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Autore: Donnasole    22/04/2017    2 recensioni
Questa storia è un tentativo di riempire i non detti nella storia di Zuko durante il viaggio che il ragazzo compie da solo nel secondo libro. Per chi non avesse letto il fumetto THE SEARCH o non gli fosse piaciuto, questo racconto è il modo in cui immagino siano andate le cose.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Azula, Iroh, Ozai, Ursa, Zuko
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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~~Cap2

La felicità è più leggera di una piuma, nessuno sa afferrarla.
L'infelicità è più pesante della terra, nessuno sa lasciarla.

 - Zhuangz

Le grida dei due ragazzi echeggiavano attraverso il corridoio fino a giungere alle orecchie della Signora Ursa che accelerò il passo alzando gli occhi al soffitto.
Come al solito i fratelli stavano litigando e, probabilmente, era stata proprio Azula a cominciare.
Da quando il talento della bambina era diventato evidente non c'era più stato un giorno di pace fra i due.
<< Tuo padre non ti farebbe mai cosa. Che cosa sta succedendo qui? >> chiese puntando la propria attenzione sulla figlia e il suo sorriso impudente. Azula era così: era l'innocenza attiva, espulsiva perfino crudele e la sua coscienza sempre pulita, netta priva di angoli dove ristagnassero i pensieri. Anche quando mentiva era sincera e intuitiva anche se a un livello quasi selvaggio. La prese per un braccio tagliandole ogni via di fuga. << Io e te ora parliamo. >> disse e la trascinò fuori dalla stanza.

Da quando Ozai si era dedicato anima e corpo all'istruzione di quella figlia tanto dotata, facendo propri i di lei successi, era divenuto un pallido fantasma nell'orizzonte emotivo del figlio. Ursa aveva tentato di colmare quel vuoto con una presenza più assidua, senza riuscire però a lenire l'amarezza che leggeva in fondo agli occhi di Zuko. Sentendosi inutile aveva percorso l'unica strada possibile: cercare di mitigare in ogni modo l'antagonismo e la gelosia che intossicavano il rapporto fra i due fratelli.
Sapeva intimamente di commettere uno sbaglio, ogni azione è per sua stessa natura violenta, e causa squilibrio.
Eppure non trovava una soluzione.

Una volta, da bambina aveva scovato un gattoniglio con la zampa avvolta strettamente da un filo di metallo. La carne era gonfia e suppurata e l'animale se la leccava spasmodicamente, incidendo tagli profondi nella speranza di liberarla. Ursa era corsa a chiamare il nonno che, dopo aver sistemato la bestia ferita in un giaciglio improvvisato, aveva scosso la testa affermando di non poterlo aiutare. Anche allora non aveva trovato una soluzione.
<< Non tutti i problemi ne hanno una, non tutti i dilemmi sono problemi e non tutte le difficoltà sono dilemmi. >> le spiegò.
<< Che cosa possiamo fare nonno? >>
<< Considera l'idea di acconsentire di lasciare il gattoniglio così com'è. E di accettare che soffra. >>

Percorsero un tratto di strada in silenzio prima che la Signora Ursa decidesse di parlare.
<< Si può sapere che ti prende Azula. Perché tormenti sempre tuo fratello. >>
La bambina liberò il braccio con uno strattone. << Non mi prende niente. Non ti preoccupare, nessuno tocca il tuo preziosissimo figlio. >> rispose in tono sostenuto. Ursa sospirò rumorosamente, massaggiandosi una tempia e riprese << A volte dimentico che sei ancora una bambina. >> disse ammorbidendo la voce. << Ma devi smettere comunque di raccontare bugie a tuo fratello per spaventarlo. >>
Azula sbatté i piedi inviperita. << Io non stavo mentendo! Ho sentito con le mie orecchie quello che dicevano il nonno e il padre. >>
La donna davanti all'atteggiamento sdegnato ed impettito della figlia le credette.
Ebbe la sensazione che qualcosa di irreparabile stesse per abbattersi su di loro.
<< Che cosa hanno detto? >>
La piccola principessa mise il broncio, rifiutandosi di guardarla.
<< Che cosa hanno detto? >> ripeté la madre scrollandola per le spalle.
Azula allibita sgranò gli occhi. Si guardarono entrambe disorientate da quel gesto tanto inusuale quanto improvviso.
 La bambina avvilita perse energie incurvando le spalle ed abbassando la testa.
<< Il nonno ha detto “ Dovrai provare che dolore provochi la perdita di un primogenito  sacrificando il tuo.” >> citò imitando, per quanto possibile, i modi del progenitore.
<<  Che cosa significa. >> sussurrò confusa la donna.
Azula fece spallucce.
<< Forse il padre ucciderà Zuzu per far contento il nonno. >> provò a scherzare ridendo malamente. Un suono strano persino alle proprie orecchie.
Un senso di sbigottimento colse la madre trascinandola in un abisso di paura.
<< Devi aver capito male. Cosa hai sentito esattamente! >>
<< Te l'ho detto mamma!. Mi fai male! Non sto dicendo bugie. >>
Rendendosi conto del suo gesto, Ursa strinse forte la figlia fra le braccia.
<< Tutto questo non ha senso. >> mormorò al di sopra della sua testa ad un invisibile interlocutore.
La piccola non ricordava di aver mai visto la madre tanto sconvolta e forse il fatto si aggrappasse a lei o forse lo smarrimento dentro la sua voce così patetico da deprimere gente più avvezza a consolare madri, qualunque cosa fosse, Azula ricambiò l'abbraccio. 
Restarono in silenzio, una fra le braccia dell'altra.
<< Ci sarebbe un'altra cosa... >> tentennò la bambina, incerta se parlare o meno. << Il nonno vuole che Zuzu si sottoponga al Rama-kai. >>
Il mondo intorno ad Ursa vacillò e il rapido battere del sangue nelle orecchie le impedì d'ascoltare oltre.
Si sollevò piano, con la lentezza di chi, colto da capogiro non volesse cedere alla debolezza e si erse risoluta in tutta la sua altezza.
  Liberò la figlia.
<< Vai a letto Azula. >> disse con voce distaccata accomiatandola. La frase aveva un tono conclusivo che non ammetteva repliche. << Io devo parlare con qualcuno. >>
Al repentino cambio di umore della madre la piccola sbuffò e corse via, solo una volta si volse a guardare la figura pensierosa della donna che non la guardava.
Il volto della piccola si fece scuro, fece linguaccia e andò a cercare Mai e Ty lee.

Persa nei suoi ragionamenti, dimentica di tutto, la donna scandagliava sistematicamente tutte le possibilità d'azione.
Per l'intera sua esistenza Ursa aveva trovato rassicurante seguire la via tracciata per lei, senza adoperarsi affinché gli avvenimenti seguissero i suoi desideri ma desiderandoli così, come avvenivano. Questo equilibrio così faticosamente conquistato, con il passar del tempo, si era eroso. La vita di corte, il matrimonio, la pressione dei bisogni altrui, avevano intaccato la purezza della sua filosofia. Come un cristallo lasciato alle intemperie, così pure la sua anima si era poco alla volta incrinata fino a sfiorare il punto di rottura.
Doveva agire.
Animata da una determinazione che mai prima di allora l'aveva sostenuta Ursa imboccò il lungo corridoio scuro.

  
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