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Autore: Adeia Di Elferas    24/04/2017    3 recensioni
Bianca Maria Visconti, unica figlia del Duca di Milano, divenne la moglie di Francesco Sforza, uno dei più grandi capitani di ventura della Storia d'Italia, a soli sedici anni.
Malgrado le difficoltà legate alle incomprensioni tra Filippo Visconti e lo Sforza, le trattative per il matrimonio andarono a buon fine, anche se la storia tra Bianca Maria e Francesco non iniziò in modo convenzionale.
N.B.: per chi ha letto o sta leggendo "Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo": potete leggere questo racconto come una sorta di prequel XD
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rinascimento
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Bianca Maria ringraziò i padroni di casa per l'ospitalità, li lodò per la bellezza del loro castello e, infine, per la magnificenza della stanza che le avevano preparato.

Tuttavia, malgrado sulle labbra della sedicenne rilucesse un luminoso sorriso, quando la porta della camera che l'avrebbe ospitata quella notte si chiuse, permettendole di stare finalmente sola per qualche momento, la ragazza abbandonò l'espressione lieta e distesa e si abbandonò a un profondissimo sospiro.

Con un certo sforzo, senza avere la pazienza di aspettare la dama di compagnia, Bianca Maria si allentò i lacci dell'abito e si sedette sul letto.

Lo trovò un po' rigido, ma le coperte sembravano di trama finissima. Era indubbio che i padroni di casa si fossero dati da fare per non scontentare Francesco Sforza, il suo futuro sposo. Era stato lui a volerla alloggiare proprio lì, un po' fuori dal centro di Cremona.

Così come era stato sempre lui a scegliere la cappella di San Sigismondo per il matrimonio, in modo da potersi sottrarre – Bianca Maria l'aveva capito senza bisogno che qualcuno glielo spiegasse – a un'eventuale ripensamento di Filippo Visconti, padre della sposa.

La giovane si abbandonò con la schiena sul materasso, guardando il baldacchino sopra di lei e trovando l'aria di quella stanza un po' chiusa. Fuori brillava ancora il sole, ma essendo ottobre faceva troppo freddo per aprire le finestre.

Bianca Maria chiuse gli occhietti castani e provò a pensare a quello che sarebbe accaduto da lì a poco.

Aveva voluto lei stessa, con tutte le sue forze, quel matrimonio. Anche quando suo padre era stato sul punto di disfare tutto, lei era stata capace di convincerlo a continuare le trattative, portandole fino in fondo.

Filippo Visconti, un uomo particolare, ma incapace di resistere alle preghiere della sua unica figlia, aveva ceduto e Bianca Maria era certa che non avrebbe più cambiato idea, benché lo Sforza potesse pensare il contrario.

Con un sospiro, la ragazza sentì il cuore battere sempre più forte nel petto, al ricordo del profilo fiero e bellicoso del suo futuro marito. L'aveva visto per pochi istanti, ma le era bastato. Da quel giorno in cui l'aveva scorto quasi per caso, per lei non c'era più stata alternativa alcuna.

Non le importava nemmeno della loro differenza d'età. La vita era troppo breve e difficile per lasciarsi abbattere da un dettaglio tanto insignificante.

“Mia signora..?” la voce della dama di compagnia di Bianca Maria arrivò ovattata da dietro la porta.

La figlia del Duca di Milano fece un respiro profondo e, salutando tra sé il ricordo di Francesco Sforza, si mise a sedere e rispose: “Entrate pure...”

 

Francesco Sforza, lasciato il castello dei Ponzoni, si calò il cappuccio del mantello sulla testa, mentre raggiungeva a passi lunghi la rocca di Santa Croce.

Se qualcuno avesse saputo quello che stava per fare, di certo sarebbe scoppiato un bel pandemonio.

La buona creanza diceva chiaramente che avrebbe dovuto attendere il giorno delle nozze, per trovarsi solo con Bianca Maria Visconti, ma a Francesco le convenzioni non erano mai importate.

Lui conosceva le regole della guerra, non gli interessavano le leggi non scritte dei salotti.

E poi, non aveva intenzione di fare nulla di male. Voleva solamente vedere da vicino la sua sposa, per evitare brutte sorprese il giorno del matrimonio. Se fosse stata brutta, come avrebbe potuto mascherare il suo disappunto davanti al prete?

In più, per quanto quello fosse un pensiero più adatto a un poeta che non a un guerriero, Francesco era desideroso di conoscere lo stato d'animo della Visconti. Non voleva sposare una donna contro la sua volontà.

Se avesse letto in lei troppa ritrosia o troppa paura, non ci avrebbe messo un istante a ritrarsi dai suoi doveri e mandare all'aria il patto con Filippo Visconti. Che importava se quello era il Duca di Milano. Un matrimonio infelice significava una vita complicata e lo Sforza sentiva di aver già abbastanza tribolazioni sul piano lavorativo per permettersene anche in casa.

Infine, se avesse trovato la sposa in una condizione d'animo accettabile, ne avrebbe anche approfittato per spiegarle le motivazione delle sue ultime mosse militari, sperando che la giovane avrebbe poi girato suddette spiegazioni al padre.

Quando arrivò alla rocca, Francesco bussò un paio di volte e, quando la guardia si presentò a vedere chi fosse, gli fu sufficiente togliersi il cappuccio, esponendo il viso al freddo pungente di quella sera, per ottenere il nulla osta per entrare.

 

Bianca Maria Visconti, con indosso uno degli abiti da camera che facevano parte del suo corredo, era seduta alla finestra, sotto la luce di una mezza dozzina di candele di sego, intenta a leggere uno dei libri che si era portata appresso dalla casa di suo padre.

Quando sentì un paio di colpi alla porta, si accigliò e si chiese chi mai potesse essere, dato che la sua dama di compagnia si era ritirata da almeno un'ora.

Chiudendo il libro con lentezza e lasciandovi tra le pagine un nastrino rosso, la ragazza lasciò la sua comoda postazione e si avvicinò alla porta: “Chi è?” domandò, guardinga.

Suo padre l'aveva messa in guardia mille volte su quel viaggio a Cremona, dicendole di tenere sempre la guardia alta, anche quando le fosse sembrato di essere al sicuro.

“Un sicario – le aveva detto – può entrare anche in una canonica, se vuole.”

“Sono Francesco Sforza – sussurrò una voce dall'intonazione calda – volevo vedervi.”

Bianca Maria sentì il cuore galoppare per l'emozione e si accorse che le mani le tremavano come foglie.

L'uomo, dall'altro lato del legno scuro che li divideva, parve esitare. Forse l'impavido capitano di ventura si stava convincendo di aver fatto un passo falso, di aver spaventato troppo la futura moglie, con quel gesto impulsivo.

Invece Bianca Maria lo sorprese, aprendogli la porta quasi subito e mostrandosi a lui in abito da camera, senza troppi pudori.

Gli occhi un po' sporgenti, e segnati con un velo di occhiaie dai suoi quarant'anni, di Francesco indugiarono sulla giovane per molto tempo.

Bianca Maria non accennava a imbarazzarsi, tutt'altro, ogni minima reazione nel viso del valoroso guerriero che aveva difronte era per lei una conquista più preziosa di qualsiasi altra.

“Forse è meglio chiudere la porta.” disse la ragazza, tuttavia, quando sentì dal fondo delle scale qualcuno che cominciava a salire.

Non voleva che qualcuno arrivasse a disturbarli. Voleva avere il suo futuro sposo tutto per lei, quella sera. Era un dono inatteso. Poterlo vedere, potergli parlare senza l'ingombro dei fasti della corte, senza gli obblighi delle feste nuziali.

“Sono felice che siate giunto fin qui per vedermi.” disse Bianca Maria, vedendo l'uomo in difficoltà.

Francesco, colui che di norma non aveva problemi a parlare davanti a Marchesi, Duchi e Conti, ora che si trovava davanti una sedicenne in abiti da camera, sentiva la lingua impastata e la gola tanto secca da impedirgli anche solo di dire una parola.

Più guardava la futura moglie, più ne amava la pelle candida e liscia, la figura armoniosa e gentile, ma al contempo forte e sicura.

E anche quando parlava, la figlia del Duca di Milano denotava tutta la sua solidità interiore. La sua voce era dolce e grave allo stesso tempo. I suoi occhi sognanti eppure incredibilmente reali.

“Volevo incontrarvi.” riuscì a dire alla fine il capitano di ventura, in parte ripetendosi.

Bianca Maria ne stava squadrando la figura massiccia e potente, del tutto simile a quella che viveva nei suoi ricordi. Senza riuscire a resistere, la giovane prese una delle grandi mani dell'uomo nelle sue e quel semplice gesto bastò a sciogliere Francesco come burro al sole.

Senza che nessuno dei due sapesse dire come, si trovarono seduti sul letto a parlare, passando da argomenti seri come la guerra, a cose più frivole, come le razze di cavalli migliori per la caccia e per la corsa.

Francesco aveva lasciato il mantello sulla sedia della scrivania e dopo un po', per il caldo suscitato dall'emozione di essere lì con Bianca Maria, si era cavato anche il giacchetto, restando con il camicione bianco che indossava anche quando si addestrava con la spada.

Quando la notte era ormai giunta alla sua metà e le candele andavano esaurendosi, Francesco, del tutto ebbro di Bianca Maria, fece un sonoro sospiro e dichiarò: “Forse per me è tempo di tornare al castello.”

“Restate.” fece subito la giovane, fermandolo con vigore, mentre l'uomo si stava già alzando.

La presa salda e tenace della figlia del Duca bruciava sulle dita grezze del guerriero. Gli occhi di Francesco si specchiarono per un lungo istante in quelli della promessa sposa e, nella luce incerta dell'ultima vita delle candele e delle braci del camino, lo Sforza comprese cosa volesse Bianca Maria.

“Saremo presto marito e moglie.” le ricordò.

“Io voglio essere tua moglie adesso.” ribatté la ragazza, tirandolo per la mano fino a che non lo convinse a risedersi sul letto.

Francesco non riuscì a opporsi, mentre la giovane cominciava a sciogliere i nodi del colletto della sua camiciona. La lasciò libera di fare quello che voleva, quando voleva e come voleva.

Bianca Maria si impose su di lui come una donna d'esperienza, benché fosse solo una ragazza ancora innocente, e Francesco l'amò come se fosse la prima volta in cui conosceva una donna.

Quando si ritrovarono stretti l'uno all'altra, felici, ma stanchi, nella penombra della stanza ormai illuminata solo dalle ceneri morenti del camino, lo Sforza le sorrise con una dolcezza che non aveva mai conosciuto e le bisbigliò, solleticandole l'orecchio: “Bianca Maria Sforza, la futura signora di Milano.”

La giovane ricambiò il sorriso e, scostando una ciocca di capelli un po' ruvidi dalla fronte dell'uomo, ricambiò: “Francesco Sforza, mio marito, il futuro Duca di Milano.”

 

 
   
 
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