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Autore: Civaghina    21/04/2017    1 recensioni
Com'era la vita di Leo, prima della terribile scoperta della Bestia?
Com'è cambiata la sua vita quando si è trovato davanti ad una verità così devastante?
La storia di Leo prima di Braccialetti Rossi, ma anche durante e dopo: gioie, dolori, amori, amicizie, passioni, raccontate per lo più in prima persona, sotto forma di diario.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leo, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Lunedì, 2 luglio 2012

Inspiro profondamente quando mi ritrovo davanti alla porta dello studio della Lisandri.

Busso piano ed attendo che la sua voce mi inviti ad entrare.

Stavolta mio padre si è imposto ed è voluto entrare insieme a me.

A niente sono servite le mie proteste.

Per una delle prime volte nella sua vita, è stato irremovibile.

E così adesso siamo seduti davanti alla Lisandri.

E al dottor Alfredi, il primario di chirurgia.

E già questo non mi fa presagire nulla di buono.

Né i loro sguardi hanno niente di rassicurante.

La Lisandri si è già tolta gli occhiali.

Come per prepararsi a darmi la cattiva notizia.

Non provo paura.

Non molta almeno.

Quello che mi pervade è più uno strano senso di rassegnazione.

"Non facciamola tanto lunga" dico con tono canzonatorio accennando un sorriso: "E' un osteosarcoma?".

Mi rendo conto di aver esagerato nel momento stesso in cui gli occhi del dottor Alfredi si sollevano dalla mia cartella clinica per posarsi di nuovo su di me.

Non sono più sicuro di voler sentire la risposta, ma in qualche modo, capisco che ormai è tardi.

"Leo..." mormora mio padre appoggiandomi una mano sulla coscia e stringendola per comunicarmi il suo sostegno.

Ma niente potrà servire a smorzare la gravità di quello che sta per accaddere.

"Sì, Leo" risponde la Lisandri sostenendo il mio sguardo. "E' un osteosarcoma di terzo grado".

"Terzo grado?"; istintivamente indietreggio verso lo schienale della sedia. "Tre su quattro? Quindi significa che..."

"E' piuttosto aggressivo".

Il silenzio più totale cala sulla stanza mentre cerco ancora di capire cosa sia appena successo.

Cerco di calmarmi.

Cerco di richiamare a me tutte le energie positive che possiedo.

Cerco di non perdere del tutto la ragione.

Ci sono così tante domande che vorrei porre, ma non riesco a parlare.

Perfino respirare mi sembra stia diventando impossibile.

Trattengo le lacrime mordendomi il labbro con forza pur di non piangere.

Sento mio padre sospirare accanto a me.

Sento la sua presa sulla mia coscia farsi ancora più forte.

Mi fa quasi male.

Sento la sua voce rivolgere ai dottori quella domanda che io non oso fare: "E adesso? Come intendete procedere?".

"Domani facciamo una pet per verificare lo stadio del tumore, dopodiché metteremo in atto il piano terapeutico più adeguato" risponde il dottor Alfredi guardando me anziché mio padre.

"Non lo operate?" domanda ancora mio padre.

"Sapremo come procedere esattamente, dopo la pet" spiega la Lisandri. "Dopo aver valutato eventuali metastasi e coinvolgimenti dei linfonodi. In ogni caso, con un tipo di tumore così aggressivo ed esteso, prima di operare si rende necessaria la chemioterapia neoaduviante per rendere più efficace e meno demolitivo l'intervento".

Tumore di terzo grado.

Pet.

Metastasi.

Linfonodi.

Chemioterapia.

Intervento.

Grazie a mamma ne so abbastanza su queste parole da non poter lasciare spazio a nessuna forma di illusione.

Abbastanza da sapere che quelle parole mi fanno una più schifo dell'altra.

E riguardano tutte me.

Ho il cuore in gola e le lacrime sull'orlo di scendere.

Ma riesco ancora a trattenerle.

"Quando?" riesco finalmente a chiedere con voce sufficientemente ferma. "Quando dovrò cominciare la chemio?"

"Se i valori del sangue che ci interessano sono a posto... direi lunedì" mi risponde la Lisandri.

"Questo lunedì?"

"Sì".

Tra quattro giorni?

Non sono pronto.

E poi voglio andare a Londra con Giulia e gli altri.

Guardo speranzoso la Lisandri e poi il dottor Alfredi: "Non possiamo rimandare di un mese?".

La Lisandri solleva le sopracciglia: "Un mese? Non è assolutamente possibile, Leo. Non possiamo rimandare nemmeno di una settimana."

"Ma... il tredici dovrei andare a Londra per tre settimane in vacanza-studio!"

"Mi dispiace, ma non c'è tempo da perdere."

"Londra non scappa" interviene il dottor Alfredi. "Coraggio, ci andrai l'anno prossimo".

Se sono ancora vivo.

Vorrei dirlo a voce alta ma mi trattengo.

Forse per riguardo verso mio padre.

Forse perché a dirlo a voce alta risuonerebbe ancora più terribile.

"Parleremo in maniera più approfondita la prossima volta" dice il dottor Alfredi. "Per oggi hai già da metabolizzare abbastanza".

Non riesco a porre obiezioni.

Non riesco a scaldarmi come faccio di solito pretendendo di sapere tutto subito e nel modo più diretto possibile.

Lui ha ragione.

Per oggi non ho più la forza di sentire altro.

E il ricordo dell'altro che ha passato mamma è più che sufficiente come informazione.

"Domattina presentati in oncologia per la pet alle nove. Devi essere a digiuno dalle nove di stasera, ma cerca di bere più che puoi" mi spiega la Lisandri. "Ti verrà somministrato un radiofarmaco tramite un'iniezione endovenosa, circa tre quarti d'ora prima dell'esame. In questo lasso di tempo dovrai startene tranquillo a riposo e bere molto. L'esame dura circa mezzora, più quindici minuti in cui verrai tenuto sotto osservazione prima di poter tornare a casa. Per ventiquattro ore sarai radioattivo, quindi dovrai evitare il contatto con bambini o donne in età fertile. Domande?"

"No."

"Io e il dottor Alfredi ti aspettiamo qui nel mio studio venerdì alle dieci, per discutere dell'esito della pet e del piano terapeutico."

"Va bene. Posso andare adesso?"

"Sì, puoi andare Leo".

Mi alzo dalla sedia, stupendomi di essere in grado di camminare, e mi dirigo verso la porta.

Afferro la maniglia, ma sento la mano di mio padre trattenermi per un braccio.

La sua presa è salda e non accenna a lasciarmi.

Mi volto a guardarlo e il suo viso mi appare tirato e con gli occhi lucidi.

Mi tira a sé e mi stringe in un lungo abbraccio.

Io mi accoccolo sul suo petto, facendomi cullare dal suo respiro e dall'odore della sua acqua di colonia.

Restiamo così per un tempo indefinito, in silenzio, mentre lui mi accarezza i capelli.

Mi fa sentire al sicuro e protetto.

Come non succedeva da tempo.

Come solo gli abbracci di mamma riuscivano a fare.


Esco dall'ospedale correndo a più non posso fino al parcheggio senza guardarmi indietro e raggiungo in fretta l'auto.

Trattengo ancora le lacrime mentre aspetto che arrivi mio padre, ma appena lui fa scattare le serrature mi affretto ad entrare e non resisto più.

Mi prendo la testa tra le mani e piango.

Piango.

Piango tantissimo.

Piango fino a che la testa mi fa male.

Mi appoggio stancamente allo schienale del sedile, girando la testa verso il finestrino, guardando il paesaggio familiare della strada verso casa.

Faccio fatica a prendere fiato.

Le gambe mi tremano.

Ho la gola secca e dolorante.

Sono distrutto.

Distrutto come mai credevo di poter essere.


La gamba mi fa male.

Ma sono quasi grato a questo dolore.

Mi distrae da tutto quello che sta andando in mille pezzi.

Osservo le foto alle pareti della mia camera.

Il borsone della pallanuoto sul pavimento vicino all'armadio.

I libri e i quaderni di scuola abbandonati sulla scrivania a prendere polvere.

Il mio casco.

L'elastico blu per capelli che Giulia ha dimenticato sul mio comodino.

Tutto, intorno a me, mi riporta momenti felici.

Rischio di mettermi a piangere di nuovo.

Non riesco a credere che il mondo mi stia crollando addosso.

Osteosarcoma.

No.

No.

Non pensarci.

Non adesso.

Non ancora.

Faccio un respiro profondo.

Osteosarcoma.

Questa parola indugia, triste e pesante, nella mia testa.

Cerco disperatamente di tenere a bada le mie emozioni.

Ma l'enormità di questa parola mi sommerge a poco a poco.

Osteosarcoma.

È un dolore straziante.

Tutte le mie difese crollano di nuovo.

Le lacrime sono inarrestabili.

Mi accascio sul letto e piango.

Soffoco un urlo contro il cuscino.

Poi un altro e un altro ancora.

La rabbia dentro di me cresce sempre più.

È un dolore indescrivibile.

Il dolore alla gamba non è niente.

Niente in confronto a questa devastazione.

Mi rannicchio.

Stringo disperato il cuscino.

Mi abbandono alla disperazione.

E all'improvviso so, senza alcun margine di dubbio, che se anche riuscirò a sconfiggere la Bestia e ad uscire vivo da questa storia, una parte di me è già morta per sempre.


Giulia controlla ancora una volta il telefono, nel caso non l'abbia sentito squillare, ma niente: nessun messaggio e nessuna chiamata di Leo.

Comincia ad essere molto in pensiero.

Sono già le sei di pomeriggio e a quest'ora Leo dovrebbe già essere a casa, dal momento che aveva l'appuntamento in ospedale alle tre.

Resiste all'istinto di chiamarlo, per non risultare invadente, ma non riesce a non essere in ansia.
"Dai facciamo questo test!" esclama Arianna prendendo dalla scrivania di Giulia una biro.
Giulia dà un'occhiata alla rivista aperta sul letto: "Che test è?!"

"Qual è il tuo ragazzo ideale!"

"Dai Ari, non mi va".

Giulia ce l'ha già, il suo ragazzo ideale e non le interessa fare uno di quegli stupidi test che piacciono tanto ad Arianna.

"Dai!" insiste Arianna. "Lo so che tu l'hai già trovato, ma è divertente farlo insieme!"

"E va bene, su. Leggi la prima domanda!".

Magari servirà a distrarla.

"Primo appuntamento: a) cinema; b) passeggiata romantica; c) aperitivo in centro."

"Non c'è il centro commerciale?" domanda Giulia sorridendo.

"No!" le risponde Arianna scuotendo la testa. "Io scelgo l'aperitivo. Tu?"

"Mah... non lo so! Forse il..."; lo squillo del cellulare che le annuncia un messaggio WhatsApp la fa sussultare e la interrompe di botto; è Leo: "Sono a casa. Puoi venire?".

"Arrivo subito" gli risponde mettendoci un sacco di tempo perché le tremano le mani e deve di continuo cancellare gli errori che fa.

"Giuli, che c'è?" le chiede Arianna allarmandosi.
"Devo andare da Leo. Subito. Scusami ma..." dice alzandosi dal letto e calzando i sandali.

"Brutte notizie?"

"Non lo so. Ho paura". Giulia è in preda all'angoscia e trattiene le lacrime a stento.
"Vuoi che ti accompagni fino a casa sua?"

"No, no, vado da sola".


È Asia ad aprirle la porta: "Ciao Giulia...".

Giulia riesce a rispondere al saluto a stento: Asia ha gli occhi rossi, deve aver pianto molto e questo non fa che alimentare la sua paura.

"Ciao..." risponde con un filo di voce. "Leo è nella sua stanza?"

"Sì, è in camera sua, ma non so se sia sveglio..."

"Mi ha appena scritto."

"Ah, ok, vai pure allora".

Giulia sta per bussare alla porta della stanza di Leo ma poi si volta di nuovo verso Asia: "Cosa gli hanno detto in ospedale?".

Asia prova ad accennare un sorriso rassicurante, ma non le viene molto bene. "È meglio se te ne parla lui".

Giulia cerca di farsi coraggio e bussa alla camera di Leo per poi entrare e richiudere la porta.

La stanza è in penombra e Leo è sdraiato sul letto, ma si tira su a sedere non appena lei entra. Giulia si avvicina al letto titubante: Leo appare stravolto e lei dubita di essere in grado di sostenere tutta quell'angoscia.

"Amore..." lo chiama piano.

"Ciao... vieni qui" le dice con la voce rotta, battendo la mano sul materasso.

Giulia si avvicina a lui col cuore che le batte fortissimo: sembra stare peggio di quando in preda all'incubo le ha dato un calcio sul naso; si siede sul letto, vicino a lui, e aspetta.

Leo impiega qualche secondo prima di decidersi a parlare e quando lo fa non riesce comunque a guardarla e fissa un punto indistinto della parete: "Non potrò venire a Londra..."

"Ma... cosa vuoi che me ne freghi adesso di Londra?!" esclama esasperata mentre lui le rivolge uno sguardo angosciato, cercando la forza per dirle la verità.

E ad un tratto Giulia la intuisce, la verità: "Oh mio Dio… Perché non puoi venire...?! No..., ti prego..."

"Sì..." sospira Leo. "Ho un osteosarcoma e pare che ne avrò per un bel po'...".

Giulia è sconvolta.

Lo guarda negli occhi e all'improvviso il mondo le crolla addosso.

Non riesce a credere a quelle parole.

La consapevolezza di quello che lui ha appena detto la schiaccia senza pietà.

Vorrebbe essere forte.

Vorrebbe almeno atteggiarsi forte.

Sa che l'ultima cosa di cui lui adesso ha bisogno è di vederla crollare.

Ma fallisce miseramente.

Si rende conto di tremare mentre la prima lacrima le scende sul viso.

Ne seguono molte altre.

Non riesce a muoversi.

Leo la stringe forte fra le braccia e lei si abbandona contro il suo petto.

Vorrebbe urlare a squarciagola.

Non può rischiare di perderlo.

Piange ancora più forte.

Lui le prende il viso bagnato tra le mani e la guarda negli occhi: "Guarda che non ho nessuna intenzione di morire, eh?!" esclama sorridendo.

Giulia sorride tra le lacrime: "Me lo prometti?"

"Te lo prometto. Non mi perderai. Perderai solo i miei capelli" dice cercando di sdrammatizzare.

Si stringe a lui.

Vorrebbe non pensare più a nulla.

Vorrebbe poter fermare quest'istante per sempre.

Prima che la catastrofe li travolga.

Restano abbracciati per parecchio tempo.

Leo la tiene stretta a sé, accarezzandole la testa e baciandole i capelli finché lei non smette di piangere.

"Dormi qui stasera?" le chiede rompendo il silenzio all'improvviso.

Giulia si stacca dall'abbraccio per guardarlo: "Eh?!"

"Dico sul serio. Domattina devo fare la pet e sarò radioattivo per ventiquattro ore quindi non potremo vederci."

"Non credo che i miei sarebbero molto dell'idea."

"Neanche se gli dici che ho un osteosarcoma?"

Giulia scuote la testa: "Credo che anche tuo padre non sarebbe d'accordo."

"Mio padre in questo momento esaudirebbe qualsiasi mio desiderio, fidati! Dì ai tuoi che dormi da Arianna o da Cecilia."

"Controllano sempre quando mi fermo da loro...".

E, rassegnato, Leo non insiste oltre.


Asia tentenna prima di bussare alla porta della stanza di Leo. Sa bene quanto sia meglio stare alla larga dal Leone quando è ferito e arrabbiato col mondo.

"Avanti!" dice Leo quando lei finalmente si decide a bussare.

Lui e Giulia sono sdraiati abbracciati sul letto ad ascoltare la musica dall'i-pod di Leo, con una cuffia ciascuno nell'orecchio.

"Scusate il disturbo, ragazzi. Io sto andando a fare la spesa. Vi porto un bel gelato?" chiede loro restando ferma sull'uscio.

Solitamente Leo si infastidisce quando sua sorella lo tratta come un ragazzino, soprattutto davanti agli altri, ma non oggi.

Oggi no.

Oggi la sua premura lo fa sorridere.

"Sì, grazie" le risponde. "Il solito per me. Cioccolato e biscotto per Giulia".

"Perfetto! Vado, allora!"

"Grazie" sorride Giulia un po' imbarazzata.

"Papà?" domanda Leo quando Asia sta per richiudere la porta.

"E' andato a lavoro".

Asia non ha bisogno di dire altro. Leo sa che suo padre si è preso parecchi permessi, ultimamente, per accompagnarlo in ospedale e sa che molti altri ne dovrà prendere e che quindi quando può deve andare in caserma, anche in un giorno come questo.

Forse soprattutto in un giorno come questo.


Giulia tiene la testa appoggiata sul petto di Leo, godendosi le sue carezze, mentre i Sum41 cantano With me.

I want you to know: with everything, I won't let this go
These words are my heart and soul
I'll hold on to this moment, you know
'Cause I'd bleed my heart out to show that I won't let go.

Leo si scosta un po', girandosi verso di lei: "Ti amo, lo sai?"

"Sì, lo so. Ma tu dimmelo lo stesso" sorride Giulia baciandolo sulle labbra.
"Ti amo" le ripete afferrandole il viso con entrambe le mani, guardandola negli occhi.

Le labbra di Leo si avventano sulle sue.

Lei le schiude e lui la bacia con passione cieca, quasi con violenza, come se stesse riversando in quel bacio tutta l’angoscia e il dolore degli ultimi giorni.

E' come se dentro questa passione tutto possa svanire.

Tutto.

L'angoscia.

Il dolore.

La paura.

Tutto.

Rimangono solo loro e la passione che li pervade.

Giulia gli affonda le mani nei capelli, non riuscendo a non pensare al fatto che a breve non potrà farlo più, per chissà quanto tempo, mentre sente la mano di Leo scendere lungo il proprio corpo, fino ad afferrarle una coscia, attraverso il vestitino.

Leo interrompe il bacio ansimando.

I suoi occhi sono febbricitanti di desiderio.

Lei cerca di riprendere fiato mentre lui la bacia sul collo, scendendo poi lungo lo sterno; lo lascia fare mentre le abbassa le spalline del vestitino e del reggiseno, mentre la scopre, mentre ammira ancora una volta la perfezione del suo seno: così rotondo, così bianco, così morbido.

Gli si mozza il fiato in gola a quella vista e rimane ad ammirarlo finché si accorge che lei è arrossita per l'imbarazzo; smette allora di guardarla e si avvicina piano a baciarle i capezzoli che nel frattempo si sono inturgiditi. Comincia a leccarne uno, lo mordicchia, lo succhia, fino a sentirla gemere, mentre con una mano le accarezza l'altro seno.
Il corpo di Giulia è attraversato da mille brividi caldi.

Il suo respiro accelera, mentre Leo prosegue il suo frenetico assalto: le sue mani sono ovunque, la sua bocca è inarrestabile.

Insaziabile.

Vuole, con tutte le sue forze, mandare via quel dolore che lo attanaglia

Ha bisogno di trovare un senso a quello che gli sta capitando.

Ha bisogno di non pensare più a niente.

Ha bisogno di distogliere la mente da questo fottuto incubo da cui non riesce a svegliarsi.

Ha bisogno di trasformare questo giorno orribile nel più bello della sua vita.

Si toglie in fretta la maglietta, come se fosse in fiamme.

Giulia intreccia le mani sulla sua nuca e lo attira verso di sé per baciarlo ancora; le sembra di stare precipitando in un vortice da cui non potrà più uscire.

Vi sta cadendo dentro in modo inesorabile.

Leo è stretto al suo corpo.

La sua pelle nuda è calda.

Le sue braccia la stringono.

Si aggrappano a lei come se fosse l'unica cosa che gli è rimasta al mondo.

Come se lei fosse l'unico appiglio nella tempesta che lo ha travolto.

Lo sente muoversi su di sé.

Il vestito è salito, scoprendole completamente le gambe.

Sente chiaramente la sua erezione premere insistente in mezzo alle proprie gambe, attraverso le mutandine e capisce di stare definitivamente perdendo il controllo.

Gli accarezza il petto nudo, compatto, liscio; lo guarda negli occhi senza riuscire a distogliere lo sguardo, in un miscuglio di eccitazione e paura, di istinto e desiderio.

Esiste solo lui.

Lui e i suoi occhi verdi che la guardano tradendo l'impaziente eccitazione.

Lui e tutto il suo dolore, la sua devastazione, che in questo momento sembra voler dimenticare.

Lui e la sua pelle calda che lei accarezza piano, scendendo dal petto all'addome e poi più giù, sempre più giù, superando l'elastico dei boxer, fino a slacciare il primo bottone dei jeans, e poi il secondo, e il terzo, e il quarto.

Giulia si spinge più in là, dove non ha mai avuto il coraggio di spingersi prima di adesso.

A Leo sembra di impazzire quando sente la sua mano insinuarsi oltre l'elastico dei boxer e sfiorarlo con le dita, per poi iniziare ad accarezzarlo con sempre più confidenza.

Si avvicina per baciarla, mentre Giulia è ormai padrona della situazione e lo tocca con sicurezza sempre maggiore.

Più il tocco di Giulia diventa sicuro, più il bacio di Leo diventa impaziente.

Sentirlo così famelico e appassionato la fa impazzire.

La paura si arrende, per lasciare spazio solo al desiderio.

Lo libera dai jeans.

Gli abbassa i boxer.

Non desidera altro che sentirlo dentro di sé.

Lo vuole.

Non ha mai voluto niente di più in tutta la sua vita.

Leo scende con la bocca sul suo seno, prende un capezzolo tra le labbra, cercando ancora disperatamente di evadere dal proprio incubo.

Ma il dolore è ancora .

Preme con violenza per uscire.

E lui non vuole soffermarcisi.

Non desidera altro che affondare dentro di lei.

La vuole.

Non vuole più pensare ad altro.

Le mani si dirigono verso le sue mutandine.

Gli basta poco per rendersi conto che sono completamente bagnate.
La sfiora con le dita, facendola gemere.
Il respiro di Giulia si blocca di colpo quando sente le mani di Leo afferrare i bordi delle sue mutandine e farle scivolare lentamente giù.

Lo guarda negli occhi e, oltre il desiderio, vede ancora angoscia e dolore.

E ha paura.

Ha paura di annegare anche lei in tutto quel dolore.

Ha paura di non riuscire più a riemergerne.

"Fermati, Leo" gli dice afferrandogli le mani per fermarle.

Lui la guarda perplesso. "Che c'è?" le chiede dolcemente baciandola sul viso. "Hai paura?"; le sue labbra scendono lungo il collo, mentre le sue mani riafferrano il bordo delle mutandine. "Ti giuro che farò piano..."

"No!" esclama Giulia spostandolo con forza e tirandosi su a sedere.

Leo rimane fermo a guardarla, accigliato, in ginocchio, ignorando il dolore alla gamba.

Al momento, la ferita all'orgoglio brucia molto di più: "Scusa tanto, eh?! Mi sembrava ne avessi voglia!"

"Sì, ne avevo voglia. Ne ho voglia. Ma la nostra prima volta non può essere così..."

"Così come?!" chiede lui con tono evidentemente risentito, mentre cerca i propri vestiti. "Non capisco dove sta il problema!"

"Siamo devastati da quello che ci sta capitando! Non voglio che fai l'amore con me per distrarti, per non pensare. Voglio che tu sia sopraffatto da me mentre facciamo l'amore, non dall'angoscia!".

Leo scende dal letto e indossa i boxer e la maglietta: "Tutto quello che ci sta capitando?!" esclama alzando la voce. "E' a me che sta capitando tutto! Sono io che ho appena perso mia madre, dopo averla vista stare male e lottare inutilmente! E sono io che adesso sto male e dovrò lottare senza sapere che fine farò! Sì, sono angosciato! Sì, non so nemmeno come cazzo mi reggo ancora in piedi! Ma ti assicuro che ero riuscito a mettere da parte tutto ed è da te che ero sopraffatto! E se ci riesco io non vedo perché non devi riuscirci tu!".

Finito lo sfogo, Leo, come svuotato, si lascia ricadere sul letto, con le mani incrociate dietro la testa, a fissare il soffitto, provando a regolarizzare il respiro.

Giulia rimane in silenzio mentre si mette a posto il reggiseno e il vestito; quando finalmente è sicura di riuscire a non piangere, si decide a parlare: "Non sta capitando solo a te. Sta capitando anche a me, a tuo padre, a tua sorella, ai tuoi amici. Non sentirti in diritto di essere l'unico a soffrire!".

Si era sbagliata.

Non riesce a non piangere.

Ma stavolta Leo non la consola.

Stavolta Leo non riesce ad essere forte anche per lei.


   
 
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