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Autore: Heihei    22/04/2017    3 recensioni
Bethyl-AU
Quegli stupidi degli amici di Beth sono determinati a rendere il suo diciottesimo compleanno memorabile, peccato che le loro buffonate la faranno restare bloccata in un brutto quartiere di una città sconosciuta, attualmente pattugliato dall'Agente Shane Walsh. Minacciata sia dagli agenti che dai criminali, dovrà rassegnarsi alla compagnia di un gruppo di zotici, tra cui un certo redneck particolarmente scontroso.
**Questa storia NON mi appartiene, mi sono limitata a tradurla col consenso dell'autrice**
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Daryl Dixon, Maggie Greeneunn, Merle Dixon
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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VII. Completi / VIII. Armi

 



Non era più un estraneo.
Non riusciva a capire cosa fosse successo esattamente dopo quello che gli aveva detto, ma, per evitare altri equivoci, non provò più a rompere il silenzio tra loro.
In ogni caso, Beth doveva ammettere che non poteva sentirsi più al sicuro di così. Sì, tecnicamente, era alla mercé di un redneck, un criminale, uno che aveva incontrato per caso e che non aveva alcuna ragione per preoccuparsi per lei o per quello che le stava capitando. Se fosse finita dietro le sbarre, se si fosse rovinata la vita per una stupidaggine da ragazzini, non sarebbe stato affar suo, ma, per qualche assurda ragione, Daryl aveva deciso di caricarsi quella responsabilità sulle spalle.
Le venne spontaneo pensare che non si sarebbe mai sentita così al sicuro con un tipo del genere se fosse stato semplicemente un estraneo.
Effettivamente, non aveva mai incontrato nessuno come Daryl. Era più quel tipo di persona che si era limitata a immaginare. Era quasi sicura che anche lui fumasse, anche se fino a quel momento non l’aveva mai visto farlo, che avesse almeno un tatuaggio e tante storie affascinanti alle spalle che difficilmente avrebbe raccontato, soprattutto a una come lei. Farlo parlare era già abbastanza difficile di per sé.
Era chiaro che avesse toccato un tasto dolente con la storia delle violenze che suo padre subiva da suo nonno quando era piccolo, e non si era resa conto di quello che stava dicendo finché non fu troppo tardi per rimangiarselo. Avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa.
Perlomeno, ci provò per tutto il tratto successivo, mordendosi nervosamente il labbro e seguendo le sue orme. Daryl sembrava più a suo agio in quei boschi che a casa di Nick.
Improvvisamente, si fermò e si voltò verso di lei che, con un piccolo sussulto, stava quasi per cadergli addosso. Ignorando quel piccolo dettaglio, si portò lentamente l’indice alle labbra, invitandola a fare silenzio.
Beth non credeva di aver fatto rumore, ma quando glielo fece notare si rese conto di quanto affannoso fosse diventato il suo respiro e di quanto i suoi movimenti fossero goffi. Per la seconda volta, quando incrociò il suo sguardo, si soffermò sui suoi occhi. Lo seguì oltre gli alberi e, nonostante il crepuscolo, riuscì a vedere la strada. Non aveva realizzato che fossero già così vicini.
Annuì e si fermò ancora a guardarlo, provando un improvviso senso di repulsione verso quel percorso. Se fossero andati avanti, non avrebbero più avuto un motivo per rivedersi. Lei se ne sarebbe andata, doveva farlo il prima possibile, ma fu travolta dall’irrazionale desiderio di poter avere un po’ più di tempo da passare con lui, per concludere quella loro conversazione in modo diverso. Solo per quello.
Daryl riprese la sua marcia silenziosa tra gli alberi facendole cenno di seguirlo, probabilmente voleva cercare un punto con una visuale migliore. Quasi inconsciamente, Beth restò a fissare ancora per qualche secondo i suoi lineamenti marcati e decisi, per poi scendere sui primi bottoni della camicia, che doveva aver perso molto tempo prima. Infatti, lasciavano scoperto l’incavo del suo petto.
Si schiaffeggiò mentalmente, tornando in sé. Non avrebbe dovuto guardarlo in quel modo, non era… appropriato. Era sicuramente molto più grande di lei. Sarebbe stato ridicolo, al pari di quella stupida cotta di Karen per il loro professore di storia.
Non doveva essere difficile scacciare via quei pensieri, bastava concentrarsi su una parte di lui che non fosse attraente.
Sicuramente, quindi, doveva escludere il suo viso. All’inizio non l’aveva neanche trovato così bello, ma poi, quando aveva visto sparire quel cipiglio, quello sguardo cupo che pensava fosse un carattere peculiare del suo volto, si fece sorprendere dai suoi tratti. E, una volta notati, fu impossibile ignorarli, anche dopo che aveva riassunto la sua solita espressione corrucciata.
Forse le sue mani… no, neanche quelle andavano bene. Erano callose, forti, abili. Non riusciva a guardarle senza mettersi nei guai. Lo stesso valeva per il petto e le braccia.
Però, fumava. E lei era sempre stata disgustata dal fumo. Però doveva ammettere che non era stato poi così fastidioso quando l’aveva fatto accanto a lei.
“Forza!”
Daryl la prese per un braccio e la tirò a terra insieme a lui, dietro l’ultima fila di alberi.
“Che stiamo facendo?”, chiese con una punta di nervosismo mentre si sistemava accanto a lui, cercando di impedire alla sua mente di viaggiare oltre.
“Forse dobbiamo aspettare che si faccia davvero buio.”
Beth guardò il cielo, la cui tinta bluastra si stava facendo sempre più scura. In pochi minuti, il crepuscolo sarebbe giunto al termine.
“Come mai… uhm, perché hai detto quelle cose di Luke?”
Si pentì amaramente di quello che aveva detto. Farsi i film mentali era proprio l’ultima cosa che doveva fare, ma non riuscì a trattenersi dalla voglia di sapere come mai aveva risposto in quel modo quando gli aveva fatto leggere il messaggio in cui Luke le chiedeva di uscire.
Voleva che fosse geloso? Beh, forse anche solo in minima parte.
“Cosa?!”, rispose lui con un cipiglio.
“E’ solo che...”, balbettò, sentendosi infinitamente stupida.
Aveva per caso imparato a leggerle nella mente?
Imbarazzata a livelli estremi, si strinse nelle spalle, cercando di uscirne nel modo più disinvolto possibile.
“Non so, ho pensato che tu mi abbia detto che non dovrei uscirci perché… magari sai qualcosa su di lui che io non so.”
La sua voce si ridusse a un bisbiglio mentre le sue dita, nervosamente, disegnavano piccoli serpenti sul terreno.
“Nah, è solo un coglione.” Daryl, quasi più imbarazzato di lei, fece le spallucce e si stese a terra con le braccia dietro la testa. “Tu sei meglio di così, meriti di meglio.”
Anche se si era mostrato abbastanza tranquillo nel rispondere a quella domanda, era sicura che in realtà non gli importava nulla di lei e Luke. Doveva smetterla di parlare. Chissà se era al limite della sopportazione, chissà se l’aveva trovata immatura, o addirittura infantile...
Con un altro schiaffo mentale, ricordò a se stessa che non doveva importarle comunque. Presto se ne sarebbe andata a miglia di distanza da lì e non l’avrebbe più rivisto.

 

● ● ●

 


Stava andando tutto secondo i piani. Quando Daryl si stese sul terreno, cercando di rimanere fuori dalla vista degli sbirri, Beth rimase seduta accanto a lui. Si sporgeva in continuazione per ottenere una visuale migliore e, ogni volta, le sue ciocche bionde gli finivano in faccia, invadendogli le narici con il loro odore di shampoo. Tossendo leggermente e liberandosi il viso dai suoi capelli, l’afferrò per un braccio, invitandola ad abbassarsi e a non farsi vedere dai poliziotti.
“Scusa”, sussurrò, sgranando gli occhi. “E’ eccitante, non trovi?”
Gli sorrise e continuò a guardare tra le foglie, poggiandosi sui gomiti come se volesse strisciare a terra come un militare.
Per lui, sfuggire alla polizia non era per niente eccitante. Forse poteva esserlo per la prima volta, senza contare che, per una come lei, la posta in gioco era molto diversa. Anche se l’avessero beccata di nuovo, non sarebbero mai stati così duri con lei come invece lo sarebbero stati con lui.
Tra il punto in cui erano nascosti e la strada c’era una lunga fila di auto e un profondo fossato. L’Agente Shane Walsh stava parlando con altri due sbirri, mentre un quarto passeggiava per la strada, in posizione perfetta per tenere gran parte dello spazio sotto controllo.
“Cazzo, speravo che fosse dall’altro lato”, ringhiò Daryl.
“L’Agente Shane? Pensavo ti piacesse”, mormorò Beth.
“E’ uno stronzo. Il fatto che prima gli abbia dato ragione non significa che mi piaccia.”
E’ difficile farsi piacere un uomo dopo che quest’ultimo ti ha pestato a sangue, pensò.
“Giusto”, disse lei.
“Fammi pensare un attimo...”
Chiuse gli occhi. Se quella ragazzina avesse continuato a parlargli, avrebbe fatto più fatica a concentrarsi su una strategia. Ce n’erano di più rispetto all’ultima volta.
Sospirò profondamente quando realizzò quello che avrebbe dovuto fare.
“Bene, questo è quello che faremo: scivoleremo nel fossato velocemente e senza fare rumore. Poi, io andrò a sinistra e tu a destra. Nasconditi dietro un albero finché la mia piccola recita non sarà finita.”
“Vuoi fare il diversivo?”, chiese lei con un cipiglio.
“Sì, fingerò di essere ubriaco. Con un po’ di fortuna li terrò occupati per un po’ e non ti vedranno.”
“Ma… se ti arrestano?”
“Non sono mai stato arrestato prima”, ammise, “e posso evitarlo ancora. Non farò nulla per farli davvero incazzare, gli darò solo un po’ fastidio per distrarli qualche minuto.”
“Sei sicuro?” Beth era impallidita, sembrava preoccupata. “Non voglio che finisci nei guai con la polizia per colpa mia.”
“Ti ho detto che non farò niente di esagerato.”
“Ma...”
“Quando non stanno guardando nella tua direzione, attraversa la strada. Ci dovrebbe essere un altro fosso. Dopo averlo superato, non dovresti avere nessun problema, non ti vedranno. E’ profondo, attenta alle caviglie.”
Voleva muoversi prima che lei gli impedisse di farlo. Cominciò a strisciare verso il fosso, ma altri due fanali di una macchina lo bloccarono. Beth doveva averli visti, perché senti le sue mani stringergli le braccia da dietro, esortandolo a indietreggiare e a continuare a nascondersi. Si abbassò di nuovo, ma rimase dov’era per osservare quel che stava accadendo, con lei aggrappata alla sua schiena. Riusciva a sentire il suo battito contro la spalla.
Un enorme SUV nero dai vetri oscurati fece capolino sulla strada con una frenata brusca. Dietro di esso, parcheggiarono delle berline più piccole e, a chiudere quella sorta di processione, c’era una Saturn dorata che sembrava non appartenere a quel bel quadretto.
La portiera del conducente del SUV si aprì. Un uomo alto e magro, con indosso un completo nero e una cravatta così stretta che Daryl si chiese se la sua testa fosse rimasta al suo posto se gliela avessero tolta, scese dall’auto. Daryl osservò con attenzione l’Agente Shane e gli altri sbirri. Shane in particolare, quando riconobbe l’uomo vestito di nero, si raddrizzò e cominciò a marciare verso di lui, mentre altri uomini in completo scendevano dal SUV e dalle berline.
“L’FBI?!”, esclamò Beth ad alta voce nel suo orecchio. Molto probabilmente, aveva ragione.
L’Agente Shane e quell’uomo stavano parlando, entrambi con le mani sui fianchi e lo sguardo fisso negli occhi dell’altro. Non doveva scorrere buon sangue tra loro, ma erano dalla stessa parte.
“Non possiamo farlo”, Beth sospirò. “Ce ne sono troppi e… sembra che sia una cosa seria. Non ne vale la pena.”
Aveva ragione, di nuovo. Avrebbero dovuto aspettare di più prima di dare inizio a un piano.
Un’altra figura scese dalla Saturn dorata, avanzando in direzione degli agenti. Era una bella donna dai capelli corti e castani, indossava un elegante blazer nero con tanto di gonna abbinata. Già dal modo in cui camminava, Daryl capì che non era una di loro. Con lo sguardo acceso dalla rabbia, gridava per attirare la loro attenzione. Non sembrava che stesse svolgendo il suo lavoro, anzi: per com’era infuriata, sembrava ce l’avesse con gli agenti proprio perché stavano svolgendo il proprio.
Doveva essere una dei residenti di Kelly Jo Ave rimasta fuori, oppure…
“Dannazione, è tua sorella?”
“Maggie...”, mormorò Beth con un’evidente nota di angoscia ma per nulla sorpresa, “non ha letto il mio messaggio.”
“Se li convince a farti uscire con una scorta e non ti trovano da Nick, allora saranno cazzi amari.”
Daryl l’avvolse con un braccio, costringendola a tornare in piedi. Lei si aggrappò al suo fianco, le sue dita gli strinsero la camicia con forza fin quando i suoi piedi non toccarono di nuovo terra.
“Forza, dobbiamo muoverci a tornare.”
Correre a tutta velocità per il bosco andava benissimo lungo il sentiero battuto, ma attraverso il sottobosco era abbastanza complicato. Beth era particolarmente in difficoltà, erano più i momenti in cui restava impigliata in qualche cespuglio o inciampava su qualche radice rispetto a quelli in cui correva in modo normale. Daryl la fece andare avanti, per aiutarla a rimanere in posizione verticale ogni volta che incontrava un ostacolo. Sembrava stesse comoda con i suoi stivali da cowboy, ma evidentemente non era abituata a correrci, soprattutto su un terreno che minacciava di farla cadere a ogni passo. Almeno non piagnucolava, questo doveva riconoscerglielo, più che altro sembrava preoccupata quanto lui di non riuscire ad arrivare da Nick in tempo per aprire la porta a Maggie, all’Agente Shane e a un agente federale.
Appena raggiunsero la staccionata, senza discutere, Daryl fece scivolare entrambe le mani sotto le sue braccia per spingerla verso l’alto. Beth si fece scappare un piccolo gridolino sorpreso, ma non esitò a raggiungere la cima e ad aggrapparcisi. Una volta che ottenne una salda presa con entrambe le mani e una gamba, lui indietreggiò, lasciando che facesse il resto del lavoro da sola.
Quando raggiunse anche lui l’altro lato della staccionata, lei era piegata sulle ginocchia a tirare respiri profondi. Solo in quel momento cominciò ad accusare la tachicardia e l’affanno, senza dire una parola.
Sembrava che non ci fosse ancora nessun problema. Nessuno stava bussando alla porta.
Incontrò gli occhi di Beth. La sua bocca si curvò in un sorriso soddisfatto che stava incredibilmente bene accostato al rossore delle sue guance. Si lasciò sfuggire una lieve risata, c’era dell’apparente sollievo nel suo sguardo.
Daryl sentì le sue spalle rilassarsi e sospirò. Anche se non c’era niente di divertente nel suo cuore che batteva all’impazzata, non riuscì a trattenere una specie di sorriso, soprattutto se lei lo stava guardando il quel modo.
Merle, Karen, Minnie e Evan erano fuori ad aspettare il loro ritorno.
Le due ragazze erano stese sul prato. Karen, appoggiata alla pancia di Minnie, smise di strappare le foglie dal terreno per rivolgere uno sguardo sognante all’amica. Merle era seduto accanto a loro con la fronte aggrottata e una mano tra i capelli della ragazza, massaggiandole la testa. Evan, invece, era in disparte, con le braccia incrociate e lo sguardo confuso.
“Dove diavolo eravate voi due?”
Daryl avrebbe dovuto elaborare una risposta che fosse composta da più di due sillabe, ma né la sua mente né la sua bocca volevano sottoporsi a un tale sforzo.
“C’è l’FBI”, lo salvò Beth.
La confusione sul volto di Evan svanì appena sentì quella parola, assumendo uno sguardo freddo degno di un uomo d’affari.
“Jer!”, gridò mentre tornava in cucina.
Merle, invece, non sembrava affatto interessato. Sollevò una ciocca di capelli dalla testa di Minnie e la fece ricadere sui suoi occhi. Lei rise e scosse la testa nel tentativo di riportare i suoi capelli in ordine.
Suo fratello stava fissando lui e Beth con un’espressione pensierosa di cui Daryl non si preoccupò, almeno finché non gridò: “Hey, bambolina! Vieni qui, siediti con le tue amiche. Stanno cercando di decidere chi ha gli occhi più belli, magari puoi aiutarle.”
Scattò in piedi e raggiunse con aria fiera il minore in poche falcate.
Beth lanciò un’occhiata confusa a Daryl, ma non esitò a raggiungere le sue amiche dopo un ultimo respiro affannato.
Merle lo portò lontano dalle ragazze e gli diede una pacca rumorosa sulla schiena che spazzò via una scia di polvere dal suo gilet di pelle.
“FBI, eh?”, disse, e per un momento Daryl si sentì sollevato dal pensiero che suo fratello forse voleva solo chiedergli della situazione con la polizia.
“Così sembra”, mormorò.
“Tu e la bambolina siete andati a fare una passeggiata romantica nei boschi… per indagare sugli sbirri?!”, Merle sgranò gli occhi e il senso di sollievo che Daryl stava provando mutò progressivamente in rabbia.
“Sai che non è così”, borbottò.
“Non c’è bisogno di mettersi sulla difensiva”, suo fratello alzò le mani, ghignando. “Lascia che ti insegni qualcosa sulle donne.”
“Zitto.”
Daryl odiava quando tentava di insegnargli qualcosa sulle donne.
“No, devi ascoltarmi, fratellino. Se tu le piaci, perché no?”
Quindi, dall’esterno, sembrava che le piacesse?
Attese in silenzio che Merle continuasse a parlare dandogli uno dei suoi soliti consigli volgari. Ma non lo fece.
“Hai finito?”
“No, non ho finito. Vuoi dirmi che non hai pensato neanche solo a un fottuto assaggio di quelle labbra, fratello?”
“Non fare il coglione!” Daryl tentò di abbassare la voce, anche se le ragazze erano abbastanza lontane e assorte nella loro conversazione. “E’ una ragazzina, e così anche le altre...”
“E’ solo una scusa, ma non ha senso, capisci?” Merle si voltò a guardare il punto in cui le ragazze erano stese sul prato. “Lola, per esempio, è intelligente come un’adulta. Le sue esperienze sono paragonabili a quelle di una donna matura, l’età non conta. E io lo so perché, dal momento che è fottutamente strafatta, mi ha parlato un po’ di sé. Sai, diventa loquace quando è sballata. Però non le piaccio perché sono un vecchio, sporco figlio di puttana ed è giusto così, le starò alla larga.”
“Quello lo chiami stare alla larga?!”
“Di sicuro le sarei stato molto più vicino se l’avesse voluto”, ammise. “Ma io sono io e tu sei tu.”
“Quello che dici non ha alcun senso, Merle.” Controllò gli occhi del fratello, ma sembrava lucido.
Accortosi di quello che stava facendo, il cipiglio di Merle divenne ancora più marcato. “Tu le piaci. Con un po’ di moine puoi entrare nelle loro grazie.”
Daryl imprecò e si strofinò la fronte. “Almeno noi dovremmo tenerle al sicuro, non approfittarci di loro.”
Spostò volutamente lo sguardo verso la cucina, dove Andy, Evan e Jeremiah erano seduti a tavola.
“Non è approfittarsi se tu le piaci.” Merle ghignò quando lo vide stringere i pugni. Amava metterlo in imbarazzo. “L’età del consenso è sedici anni in Georgia, fratellino. Finché lei lo vuole, e penso sia così, non c’è niente di sbagliato a baciarla e a metterla in ginocchio per qualche minuto. Magari potrebbe farti bene.”
Era impossibile parlare con lui. Daryl, maledicendosi per non esserne uscito prima che arrivasse a quel punto della conversazione, fece per andarsene, ma Merle si spostò davanti alla porta di casa, impedendogli di entrare.
“Pensavo che vi foste allontanati per starvene un po’ da soli, altrimenti che motivo avevate di scappare via nei boschi?”
“Lo sai meglio di me, c’era un motivo.”
“…Quale?”
“Voleva andarsene e io la stavo aiutando.”
“Molto coraggioso da parte tua.”
“Sta’ zitto.”
“Ti sto solo prendendo un po’ per il culo, fratellino, alla fine so che posso dirti qualsiasi cosa, farai comunque di testa tua.” Merle inclinò il collo verso le ragazze. Il suo umorismo andò a scemare, come se si stesse incazzando sul serio. “Continua a negare che le guardi il culo e a farti mille seghe quando lei non c’è.”
Entrò in casa, lasciandolo fuori. Daryl voltò le spalle alle ragazze e si andò a stendere con la schiena appoggiata alla staccionata, cercando di scrollarsi di dosso tutto quello che Merle gli aveva detto.
Fin quando stava parlando con lui, non riusciva a provare nient’altro che rabbia e disgusto per quello che gli stava dicendo, ma ora che l’aveva lasciato da solo non riusciva a togliersi dalla testa le sue parole. Fino a quel momento era stato abbastanza bravo a reprimere ogni pensiero illecito che riguardasse la piccola, bella e assolutamente vulnerabile Beth Greene, ma evidentemente suo fratello Merle non era l’unico che sapeva come entrare dentro la gente.
Lei ci stava riuscendo.


 

● ● ●

 


“Sai a cosa penso quando guardo i tuoi capelli?”, Karen parlò come se avesse scoperto chissà quale verità filosofica.
“No, non lo so.”
Beth era stesa di pancia, ancora sudata e col cuore che le batteva all’impazzata contro l’erba. Minnie e Karen non sembravano stare peggio di come le aveva lasciate.
“E’ come se un ragno si fosse mangiato un anello d’oro e avesse filato una ragnatela bionda.”
“Ewww, quindi sono come la cacca di ragno?” Minnie fece una smorfia.
“No!”, gridò Karen, “Stavo cercando di dire qualcosa di carino, Minnie.”
Beth si coprì il viso con entrambe le mani, ridendo silenziosamente sui suoi palmi.
“Aspetta, quindi le ragnatele non sono fatte di cacca di ragno?”
“Non lo so. Forse. Il professor Blake dovrebbe saperlo, è così intelligente. E sexy.”
Professor Blake? Vuoi dire Mr. Blake?” Beth smise di ridere e, per quanto fosse stupido, s’intromise in quel discorso. “Non è un professore, è un insegnante di storia al liceo.”(*)
“Lo so”, ammise Karen, “è solo che nella mia testa lo immagino professore, soprattutto quando penso a lui… in quel modo.”
“Karen, ti prego...”, Beth sospirò.
“Cosa? E’ attraente!”
Lontano da loro, dall’altra parte del prato, Daryl era rimasto esattamente dove Merle l’aveva lasciato poco prima. Beth pensava che si stesse fumando un’altra sigaretta, ma, quando si voltò, notò che non aveva niente tra le dita. Sembrava preoccupato, forse per l’FBI. Aspettò che i suoi sguardi s’incrociassero, ma lui si alzò ed entrò in casa, senza guardarla.
Nel frattempo, gli occhi rossi e gonfi delle sue amiche la stavano osservando divertiti.
“Stavate dicendo?”
“Gli uomini adulti...”, disse Minnie ammiccando.
Karen si leccò le labbra.
“Stai scherzando?” Beth cercò di lanciarle un’occhiataccia colma di disappunto, ma tutto fu rovinato dal rossore che aveva dipinto le sue guance.
“Io non scherzo, osservo. Sì, è un redneck, ma è bello a suo modo.”
“Lui è...”
Scontroso. Intenso. Attento. Enigmatico.
Stava per dire carino, ma non le sembrava il caso.
“...interessante.”
“Quindi ti interessa?”, le chiese Minnie col suo solito sorrisetto malizioso.
Dannazione.
“Vado a prendervi altra acqua.”
Fece per alzarsi, ma le ragazze cominciarono a protestare all’unisono.
“Scusaci!”
“Non lasciarci di nuovo!”
“Torno subito”, promise Beth.
“Non ti chiederemo più niente, promesso!”, le disse Karen.
“Sai che stai incrociando le dita davanti a me, vero?”
Karen si guardò la mano sbattendo ripetutamente le palpebre, confusa. “Ops.”
Beth alzò gli occhi al cielo e si allontanò da loro, dirigendosi in cucina. Passò davanti alla finestra della camera di Nick, dove Merle era steso sul letto a fumare e a fissare il soffitto. 
Arrivata davanti alla porta del retro, si fermò quando sentì la voce di Jeremiah.
“...Per tutti quei soldi, penso che valga la pena lavorare con i Messicani. Magari potreste avere qualche problema al confine, ma Merle mi ha detto che hai una buona mira, nel caso dovesse servire.”
“Non sono mai stato fuori dalla Georgia”, borbottò Daryl.
Beth, ancora immobile fuori alla porta, col cuore in gola, si stava torturando il labbro inferiore. Non ne sapeva molto di attività criminali, ma non era molto difficile capire di cosa stessero parlando.
“Mai? Beh, amico, penso sia giunto il momento.”
“Può essere di sì.”
“Probabilmente, sarà un gioco da ragazzi.”
“Non serve provare a convincermi, Merle già ti ha detto che lo faremo.”
“Fai tutto quello che ti dice, non è vero?”
Daryl non rispose. Le voci di Andy e Evan che, seduti a tavola, stavano discutendo della stessa cosa, riempirono il silenzio per qualche secondo.
“Che bravo ragazzo”, disse allora Jeremiah.
Beth sentì un rumore simile a uno schiaffo. Forse gli aveva dato una pacca sulla spalla prima di tornare a sedersi con gli altri e continuare la partita di poker.
Timidamente, si spostò da lì e si avvicinò a una finestra, in modo da poter sbirciare Daryl appoggiato al bancone. L’uomo tenne gli occhi bassi fin quando non si accorse di lei. Il suo viso divenne incredibilmente pallido e i suoi occhi blu tristi come non mai quando incontrarono i suoi.
Sapeva che aveva ascoltato.
Con un groppo in gola, Beth si affrettò a tornare indietro, ma dopo qualche passo Daryl la raggiunse fuori. Pensò a quali parole usare per difendersi, ma poi si convinse che non era lei quella tra i due che aveva qualcosa di cui vergognarsi. Si sforzò di guardarlo negli occhi, senza battere ciglio.
Il suo sguardo era colpevole. Le sue labbra, fino a poco prima serrate, si schiusero leggermente per mugugnare qualcosa.
“Dimentica quello che hai sentito, Greene.”
Questo cambiava qualcosa? Era passato dall’essere uno sconosciuto all’essere una sorta di protettore, fino ad arrivare a essere qualcosa di molto simile a un amico troppo velocemente. Beth si sentiva come se fosse davvero preoccupata per lui e, tra l’altro, si sentiva ancora al sicuro in sua presenza, nonostante quello che aveva sentito. Aveva senso?
“Di cosa dovrete occuparvi?”, gli chiese sottovoce. Sapeva che avrebbe potuto arrabbiarsi, ma non le importava. “Droga?”
Daryl strinse i denti e si guardò intorno per assicurarsi che nessuno li stesse ascoltando. Si strofinò il viso con una mano e, appena si rese conto che Beth stava per avanzare un’altra ipotesi, anche più sgradevole, tentò di zittirla.
“Non… non vi occupate mica di… ragazze?”
Beth si sentì male solo al pensiero, ma, con suo grande sollievo, Daryl sembrò disgustato da quello che gli aveva appena detto.
“No, cazzo, no!”, scosse la testa. “Come hai fatto a pensarlo? Sì, ok, forse siamo la feccia, ma non a quei livelli. Si tratta di armi.”
“Armi?”, ripeté lei, solo minimamente sollevata. “Non è pericoloso?”
Lui cominciò a rilassarsi, forse per l’espressione forzatamente calma di Beth. Non avrebbe dovuto sorprendersi, ma lo fece.
“E’ lavoro.”
Questa volta, fu lei a scuotere la testa, incredula. “Fate spesso questo genere di cose, tu e Merle?”
“Più o meno”, ammise, nascondendo ogni forma di vergogna.
“Sai perché non sei mai stato arrestato, Daryl?”, gli chiese a bruciapelo.
Spiazzato da quella domanda, rimase immobile per qualche secondo. Poi, scrollò le spalle e si guardò i piedi.
“Sono un figlio di puttana molto fortunato, suppongo.”
Beth attese di poter incrociare di nuovo il suo sguardo.
“E’ perché sei intelligente.”
Daryl sbuffò, ma prima che potesse ribattere, lei continuò a parlare.
“Lo sei. Sei intelligente, sai nasconderti dalla polizia, prenderti cura di te, ma non sei abbastanza intelligente da rendere la tua vita più semplice lavorando onestamente.”
Abbassò la voce, ispezionando tutto l’ambiente circostante, ma dai rumori provenienti dalla cucina e dai volti lontani delle sue amiche intuì che nessuno aveva fatto caso a loro.
“Dimentica le armi, non farlo. Si vede che non vuoi”, aggiunse.
Lo sguardo di Daryl la inchiodò sul posto, impedendole di muoversi. Era sempre stato intenso, ma per la prima volta si sentì come se le stesse entrando dentro, scoprendo tutti i suoi segreti. Forse si era sbilanciata troppo, di nuovo, facendolo sentire così esposto.
Infatti, la sua prima reazione istintiva fu quella di ricambiarla con la stessa moneta.
“Tu sei una contadinella”, le disse, seccato.
Non gli chiese come aveva fatto a capirlo, avrebbero divagato troppo.
“S-sì.”
“Sei stata protetta per tutta la vita, hai un padre e una madre che ti danno tutto ciò di cui hai bisogno. Sei una ricca contadinella.” Arricciò il labbro quando pronunciò la parola ricca. “Non hai mai dovuto preoccuparti di nulla. Dannazione, ragazzina, mi è bastato guardarti una volta sola per capire che non solo hai qualcuno che ti protegge, ma hai qualcuno che ti ama.”
Sollevò un braccio e, istintivamente, Beth indietreggiò, anche se non le si era neanche avvicinato.
“Che cazzo puoi saperne tu della vita?!”, continuò.
Non era stato per niente carino. Aveva fatto bene a scartare subito quell’aggettivo mentre cercava di descriverlo alle sue amiche. Daryl era aggressivo, rude, intrattabile, cinico e, forse, nonostante tutto, aveva anche ragione, ma lei non era disposta ad ammetterlo in alcun modo.
“Fanculo.” Dopo aver brevemente esitato sulle sue labbra, allacciò lo sguardo al suo. “Non stiamo parlando di me.”
Tirò un respiro profondo, combattendo l’impulso di fare dietro front e lasciarlo lì, ma non poteva prima di avergli detto ciò che pensava. Qualcuno doveva dirglielo, anche se lui non voleva sentirlo.
Tu sei meglio di così, meriti di meglio.
Dal modo in cui era cambiata la sua espressione, Beth capì che aveva realizzato che aveva usato le sue stesse parole contro di lui e dovevano averlo colpito più di uno schiaffo in piena faccia.
“Non puoi arrabbiarti con me solo perché ti sto dicendo la verità”, aggiunse, prima che potesse risponderle. Per paura che potesse scappare via da quella conversazione, seppur incerta, si avvicinò ancora di più, aggrappandosi al suo gilet. “Non fingere di non avere altra scelta.”
Lo sentì irrigidirsi sotto la sua stretta, mentre la fissava con intenso disagio. Fu proprio in quell’istante che Beth si accorse che sembrava che stesse per baciarlo, aggrappata a lui in quel modo e con la testa all’indietro per poterlo guardare negli occhi. Ma che le era saltato in mente?
Non aveva più baciato nessuno da quando aveva rotto con Jimmy più di un anno prima. Non era il momento giusto e Daryl non era il ragazzo- o l’uomo?- giusto.
Deglutì e lo lasciò andare, nascondendosi le mani dietro la schiena.
Le sue spalle larghe erano ricurve verso l’interno e aveva di nuovo distolto lo sguardo dal suo. Non sapeva se aveva respirato mentre lei lo stava toccando, ma in ogni caso vide il suo torace alzarsi ed abbassarsi notevolmente quando lo lasciò.
“Non ne ho”, balbettò in poco più di un sussurro.
Non c’era bisogno di avere una laurea in deduzione per capire che a Daryl non piaceva essere toccato. Non poteva tenere quelle dannate mani a posto?
“Ne ho una per te”, disse, rimproverandosi ancora mentalmente per averlo fatto sentire così in imbarazzo. “Ogni tanto a mio padre serve una mano alla fattoria. Tu sei un cacciatore… a loro piacerà. Gli animali a volte si allontanano e vagano nei boschi, avere qualcuno che sappia come andarli a riprendere farebbe comodo. In genere se ne occupa Otis, ma non è un granché.”
Lui impallidì. Qualsiasi sensazione avesse provato, che fosse stato fastidio o gratitudine, si stava sforzando di non darla a vedere. Si limitò a guardarla dalla testa ai piedi, come se fosse pazza.
“Vuoi che lavori nella fattoria di tuo padre?”, chiese atono.
“Perché no? E’ sicuramente meglio che andare a farti ammazzare in Messico per un paio di armi!”
Daryl finse un’espressione quasi divertita.
“Sia tu che Merle. La paga è decente ed è un lavoro onesto.”
Avrebbe voluto leggergli nella mente, sapere cosa ci fosse dietro quello sguardo apparentemente arrabbiato. Non voleva accontentarsi di immaginarlo, lei voleva sapere cosa stava provando.
“Puoi fare quello che ti pare, non dirò nulla alla polizia, né a nessun altro, ma non fingere che andare lì sia quello che vuoi.” Beth spostò lo sguardo in direzione della cucina, dove la partita di poker stava diventando di nuovo animata. “Era evidente che detestassi questi ragazzi e che non avessi alcun rispetto per loro, ora almeno capisco il perché.”
Daryl aveva continuato a fissarla con lo stesso cipiglio di pietra da quando aveva avanzato quella proposta, senza alcuna intenzione di permetterle di capire cosa ne pensasse di quello che gli aveva appena detto.
“Vado a pisciare”, disse solamente, prima di superarla e rientrare in cucina.
Stringendo i pugni mentre lo osservava andar via, Beth cominciò a chiedersi se avesse potuto gestire meglio quella situazione.
Non puoi gestirla e basta, pensò.
La voce dei suoi pensieri somigliava molto a quella di Maggie e, come atto di sfida verso di essa, decise di seguirlo in cucina, realizzando poi dopo pochi passi che non poteva di certo seguirlo in bagno, né tantomeno aspettarlo fuori come una stalker. Così, ripensò al motivo per cui si era allontanata dalle sue amiche: doveva prendere altra acqua.
Al suo ingresso, la partita di poker divenne improvvisamente silenziosa, ma lei non rivolse la parola a nessuno di loro, fiondandosi direttamente sul frigo.
Era una notte calda e la corsa che aveva fatto con Daryl nei boschi non aveva decisamente aiutato. Si scolò mezza bottiglia d’acqua con un solo sorso e la riempì al rubinetto, con l’intenzione di portarla piena a Minnie e Karen.
“Hey, biondina!” Evan schioccò le dita.
Quasi automaticamente, Beth distolse lo sguardo dal lavandino, maledicendosi per non essere riuscita ad ignorarlo.
“Mi passeresti un bicchiere? Andy ha spaccato il mio poco fa”, indicò un accumulo di vetro rotto abbandonato sul pavimento. “Stanno nel mobile proprio sopra la tua testa, sulla sinistra.”
Prese il primo bicchiere che trovò. Era di un ristorante a New Orleans la cui specialità, stando ai disegni, dovevano essere le ostriche. C’era scritto: Sgusciami, Succhiami, Mangiami Cruda.
“Secondo me dovremmo giocare a qualcos’altro”, disse Andy.
Quando Beth poggiò il bicchiere sul tavolo, Evan le bloccò il polso. “Pensi che le tue amiche ci starebbero per un po’ di strip poker?”
Jeremiah diede una schicchera sull’orecchio del cugino, così forte che si sentì lo schiocco. Evan imprecò e lasciò il polso di Beth per coprirsi l’orecchio dolorante con la mano.
“Se non la smettete di molestare le ragazze, Merle e Daryl vi spaccheranno il culo e io mi divertirò a guardare”, ringhiò Jeremiah.
“Sarebbe più divertente giocare a strip poker”, si lamentò Andy.
“Sono abbastanza sicura che non staranno mai così fatte”, intervenne Beth, gelida.
Onestamente, non ne era neanche poi così sicura. Minnie e Karen sapevano diventare abbastanza volgari, soprattutto quando erano fatte o ubriache.
Un rumore di passi pesanti provenienti dal corridoio catturò la sua attenzione. Invece di tornare dalle sue amiche, si fermò ad aspettare. Voleva vedere se fossero di Daryl.
Invece, sulla soglia della porta, riapparve finalmente Nick, con il cellulare ancora in mano. Lo stava fissando con uno strano ghigno.
“Mi sono perso qualcosa di importante?”, chiese.
“Solo le solite stronzate”, rispose Jeremiah, lanciando al cugino un’occhiata intimidatoria.
“Dove sei stato per tutto questo tempo?”, chiese Andy.
“A telefono.” Nick sollevò il cellulare con un’espressione soddisfatta. Il suo sorriso si allargò, sfidandoli a fare domande.
Fu Evan ad abboccare. “Con chi?”
“708.”
Per dieci secondi buoni, nessuno disse nulla.
“Ah, cazzo!”, Jeremiah ruppe il silenzio. “Il ragazzo dell’El Camino ti ha dato una spiegazione per tutto questo casino?”
“Come faceva ad avere il tuo numero? Pensavo non lo conoscessi”, chiese Andy con un cipiglio.
“L’ostaggio è una dei miei compratori. Si era fermata lì a chiacchierare con Mrs. 708 proprio mentre lui arrivava di corsa con quaranta volanti alle calcagna. Mi ha chiamato dal suo telefono per trovare una soluzione.” Con un sospiro profondo, Nick indicò la strada. “Sta per uscire con le mani in alto, tipo adesso.”
Di colpo, tutti si alzarono da tavola per correre in salotto, ma Beth li batté tutti in velocità. Raggiunse le finestre del soggiorno, scrutando la strada attraverso le tende pesanti. Gli altri erano tutti attorno a lei, mentre Nick continuava a dare spiegazioni.
“Sapeva che non poteva uscirne. Voleva solo assicurarsi che qualcuno si prenda cura di alcune… faccende domestiche, mentre è via.”
Ovviamente, Beth sapeva che dietro a quella storia c’era molto di più, ma non fece domande. Nick non sembrava disposto a dire altro.
Guardò la scena attraverso la finestra: quattro agenti accompagnavano un uomo in manette in una delle volanti, mentre una piccola squadra restava a guardare. Quando finalmente si accomodò sui sedili posteriori, la strada sembrò tirare un respiro di sollievo.
Era finita.
Poteva tornare a casa.


 



(*) In America chiamano professor solo l'insegnante universitario. Il professore del liceo, per loro, si chiama semplicemente teacher. Il bello è che prima di tradurre questa storia non lo sapevo neanch'io.



 



Nota d’autrice
SPOILER: non è finita.
Lo so, la parte con Minnie e Karen è veramente ai limiti della stupidità. Scusate.
10 punti saranno assegnati a Grifondoro se indovinate chi è l’insegnante di storia :)
A proposito, nel corso della storia saranno presenti altri personaggi di TWD, ma la maggior parte di loro non avrà un ruolo fondamentale.

Dopo la parentesi stupida, Beth e Daryl hanno ricominciato a scontrarsi. Temo che ci saranno ancora molti momenti del genere, man mano che il loro rapporto si evolve.
Aggiornerò presto!

   
 
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