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Autore: nikita82roma    23/04/2017    3 recensioni
Rick ha detto a Kate che non sarebbe stato a guardarla mentre buttava via la sua vita. È tornato a casa dopo la consegna del diploma di Alexis quando sente bussare alla porta del loft. Ma non è Kate, è Esposito che lo avvisa che Beckett è in ospedale gravemente ferita. Si parte da "Always" ma il percorso poi è completamente diverso.
FF nata da un'idea cristalskies e con il suo contributo.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Rick Castle, William Bracken | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Rick guidò fino a casa con il sorriso stampato sulle labbra ripensando a quel weekend appena vissuto con Kate: non stava sognando, stava accadendo veramente, alcune volte doveva fermarsi e ripeterselo per esserne certo. Si fermò solo il tempo di posare le valige e controllare il frigo, constatando se era meglio se quella sera fossero rimasti a mangiare fuori o avessero ordinato qualcosa.

Aveva chiamato sua madre accertandosi che fosse al loft, così passò a trovarla perché non stava più nella pelle e voleva raccontarle di quanto fosse stato felice nel fine settimana con Kate e di come gli sembrava che finalmente tutte le cose nella sua vita stessero prendendo la giusta via. Martha ascoltò il racconto entusiasta del figlio che come suo solito non era riuscito ad evitare di fare voli pindarici parlando di scenari futuri dai risvolti incredibili. Non era per nulla sorpresa, perché sapeva che Rick era così, si lasciava trasportare dalla sua fantasia alla quale non sapeva mettere un freno, nel raccontare le sue storie come nel progettare gli scenari futuri della sua vita. Erano anni che non lo vedeva così naturalmente contento preso da sentimenti sinceri dove nulla era forzato o artefatto. Lo vedeva dal suo sorriso, che non era quello ampio e smagliante delle copertine dei suoi libri o delle foto sulle riviste, era uno più timido, ma erano gli occhi a brillare e a rivelare tutta la sua felicità, quel blu intenso che diventava più chiaro e splendente, assomigliando di più a quelli suoi, di un azzurro più limpido, di quanto non fossero normalmente. Aveva parlato ininterrottamente per minuti e Martha lo aveva lasciato fare, sorridendo delle sue idee a volte strampalate, come quella di convincere Beckett a lasciare tutto e a partire con lui in un giro per il mondo, a quelle più concrete, alla sua voglia di stabilità e di famiglia che era sottintesa in ogni suo progetto e che non si scontrava con le idee più fantasiose, ma anzi sembrava che le due cose in lui coincidessero alla perfezione. Poi, però, alla fine si era quasi commossa, quando aveva smesso di parlare e dopo aver ripreso fiato le aveva semplicemente detto “Mamma, adesso sono veramente felice”. Non ci sarebbe stato nemmeno bisogno di ripeterlo, ma il modo in cui lo aveva fatto, un misto tra gioia pura e sollievo, la colpì profondamente, tanto che fu spinta da quell’irrefrenabile istinto materno che anche lei aveva, anche se a volte non sembrava, ad abbracciare il suo ragazzo che era diventato un uomo grande e grosso da non riuscire nemmeno a stringerlo come avrebbe voluto, perché in quel momento le sembrava di più il bambino di poco più di dieci anni che andava da lei a raccontargli le idee delle sue prime storie, in attesa solo di avere la sua approvazione. Forse allora, quando poteva ed era più facile, lo aveva abbracciato poche volte o comunque molte meno di quanto in quel momento pensava avrebbe dovuto fare.

Passarono poi a parlare di Alexis. Sarebbe andata in Francia da lì a pochi giorni e Martha avrebbe voluto per quel fine settimana avere a cena per una sera tutta la famiglia riunita. Anche Kate.  Lo aveva specificato, non perché pensasse fosse necessario invitarla, ma perché voleva far capire a suo figlio come lei considerasse Beckett una di famiglia e in realtà era così da molto prima che loro fosse una coppia a tutti gli effetti. Aveva immediatamente provato affetto ed empatia verso quella ragazza, vedendo in lei qualcosa oltre quella corazza da dura poliziotta che indossava ed era ben felice di vedere come Martha Rodgers su queste cose non si sbagliava mai. Lo diceva sempre a Rick, ogni volta che le aveva decantato le sue lodi, che lei di quanto Beckett fosse speciale se ne era accorta da prima di lui ed aveva anche sempre saputo che anche per Kate suo figlio era speciale, solo che non lo aveva ancora capito, ma lei lo sapeva che loro due erano destinati a stare insieme. Prima di andarsene Rick gli assicurò che ci sarebbero stati, doveva solo controllare i turni di Beckett e poi gli avrebbe dato conferma del giorno.

 

 

- Ciao Richard! - Castle appena uscito dall’ascensore del distretto, con in mano un’enorme scatola di ciambelle, vide il capo della polizia Bratton che lo salutava andandogli incontro.

- Ciao Philip, vuoi una ciambella? - Gli chiese appoggiando il contenitore sulla scrivania di Beckett ed aprendolo mostrando una grande quantità di ciambelle di vario tipo - Ne ho prese un po’ per i ragazzi.

- Finirai per viziare i poliziotti del dodicesimo e tutti chiederanno di venire qui alla omicidi. Già da tempo gira la voce che c’è il caffè più buono di tutti i distretti della città! - Gli diede una pacca amichevole declinando però l’invito a prendere una di quelle invitanti bontà.

- Cos’è Phil, un invito a fornire qualche macchina del caffè in più per qualche altro distretto? - Sorrise Castle all’amico sotto lo sguardo perplesso di molti agenti nel vederlo così in confidenza con il capo della polizia.

- A tuo buon cuore, Richard! Sappiamo tutti che sei molto generoso e molto attento alle necessità della polizia di New York! - Ammiccò Bratton.

- Vedrò cosa posso fare… Come mai da queste parti?

- Ho accompagnato un amico. Sai, un suo collaboratore è stato trovato morto questa mattina nella sua auto di servizio ed il Capitano Gates mi ha chiesto di poterci parlare. È nel suo ufficio e c’è anche Beckett con lui.

Rick cercò di sbirciare dentro l’ufficio della Gates ma le tende erano completamente abbassate e non poteva vedere nulla.

- Ah ma lo conosci bene anche tu, è Will, il Senatore Bracken! È venuto anche lui a giocare a poker da te qualche volta, ricordi.

- Bracken? - Chiese Castle allarmato. - È nell’ufficio della Gates, con Beckett?

- Sì, Richard, ma calmati, lui non è coinvolto. Un suo collaboratore, Morrison, mi pare… Dicono suicidio. Brutta storia, era il fidanzato di quella donna uccisa dal capitano Bell, ti ricordi? - Bratton stava ricostruendo quello che la sua mente aveva già elaborato in fretta e furia e quasi non lo stava ascoltando.

- Sì… sì ricordo. - Disse evasivo mentre scenari cupi di affollavano nella sua mente che aveva preso a girare ad una velocità troppo alta perché riuscisse a processare lucidamente tutte le cose che gli passavano per la testa. Gli sembrava si essere appena entrato in un frullatore impostato alla massima potenza.

- Ehy Rick, tutto bene? - Domandò Bratto vedendolo improvvisamente assente.

- Sì, è solo che da questa mattina non mi sono fermato un attimo, siamo rientrati dagli Hamptons e…

- Weekend impegnativo con Beckett? 

- Sì, impegnativo - Rick non fece nemmeno caso alla domanda maliziosa di Bratton rispondendo come un automa. I suoi sensi tornarono all’erta quando sentì il rumore della porta dell’ufficio del Capitano che si stava aprendo. Kate fu la prima ad uscire, seguita da Bracken e per ultima la Gates. La vide dargli la mano e sorridergli, mentre lui ricambiava il sorriso, accentuandolo non appena individuò la figura di Castle a poca distanza, trasformandolo in quello che allo scrittore sembrava molto di più un ghigno.

- Ciao Ricky! Era da molto tempo che non ci vedevamo! - Lo salutò Bracken con un’amichevole pacca sulla spalla.

- Già, molto tempo. - Rispose Rick

- Spero che in questi mesi sia andato tutto bene, l’ultima volta che ci eravamo visti avevi appena vissuto una brutta disavventura, se non ricordo male. - Il tono affabile del senatore poteva trarre in inganno tutti ma non lui che alzò lo sguardo fino ad incontrare gli occhi di chi aveva provato già due volte ad ucciderlo.

- Tutto bene, Will, e tu?

- Tutto bene, anche io. La mia campagna elettorale procede senza alcun intoppo e spero che continui così, sai come si dice, non vorrei che si trasformasse uno scontro dialettico in una guerra, non farebbe bene a nessuno.

- Sono i rischi che alcune volte si corrono quando si fanno certi lavori, dovresti saperlo meglio di tutti! - Intervenne Bratton

- È vero Phil, ma preferisco sempre evitare certi rischi perché lo sai, non mi ferma niente e nessuno! - I due risero, mentre Bracken fissava Rick, non sapendo che parlavano di cose completamente diverse. - Comunque oggi nonostante la notizia drammatica della morte di Lerry, sono molto felice perché ho finalmente conosciuto la splendida donna che si cela dietro Nikki Heat.

- Il Senatore Bracken è un grande appassionato dei libri di Castle, Detective - Le spiegò Bratton mentre sotto lo sguardo glaciale di Rick, Bracken prese la mano di Kate per farle un elegante baciamano.

- Detective Beckett, è stato veramente un piacere per me conoscerla oggi. Non sa da quanto tempo desideravo farlo, la fama delle sue imprese e delle sue disavventure è arrivata fino a Washington, ma mi creda, le sue foto non le rendono giustizia. Spero che possa continuare a dare il suo contributo per la sicurezza di questa città ancora a lungo.

- Grazie Senatore, mi lusinga. - Kate visibilmente imbarazzata abbassò lo sguardo, cosa che invece non fece mai Rick, che anzi, si avvicinò a lei e istintivamente le cinse la vita con un braccio in un gesto che voleva solo essere protettivo ma che la sorprese ed imbarazzò ancora di più, tanto che con fermezza lo scansò.

- Beh, arrivederci Richard, spero che ci rivedremo presto. - Lo salutò Bracken

- Magari possiamo organizzare un’altra serata di poker al loft! - Propose entusiasta Bratton

- Certo - disse Rick cercando di mantenersi il più calmo possibile, ma per Kate non era difficile percepire la sua irritazione dalle sfumature della voce e da quella postura troppo rigida. - possiamo organizzarci, con piacere.

Aspettarono che i due se ne furono andati e la Gates tornata nel suo ufficio, soddisfatta che il loro lavoro era apprezzato sia dal capo della polizia che da un importante senatore, candidato per diventare il futuro presidente.

- Castle ma si può sapere cosa ti è preso? - Gli chiese Kate infastidita da quel comportamento che aveva male interpretato - Non sarai mica geloso perché un senatore mi ha fatto dei complimenti?

- Kate dobbiamo parlare. - Disse lui agitato.

- Rick non c’è niente da parlare, rilassati. Il senatore Bracken mi ha solo fatto dei complimenti e poi lo sapevi anche tu che gli piacevano i tuoi libri! Non te la puoi prendere se la gente mi identifica con la “tua musa” se sei tu che mi chiami sempre così!

- Non è di questo Kate, dobbiamo parlare. - Beckett si calmò e percepì la profonda urgenza nelle sue parole, fissò i suoi occhi e ci vide quella paura che non aveva ancora letto, precipitandosi a conclusioni errate di un suo atteggiamento.

- Ok, Castle, che c’è?

- Non qui. Non qui.

Beckett non sapeva perché, ma in quel momento aveva capito che doveva dirle qualcosa di veramente importante, forse perché ormai come dicevano in molti loro erano telepatici, per quella innata connessione o solo perché aveva imparato a leggere ogni sfumatura del suo volto. Andarono nella stanza dove tenevano tutte le informazioni del caso di sua madre, del loro caso. A Castle sembrò quasi un’ironia della sorte.

- Cosa succede Rick? - Gli chiese ancora Kate una volta chiusi all’interno, soli.

- Bracken.

- Castle, mi ha solo fatto dei complimenti… - sorrise lei accarezzandoli il volto, non capiva perché aveva bisogno di essere rassicurato e nemmeno il perché di quello sguardo terrorizzato.

- No, Kate… Non erano complimenti. Lui stava parlando a me.

- Cosa stai dicendo Castle?

- Bracken. William Bracken. È lui il nome che volevi. È lui la persona con la quale ho fatto il patto. È il drago.

 

Kate corse via. Uscì dalla stanza lasciando un perplesso Castle guardarla andare via, preso in contropiede dalla sua reazione che quando allungò un braccio per fermarla lei era già andata.

Uscì anche lui cercandola con lo sguardo ma senza vederla.

- Ehy Castle, cosa hai combinato a Beckett per farla scappare così? - Si voltò di scatto verso la voce di Ryan che si stava dando il cinque con Esposito, ma senza nemmeno considerarli, anche lui si precipitò verso l’uscita. Fuori dal distretto si guardò a destra e a sinistra, tra la folla che camminava che non gli faceva vedere bene, poi di nuovo a destra e la vide dall’altra parte della strada, appoggiata al muro con entrambe le braccia come se volesse spingerlo via.

- Ehy… - La chiamò appoggiandole una mano sulla schiena, muovendo lievemente le dita, in un massaggio appena accennato.

- Lasciami sola Castle. - Gli rispose senza guardarlo.

- No. Non ne ho nessuna intenzione. - Kate alzò la testa guardandolo truce. - Inutile che mi guardi così. Non ti lascio sola.

- Mi devi molte spiegazioni Castle. - La voce di Beckett era ferma e fredda.

- Sì, lo so. Lo sapevo dall’inizio che quando saremmo arrivati a questo punto avrei dovuto.

 

Avevano passato il resto del pomeriggio facendo finta di nulla, anche senza riuscirci molto. Alle battute di Esposito e Ryan sul malumore di Kate e la situazione tesa tra loro, era stata la stessa Beckett a metterci sopra una pietra tombale ricordandogli come erano lì per lavorare e non per commentare il loro rapporto e i due detective capirono ben presto che non era aria di scherzi.

Rick aveva insistito per fermarsi a prendere qualcosa al take away cinese vicino casa a prendere la cena, Kate avrebbe volentieri evitato non volendo perdere un minuto in più e stava odiando quel suo modo fin troppo calmo e rilassato di fare le cose quando lei avrebbe solo voluto prendere tutto, andare a casa e sentire per filo e per segno quello che lui aveva da dirle, ma non andò proprio così. Anche una volta entrati nell’appartamento di Kate, Castle non sembrava per niente intenzionato a mettersi subito a parlare. Aveva, anzi cominciato ad apparecchiare il tavolo e Beckett faticava a capire perché, visto che mangiavano sempre sul divano, soprattutto quando prendevano qualcosa take away.

Lo fermò, senza troppi riguardi, mentre stava portando i bicchieri a tavola.

- Ora basta Castle. Dobbiamo parlare. Me lo devi. - Gli intimò.

Si guardarono negli occhi a lungo, Kate non si lasciava corrompere dal suo sguardo che le chiedeva di aspettare, ma lei non poteva più aspettare e lui lo capì. Posò i bicchieri e la prese per mano. Kate odiava quando faceva così, quando lei era seria e lui con quell’atteggiamento provava a minare la sua determinazione.

 

- Bracken è venuto varie volte a casa mia. È stato lui ad insistere con il sindaco per conoscermi. Ha giocato con me, con noi, per intrufolarsi nella mia vita. Pensandoci dopo ogni sua parola, ogni battuta ed ogni riferimento era solo per fare come il gatto con il topo ed io ci sono cascato in pieno.

- Come lo hai scoperto che era lui?

- La sera che mi hai interrogato al distretto. Era venuto da me e c’è stata una battuta, lo hanno chiamato “drago” il suo soprannome quando era giovane e non lo so, è stato come un puzzle che all’improvviso si stava ricomponendo e tutto aveva un senso. La Future Forward ha finanziato tutte le sue campagne elettorali, lui era vice procuratore distrettuale qui a New York in quel periodo, me lo ha confermato anche mia madre che lo aveva conosciuto all’epoca per farsi sponsorizzare dei lavori teatrali, WB, gli uffici a New York e Washington. Ci siamo guardati e lui ha capito che io sapevo ed è cominciata una sfida dialettica. Lui ha minacciato te e la mia famiglia.

- Cosa hai fatto?

- Sono venuto a cercarti, sotto casa tua. Ti ho visto salire a casa abbracciata a Price e sono rimasto lì a guardare la luce del tuo appartamento, della tua camera da letto, sapendo che eri con lui. - Sospirò mordendosi l’interno della guancia ripensando a quella sera e sentì la mano fredda di Kate stringere la sua.

- Non è successo niente. Io… ero solo a pezzi. La discussione che avevo avuto con te, i colleghi uccisi, Bratton che mi aveva obbligato ad andarmene via. È stato difficile. - Gli disse cercando di giustificarsi.

- Sì, certo capisco… - mentì lui. Non capiva, in realtà. Non capiva ancora perché lei lo aveva allontanato così, lui ci sarebbe stato per lei, anche in quel caso, se avesse voluto.

- Erano appena morte due persone per causa mia. Non avrei mai potuto metterti di nuovo in mezzo a tutto questo. So che non mi capisci ancora per questo Castle. - Aveva spostato il discorso da Bracken a loro e Kate era stupita di se stessa, di come preferisse chiarire quello con Rick piuttosto che sapere il resto ed ebbe in quel momento la netta sensazione di come le sue priorità fossero naturalmente cambiate. - Spero che un giorno ci riuscirai. Quel giorno ad distretto è stata una delle cose più difficili fatte nella mia vita. 

- Non ti interessa sapere altro di Bracken? - Le chiese per evitare il discorso, accarezzandole il viso.

- Voglio prima sapere che per te è tutto ok e che mi credi. - Gli disse fermando la mano sul suo volto.

- Ti credo. Ma Kate, quel periodo per me non sarà mai ok. Quando la mattina dopo mi hanno detto che te ne eri andata via con lui io mi sono sentito sprofondare. Sono andato a cercarti al distretto e quando la Gates mi ha detto che andavi via con lui per stare al sicuro… Ti avevo proposto di andare via insieme, ovunque avessi voluto, e tu mi hai risposto lasciandomi. Poi sei andata via con lui…

- Ed è stato l’errore più grande che ho fatto. - Ammise Kate.

- Allora non farlo ancora. Non chiedermi di lasciarti sola, come hai fatto oggi. - Glielo disse non come una richiesta, ma facendole capire tutto il suo fastidio per quella situazione e Beckett poteva capire dalle sue parole quanto quella ferita per lui era ancora aperta, mi dolorosa di quanto lei potesse immaginare.

- Quando hai fatto il patto con Bracken? - Gli chiese cambiando discorso

- Dopo aver parlato con la Gates l’ho chiamato e gli ho chiesto di vederci. Mi ha proposto di andare da lui ma ho rifiutato, vedi non sono così stupido e sprovveduto. - Le sorrise.

- Non ho mai pensato questo di te, Castle, lo sai. - Le sorrise ancora e poi riprese il suo racconto.

- Ci siamo visti nella lounge del Four Season. Gli ho fatto credere di avere io i documenti di Smith e che c’era scritto molto di più di quello che invece sappiamo.

- Gli hai detto che hai tu i documenti? - Esclamò preoccupata Beckett

- Sì, e mi ha creduto, sono stato convincente, evidentemente, se siamo ancora tutti vivi e in buona salute. La mia faccia da poker è servita a qualcosa.

- Castle questo è stato… Stupido! Non hai pensato a quanto hai rischiato se Bracken ti avesse scoperto? - Lo rimproverò più per la preoccupazione di quello che poteva accadergli che per tutto il resto.

- Avevo appena perso te. Qualcosa di stupido concedimelo. - Rick la guardò con uno di quegli sguardi che riuscivano solo a farla innamorare di lui ogni momento di più.

- Non fare mai, mai, mai più qualcosa del genere. Me lo devi promettere. - Gli chiese seria.

- Non posso farlo. Farò sempre tutto quello che posso per tenere al sicuro le persone che amo. E tu sei al primo posto in questa lista. - Le disse con disarmante semplicità avvicinandola a se. Kate trovò posto con la testa sul suo petto, appoggiandosi lì dove poteva sentire il cuore di Rick battere più forte. Gli teneva stretta una mano da quando avevano cominciato a parlare, non sapeva se perché era lei che aveva bisogno della sua presenza o per assicurargli che non lo avrebbe lasciato. Le sembrava che ogni volta che cercavano di mettersi tutto alle spalle, la marea dei loro errori, dei suoi errori, tornava a travolgerli.

- A cosa stai pensando Castle? - Gli chiese senza guardarlo.

- A tutta questa storia e al tuo caso. Sappiamo con certezza che Simmons è legato a Bracken in qualche modo e secondo Price è il capitano Bell è stato incastrato usando la droga di Simmons, il tutto per coprire gli omicidi di due persone di cui una è la fidanzata di un collaboratore di Bracken ed anche lui, guarda caso, morto suicida. - Ricostruì Rick  mentre Kate lo ascoltava annuendo, poi si sollevò e si mise proprio davanti a lui, si potevano guardare negli occhi, avevano entrambi la stessa scintilla di quando un’idea si era materializzata nelle loro menti.

- E se Nicole Church non ricattava Bell, ma Bracken? - Disse Kate e Rick annuiva

- E se Rosen era solo una pedina che pagava Nicole non per conto di Bell, ma di Bracken? - Disse Rick ed ora era Kate ad annuire alla sua teoria.

- Castle, dobbiamo scavare nel passato di Nicole, di Morrison e Rosen e capire quando possono essere entrati in contatto tra loro e quando aver scoperto qualcosa che riguardava Bracken. Nicole Church o il suo fidanzato avevano scoperto qualcosa di così grosso da permettergli di ricattarlo per almeno un paio di anni. 

Non era una speranza quella che avevano e non era nemmeno una pista. Era una loro intuizione e spesso valeva molto di più.

   
 
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