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Autore: RickyChance98    22/04/2017    1 recensioni
Un'epoca lontana, un regno dimenticato. Vivi la storia di amore e coraggio di Celia alla ricerca del suo posto del mondo, al confine tra il bene e il male, fra luce e oscurità.
Genere: Avventura, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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EPISODE III: Lo spettro dei sogni

“Celia, è ora di alzarti!” – disse Juanita aprendo le tende della cameretta, facendo entrare una fortissima luce all’interno della stanza.
“Oggi abbiamo un bel programma di cose da fare, eh?” – continuò la donna, avvicinandosi a Celia, che rifiutava di svegliarsi.
“Ancora 10 minuti, ti prego!” – la supplicò Celia, abbracciata al suo cuscino.
“Beh, vorrà dire che questi deliziosi biscotti al cioccolato finiranno nella pancia di qualcun altro…”
“Aspetta, aspettami Juanita!” – Celia si svegliò e si alzò ridendo. Stava per prendere un biscotto quando d’improvviso si immobilizzò. Aveva uno sguardo terrorizzato. “Tesoro, stai bene? Sono i biscotti? Sono crudi?” – chiese Juanita mentre cominciava a sistemarle il letto.
Celia cominciò a piangere e corse ad abbracciare la donna. “Juanita, sei viva! Ho fatto un sogno terribile, mi ricordo solo adesso! Tu venivi uccisa ed io rinchiusa nelle segrete del castello!”. La donna si sentì preoccupata dalle parole della ragazza, che intanto piangeva a dirotto sul suo grembiule.
“Celia, ti prego, siediti qui vicino a me” – le chiese Juanita sedendosi sul lettino – “c’è una cosa che devi sapere”.
“Che cosa? Dimmi pure!” – disse la ragazza asciugandosi le lacrime con la manica del pigiama.
“Quello che mi hai raccontato… quello che hai visto, che hai vissuto. Non era un sogno. Era la realtà. Il sogno purtroppo è questo qui”.
“Cosa? Di cosa stai parlando? Guarda, è tutto reale, TU sei reale!” – esclamò immediatamente Celia, turbata dalla dichiarazione.
“Celia, tesoro mio, fidati di me, l’hai sempre fatto. La mia anima è ancora presente su questa terra non so per quale ragione, ma io sono morta! La mia vita purtroppo è finita, sono qui per salvare la tua!”.
“Adesso, basta, devi smetterla!” – Celia era confusa, disperata.
Juanita si alzò e aprì la porta della camera: il nero assoluto. Non c’era nessun castello, e la stanza sembrava immersa nel vuoto.
“Tu sei la persona più forte che abbia mai conosciuto. Devi affrontare la realtà, e io non ti abbandonerò. Non l’ho mai fatto e non lo farò adesso che ne hai bisogno più che mai!” – continuò la donna avvicinandosi alla ragazza.
Celia la fissò in silenzio per qualche secondo, poi prese in mano un paio di forbicine sul tavolo conficcandosele nel braccio più volte.
“Smettila, Celia, no, resta con me, resta con me!” – disse Juanita soccorrendola.
 
Celia aprì gli occhi. Era sudata e affannosa. Si era illusa che quel sogno potesse essere la realtà, ma in cuore suo sapeva che non era così.  Passò il resto della giornata pensando e ripensando alle parole della sua amica. Era Juanita, era proprio lei! L’avrebbe aiutata, in qualche modo, a salvarsi dalla quella terribile situazione. Decise quindi che quella sera si sarebbe riaddormentata alla ricerca di quel sogno, stavolta consapevole di quale fosse la realtà.
 
Non appena tornò lucida, riuscì a udire una voce che sembrava la chiamasse. E se fosse il suo compagno di cella? Si era finalmente deciso a rivolgerle la parola, pensò Celia fra sé e sé.
“Ti senti bene?” – la voce chiese. Era una voce molto dolce, sembrava un bambino. “Ti ho sentita gridare, mi sono preoccupato!” – continuò.
“Era solo un sogno, uno di quelli brutti! Piuttosto come stai tu? Ce l’hai una lingua allora…” – gli replicò Celia.
“Certo che ce l’ho! Mia madre mi ha sempre insegnato a non fidarmi di chi non conosco.”
“E adesso mi conosci?”
“No, ma correrò il rischio!”
Celia rimase un attimo in silenzio, poi gli chiese: “Tu perché sei qui?”.
“Io e mia madre siamo poveri, viviamo in un capanno lontano dal castello. Lei fila  e cerca di vendere qualcosina al villaggio. Un giorno delle guardie mi hanno beccato a rubare delle mele al mercato. Le avevo messe nella sacca della mia mamma, solo che ci hanno beccati! Ora pensano tutti che sia una ladra! Mi hanno rinchiuso qui, purtroppo non ho nessuna idea di dove si trovi ora…” – gli raccontò il bimbo trattenendo i singhiozzi.
“E’ una storia triste, mi dispiace… Però posso prometterti che, se mi aiuti, io ti aiuterò a trovare la tua mamma!”
“Non possiamo andare da nessuna parte, non vedi?”
“Se siamo entrati, possiamo uscire. Il modo c’è, basta solo trovarlo!” – gli rispose determinata la ragazza.
“E come lo troviamo?”
“Penso di avere qualche idea… ti dirò il mio piano domattina, devo fare un’importante dormita prima!”
Il bambino non riuscì a trattenere una lieve risata.
“Fidati! Nel mio sogno c’è qualcuno che può aiutarci. O almeno spero! Quello che so è che presto usciremo da qui, … ehm ancora non conosco il tuo nome!” – continuò Celia.
“Theo. E’ il mio nome! Il tuo?”
“Bel nome, Theo! Il mio è Celia.”
 
Re Nelmo intanto, al castello, stava cominciando i preparativi per il ballo dedicato alla figlia Charlotte. Ella, infatti, avrebbe compiuto la maggiore età pochi giorni dopo. Intento a chiederle le sue preferenze in merito al cibo e agli invitati, egli si stava dirigendo verso la sua cameretta.
L’uomo arrivò davanti alla porta, bussò: “Mia adorata, desidero parlarti di alcune cose”. La porta era aperta, l’uomo diede un’occhiata all’interno ma non vide nessuno. Non appena girò lo sguardo per tornare indietro, gli apparve all’improvviso Charlotte.
“Santi numi! Charlotte… ma che hai combinato?” – l’uomo parve turbato dal nuovo aspetto della figlia.
“Padre. Non mi trovi bellissima?”
“Ma certo, sei solo… diversa!”
“Oh, non immagini quanto mi piaccia questa parola. Io non voglio essere come tutti gli altri, voglio sentirmi unica…”
“Oh lo sei, tesoro mio… ma dimmi, hai deciso qualcosa per la festa?”
“Mi affido a te, padre adorato. Che siano tutti invitati, ricchi e poveri, belli e brutti. Voglio che tutti mi vedano e tutti capiscano chi sarà la loro futura regina.”
“Tanto bella, tanto determinata, figlia mia. Sono certo che sarai una splendida regina”, disse il re accarezzandole il viso.
 
Nel frattempo calò la sera sul villaggio di Rallahes, questo era il suo nome. Celia era pronta per dormire, pronta per rivedere Juanita. Era certa di trovarla lì, e stavolta l’avrebbe ascoltata per avere il suo aiuto. Ma prima l’avrebbe abbracciata come mai aveva fatto prima.
“Buonanotte, Theo.” – disse la ragazza avvicinando la bocca al buco.
“Buonanotte! In bocca al lupo” – gli rispose il suo nuovo amico Theo.
 
Celia si ritrovò nel vuoto. Le sembrò di volare, quando a un certo punto attorno a lei cominciò a materializzarsi la sua stanzetta, la stessa del sogno precedente.
“Sei tornata!” – Juanita era già lì ad aspettarla. Corse ad abbracciarla, Celia ricambiò stringendola forte.
“Mi dispiace, non credevo potesse essere vero!” – disse la ragazza.
“Oh, tesoro. Non scusarti, deve essere tanto dura per te!” – la consolò la donna – “Vorrei abbracciarti e parlarti per tutta la notte, ma non c’è tempo da perdere! Ho una cosa per te…”.
Juanita le porse un bellissimo scrigno d’oro.
“E’ bellissimo, Juanita! Che cos’è? Quest’oggetto può davvero aiutarmi?” – chiese.
“Oh, tesoro, quest’oggetto potrà fare molto di più! Tieni, aprilo…” – la donna fece apparire come per magia una grossa chiave nera e la avvicinò alla ragazza.
“Grazie, Juanita.” – Celia aveva impugnato la chiave e l’aveva infilata nel buco della serratura dello scrigno. Stava per aprire quel misterioso oggetto quando sentì bussare alla porta.
“Che strano, Juanita. Com’è possibile?” – domandò alla donna.
“Questo, cara, è il mondo dei sogni. I sogni di tutte le persone speciali dell’universo. E tu sei una di quelle!” – la convinse Juanita.
I colpi alla porta non cessarono. Cominciarono ad avere un ordine, un ritmo ripetuto più e più volte. Celia a un certo punto fece cadere lo scrigno a terra ancora chiuso, con la chiave inserita.
“Tu non sei Juanita.” – affermò Celia allontanandosi dalla donna e avvicinandosi alla porta.
“Ma come puoi dire una cosa del genere? Tesoro mio, l’unica cosa che voglio è aiutarti!”
“Io so chi c’è dietro quella porta. Ha usato il nostro codice segreto… Tu non sei Juanita!”
Celia aprì senza paura la porta e davanti a lei si ritrovò Juanita. La vera Juanita.
“Sei tu!” – esclamò abbracciandola senza esitazione, stavolta.
“Oh amore mio, mi dispiace tanto! Ho cercato di raggiungerti, sta lontano da quella cosa!” – gridò la donna, mettendosi davanti alla ragazza.
“Benissimo. E tu dovevi arrivare proprio adesso?” – la falsa Juanita si innalzò dal suolo tramutandosi in una demone di colore viola dal corpo ricoperto di spine.
“Torna al tuo pisolino eterno, vecchia!” – gridò la demone alla donna.
In quel momento il pavimento si mutò in una superficie di sabbie mobili che stava risucchiando Juanita e la povera Celia.
“Celia, ascoltami bene!”
“Ma cosa ci sta succedendo, ho paura!”
“Questo è solo un sogno, non devi avere paura! Ascolta queste parole… lei ti sta proteggendo, lei ti guarda e tu guardi lei! Ricorda, lei ti guarda e tu guardi lei!”
Celia la guardò in silenzio. Stava piangendo ed era confusa. Il volto di Juanita le sorrise per un’ultima volta, poi la vide affondare nel vuoto. E così anche lei, poco prima di svegliarsi e lanciare un forte urlo che risuonò in tutti i sotterranei delle prigioni.
   
 
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