo guardava con occhi diversi, pensava che il suo sorriso fosse inquietante. «Tu?»

«Tutto okay.» rispose la bionda. Cercò di trattenere una risata mentre si girava verso l'armadietto, pensando a tutto l'inferno che Maximilian le aveva fatto passare in quei mesi: era stata male per diverso tempo, prima di rendersi conto, con l'aiuto delle sue amiche, che Max era un idiota. Ma quello per cui la ragazza rideva non erano i suoi ricordi, bensì un episodio – più che altro una conversazione su WhatsApp – con Maximilian.

Lui stava provando ad attaccare bottone con lei e le aveva detto che aveva una fiamma dentro di lui. E che si sarebbe spenta se lei non si fosse messa con lui. Tutte balle. Appena Alison aveva detto di non voler far l'amore con lui, Max se ne era andato dalla sua vita. E la fiammella che diceva fosse cresciuta dentro di lui fu soffocata lentamente in una teca di vetro inesistente.

Questa cosa la faceva ridere, e ogni cosa che aveva a che vedere con le fiamme la faceva morire dalle risate.

«Va bene. Io vado. Devo andare a lezione con Catherine.» Le fece un cenno con il capo. «Ci vediamo in giro.» E si voltò, cominciando a camminare.

Alison prese i libri che le servivano per le restanti tre ore di lezione e mise nell'armadietto quelli che ormai non le servivano più. Rimise il lucchetto alla chiusura e si diresse in classe, pensando ai suoi momenti con Maximilian. Per esempio, quando dovevano uscire per un appuntamento romantico. Lui era andato a prenderla sotto casa con la sua macchina. Pioveva. Pioveva a dirotto. Alison uscì di casa senza ombrello. Forse per errore, forse no. Fatto sta che salì nella macchina del suo ormai ex ragazzo. E si guardarono. Si guardarono a lungo, intensamente. E poi la ragazza fece combaciare le loro labbra, in un puzzle perfetto.

Il bacio era dolce e passionale allo stesso tempo. Le labbra di lui erano calde, accoglienti e ti invitavano a fiondartici di nuovo appena ti staccavi. Alison adorava quelle labbra. E adorava Maximilian. Lo amava, o almeno così credeva. Forse non lo amava veramente. L'amore, anche secondo Hazel, era una cosa stupida, alla loro età.

La bionda si riscosse dai suoi pensieri grazie al suono della campanella. Per fortuna, era riuscita ad arrivare in classe in tempo, nonostante l'imbarazzante incontro con il suo ex.

***

Quando arrivò a casa, si stese sul divano esausta. Ma non riuscì ad addormentarsi: dei rumori strani arrivavano dal piano di sopra. Probabilmente i suoi fratellini. Dato che li odiava a morte – la disturbavano sempre in momenti in cui non voleva essere disturbata –, decise che sarebbe uscita un po'.

Corse di sopra e si cambiò velocemente, per non dare tempo a Noah, Liam o Lux di raggiungerla. I jeans strappati dell'anno prima non volevano decidersi a entrare, così la ragazza fu costretta a prendere quelli neri. Maglia bianca, semplice, felpa grigia e le Vans. Era pronta. Scese di corsa le scale, afferrò lo zaino, lo svuotò e vi mise cose indispensabili per la sua sopravvivenza: trucchi – non si poteva mai sapere –, una bottiglia d'acqua, il portafoglio e qualche pacchetto di patatine.

Se doveva dirla tutta, per lei era deprimente uscire da sola, senza il suo gruppo di amiche. Ma quasi tutte erano impegnate o stavano già studiando per il compito di Biologia del lunedì.

Camminò per qualche chilometro e poi si fermò a sgranocchiare qualcosa. Poi venne attirata dentro dal negozio di trucchi. Dopo un po', uscì a malincuore, dato che non c'erano novità da comprare. In fondo, aveva comprato metà negozio solo il giorno prima. E l'altra metà il giorno prima ancora.

Mentre ricominciava a camminare notò un lavaggio di auto. Lì in piedi, con un cartello che invitava ad usufruire del servizio di autolavaggio, c'era un ragazzo. Da quanto Alison poteva vedere era abbastanza alto, robusto e aveva un ciuffo di capelli scuri che gli scendeva davanti agli occhi. Indossava uno di quegli stupidi costumi che servono ad attirare l'attenzione dei passanti, quelli cuciti male e brutti, non realistici, come le streghe ad Halloween. Era un cono stradale.

La bionda attraversò di corsa la strada – aveva il terrore delle auto veloci – e si diresse verso quel misterioso ragazzo.

Alison rise. Quel ragazzo era ridicolo. Si avvicinò.

«Ciao.» Sorrise.

«E tu saresti...?» Il moro aveva un aria perplessa, confusa, come se nessuno – specialmente le ragazze – gli avesse mai rivolto la parola mentre lavorava. O durante tutta la sua vita.

«Mi chiamo Alison. Piacere di conoscerti.» Gli porse la mano e lui la strinse, maldestro nel suo travestimento da cono.

«Cody. Piacere mio.»

«Be', Cody. Sei ridicolo, lasciatelo dire.» Alison si fece scappare una piccola risata.

«Lo so.» Il ragazzo ridacchiò. «Il mio capo vuole che faccia il mio lavoro vestito da cono stradale.»

«Oh capisco. Quando finisci il turno?»

«Fra qualche minuto.»

«Dopo potremmo conoscerci meglio, se ti va.»

«Volentieri.» Il ragazzo sorrise. E proprio in quel momento Alison si accorse di aver fatto la cosa più buffa in tutta la sua vita.

Aveva chiesto di uscire ad un ragazzo.

Un ragazzo vestito da cono stradale.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Always__Potterhead