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Autore: StormyPhoenix    21/04/2017    3 recensioni
Los Angeles, primi anni del nuovo secolo. Quasi per caso si incrociano le strade di una ragazza sola e in fuga dal suo passato spiacevole e di una delle band più famose del posto; un sentimento combattuto che diventa prepotente salderà il legame.
(Prima storia sui SOAD, so che è un po' cliché ma vabbè.)
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daron Malakian, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ehilà!
Voglio essere buona e aggiornare di già/di nuovo, anche se siamo quasi agli sgoccioli col materiale già pronto (altri 2-3 capitoli soltanto sono pronti), ma sono drogata di recensioni e proprio non resisto XD oltretutto non so quando aggiornerò di nuovo, con tutta probabilità lo farò la prossima settimana ma non ne ho certezza...
Anche questo capitolo è importante, il titolo della storia viene dalla canzone del titolo di questa parte dopotutto :3 spero piaccia!
Buona lettura <3




 

-Daron-

Di ritorno in America con i ragazzi non c'è scampo né riposo, sebbene i ritmi si facciano un poco più sopportabili in materia di sonno e letto, bisogna continuare a lavorare sul nuovo album: il nome che io e gli altri abbiamo deciso di dargli, "Steal This Album!", ispirato a "Steal this book" di Abbie Hoffman, è chiaramente sarcastico e riferito alle care personcine che hanno ben pensato di ricorrere alla pirateria informatica per mettere in circolazione tutti i brani non finiti e non confluiti in "Toxicity". Tiè, beccatevi questo!

Oggi il cielo è limpido, macchiato qua e là da piccole nuvolette bianche, ma l'aria è pure troppo fresca per essere ad aprile; in pausa da prove e registrazione, sto affacciato da una finestra che dà sulla trafficata strada sottostante, così in basso rispetto alla mia posizione da provare leggere vertigini.
«Pausa finita, si torna al lavoro! Forza!» il vocione tonante di Serj spezza la mia contemplazione del paesaggio urbano; richiudo l'imposta e sospiro, tirandomi un po' su i jeans e risistemandomi la felpa prima di raggiungere i miei colleghi.
«Sono molto soddisfatto di come l'album si sta sviluppando» Rick, che è lì con noi in studio, inizia a parlare appena siamo tutti insieme. «Che ne dite se oggi, finalmente, registriamo "Roulette"? Credo sia giunto il momento, non si può rimandare in eterno e quella canzone è troppo bella per essere scartata ancora.»
«Dacci un'oretta circa per provarla insieme» dice Serj «poi, una volta sicuri della performance, Daron verrà a registrare almeno la traccia principale di chitarra.»
«Perfetto, a dopo allora» conclude il produttore, alzandosi «io intanto vado a prendere un caffè e qualcosa da sgranocchiare. Volete favorire?»
«No, grazie» una inattesa risposta all'unisono giunge alla domanda.
Ci riuniamo nella sala dove proviamo e, mentre Serj ed io prendiamo posto su delle sedie, Shavo e John preferiscono rimanere in piedi, appoggiati contro una delle pareti. Mi munisco di plettro e imbraccio una chitarra, la stessa chitarra classica con cui Nikki suonò tempo fa; la consapevolezza di ciò, in qualche modo, provoca lievi fremiti diffusi lungo le mie mani.
«Pronto?» mi domanda il cantante, osservandomi con aria un po' curiosa.
«Sono nato pronto, io» ridacchio per scaricare la tensione. «Tu?»
«Certamente.»
Dopo pochi attimi di esitazione mi concentro e inizio a strimpellare con dolcezza, Serj tossisce appena e poi comincia; mi aggrego a lui nella parte in cui cantiamo insieme, cioè nel ritornello, ma la voce mi esce più volte semi-strozzata e alla fine decido di rimanere in silenzio per questa prima prova.
«Daron, tutto okay?» il cantante mi si avvicina, un po' preoccupato, a fine brano.
«Sì, Serj, tutto okay, non preoccuparti... giusto un po' di stanchezza, passerà» replico con voce più inespressiva possibile, sperando di non essere smascherato in qualche modo.
«Uhm... tu non me la conti giusta» risponde il mio interlocutore, scrutandomi «ma per ora sei salvo perché abbiamo altro da fare. Su, riproviamo.»
La seconda e la terza prova vanno decisamente meglio, al che decidiamo che è giunto il momento di registrare e, toccando a me per primo, mi dirigo verso la sala di registrazione.
«Fino a ieri funzionava, non so cosa sia successo!»
«Su, calma e sangue freddo, troveremo la soluzione.»
«Che succede?» domando, affacciandomi nello spazio attiguo in cui vi sono tutte le consolle per il controllo dell'audio e per tremila altre funzioni: trovo un paio di tecnici dall'aria un po' disperata, in piedi, e Nikki seduta su una sedia da ufficio e apparentemente molto più placida.
«C'è qualcosa che non va, ma non credo ci sia un vero guasto» spiega la ragazza tranquillamente. «Simon, hai controllato se tutti i cavi sono collegati in maniera corretta?»
Il tecnico da lei nominato si precipita a controllare minuziosamente, poi all'improvviso proferisce un'esclamazione esultante.
«C'era un cavo inserito al posto sbagliato!»
«Bene, d'ora in poi un po' più di attenzione basterà. La prossima volta che mi fai prendere un infarto per una cosa simile ti mordo, eh!»
La ragazza è così disinvolta e professionale in veste di tecnico d'assistenza, ma nonostante l'importanza del suo compito non è superba... è affascinante, devo ammetterlo.
«Tutto risolto ora, vai pure a registrare» si rivolge a me, sorridendo in modo affabile; in quel momento noto che le ombre sotto i suoi occhi sono più scure di quanto ricordassi e percepisco lo sforzo fisico e mentale dietro quell'espressione facciale, ma mi limito a ricambiare quel gesto gentile prima di voltarmi e andare nella sala insonorizzata di fronte.
Una volta pronte le tracce necessarie, quella principale di chitarra e quella cantata di Serj, tocca di nuovo a me per completare la parte vocale. Il microfono nero di fronte a me, una vista usuale, improvvisamente mi mette in soggezione ed è per questo che esito per diversi minuti prima di dare l'okay per partire; una volta che la musica giunge nelle cuffie ogni cattiva sensazione si affievolisce... solo dopo aver finito mi rendo conto di aver cantato bene nonostante un piccolo nodo nella gola.
Ho un problema che non posso spiegare, non ho una ragione per cui avrebbe dovuto essere facile, non ho domande ma ho una scusa, manca la ragione per cui dovrei essere così confuso. So come mi sento quando ti sto vicino, non so come mi sento quando ti sto vicino.
È come se avessi appena cantato parlando di...
"Una bella canzone che parla di una bella ragazza."
...lei.

«Hey Shavo, ti spiace se ti faccio compagnia per un po'?» chiedo, vedendo il mio amico fumare.
«Ma figurati» replica lui con un sorriso, dandomi una lieve manata amichevole su una spalla.
È quasi mezzanotte di una giornata di fine aprile e siamo finalmente a casa dopo l'ennesima giornata sfiancante in studio. Serj e John sono già a letto e ronfano da almeno un'ora, probabilmente anche Nikki starà facendo lo stesso ma non vi è certezza... visto quanto è stata silenziosa e malinconica oggi, nessuno è andato a indagare per rispetto della sua privacy e della sua tranquillità.
Accendo con molta calma la mia stecca di erba, l'ultima prima di andare a dormire, e prendo un paio di tiri quasi meccanicamente prima di sospirare.
«Tutto okay?» domanda il bassista, osservandomi di sottecchi.
«Sì, almeno credo.»
«Non ne sei certo? Ad ogni modo, ultimamente sei strano un botto... cos'hai?»
Lo sapevo che me l'avrebbe chiesto... prendo un respiro profondo e un altro tiro mentre formulo mentalmente la risposta. «Nulla, è solo un periodo particolare... passerà, come tutto.»
Shavo non sembra affatto convinto, ma capisce che non ho intenzione di essere molto loquace e dunque lascia perdere l'argomento. «Speriamo sia così, allora... nel frattempo, qualunque sia il problema, ti raccomando di non cedere alla tua solita tendenza alle seghe mentali.» Facile a dirsi, purtroppo...
Dopo aver spento l'esiguo mozzicone sulla nuda ringhiera metallica il bassista mi augura la buonanotte e gli rispondo con appena un filo di voce; resto ancora per un po' imbambolato ad osservare la distesa di case e grattacieli di fronte a me prima di riscuotermi e rientrare, chiudendo accuratamente la finestra.
I miei passi sembrano perfino rumorosi nella casa silente, per cui sfilo le scarpe per fare meno rumore; arrivato alla mia stanza, appoggio sul pavimento le mie sneakers e poi mi accorgo che la porta della camera usata da Nikki è rimasta socchiusa e, preso dalla curiosità, decido di andare a dare un'occhiata.
La piccola abat-jour sul comodino è ancora accesa, segno che deve essersi addormentata così velocemente da non ricordarsene, e diffonde una luce aranciata soffusa e tenue. La ragazza sembra quasi scomparire nel piccolo cumulo di cuscini e sotto la coperta e il suo sonno è apparentemente pacifico. Mi avvicino in punta di piedi per osservarla: le ombre scure attorno agli occhi saltano subito all'occhio, seguite da alcune lievi tracce di trucco sbavato sulle guance magre, poi mi accorgo che sta dormendo abbracciata ad un cuscino lungo.
Credo che, oltre a sentirsi sola e a cercare di farsi compagnia con un oggetto inanimato, abbia anche pianto un poco, così silenziosamente che nessuno se n'è accorto, e questa consapevolezza mi provoca una piccola fitta nel petto.
Spengo la lampada e proprio in quell'attimo la ragazza si muove nel letto e a me si mozza il respiro, temendo di averla disturbata, ma subito torna immobile e il suo respiro rimane lieve e regolare. Dopo una rapida occhiata e qualche ragionamento breve decido di passare qualche ora qui per tenerle compagnia, per cui mi tolgo felpa e calzini, lasciandomi addosso la t-shirt nera e i pantaloni di tuta neri, e mi stendo con cautela al suo fianco, rivolto verso di lei. Nella semioscurità riesco ancora a distinguere i tratti del suo viso rilassato e, sentendo improvvisamente che il sonno non accenna ad arrivare, lascio il corso dei pensieri libero di fluire.
All'inizio Nikki rappresentava un "imprevisto" piombato dal nulla che mi inquietava alquanto perché in fondo si è tutti un po' abitudinari: lei era l'eccezione nella routine in un periodo che non era esattamente molto facile, perciò all'inizio il mio atteggiamento era spiritoso ma non particolarmente positivo o affettuoso.
Poi l'ho conosciuta. Ho scoperto che persona autentica lei è, nella sua sofferenza e nel suo essere, ho visto cosa lei nascondeva sotto quella corazza fatta di capelli blu, un piercing, due piccoli tatuaggi, stile rocker e un'attitudine da dura, ho visto le sue cicatrici e conosciuto parte del suo passato e il "muro" eretto da me è crollato miseramente.
So e non so, allo stesso tempo, come mi sento quando c'è lei perché non so cosa provo esattamente per lei, che mi ostino a definire "mia cara amica"... o forse lo so e non voglio ammetterlo e per paura di dare un nome a ciò che provo "scappo" da lei e anche da me stesso.
Temo di non avere speranze di qualche reciprocità di sentimento perché, diciamocelo, non sono bello né fisicamente né caratterialmente, sono soltanto un ridicolo fattone con un carattere difficilotto che soffre d'ansia e suona la chitarra in una band e forse non sono nemmeno pronto per una nuova relazione dopo le precedenti delusioni... in fondo temo anche che lei prima o poi ripartirà, sparirà così com'è apparsa e per questo ci rimarrei davvero troppo di merda perché mi sono affezionato a lei.
Tina doveva rimanere nel passato, nei ricordi dei primi anni con la band, quando suonavo in una band emergente e già adorata da molti fans, mi vestivo e truccavo in maniera super eccentrica e scopavo con tante ragazze e groupies che avrebbero dato tutto per farsi una fama e per passare una notte a letto con me e dunque mi sentivo anche figo; poteva anche essere brava e interessante a letto, ma ha finito solo per stancarmi perché era un'ochetta senza cervello. Ma, chissà come, è stato sempre per ragazze come lei che ho sofferto perché mi sono innamorato dei bei visi e dei bei corpi e l'aridità interiore che nascondevano l'ho scoperta tardi, a volte anche grazie ai loro tradimenti che hanno finito per ferirmi anche se cercavo di non darlo a vedere.
Nikki unisce bellezza esteriore ed interiore e mi piace, ma se finissi per rovinarla in qualche modo? Se soffrisse per colpa mia? E se meritasse qualcuno migliore di me?
No, è troppo per me, non posso averla... anche se vorrei.
Allungo una mano per sfiorarle il viso più delicatamente possibile, con il cuore che batte un po' veloce, e appena i miei polpastrelli toccano la sua pelle lei sospira profondamente, come se fosse cosciente di ciò che succede, poi abbandona docilmente la testa contro il palmo... ora sono costretto a rimanere qui. Dio, che devo fare...

  
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