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Autore: Old Fashioned    22/04/2017    7 recensioni
È una fase della mia vita in cui ho bisogno di cose demenziali e ludiche.
Queste sono le avventure tragicomiche (molto più comiche che tragiche) di un capitano della flotta imperiale di nome Roy Veers (nipote degenere del più famoso Maximilian Veers - eroe di Hoth).
Il capitano viene mandato in missione al seguito di un colonnello affetto da demenza senile, con il poco invidiabile compito di recuperare uno psicopatico omicida che si è sottratto al controllo dell'Impero e ha instaurato un regno del terrore su un pianeta coperto di giungle inospitali e abitato da indigeni ostili.
"Riuscirà il nostro eroe a ritrovare Kurtz?" sarebbe una frase troppo abusata. Noi, più semplicemente, potremmo dire: "riuscirà il nostro eroe (si fa per dire), nonostante il gruppo di devastati e cerebrolesi che ha con sè, a riportare a casa la pelle?"
Lo saprete solo leggendo.
(ATTENZIONE: la storia contiene linguaggio molto volgare - chi è disturbato dal turpiloquio non legga per favore)
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Scusate se posto con questo ignobile ritardo, ma il 20 ero in coma etilico per il festeggiamento di una certa ricorrenza, e il 21 non ho avuto un attimo di tempo^^






Giorno 13 – L’orrore… l’orrore...

Il mattino dopo mi sveglio e scopro di essere in una foresta i cui alberi hanno il tronco trasparente. Per un po’ rimango a meravigliarmi della faccenda, poi realizzo che ho la testa sul tavolo e che davanti ai miei occhi non ci sono tronchi d’albero ma bottiglie di birra vuote.
Mi compare sul volto un sorriso ebete: finalmente si ritorna alla normalità. Non ne potevo più di sveglie alle zero-sette-zero-zero e altre eccentricità militari. Conto i cadaveri, ovvero le bottiglie di birra vuote, e realizzo che queste due settimane di angherie, rotture di palle e astensione dall’alcol non hanno affatto rovinato la mia media.
Certo non sono ai livelli delle gare con gli artiglieri della Morte Nera, ma il buon vecchio fegato continua a fare il suo dovere.
C’è il sole, il che su Kamino è una stranezza non da poco, e c’è un silenzio siderale. Solo qualche stormire di fronde di quando in quando, o il tintinnio delle bottiglie vuote quando mi muovo.
Lo scurrier del senso del dovere, notoriamente astemio e salutista, fa udire nel mio cervello la sua vocetta lima-gonadi: “Dove sono tutti gli altri?”
Risponde per me il rangkor della Cialtronaggine: “Chi se ne frega.”
Mi alzo dal mio tavolino e mi aggiro un po’ per l’isola. L’unica forma di vita che scorgo a parte le palme è Lothar, che probabilmente per coazione a ripetere ha in mano un sacco e sta raccogliendo il pattume lasciato dalla festa. Mi saluta con un bramito e mi chiede se so dove sono i contenitori della raccolta differenziata.
Lo ignoro, mio peloso amico,” gli rispondo. “Forse lo sa Kurtz, ma eviterei si svegliarlo dopo una notte di libagioni con una domanda del genere. Come a te è venuto l’istinto di riordinare, non vorrei che a lui tornasse quello di massacrare.”
Lo wookiee grugnisce un: “In effetti...” e torna a raccogliere roba.
Continuo la mia svagata ispezione. Sdegnosi come tutti i devoti dell’odiosa regola B’omarr, i nostri due kaminoani hanno rifiutato con spregio di unirsi ai festeggiamenti (a parte Tani Du quando c’è stato da alesare gli orifizi della squinternata professoressa, ovviamente. Lì pare che la regola B’omarr contempli eccezioni).
Li trovo in plancia a culo per aria e fronte a terra che salmodiano. Per un po’ pondero l’idea di andare a chiamare Hyaskon e sguinzagliarlo su tutto quel ben di dio (del dio B’omarr, per la precisione), ma non sapendo in che condizioni psicofisiche si trovi il mio collega decido di lasciar perdere. Capace che me lo devo portare sulla nave a braccia e una volta arrivato là gli venga l’orribile idea di rivolgere a me le sue lubriche attenzioni.
Arrivo alla spiaggia. Al largo c’è un tizio che sta pagaiando con impegno su una specie di canoa. Da lontano si vede solo la sagoma, ma due pseudo-zanne gamorreane ai lati della testa mi fanno subito capire di chi si tratti. Mi occulto rapidamente dietro il tronco di una palma onde evitare che al mio squinternato superiore venga voglia di coinvolgermi nelle sue esercitazioni di canottaggio. Frattanto mi chiedo se ci siano creature marine gigantesche e carnivore, su questo scipito pianeta, e nel caso quale sia il modo per attirarle.
Vedendo che Waxen sta prendendo il largo, decido di lasciarlo andare. Chissà, magari scomparirà nelle vastità oceaniche di Kamino e quando lo troveremo sarà già morto disidratato.
Arrivato in prossimità della casetta leggiadra, comincio a sentire un incalzante cicalare. Mi sposto con discrezione verso la terrazza che dà sul mare, ovvero l’epicentro del casino, e si offre ai miei occhi la seguente scena: vestita da camerierina sexy, la twi’lek sta per l’appunto facendo la camerierina: ha un vassoio con tazze di caffè e altre cose e volteggia con grazia da un commensale all’altro. I commensali, nella fattispecie, sono Kurtz, la Du Bal e i tre soldatini.
Un altro po’ di marmellata, Buddy?” gorgheggia l’aliena rivolta a Biscottino. Poi, a Zuccherino: “Ross, tesoro, ora Fjo’ona ti dà una bella cioccolata calda, d’accordo? Così ci mettiamo a posto il pancino.” Poi, minacciandolo con un indice ammonitore: “Quante birre abbiamo bevuto ieri sera, ometto?”
E lui, facendosi piccolo: “Cento...”
Cento birre?” lo interrompe Fjo’ona, mettendosi le mani sui fianchi con fare indignato. “Meriteresti proprio che ti facessi tò-tò sul culetto!” Chiaramente l’aliena non è consapevole delle più elementari norme della fisica e della biologia, che rendono incompatibile qualsiasi organismo umano con la quantità di birre menzionata.
Veramente sono cento millilitri, signorina Fjo’ona,” chiarisce il soldato, il cui colorito sta virando verso il porpora Royal Guard.
Pasticcino, che sperava di averla scampata, viene catturato in extremis: “E noi abbiamo bevuto, piccolo Victor?” lo interroga la twi’lek.
Poco poco, signorina Fjo’ona,” balbetta il soldato.
Poco poco,” fa lei, imitando il tono del ragazzino, “E allora perché ci hanno trovati sdraiati a pancia in su sulla spiaggia? Volevamo prendere il sole?” Poi, dopo una pausa pregna di riprovazione: “Meriteresti che ti mettessi in castigo.”
Si allontana ancheggiando sui tacchi e va al fornello, dove canticchiando comincia ad aprire barattoli a caso. “E comunque non voglio vedere quelle facce scure!” proferisce. “È una bellissima giornata e ora andremo tutti al mare. Ce li abbiamo i costumini, ometti?”
Io mi guardo bene dal palesarmi. Una volta uccise le sue libidini, l’istinto di darsi agli altri tipico della twi’lek non si esplica più in troiaggine ma di volta in volta in infermieraggine, camerieraggine e stucchevole mammismo. Quest’ultimo in effetti è il più pernicioso, perché la porta a una tremenda alternanza di tenerezza e rimbrotti che farebbe montare l’incazzatura a una segreteria telefonica.
Intanto Fjo’ona torna dalla cucina. “Opheliuccia, vuoi un bel caffè?” cinguetta alla squinternata docente.
Caffè...” risponde la Du Bal, come se non avesse mai sentito prima il vocabolo.
Ma certo che lo vuoi, non è vero?” E le mette davanti una tazza fumante. La professoressa se la rovescia in testa e ride con aria ebete.
In tutto ciò, l’espressione di Kurtz si sta facendo preoccupante. “Perché non si siede un po’ con noi, signorina?” propone alla twi’lek con voce minacciosamente calma. “Io al mattino ho bisogno di tranquillità.”
A me invece la tranquillità mette una gran tristezza,” risponde ignara l’aliena. “Anzi, vogliamo intonare una bella canzoncina?”
No, non vogliamo intonare nessuna canzoncina,” risponde Kurtz.
Oh, per favore. Quella dei jawa! Quella dei jawa è bellissima!” E poi, muovendo l’indice per dare il tempo intona: “Ho visto un jawa che si dondolava sopra un filo dell’alta tensione. Trova il gioco molto interessante...”
Non sapremo mai cosa fece il jawa dopo aver trovato il gioco interessante. Con un’imprecazione irripetibile, Kurtz si alza, agguanta la twi’lek a mezzo corpo e prima che la scosciata possa dire bah la defenestra, dalla parte degli scogli.
Dal basso giungono strida, il colonnello si limita a chiudere i vetri.
Stavamo dicendo?” chiede all’uditorio.
Segue un silenzio siderale.
La colazione prosegue in un’atmosfera da convento B’omarr. Io, chiaramente, evito di palesarmi. Procedo alla ricerca del capitano medico, che è l’unico che manca all’appello.
L’ultimo ricordo che ho di lui è che era seduto di fianco a me mentre io bevevo birre e dialogavo dei massimi sistemi coi vuoti.
Visto che non mi va di perdere tempo aggirandomi vanamente, attivo i sensori di ricerca e li taro su ‘umano’, sperando che per una volta mi diano una lettura corretta. Cominciano subito a fare bip-bip. Sul display compare un puntino luminoso decisamente lontano dalla leggiadra casetta di Kurtz.
Vado a vedere.
Dopo un’improba camminata nella giungla, schivando rampicanti e proferendo bestemmie, arrivo dall’altra parte dell’isola.
Seduto su uno scoglio, lo sguardo perso all’infinito, c’è Hyaskon. Per un po’ rimango a guardarlo, ma il capitano medico è più immobile di un TIE-fighter in avaria. L’unico movimento che si concede, di tanto in tanto, è un sospiro che sembra l’ultima esalazione di uno hutt morente.
Mi avvicino con cautela. “Beh?” gli chiedo appena arrivo accanto a lui.
Silenzio.
Collega?”
Alza le spalle. Senza mutare la sua posizione, come se stesse parlando alle inutili immensità oceaniche di Kamino, comincia: “Io ci avevo sperato, sa? Un pazzo sanguinario che ammazzava indiscriminatamente, che squartava, torturava e scuoiava. Quando lei mi ha letto quei file su Kurtz non credevo alle mie orecchie.” Tace, emette un altro sospiro di inaudita tristezza. “Ma io gliel’avevo detto fin dall’inizio che questa missione sarebbe finita tragicamente, no?”
Beh, per tragicamente, io intendevo essere catturati e seviziati da Kurtz, non scoprire che è un tranquillo pensionato.”
Lei, Veers, non ha idea di cosa vuol dire vedere i sogni di una vita infrangersi.”
Perché, secondo lei come ci sono rimasto io arrivando su Kamino e scoprendo che c’era da bere solo della Tusken-Cola? Mi crede così insensibile?”
Per un po’ rimaniamo a contemplare le onde.
Trascorrono così lunghi minuti. Ahiwa passano sull’orizzonte con lenti battiti d’ala.
Contemplare le onde, però, oltre ad essere orribilmente noioso, mette una gran sete, perlomeno a me, per cui dopo un po’ propongo: “Collega, che ne direbbe di una birra?”
Ma certo,” replica lui col tono amaro di un eroe tragico che fa l’ultimo discorso alle truppe prima di una battaglia con sproporzione di forze di dieci a uno a favore del nemico. “Lei risolve tutto con le birre. Molto comodo. Qualcosa non va? Una birra e via, non ci si pensa più.” Poi, fissandomi negli occhi: “Io credevo in quell’uomo.”
Sospiro con aria paziente. “Dunque, Hyaskon,” chiarisco, “io risolverei tutto con le birre se ce ne fossero. Ma visto che finora c’è stata abbondanza di qualsiasi cosa, compresa la merda di scurrier liofilizzata, ma non di birra, trovo questa sua semplificazione della mia complessa personalità a dir poco insultante e fuori luogo. Ora le propongo due opzioni: la prima è di restare qui a dolersi del pensionamento di Kurtz con davanti agli occhi la tristezza di una distesa di acqua salata. La seconda è quella di fare la stessa cosa, ma con davanti agli occhi una birra. O un mojito, se preferisce.”
Che senso ha la vita?” è l’unica risposta che mi giunge.
Non essendo preparato ad affrontare argomenti di tale portata da sobrio, decido di lasciarlo al suo destino e raggiungo la casetta di Kurtz.
Quando avrà fame tornerà da solo, suppongo.
Nella leggiadra casetta, intanto, le cose stanno procedendo. La Du Bal non è più in vista, la twi’lek, incerottata, zoppicante e con un occhio nero, si è fatta passare in tempi brevissimi gli afflati materni e sta ben attenta a non entrare nemmeno per sbaglio nel raggio d’azione del colonnello Kurtz. I tre soldatini, ancora con qualche postumo delle immani libagioni della sera prima, sono seduti sul molo, ognuno con una canna da pesca in mano, ma a giudicare dall’espressione sembrano totalmente ignari del funzionamento dell’oggetto.
Il nostro tranquillo pensionato sta armando la barca da pesca. “Vado a recuperare Culosecco,” mi accoglie, “Altrimenti chissà dov’è capace di andarsi a cacciare.”
Lo fisso stupefatto. “Culosecco?”
Era come chiamavamo Waxen alla guarnigione di Brettna. Aveva il culo talmente ossuto che bucava i sedili degli AT-ST. Viene con me, Veers?”
Ecco, io...”
Ho una cassa di birra fresca.”
Volevo dire che sono pronto, signore. Se c’è da salvare Culosecc… ehm… Waxen non sarò certo io a tirarmi indietro.”
Non siamo ancora salpati che già abbiamo stappato la prima bottiglia. Io mi accomodo sul sedile imbottito che mi è stato offerto e penso all’assurdità della situazione: sono su una barca a tu per tu con il terribile Kurtz, uno che ha trucidato, squartato, devastato, compiuto genocidi, si è fatto adorare come un dio, ha effettuato sacrifici umani e praticamente ha gettato nel terrore un intero pianeta. E io sono qui che ci bevo una birra insieme.
Cominciamo a cercare lo squinternato colonnello. Ormai è mattina inoltrata e l’oceano è una tavola blu con qualche vaga increspatura. Dovunque possa spaziare la vista, non c’è assolutamente nulla.
Io comincio a immaginare mostri orribili che emergono e fanno un solo boccone della canoa, malori, improvvisi groppi di vento…
Proviamo al resort,” mi fa Kurtz. “Di solito quando trovano qualcuno disperso lo riportano là.”
C’è un resort da queste parti?”
Più d’uno, in realtà. Dove pensa che vadano a finire tutte le coppiette che arrivano su Kamino per trascorrere la luna di miele?”
Nei resort?” propongo.
Esatto, anche se a volte mi fanno venire la tentazione di tornare alle vecchie abitudini. Non c’è niente di più fastidioso di quelle coppiette che stanno sempre appiccicate a tubare.”
Sissignore.”
Le scioglierei nell’acido, le scioglierei.” Poi mi fissa. “Beva la sua birra, se no si scalda.”
Sissignore.”
Dopo un’oretta di navigazione arriviamo al famoso resort, che porta l’evocativo nome di Tropical Paradise.
Guardi un po’ che schifo,” mi fa Kurtz. “E pensare che mi ero anche procurato il dépliant di questo posto.” Poi, dopo una pausa: “C’è da dire che dopo un po’ che si sta nella base di Nuwara Eliya comincia a sembrare bello anche il deserto dello Jundland.”
Io osservo il villaggio vacanze: il primo spettacolo, per la verità abbastanza triste, che si offre ai miei occhi è una compagine di alieni assortiti in acqua fino alle anche (chi possiede gambe, se no in acqua fino a metà corpo). I suddetti sono rigorosamente a coppie, tranne gli Ithoriani, che come è noto hanno sei sessi diversi e regole complicatissime per abbinarli, e quindi sono in gruppi di dieci o quindici individui. Non voglio pensare al costo di una luna di miele ithoriana.
Gli alieni, dicevamo, sono in acqua e guardano tutti verso lo stesso punto, ovvero una gentile signorina kaminoana con tanto di collana di fiori e gonna di rafia che sta facendo fare aqua-gym al gruppo. Data la flemma degli indigeni, la seduta somiglia più che altro a un corso di mobilizzazione per la terza età.
Io mi volto verso Kurtz. Con un sospiro, il colonnello mi dice: “Lo sa che fine avrei fatto fare a questo branco di idioti ai miei tempi?”
Posso immaginare, signore,” gli rispondo.
Lui scuote la testa mentre sul viso gli compare un inquietante ghigno. “No, Veers, non può immaginare, si fidi.”
Qualcosa mi suggerisce che sia meglio non approfondire.
Stappo un’altra birra mentre la nostra barca si avvicina lentamente alla spiaggia. Lo squallore del posto si palesa sempre più man mano che ci avviciniamo. L’acqua sembra lo scarico di un cesso gamorreano, inoltre vi brulicano forme di vita dall’aspetto decisamente poco invitante. Coppie aliene vanno su e giù lungo la spiaggia mano nella mano (o tentacolo nel tentacolo, chela nella chela, ventosa nella ventosa. Sempre che non siano miste, e allora c’è ogni possibile combinazione di appendici che di intersecano con altre appendici). Ci sono addirittura, tristezza somma, due mandaloriani. Costoro, guerrieri terribili, sterminatori di nemici e assassini temuti da chiunque nella galassia, girano tenendosi per manina, lei in bikini coi coniglietti e lui in boxer coi cuoricini ma entrambi con l’elmo in testa.
Di che fargli una foto e ricattarli per il resto della loro vita.
Attracchiamo in un nugolo di battellini da pesca rosa e azzurri, poi scendiamo a terra. La tristezza del posto aumenta esponenzialmente a ogni passo: ci sono il centro massaggi, il ristorante, la spa, i giardini e persino la birra, ovviamente tutto a profumato pagamento. Se no, noia mortale.
Ci stiamo così aggirando quando sentiamo l’inconfondibile voce raccontare: “...Ed eravamo tutti nell’acqua fino al collo! Quella dianoga miserabile, il Bastardo Nero, era riuscita a farci rovesciare la barca e quindi stavamo sguazzando nel bel mezzo della palude, con i bog-wing che ci svolazzavano intorno alla testa e le sanguisughe che ci si infilavano nei pantaloni. Quand’ecco che...” In quel momento passa la mandaloriana in bikini, dotata di addominale scolpito e culo di tungsteno. “Oh, buon giorno gentile signora!” La segue con lo sguardo assumendo l’espressione ebete. “Quand’ecco che… che...”
La dianoga?” propone qualcuno.
La dianoga? Che c’entrano adesso quelle bestiacce viscide e puzzolenti? Stavamo parlando della battaglia di Surak, dove c’era un gruppo di cosi… come si chiamano? I cosi che sparano...”
Cannoni?”
Ecco, sì. I cannoni. Ma cosa c’entrano poi i cannoni con le dianoghe?”
Io mi volto verso Kurtz. “Provi un po’ a immaginare dodici lunghi giorni agli ordini di uno così...”
Io l’avrei fatto fuori a metà del secondo,” mi risponde.
Ci ho provato disperatamente, ma o c’erano troppi testimoni, o non avevo le armi giuste sottomano. E comunque capitava sempre qualcosa che al momento giusto mi mandava tutto a monte.”
Peccato che non ci siamo conosciuti prima, Veers. Le avrei insegnato un paio di trucchi.” Poi si avvicina al colonnello e fa: “Waxen, è giunto l’ordine di evacuare la zona. Tra un po’ ci sarà un attacco di calamariani e lei come ufficiale superiore ha il dovere di preservare la sua vita per la controffensiva.”
Il baffo del colonnello, tuttora in stato di rigor cadaverico, riesce comunque a fremere. “Un attacco!” esclama il fossile, “Lo dicevo, io! Quei maledetti dei calamariani scelgono sempre i posti dove ci sono più civili inermi per attaccare! Specie di luridi cefalopodi senza onore né moralità!” Poi, con voce stentorea, rivolto alle coppiette dell’aqua-gym: “Avete sentito? Tra un po’ ci sarà un attacco da parte di navi di Mon Calamari! Lo sapete cosa fanno i calamariani ai prigionieri? Per vendicarsi di essere sempre trattati da seppie li tagliano ad anelli e li friggono!”
Ovviamente la frase scatena il panico. L’acqua comincia a ribollire di alieni in fuga, che si calpestano gli uni con gli atri per allontanarsi prima. L’animatrice kaminoana viene senza tanti complimenti travolta, coppiette smielose, unite da eterno amore, si sgomitano in bocca (o nel becco, nella proboscide, etc etc), maritini e mogliettine si prendono a pugni, i più grossi menano i più piccoli senza tanti complimenti. Un mandaloriano (non quello coi boxer a cuoricini) agguanta un ugnaught per i piedi e comincia a mulinarlo per tenere lontani gli astanti.
La scena di follia collettiva dilaga nel centro massaggi, nel giardinetto rilassante e nella spa. Approfittando del casino, i più furbi prendono d’assalto il bar e fanno man bassa delle costosissime bevande alcoliche. Un monaco B’omarr che passava per di lì non trova altro modo per salvarsi che arrampicarsi sul soffitto e far finta di essere un’applique.
In questo pandemonio, in piedi su un tavolo e miracolosamente illeso, Waxen ulula: “Dove andate, codardi! Dobbiamo organizzare le difese, dobbiamo arruolare i maschi abili! Approntare un’infermeria di emergenza per le innumerevoli mutilazioni e ferite devastanti che ci saranno! Recuperare armi di fortuna!”
Un brulichio di alieni di varie forme prende d’assalto le graziose barchette e cerca con quelle di allontanarsi, non si sa dove né perché. Nell’appropriarsi dei piccoli natanti, maritini scazzottano mogliettine, giovani spose danno colpi di remo nel plesso solare degli altrettanto giovani mariti, attempate coppie che festeggiano nozze di vari metalli preziosi vengono senza tanti complimenti affogate da chi è più giovane e vigoroso.
Kurtz porta debitamente al largo la barca da pesca, stappa una birra e si siede su una sdraio a contemplare l’apocalisse. “Mi sembra di tornare ai bei tempi,” mi confida.
Io rimango per un po’ a fissare la devastazione, poi ricordo al colonnello che forse sarebbe meglio raccattare Waxen.
Ah, già. Culosecco. Con tutto questo cinema me n’ero dimenticato. Vada a prenderlo, Veers.”
Mi volto basito verso di lui. “Eh?”
Lo prenda e lo porti qui. Io sto bevendo una birra.”
Ah, sì? Stappo a mia volta una bottiglia, mi siedo su una sdraio e gli rispondo: “Anch’io sto bevendo una birra.”
Kurtz mi fissa con sguardo inceneritore. “Rifiuta di eseguire i miei ordini?”
Ci può giurare. Lei non è più un colonnello, è un tranquillo pensionato molto simpatico col quale si fanno piacevolissime bevute, ma non ha più alcuna autorità su un ufficiale imperiale quale io immodestamente mi pregio di essere.” Lo fisso con espressione serafica.
Sull’isoletta del resort, frattanto, è in corso una specie di rivoluzione. Qua e là cominciano a balenare i primi incendi, si approntano barricate di fortuna.
Sempre in piedi sulla sua cassetta, Waxen arringa le folle.
Per fortuna, dopo un po’ è il vecchio fossile che ci cava d’impaccio. Vede la nostra barchetta, contempla un’ultima volta l’enorme casino in corso sull’isoletta e si butta con elegante tuffo, cominciando a pagaiare nella nostra direzione con il tipico stile detto ‘a worrt’.
Lo ripeschiamo.
Sono impazziti tutti!” ansima. “A un certo punto qualcuno ha detto che stavano arrivando delle navi dei Mon Calamari e la gente ha cominciato a comportarsi in modo strano. Io vorrei proprio sapere chi è stato.”
Sicuramente qualcuno che si era fatto una dose di troppo di spacca-cervello,” dice impassibile Kurtz.
L’ottuagenario si volta, riconosce il mio accompagnatore e a pieni polmoni esclama: “Ma guarda chi si rivede: ‘Polpetta’ Kurtz! Ma che bella sorpresa ritrovarla qui, ragazzo mio! Non era alla guarnigione di Brettna?”
Veramente è stato vent’anni fa, signore,” risponde Polpetta, che forse non ha ancora ben chiari i sintomi dell’Alzheimer.
Vent’anni? Impossibile! Me lo ricordo come se fosse ieri. Lei comandava un gruppo di AT-ST. E mi dica, adesso dov’è assegnato? Non sapevo che qui su Aquarian ci fossero basi imperiali. E come sta ‘Cerotto’ Janrand? Non c’era esercitazione in cui non si facesse male da qualche parte, deve aver consumato più bende lui di un intero battaglione di assaltatori!”
Kurtz mi fissa con l’aria di chiedermi aiuto.
Mi rivolgo a Waxen: “Signore, che ne dice di tornare alla base? L’abbiamo lasciata incustodita per troppo tempo, i nexu sono sempre in agguato.”
L’ometto mi fissa con un brillio cupido negli occhi. “I nexu?”
E i bantha, signore. Dicono che qui pascoli un maschio enorme, che nessuno è mai riuscito ad abbattere.”
Un bantha che nessuno è mai riuscito ad abbattere? È mio! A me il fucile di precisione! Voglio appendere la sua testa sul caminetto del circolo ufficiali!”
Io rivolgo lo sguardo all’esterrefatto Kurtz e gli dico: “Tanto tra mezz’ora si sarà già dimenticato.”

Rientriamo a MAL-47. Nel frattempo è arrivato il consueto monsone e sta venendo giù l’inferno idrico. In giro non c’è nessuno a parte la Du Bal, che incurante della pioggia siede su una sdraio declamando versi in lingue aliene che preferisco non approfondire (a meno che non stia semplicemente dando sfogo a un’eccessiva aerofagia).
Considerato che ha l’aria di trovarsi perfettamente a suo agio dov’è, la lasciamo scrupolosamente in pace.
Rintanati in casa ci sono Fjo’ona incerottata ma in tenuta da cameriera sexy, i tre soldatini e il wookiee. Non si vede Hyaskon.
Chiedo lumi alla twi’lek.
È andato a suicidarsi,” mi spiega lei, tranquilla come se mi stesse dicendo che è andato a fare la pipì, “ha detto che la vita non aveva più senso.”
E tu non l’hai fermato?”
Gli ho detto che il pranzo era quasi pronto, ma non mi ha dato retta.” Ha anche il coraggio di fare il broncio.
Da che parte è andato?”
Ha detto che andava sulla nostra nave a preparare la roba. Non so che roba volesse, poi. Qui non c’è nessuna festa.”
Mi viene un dubbio: “Fjo’ona, lo sai cosa vuol dire suicidarsi?”
E lei: “Certo, per chi mi prendi? Vuol dire andare a una festa con dei vestiti completamente fuori moda e col trucco sbagliato, e dopo tutti ti prendono in giro e non puoi più fare l’olomodella. Non sapevo che Evan fosse un olomodello, però.”
Tralascio la risposta. Sfidando i monsoni vado sulla nave a controllare che ne è stato del capitano medico. Con tutta la roba che ha nella sua borsa, sarà morto stecchito. Comincio a ragionare su quale sia il modo migliore per disfarmi del cadavere.
Mentre sono immerso nelle mie necroforiche meditazioni, comincio a sentire delle vocette infantili provenire dalla scala che porta alle cabine. Alle vocette è associata una musichetta, il diminutivo è d’obbligo in quanto trattasi di canzoncina da asilo.
Basito vado a vedere, scoprendo che i rumori provengono nientemeno che dalla cabina di Hyaskon. Mi affaccio e vedo quanto segue: sdraiato sulla cuccetta, il capitano medico sta guardando sul suo laptop una puntata degli Astrotubbies, un orrendo programma per bambini ritardati dove quattro alieni nani dicono cazzate con voce infantile.
Al mio apparire, ieratico Hyaskon mi ammonisce: “Un po’ di rispetto, Veers: mi sto suicidando.”
Con gli Astrotubbies?”
Lei conosce forse un modo che causi maggiore sofferenza?”
Mi raccolgo in meditazione. “Un palo rovente su per il culo?” propongo. Forse la vicinanza con Kurtz mi sta facendo male.
Il capitano medico prende in considerazione la cosa e un vago sorriso gli aleggia sul volto cupo. “Lei sa sempre come sollevarmi il morale, Veers,” mi dice.
Quindi non si suicida più?”
Alza le spalle. “Posso sempre farlo più tardi. A pagare e a crepare c’è sempre tempo, no?”
Ecco, allora spenga quella roba se no tra un po’ mi suicido io.”
Scendiamo a terra. Strada facendo gli chiedo: “Ma perché poi voleva suicidarsi, collega?”
Hyaskon mi guarda con riprovazione. “Veers, se io non fossi un eminente ed entusiasta anatomopatologo, parlando con lei dovrei concludere che la demenza di Alzheimer è contagiosa. Non più tardi di stamattina le ho spiegato dettagliatamente i motivi del mio stato depressivo.”
Insistevo, Hyaskon, perché i suoi motivi di stamattina mi sono sembrati – e continuano a sembrarmi, peraltro – idioti dal primo all’ultimo. Volevo vedere se per caso era rinsavito.”
Il capitano medico sta per prendermi a male parole quando Zuccherino, in tutta la sua fanciullesca grazia, ci raggiunge e ci annuncia che il pranzo è pronto. Hyaskon fa un sorriso ebete, dà un buffetto sulla guancia al soldato, lo guarda andare via e con un sospiro mi fa: “Cosa stavamo dicendo?”
E poi sarei io quello con l’Alzheimer,” brontolo.
Oggi, cucina twi’lek.
Devastata da afflati di economia domestica, la nostra inutile cubista-olomodella-segretaria-meretrice de-bagascizzata dall’iniezione di Hyaskon, ha pensato bene di cucinare un bel pranzetto.
Ora, bisogna citare un assioma fondamentale: la twi’lek non sa cucinare. Niente, nemmeno far bollire l’acqua.
La twi’lek sa prendere parte a un’apericena, sa andare a un brunch, sa mangiare gli stuzzichini, ma non possiede altre abilità collegate al cibo.
Se siamo fortunati, avrà cercato di cuocere una ciabatta della Du Bal dentro la catinella del bucato.
Ho fatto da mangiare!” ci annuncia trionfante. In tavola c’è una massa nera e fumigante che assomiglia a un residuo di fusione. “Alla fine non è affatto difficile. Basta prendere la roba e infilarla in quell’armadietto là.” Indica il forno.
Che cos’era quando l’hai messo dentro?” le chiedo, non riuscendo a cogliere nell’agglomerato alcuna forma conosciuta.
Scatolette.”
Scatolette di cosa?”
Fa il broncio. “Uffa, una si impegna per fare un bel pranzetto e questo è il ringraziamento!” Va via a culo dritto.
Dall’indagine necroscopica compiuta sul residuo di fusione scopro che Fjo’ona ha infilato in forno dei barattoli di pastura per blutfish senza nemmeno toglierli dall’involucro di cartone.
Questa missione ha una particolarità: ogni cucina, per quanto pessima, fa rimpiangere la precedente.
A parte l’offesissima scosciata e la squinternata docente, partiamo tutti in delegazione verso la nostra nave, dove Atama So e il suo socio hanno approntato una tavola che perlomeno offre cose commestibili.
Nel raccapriccio dei due indigeni faccio portare dal wookiee una cassa di birra, il che rende il pranzo decisamente più piacevole del solito.

Nel pomeriggio torna il sole e la twi’lek abbandona ogni velleità domestica per fiondarsi su una spiaggia. Il colonnello è riuscito a incantonare Kurtz e gli sta massacrando le gonadi con sconclusionati aneddoti di guerra. Generalmente si rivolge a lui chiamandolo ‘Polpetta’, ma ogni tanto vengono anche fuori soprannomi come ‘Blaster Pazzo’, ‘Insaccato’, ‘Due Crediti’ e altri che chissà in quali meandri della squinternata memoria del fossile si trovavano.
Stufi delle attenzioni di twi’lek e capitano medico, i tre soldatini si sono rintanati nella loro cabina e come da antichissima tradizione militare fanno abilmente finta di non esserci.
Il wookiee ha trovato la dispensa e non dà udienza a nessuno.
Ostentando un’aria di stoica sopportazione, i due kaminoani raccolgono le bottiglie di birra vuote con le pinze che si usano nelle fonderie per maneggiare le siviere incandescenti, quindi le buttano in un contenitore contrassegnato dal simbolo della contaminazione biologica. Fatto questo, sigillano il recipiente e lo spingono fuori bordo come se si trattasse di una testata nucleare.
Non paghi di ciò, recuperano una sonda a emissione di raggi gamma, ultravioletti, argento attivo e cazzi & mazzi (quelli non mancano mai) e la passano su tutta la sala da pranzo, per eliminare ogni molecola di alcol rimasta.
Una volta che il luogo è adeguatamente disinfestato, si prosternano a culo all’aria e fronte a terra e salmodiano lungamente.
Io osservo tutta la procedura e concludo che la religione B’omarr è nemica di ogni libidine e può piacere solo a dei masochisti dalla vita avara di soddisfazioni come i kaminoani.
Scendo dalla nave alla ricerca di birre, con tutte le intenzioni di replicare l’effetto foresta di stamattina.
Vado alla ricerca del frigo portatile, lo riempio adeguatamente di birre, lo trasporto vicino a una graziosa sedia sdraio collocata all’ombra e mi accomodo nella più grande tranquillità.
Do di piglio alla prima bottiglia, pensando come al solito ai massimi sistemi, ai motori primi e ai fini ultimi.
Passano le ore e le bottiglie.
Mentre penso a vari concetti filosofici, trovo anche il tempo per ragionare sul simpatico Kurtz. Teoricamente, avendolo trovato e avendo egli orgogliosamente confermato tutte le sue malefatte, dovrei comunicare le sue coordinate alla Morte Nera e chiamare qui un certo numero di Star Destroyer per radere al suolo, o meglio per vaporizzare, trattandosi di acqua, un raggio di cento chilometri intorno a questa isoletta.
In pratica, però, la faccenda è un po’ più complessa. Primo, è una buona idea far arrivare un nugolo di Star Destroyer sul pianeta che ci fornisce la metà degli eserciti? Tipo, magari se la prendono e ci fanno arrivare eserciti di jawas rachitici invece di spedirci cloni dell’atletico Jango Fett.
Secondo, Kurtz è un tranquillo pensionato che va a pescare e quando è in animo di grandissime trasgressioni fa arrivare un sottomarino con un toydariano che gli recapita una o più casse di birra. Ha un senso muovere mezza flotta per una cosa del genere?
Quasi quasi mi sento di dare ragione a Hyaskon: fa una profonda tristezza vedere il terribile Kurtz col cappellino alla cretina e la canna da pesca in mano.
Continuo a bere, nella speranza che l’Oracolo del Malto e la Sibilla del Luppolo si degnino di portarmi consiglio.
Alla fine, com’era prevedibile, è il Guru dell’Alcol che ha la parola definitiva. Pondera accuratamente tutta la situazione e mi fa: tu dì che non c’è alcun bisogno di intervenire perché Kurtz ha smesso di essere un problema.
In effetti, Kurtz non è più un problema, e direi che intervenire qui causerebbe più casino che altro. Come sempre, do ragione al Guru dell’Alcol, e per dimostrargli il mio apprezzamento gli faccio un’altra generosa offerta.
Il Guru dell’Alcol si dimostra soddisfatto e già che c’è mi fornisce un paio di consigli di economia domestica, così, tanto per farmi capire quanto è felice delle mie offerte. Apprendo i segreti della cottura del sugo di Ysalamiri e il modo di stirare le uniformi senza bisogno dell’asse.
Dopo queste due perle di cultura, salgo sulla nostra nave e serenamente incurante delle occhiate di orrore che i kaminoani rivolgono alla mia birra chiedo: “C’è modo di comunicare con la Morte Nera da questa nave?”
Atama So fissa la mia bottiglia come se fosse l’incursore anale di Rani che io mi appresto a usare su di lui.
Io gli rivolgo lo sguardo pacifico del dewback che pascola e gli ripeto la domanda.
Sì, ma… quella bottiglia...” mormora il kaminoano, con l’atteggiamento di chi teme che dal suddetto recipiente possano uscire da un momento all’altro gas venefici, o tentacoli pronti a strangolarlo.
Questa bottiglia è la mia birra,” gli spiego cortesemente, “e non si allontanerà da me fino a che non sarà vuota. Ora, per favore, sia gentile: mi metta in contatto con la Morte Nera. Al resto penserò io.”
Mi accerto che la camicia hawaiana si veda bene e mi dispongo a salutare il simpatico Governatore Tarkin.



   
 
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