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Autore: xzaynsmouthx    23/04/2017    0 recensioni
Una donna di mezza età rievoca alla memoria gli avvenimenti più importanti che accaddero nei suoi trent'anni. Una donna qualsiasi, innamorata dell'amore, che vive difficoltà qualsiasi tra lavoro, uomini e amiche. Una donna che ha tanta voglia di crescere e sembra non riuscirci mai. La storia di un'esasperante e divertente ricerca dell'amore, piena di contraddizioni, che la porterà a maturare e fare pace col passato, con l'adolescenza di cui è tanto nostalgica.
Dal testo:
Immaginate una donna di quasi trent'anni con un bicchiere di spumante in una mano, la pochette nell'altra, strizzata in un abito beige, che si guarda spasmodicamente intorno alla ricerca di qualche uomo della sua età di cui innamorarsi con un uccello viola in testa.
A chi, come la protagonista, è così importante da non rendersene conto.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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CAPITOLO XIII

 – E’ un posto fantastico, Liam! – sbottò Sophie. – Mi fa piacere che ti piaccia, Soph. – Andrebbe meglio se potessi bere ... – No, perché non saprei come riportarti a casa. – controbattei ridacchiando. Liam al mio fianco sorseggiava il suo drink mordicchiando la cannuccia e Sophie stava parlottando incomprensibilmente a causa dell’elevato volume della musica (è da cose del genere che capivo quant’ero diventata decrepita) quando lo sguardo di Sophie s’incupì improvvisamente. – Soph? – chiesi sporgendomi verso di lei, che indicò un punto della sala, un punto in cui c’era Matt spalmato addosso ad una che avrà avuto più o meno diciassette anni. E pensai che l’universo stesse inevitabilmente rendendo indietro a Sophie tutte le cattiverie che lei stessa aveva inflitto a Matt, ma fu a dir poco doloroso vederla in quella condizione d’estrema fragilità: aveva gli occhi gonfi e rossi e con lo sguardo mi pregava di andar via, fuggire via di lì avendo scoperto che colui che avrebbe voluto come padre di un’ipotetica figlia stava tentando di adescare una che sembrava poco più di una bambina. Mi alzai e la trascinai fuori con l’aiuto di Liam al quale lanciai subito dopo un’occhiataccia per fargli intendere d’andare via, lui annuì silenziosamente lo vidi rientrare dentro mentre stringevo Sophie tra le mie braccia per evitare che cadesse tra un singhiozzo e l’altro. Improvvisamente mi spintonò dicendo: – Va’ dentro, non preoccuparti. – Cosa?! – Torno da sola. – disse tentando di ricomporsi. – No. – Ang, va tutto bene, davvero. – No, che non va bene. – Perché, Ang? Perché siamo infelici? – ripeteva disperata dandomi dei colpetti ripetutamente sulla schiena.

Mi svegliai al fianco di Marlon alquanto stordita, le immagini di quella notte mi avevano tormentata nel sonno dal volto disperato di Sophie alle mani di Marlon lungo la mia schiena. Tentai di non strapparmi i capelli dal nervoso pensando alla giornata che mi attendeva a lavoro e mi girai a guardare Marlon che dormiva beato. Poi pensai a quella giornata e a quanto sarebbe stata stancante e al contempo d’importanza poco rilevante nella mia vita, ma chi me lo faceva fare di essere così filosofica di primo mattino? Scossi il capo come per scacciare qualsiasi pensiero che avrebbe potuto portarmi a pensare, non dovevo assolutamente concentrarmi su nulla che non fosse il mio lavoro, tutto il resto, tutto il riassunto della mia vita in quel periodo mi avrebbe soltanto scoraggiata e mancava davvero poco alle vacanze natalizie, per cui ci sarebbe già stato mio padre a scoraggiarmi o quantomeno a dirmi di dovermi rinchiudere in un monastero se non mi fossi sposata di lì a poco.
Ma effettivamente il periodo “botta e via” non l’avevo già attraversato? Dio, manca solo che mi chieda di comprare i preservativi la prossima volta e potrò dire di avere di nuovo diciassette anni.

– Fai la puttanella e non mi dici nulla? – disse Liam incredulo dopo aver osservato Marlon uscire dal mio appartamento e stando appollaiato sulla soglia di casa sua stiracchiandosi e sonnecchiando ancora. – Ma perché dovrei dirti i fatti miei? E poi perché sei qui fuori? – Pensi di essere l’unica ad aver avuto ospiti? – non appena disse ciò due biondine slavate comparvero dietro la sua figura, nessuna delle due si diede un minimo di contegno nel salutare Liam con fare talmente appassionato che oltre a sembrare di essere in un film porno mi sembrò anche che stessi per vomitare. Ridacchiai guardando anche loro allontanarsi lungo il corridoio e scomparire nell’ascensore. – Hai trovato le biondine. – Già. – rispose tronfio indicandomi i segni violacei che le bamboline gli avevano lasciato sul collo. – E non sono mica solo sul collo! – aggiunse. – D’accordo, Harris. Bene così, il resto non m’interessa. – dissi ridendo e portando le mani avanti per bloccare metaforicamente l’arrivo di qualsiasi cosa stesse per dire alle mie povere orecchie. – Quel tipo è ... non è uno sfigato. – Pensi che con me possano uscire solo sfigati? – Lo pensavo, ma mi dovrò ricredere.
– tacque un momento per poi continuare adottando un tono più serio: – Mi è dispiaciuto non poter essere d'aiuto per te e per Soph ieri, vi avrei riaccompagnate a casa ...  – Non è un problema, Liam. Io e Sophie sappiamo cavarcela. – e rientrai velocemente in casa senza sentire cosa avesse da aggiungere, perchè avevo semplicemente paura di far perdere a me e alla mia amica quella poca dignità che c'era rimasta. 
– Abby? – Sono io, Ang. – Cacchio, quanto tempo. – Saranno due mesi che non ci sentiamo. – Già. Ma ora sono a lavoro, Abby. E’ urgente? – dissi in un sussurro accovacciandomi in un angolino della biblioteca. – Beh, a dire il vero no, ma semplicemente perché non c’è più nulla da fare. – Cosa? – chiesi distrattamente tentando di evitare lo sguardo ammiccante di uno studente del primo anno occhialuto e pasciuto. – Sophie è partita, è ritornata in Francia. – Cosa!? – urlai beccandomi un gran numero di rimproveri e improperi. – Come fai a saperlo? – Lei mi ha detto che non ce la faceva ad avvertirti, che ti ringrazia dell’aiuto, ma ... che cazzo sta succedendo nelle nostre vite? – Non lo so, non lo so. – Ci dovremmo vedere, prima del mio matrimonio intendo. – era ironica e al contempo un’affermazione amara che sapeva di una malinconica nostalgia.
Quel pomeriggio, dopo essere uscita o meglio cacciata dalla biblioteca, tentai di chiamare Soph, ma non ricevetti alcuna risposta. Negli ultimi anni m’ero preparata all’eventualità di dover salutare un giorno le mie amiche senza la certezza che le avrei riviste allo stesso bar il mattino dopo, eravamo delle donne ormai e le nostre vite più andavano avanti e più sembravano essere soggette a cambiamenti. Dunque, cresecendo avevo imparato che la mia vita non sarebbe andata esattamente come se fossi stata Carrie Bradshow: i soldi non sarebbero piovuti dal cielo, gli uomini non mi avrebbero rincorsa per strada pregandomi di sposarli e le mie amiche avrebbero continuato le loro vite, con o senza di me. Uscendo dalla metro e immergendomi nuovamente nel rigido inverno londinese vidi sulla strada del ritorno verso casa Liam con i capelli sporchi di pittura e gli occhiali tondi che gli coprivano probabilmente i segni a dir poco evidenti dell’inevitabile stanchezza provocata dal duro lavoro che aveva dovuto svolgere quel giorno o quella notte. Mi vide e scosse leggermente il capo in segno di saluto. – Liam. – sussurrai sovrappensiero avvicinandomi a lui. – Come è andata oggi, ingegnere? – Bene, ma sono stanca. – Anch’io, ma stasera c’è la proiezione di un film sui fratelli Lumière all’Università. – Eh? – L’Accademia. – Anche tu lavori per l’Università? – Purtroppo si, ma sia ben chiaro che non è quello che voglio dalla vita, voglio dipingere non insegnare agli altri a farlo. – Beh, mi sembra comunque un buon punto dal quale cominciare, no? – Pensavi non fossi bravo? – No, non l’ho mai pensato questo, pensavo soltanto che non fossi così affidabile da affidarti delle ricerche universitarie. – E invece lo sono. – disse mostrandomi il dito medio con fare tronfio e gongolante, in risposta alzai le mani al cielo in segno di resa e continuai – Io non vedo l’ora di tornare a casa. – Non metterti troppo comoda, Scott. – Eh? – Ho appena deciso che mi accompagnerai, così capirai com’è bella la vita senza tutti quegli stupidi calcoli. – Gli stupidi calcoli ti permettono di ... Oh, mio Dio. Sono davvero noiosa! – 
Le luci si spensero e il silenzio calò in sala. O perlomeno così avrebbe dovuto essere, ma a Liam non piacque per niente l’idea di tacere e, così facendo, privarsi della possibilità d’istruirmi riguardo a quei filmati e la loro inestimabile importanza nonché bellezza. – Liam, credo che tu debba fare silenzio. – lo ammonii dopo che uno spettatore seduto al mio fianco ebbe borbottato qualcosa di non proprio gentile nei suoi confronti. Ma lui continuò a parlare come se nulla fosse, come se in quella sala ci fossimo solo io e lui, e, a dire il vero, un po’ sembrò che fosse così: era tutto così eccentrico dal film al comportamento di Liam, che mi sembrò che il vero spettacolo fosse la sua gestualità esasperata, le sue espressioni sbigottite, divertite, rilassate e ancora allibite. – Ma sarà la centesima volta che lo vedi e ancora reagisci così? – chiesi divertita dalle sue reazioni. – Veramente è la diciottesima, ma comunque c’è sempre qualcosa che non avevo notato prima che mi salta all’occhio ed è ... stupendo, semplicemente. – tacqui rispettando la sua venerazione nei confronti di quel film, dei suoi autori e dell’arte in generale continuandolo ad osservare attentamente.  – Cosa ne pensi, allora? – disse saltando quasi dalla sedia non appena le luci si riaccesero e gli risposi semplicemente con un sorriso dicendo che era stato meraviglioso assistere a quella proiezione, non so perché, ma vedere Liam tenere a qualcosa mi fece reprimere la voglia che normalmente avevo di esternare qualsiasi cosa davvero pensassi, ma in tal modo avrei solamente smorzato il suo entusiasmo, mi sembrava così sentimentale, come non l’avevo mai visto che l’assecondai. 

– Al liceo ero convinta che non avrei avuto una bella vita. – Perché? – chiese Liam mentre trangugiava una fetta di pizza seduto su un muretto non lontano dal cinema in cui eravamo stati poco prima. – Perché non l’avevo allora e pensavo sarebbe stato così per sempre. – Non ti era piaciuta l’adolescenza? – Si, ma quando sei un adolescente non ti sta mai bene nulla, no? – Touché. – A te è piaciuta l’adolescenza? – Per me non è mai finita, eccetto il fatto del non farsi mai star bene nulla. – gettai gli occhi al cielo producendo un suono a metà tra una risata e uno sbuffo. – Infatti, è risaputo il fatto che ti accontenti facilmente. – lo punzecchiai. – Ah, ah. – Non hai mai paura del futuro? – Di svegliarmi un giorno e chiedermi perché non ho moglie o figli intendi? – Non solo, qualcuno che ... ti voglia bene. – La famiglia? – ridacchiai nervosamente. – Non mi ricordare che si avvicina Natale, Liam. – E quindi? – Significa che tra poco dovrò partire per Dover, rivedere mio padre e la sua famiglia. – E allora? – Sei uno che ci tiene, eh? – Molto, un po’ meno quando mia madre ... –  ... chiede quand’è che ti sposerai. – completai la sua frase. – Come hai fatto ...? – chiese sorpreso. Feci spallucce e gli rubai una fetta di pizza. – Perché non hai voluto che te la comprassi? Adesso devo sopportarti mentre mi rubi il cibo dal piatto. – disse Liam fingendosi arrabbiato. – Beh, non volevo che per la prima volta nella tua vita offrissi del cibo ad una donna. – Sei una delle poche che meritano un comportamento simile da parte mia. – ridacchiai per poi guardarlo brevemente negli occhi color del mare, azzurro fanghiglia. – Allora, perché ti pesa tanto andare a Dover? – Perché mi sono seccata semplicemente di essere additata come zitella. – E se venissi con te? Ti restituirei l’antico favore e tu verresti con me, a Brighton. – Cosa? – chiesi incredula. – Sono serio, o devi portare Marley? – lo spintonai scherzosamente. – D’accordo, imbecille. –

Il getto d’acqua della doccia mi colpì in pieno volto avvolgendomi in un dolce torpore dal quale dovetti riprendermi immediatamente, poiché il telefono cominciò a squillare insistentemente. Possibile che chiamassero tutti a quell’ora della sera? – Pronto? – grugnii non appena ebbi risposto. – Cherie. – Soph?! – Proprio io. – Non so se odiarti o essere felice di risentirti onestamente. – Lo so, avrei dovuto farmi viva prima. – O anche non partire. – I miei possono aiutarmi. – Mi manchi, lo sai. E’ per questo che non riesco ad accettarlo. Come va? – Bene, tra un mese saprò il sesso. – silenzio – Cos’è? Non mi dici nulla? – Cosa dovrei dirti? – ero in difficoltà, mi sembrava di star parlando ad un’estranea, era partita da quasi un mese e mezzo senza dir nulla e adesso? – Come va con Marlon? – incalzò. La verità è che a volte pensiamo che l’amicizia sia una delle poche certezze che ci è concessa avere nella vita, gli amici sono quelli che puoi faticare a conquistare davvero e poi rimangono per sempre, o dovrebbero o meglio non è mai così, avevo perso le mie amiche ed era una cosa dura d’accettare, non più dura del tradimento di Henry o del divorzio dei miei genitori, ma era difficile pensare di parlare a Sophie come facevo prima. – Bene, insomma ... scopiamo senza molte pretese. – Ma sei felice? – E tu, Soph? – silenzio – Mi hanno invitata ad una cena, devo andare ora. – forse fu quella l’ultima volta che la sentii. 

 
  
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