Titolo:
Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.848 (Fidipù)
Note: E dopo il matrimonio, si
riprende la quotidianità dei nostri, fatta di università, riunioni
strategiche, set fotografici (per i due modelli di Parigi) e quant'altro.
E intanto inizia a smuoversi qualcosa: che i nostri baldi eroi abbiano
capito qualcosa? E Dì Ren, quando la smetterà di fissare la scacchiera e
farà la sua mossa? Parlando del capitolo...beh, grazie a questo, ho capito
che fino a ora chiamavo in modo errato il campionato di calcio francese e
lo appellavo come quello inglese (geniale, vero?) e attualmente la Ligue 1
è sotto l'egemonia del Paris St. Germain, che vince il campionato dal
2012; inoltre ho fatto la scoperta del lotto francese: nato nel 1505,
grazie a Re Francesco I ed è il gioco preferito dai francesi, che hanno
l'opportunità di tentare la fortuna tre volte alla settimana (il lunedì,
il mercoledì e il sabato) ed è necessario scegliere 5 numeri che vanno da
1 a 49, inoltre è necessario scegliere un ulteriore numero bonus dall'1 al
10.
E sì, ho fatto le mie solite ricerche.
E non mi sembra ci sia altro da dire...non credo almeno...
Come sempre, vi ringrazio tantissimo per il fatto che seguite le mie
storie, le leggete, le commentate, le inserite nelle vostre liste, le
usate per andare al bagno (ok, questo non lo so ma siccome son propensa a
dire che stimolo certe attività corporee...beh, penso siano un ottimo
utilizzo, no?)
Grazie di tutto cuore!
E con Miraculous Heroes ci vediamo lunedì!
Rafael si svegliò, allungando una mano sul
materasso e sentendolo vuoto ma ancora tiepido al tatto: «Sarah si è
alzata da poco.» lo informò Flaffy, volando verso di lui con una barretta
di cioccolato fra le zampe: «Ha pensato di farti dormire, visto che stavi
riposando tranquillo…»
Il ragazzo annuì con la testa, mettendosi seduto sul letto: «Ora mi alzo…»
sentenziò, passando una mano sul volto e sospirando: anche quella notte
aveva avuto l’ennesimo incubo, la visione che aveva dominato gran parte
del periodo in cui era stato solo, ora era tornata in maniera prepotente.
«Stai bene?»
«Sì» mormorò Rafael, carezzando il capino del kwami e sorridendogli: «Mi
sto solo trasformando in una specie di Kang, direi. A breve vedrò tutto il
futuro anche io e inizierò a tessere le mie trame…»
«Non capisco perché ti stia succedendo questo» mormorò Flaffy, addentando
la barretta e masticò lentamente il boccone, scuotendo poi la testa: «Più
ci penso e più non capisco: nessuno dei miei Portatori ha avuto simili
problemi.»
«Qualche altro dei tuoi Portatori ha provato a usare il tuo potere per
scoprire i numeri del Lotto? O avere in anticipo i risultati della Ligue
1?» dichiarò il ragazzo, alzandosi in piedi e dando un’occhiata al
pavimento, alla ricerca dei suoi indumenti.
«No, quello no.»
«Forse è il prezzo che devo pagare per avere usato il potere per uso
personale» mormorò Rafael, recuperando i pantaloni del pigiama dal
pavimento: «Non ho un malessere come Gabriel, perché ho fatto così per
meno tempo rispetto a lui, ma questo è un…Flaffy, che c’è?»
«Niente. Ho solamente capito perché Plagg si lamenta tanto del fatto che
Adrien gira per camera nudo.»
Rafael abbassò lo sguardo, abbozzando un sorriso e indossando velocemente
i pantaloni che teneva in mano: «Scusa. Ero sovrappensiero…» mormorò,
massaggiandosi il petto nudo e guardandosi nuovamente attorno: «Dov’è la
mia maglietta?»
«Ce l’ha Sarah.»
«Eh?»
«Quando si è svegliata se l’è messa.»
Rafael annuì, uscendo dalla camera e raggiungendo velocemente la cucina,
fermandosi sulla porta: Sarah era in piedi davanti ai fornelli, intenta a
preparare la colazione per entrambi, con i capelli biondi raccolti e la
sua maglia che le lasciava scoperto le gambe e parte del sedere.
Sorrise, raggiungendola e posando il capo contro la sua spalla, sentendola
sobbalzare: «Mi hai spaventato!» lo riprese lei, dandogli una leggera
manata sul bicipite e allontanandosi di qualche passo, fissandolo male.
«Perdono, perdono» sentenziò Rafael, avvicinandosi e prendendola fra le
braccia: «Buongiorno, apetta» dichiarò, chinandosi e sfiorandole le labbra
con le proprie: «Dormito bene?»
«Questo dovrei chiederlo io a te.»
«Sto bene…»
«Rafael.»
«Sto bene. Davvero» sospirò il ragazzo, posandole nuovamente la testa
contro la spalla e sentendo la mano di Sarah accarezzargli i capelli: «Non
è bello vedere sempre Parigi distrutta nei propri sogni, ma ci sto facendo
l’abitudine. Davvero» mormorò, voltandosi e baciandole il collo: «Se poi
mi sveglio e trovo un simile spettacolo…»
«Spettacolo?»
Rafael sorrise, imprigionando Sarah contro il bancone e piegandosi verso
di lei, sfiorandole il lobo con le labbra: «Tu, con la mia maglietta
addosso e una bella visuale del tuo sedere…» dichiarò, sorridendo e
osservandola in volto: «Se non dovessi andare in facoltà, avrei recitato
alla perfezione il ruolo di uomo di caverna.»
«Mi avresti preso come un sacco di patate e portato nel tuo antro?»
«Esattamente, apetta» dichiarò il moro, osservando i preparativi della
colazione e aggrottando lo sguardo: «Dove sono i tuoi cereali?»
«Li ho finiti.» dichiarò la ragazza, abbozzando un sorriso: «Pensavo di
averli finiti a casa mia e non qui.»
«Sarebbe veramente più comodo vivere nella stessa casa…» buttò lì Rafael,
allontanandosi da lei e iniziando ad armeggiare con il bricco dell’acqua:
«Quindi prendi anche tu il the?» domandò, allungandosi verso il pensile e
recuperando due bustine di infuso: «Sarah?»
«Ah. Eh? Sì. Anche io.»
«Che hai?»
«Nulla, nulla.»
«Sarah.»
La bionda si morse il labbro inferiore, alzando le spalle: «Quello che hai
detto…» pigolò, notando lo sguardo grigio e confuso di Rafael posarsi su
di lei: «Sulla casa.»
«Ah» Rafael si voltò verso di lei, giocherellando con il ciondolo a forma
di pavone: «Ecco, io…»
«Immagino che l’hai detto sovrappensiero, no? Insomma, noi…»
«Io lo vorrei» dichiarò il parigino, fermandola e sorridendo dolcemente
all’espressione confusa: «In pratica già lo facciamo, no? Vivere assieme.
Se non sono io da te, sei tu qui e…» si fermò, lasciando andare il
Miraculous e massaggiandosi il collo, sospirando: «Niente, era un pensiero
che mi è venuto quando sei tornata dall’America. Ma immagino che per te
sia presto e quindi non ti ho mai detto nulla.»
«Mi vorresti davvero qui con te?»
«O verrei io a vivere da te» mormorò Rafael, abbozzando un sorriso:
«Certo, sarebbe più comodo qui: questa casa è dei miei genitori, quindi
non c’è un affitto da pagare, poi è in una bella zona e tu adori Sacre
Coeur; inoltre ho una connessione migliore della tua: immagina vedere i
tuoi drama senza dover aspettare che si carichi la barra del video…»
«Stai provando a convincermi?»
«Non so. Ci sto riuscendo?»
La ragazza sorrise, allungando una mano e carezzando il gioiello che
Rafael teneva al collo, facendo poi scivolare i polpastrelli sulla pelle
liscia: «Io...io…»
«Non voglio una risposta, Sarah» mormorò il moro, abbozzando un sorriso:
«Solo pensaci. Ok?»
«Ok.»
«Non c’era bisogno di accompagnarmi» mormorò Marinette, osservando Adrien
uscire dall’auto argentata e sorridendo al Gorilla che, silenzioso come
sempre, stava guardando in avanti con le mani strette attorno al volante:
«Farai tardi…»
«Non faccio tardi.» dichiarò Adrien, intrecciando le mani con quelle della
ragazza e tirandola verso di sé: «Ho lezione fra un’ora e il set
fotografico sarà questo pomeriggio. Sono in tempo per tutto, quindi non
preoccuparti, ok?» il biondo si chinò, sfiorandole il naso con il proprio:
«Come stai?»
«A parte il mal di schiena?»
Adrien ridacchiò, assentendo con la testa: «A parte quello» mormorò,
sorridendole dolce: «Forse dovrei essere meno…»
«No!»
«Marinette?»
«Cioè…ecco…io…mi sono scavata la fossa da sola.»
«Sì, coccinella pervertita» dichiarò Adrien, tirandola contro di sé e
posandole il mento sul capo: «Quindi ti piace che io sia così voglioso.
Bene.»
«Non potresti esserlo in una giusta dose? Sarebbe un po’ seccante se poi
non potessi combattere Dì Ren perché qualcuno è parecchio attivo a letto.»
Adrien si mosse, poggiando la fronte contro la spalla di Marinette e
ridendo divertito: «Sei unica, Marinette» mormorò fra le risate, rialzando
poi la testa e scuotendola: «Giusta dose…»
«Non siamo usciti di casa per due giorni, Adrien.»
«Non mi sembra che ti sei lamentata: non possiamo fare una luna di miele a
modo e quindi…»
«Mi sto lamentando ora.»
«Adesso non è valido.»
«Perché no? Adesso che sono lucida…»
«Ah. Quindi ti faccio talmente impazzire – di piacere, ovviamente – che
non sei lucida?»
Marinette sospirò, chiudendo gli occhi: «Come ci siamo finiti a fare
questi discorsi?» mormorò, riaprendo le palpebre e osservando il ragazzo
con un sorriso divertito in volto: «Io davvero…»
«Ti lamentavi del tuo mal di schiena» le rispose Adrien innocente: «Vuoi
che il tuo maritino ti faccia un bel massaggio stasera?»
«No.»
«Come no?»
«No, perché so dove finiremo poi.»
«Tanto ci finiremmo lo stesso» dichiarò Adrien, facendo la linguaccia:
«Non è colpa mia se le coccinelle non sanno resistere al richiamo degli
ormoni.»
«Sei in ritardo, Adrien.»
«Non è vero, vengo sempre puntuale.»
«Adrien!»
Il biondo ridacchiò, chinandosi e poggiando la fronte contro quella
della moglie: «La smetto di prenderti in giro. Per ora» dichiarò,
osservando il volto imbronciato di lei: «Sai che sei bellissima anche da
arrabbiata?»
«Stai cercando…»
«Di evitare la possibilità di dormire sul divano dopo tre giorni di
matrimonio? Sì.»
«Per quanto tu sia impossibile, non ti farei mai dormire sul divano per
così poco.»
«Ehi, potrei usare queste parole contro di te un giorno» dichiarò il
biondo, voltandosi appena e osservando Nathaniel entrare nell’edificio:
«Secondo te come fa Xiang a conoscerlo?» domandò di punto in bianco,
attirando l’attenzione di Marinette sul rosso: «Lei non è tipo da
frequentare questa scuola.»
«Xiang va al Louis-le-Grand» mormorò la mora, sospirando: «Quindi non so
proprio dove possa averlo conosciuto e, da quel che ci ha raccontato, da
quando è qui a Parigi non ha avuto molti contatti: seguiva noi per via dei
Miraculous e poi si è avvicinata ad Alex, ma sempre per lo stesso motivo.»
«E l’interesse che aveva per lui al matrimonio…» bisbigliò Adrien,
assottigliando lo sguardo: «E’ ancora strano?»
«Non so dirti. Al matrimonio non ci ho parlato molto e poi…beh, lo sai.»
«Sì, lo so molto bene» dichiarò Adrien, facendole l’occhiolino e
portandosi le mani della moglie alle labbra: «Puoi farmi il favore di
stare attenta?»
«A chi?»
«A Nathaniel.»
«Adrien…»
«Ragiona, Marinette: che cosa ossessiona Xiang?»
«Dì Ren.»
«E quindi…»
Marinette aprì la bocca, voltandosi verso la porta dell’edificio e poi
tornando a guardare il marito: «Pensi…»
«Non lo so» dichiarò Adrien, sorridendole: «Ma voglio che tu stia attenta.
E chiamami, se vedi qualcosa di strano. Ok?»
«D’accordo.»
«Marinette, sono serio. Ti conosco e so quanto ti piace fare di testa tua
o da sola.»
«Starò attenta, te lo prometto.»
«E…»
«E ti chiamerò, se vedo qualcosa di strano.»
Alex picchiettò la penna sul blocco davanti a sé, passandosi una mano fra
i capelli e spettinandoli di più di quel che erano, scuotendo poi il capo:
«Non hai nessuna idea, Wayzz? Nemmeno una piccola piccola?» domandò,
guardando intensamente il kwami della tartaruga e pregando dentro di sé
che una lampadina si accendesse.
«Ho pensato e ripensato a quello che hai detto, Alex. Ma non ho nessuna
idea.»
«Non stiamo andando da nessuna parte.» sbuffò Lila, incrociando le braccia
e fissando una alla volta gli altri occupanti della stanza: Wayzz e Vooxi
erano sul tavolo, cercando di dare qualche nome ad Alex sulla possibile
identità di Dì Ren; Willie e Fu erano seduti con loro ma non stavano
partecipando alla conversazione, troppo impegnati a fare delle ricerche
sui testi antichi del maestro, Xiang era in completo silenzio anche lei,
spostando la sua attenzione dall’americano ai kwami.
E Wei…
Wei era seduto accanto a lei e le carezzava il dorso della mano, quasi a
consolarla di quel fallimento totale di riunione.
«Se solo Gyrro fosse qui…» mormorò Wayzz abbattuto, chinando il capino e
inspirando profondamente: «L’ho sempre aiutato con la documentazione che
riguardava l’andamento della città: se c’era un problema ero io che
intervenivo, se Plagg combinava qualcosa intervenivo io, se…»
«Amico, è inutile che ti scervelli: il caro vecchio Gyrro non ti ha messo
al corrente di questa informazione. Di vitale importanza, soprattutto
ora.» mormorò Vooxi, sbuffando: «Poi mi chiedo cosa ci serve sapere chi
era.»
«Magari per capire i suoi scopi e anticiparlo?» borbottò Alex, lasciando
andare la penna sul blocco: «Sarebbe più facile hackerare il sistema del
Pentagono…»
«Puoi farlo?» domandò Lila, fissando Alex: «Veramente?»
«Dovrei studiarci un po’ sopra, ma non sarebbe infattibile.»
«Alex, mi sorprendi…»
«Ehi, prima ancora di essere un nerd, fissato con i supereroi, sono un
hacker provetto» dichiarò orgoglioso il ragazzo, sistemandosi gli
occhiali: «Mio padre ancora mi odia per quando manomisi il sistema della
base di Chattanooga: ma insomma, non è che ci fosse qualcosa da fare da
quelle parti e il Tennessee è un posto veramente noioso per un newyorkese
di quattordici anni»
«Uao. E lo ripeto: uao. Quello che sapevo fare io a quattordici anni era
far impazzire Chat Noir e Ladybug con i miei poteri di akumatizzata»
«Io aiutavo i miei, facendo il guidatore di risciò» mormorò Wei,
sorridendo: «E’ stato il mio primo lavoro ed ero anche molto bravo.»
«Io vivevo a Shangri-la e cacciavo»
«Uno di voi che abbia avuto una vita normale, no?» sbottò Willhelmina,
chiudendo il libro e prendendo il cellulare, storcendo le labbra: «Felix,
amico tuo, informa che sta arrivando, Fu.»
«Perché amico mio? E’ il tuo amante.»
«Per avere un amante, dovrei essere sposata o avere un compagno.»
«Mi correggo: è il tuo compagno.»
«Fu!»
«Fu cosa?»
La donna si voltò versi gli altri, seduti al tavolo indicando l’anziano al
suo fianco: «Gli potete dire qualcosa?» sbottò, mentre il campanello
dell’abitazione informò che qualcuno era alla porta.
«E’ già qui» piagnucolò Willhelmina, sbuffando mentre Fu si alzava e
andava ad aprire al nuovo ospite: «Perché è tornato? Perché?»
«Felix non vedeva l’ora di rivederti, Bridgette» lo informò Xiang,
sorridendo: «Ha passato tutto il tempo ad allenarsi per essere sicuro di
poterti proteggere.»
«Che amore!»
«Vero, Bri?» esclamò il biondo, entrando nella stanza e sorridendo alla
donna: «Sono sopravvissuto, solo per poter stare con te.»
«Ma le frasi a effetto sono comprese nel pacchetto ‘Miraculous del Gatto
Nero’?» domandò Lila, osservando l’uomo poggiarsi contro lo stipite e
incrociare le braccia, tenendo sotto controllo la donna al tavolo: «Come
anche l’amore ossessivo. Giuro, voi del Gatto Nero siete inquietanti…»
«Oh, Lila. Oggi ho avuto il piacere di conoscere tua madre.»
«Condoglianze.»
«Lila…»
«Donna molto interessante, devo dire» dichiarò Felix, sorridendo: «E, a
quanto ho capito, tuo padre è molto favorevole alla mia candidatura come
sindaco.»
«A mio padre non piace Bourgeois» mormorò Lila, sbuffando: «Quando sono
venuta qui in Francia la prima volta, Bourgeois…beh, non si è fatto
proprio ben volere.»
«Bourgeois è parecchio cieco rispetto ai cambiamenti» dichiarò il biondo,
annuendo con la testa: «Per questo ho indirizzato la mia campagna
elettorale proprio sul mutamento.»
«Sei venuto per parlare di politica?»
«No, Bri. Sono venuto per portare qualcosa a Fu» dichiarò Felix,
osservando l’anziano entrare nella stanza con i tre fratelli dietro di sé:
«Allora, vecchio mio?»
«Fa è morta» sbottò Fu, attraversando la sala e dirigendosi verso il
telefono, pronto a dirne quattro all’ex-Portatrice della Farfalla:
«Mandarmi i suoi nipoti per cosa? Per rompermi le scatole? Come se non
avessi niente da fare! Ma stavolta mi sente, quella vecchia megera
incartapecorita…»
Alex ridacchiò, sentendo Fu continuare a insultare l’anziana amica e si
voltò verso i tre uomini, che stazionavano all’ingresso: «Ma sono usciti
da Mulan? Dai, sembrano proprio i tre che lei incontra al campo di
allenamento…»
«Ho capito male o sono i nipoti di Fa?» domandò Lila, guardando Felix e
aspettando una risposta, spostando poi l’attenzione sui tre fratelli: «E
concordo con Alex: sono usciti da Mulan questi tre. Anche Fa, se è per
questo: sembrava la nonna di Mulan.»
«Sono i nipoti di Fa, sì» assentì il biondo, sospirando: «Sono tre
sacerdoti di Nêdong e la cara nonnina li ha spediti qua per aiutare
Fu, solo che hanno avuto qualche problemino all’arrivo ed io li ho
trovati che vagabondavano per strada e gli ho dato un lavoro.»
«Gli hai dato un lavoro?» domandò Willhelmina, voltandosi verso Felix e
fissandolo sorpresa: «Li hai resi tuoi schiavi, vorrai dire.»
«Hanno un regolare contratto e sono ben pagati, Bri» sbottò l’uomo,
guardandola imbronciato: «Ah, si chiamano Bo, Li e De.»
«Bo, Li e De? Mi stai prendendo in giro?»
«Mai stato più serio, Lila.»
«Perché ti dovrebbe prendere in giro?» domandò Alex, sistemandosi gli
occhiali e fissando l’amica: «Cosa c’è di strano?»
«Bo. Li. De. Bolide. E’ una parola italiana che significa che qualcosa va
velocissimo, del tipo: Ehi, quella macchina è un bolide!»
«Ah.»
«Conoscendo Fa gli avrà dato i nomi a caso» mormorò Willhelmina, riaprendo
il testo davanti a lei: «Quasi tutti i suoi nipoti hanno nomi corti e
semplici: La, Min, Mu.»
«Ma quanti nipoti ha?»
«Tanti, Lila. Tanti.»
Rafael si sistemò davanti l’obiettivo, inclinando la testa e storcendo le
labbra in un mezzo sorriso, cercando di reprimere lo sbuffo all’ennesimo
richiamo del fotografo alle tagliatelle di sua madre: «Perfetto! E’
proprio l’espressione che voglio!» dichiarò l’italiano, sdraiandosi per
terra e scattando alcune foto con l’angolazione dal basso: «E ora te lo
vuoi mangiare quel piatto di tagliatelle!»
Tradotto: fai uno sguardo seducente e ammiccante.
Si stampò in faccia l’espressione che il fotografo voleva, poggiando il
gomito contro il ginocchio, e lasciando la mano penzolare nel nulla: a
quanto pareva la posizione piacque all’italiano che, in giubilo, scattò
una nuova serie di fotografie: «Perfetto! Assolutamente perfetto!»
sentenziò l’uomo, dando un’occhiata alle anteprime.
Rafael si alzò, sciogliendosi i muscoli del collo e dirigendosi verso
Adrien, che attendeva paziente il suo turno di foto: «Come andiamo,
gattaccio?» domandò, prendendo una delle bottigliette d’acqua, che
Nathalie aveva messo a loro disposizione e bevendo una lunga sorsata: «La
vita da sposato ti piace?»
«Decisamente sì.»
«Non vi abbiamo visto a giro per due giorni, quindi penso che…»
«I due giorni migliori della mia vita.»
«Condoglianze a Plagg, allora.»
«L’hai detta giusta» sbottò il kwami nero, facendo capolino dal giubbotto
di Adrien e fissandoli serio: «Quel povero letto...»
«Plagg» ringhiò Adrien, riponendo il cellulare e sospirando: «Sei pregato
di…»
«Stare zitto. E lo faccio, solo perché ho un appuntamento con una bella
fetta di camambert e non perché me l’hai detto tu.» bofonchiò il kwami,
tornando nel suo nascondiglio e facendo ridacchiare il moro.
«Quindi tutto ok, in casa Agreste» dichiarò Rafael, incrociando le
braccia: «Allora perché quello sguardo serio? Non mi hai preso in giro per
le tagliatelle.»
«Niente di grave.»
«Se vuoi parlarne…»
«Preferisco essere sicuro, prima di mettere in allarme tutto.»
«Queste parole non mi piacciono, significano una sola cosa…»
«Dì Ren. Esatto.»