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Autore: Lanonimoscrittore93    24/04/2017    0 recensioni
Questa storia parla di un ragazzo transessuale alla quale restano pochi mesi di vita. Tutto questo non lo sa nessuno, solo il suo medico di fiducia e suo padre. Proviene da una famiglia molto ricca, fondatrice di una scuola prestigiosa e ambita da tutti. Un giorno un incontro le travolgerà l'esistenza. Cosa accadrà?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender, Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Come da programma il mio piano aveva funzionato, finalmente Elle sarebbe stata con me in ogni momento. Dopo due settimane senza di lei non intendevo più starle lontano, oramai era il mio ossigeno, mi era essenziale. Papà era stato d'accordo con me fin dall'inizio, bastava che recitasse la sua parte a dovere, e poi sapevo che non gli dispiaceva avere la dottoressa Grace sotto il suo stesso tetto.
Adesso Elle stava preparando la sua valigia, il resto lo avrebbe preso in un altro momento, per adesso bastava che prendesse l'essenziale.
Me ne stavo con le spalle appoggiate al muro ad osservarla memtre era indaffarata a prendere le sue cose. Nonostante la mia assenza aveva continuato ad indossare i vestiti che le avevo regalato. Chissà, forse adesso aveva più fiducia in sé stessa e aveva capito finalmente che era bellissima e non doveva più nascondersi. Oggi indossava dei jeans davvero stretti e vista da dietro, mentre mi dava le spalle, non era niente male. Da quando avevo capito ciò che provavo per lei, avevo scoperto il mio appetito sessuale, che credevo di non avere. Trattenermi dal non saltarle adesso era una tortura per me, specialmente quando si mordeva il labbro, mi faceva impazzire.
"A cosa stai pensando?".
Uscii dai miei pensieri peccaminosi per farle un sorriso timido, non le avrei mai detto a cosa stessi pensando. "Mi ruba le battute adesso, signorina?".
Mi regalò un sorriso che mi fece mozzare il fiato. "No, quando mai".
"Finito di fare le valigie?", le chiesi.
"Sì, e tu hai finito di guardarmi il sedere?". Ero stato beccato. "Adesso sei tu quello che è rimasto con la bocca aperta", mi fece notare mentre rideva di me.
Chiusi la bocca incapace di dire qualcosa.
Smisse di ridere per poi modersi il labbro inferiore e avvicinarsi a me in modo lento e guardandomi in un modo che non aveva mai fatto prima d'allora. Poggiò le mani sulle mie spalle alzandosi in punta di piedi per arrivare alla mia altezza e avvicinare le sue labba al mio orecchio. "Ti piaceva quello che guardavi?", mi sussurrò con voce vellutata e suadente. Cosa stava succedendo? Che fine aveva fatto la mia dolce e innocente Elle?
"Elle...", boccheggiai.
"Sì?".
"Cosa stai... facendo?". La sentii ridere e portare le sue labbra sul mio collo, che mi fece trattenere il respiro. Ero spacciato. Rilasciò dei baci umidi sul mio collo che mi provocarono un brivido lungo la spina dorsale, e quella oramai familiare sensazione al basso ventre si fece risentire. Oramai non sapevo più se respirassi o meno.
Ad un tratto sentimmo bussare alla porta con insistenza. "Eleonora, sbrigati a preparare la valigia, non ci vuole tutto il tempo del mondo!", esclamò arrabbiata la dottoressa Grace, probabilmente sospettava che stessimo facendo qualcosa di illecito, non aveva tutti i torti in fondo.
Io e Elle ci guardamo per qualche attimo per poi scoppiare a ridere.
Qualche minuto dopo eravamo partiti verso casa mia, con insistenza e l'aiuto di papà, feci salire Elle in macchina con noi. Cominciavo a sospettare che non andassi a genio alla dottoressa Grace visto che ora avevo una presunta relazione con sua figlia.
Arrivati a casa, trascinai via con me Elle per portarla in camera mia, l'ultima volta non l'aveva vista e le ragioni erano più che ovvie.
"Dove mi stai portando?", mi chiese mentre rideva per via di sua madre che ci gridava alle spalle.
"In camera mia".
"Cos'ha di tanto speciale?".
La guardai sorridendo. "Ti ricordi la foto che ti avevo inviato, quella dove dicevi che la mia libreria era più carina di me, ti ricordi?".
"Sì".
"Be', adesso vedrai che la foto non gli ha reso giustizia... però sono più carino io", le feci l'occhiolino.
"Si come no", disse lei alzando gli occhi al cielo.
"Cagnolina cattiva, dovrei legarti ad un albero".
Mi fece un sorrisetto che non prometteva niente di buono. "Se non fai il bravo ti puoi scordare di baciarmi ancora". Cosa? Diceva sul serio o mi stava per caso prendendo in giro?
"Scherzi, vero?".
Mi diede un buffetto sulla guancia. "Mai stata più seria in vita mia".
"Sei crudele", misi su un finto broncio che la fece ridere.
Arrivammo finalmente di fronte alla porta della mia stanza. "Pronta?", le chiesi.
"Sì", disse emozionata.
Aprii la porta invitandola ad entrare. Alla vista della mia stanza si guardò intorno, restando come al suo solito a bocca aperta.
La mia stanza era ampia, con un letto a due piazze, una scivania risalente al rinascimento in un angolo. Di fronte al letto c'era il mio gran sofà e l'immenso cammino riccamente decorato, sopra c'era la tv a maxi schermo. La cosa più bella però, era la libreria, vi si accedeva attraverso una scala posizionata accanto al letto che portava ad un piano superiore che girava intorno alla stanza.
"Allora, ti piace?", le chiesi mentre le cingevo i fianchi da dietro in un abbraccio.
"Sì, molto". Fece una pausa continuando a guardarsi intorno. "Dov'è però il tuo armadio?".
"Oh quello. È in un'altra stanza".
"Hai un'altra stanza da letto?".
"No", risi della sua domanda, "è una stanza il mio armadio".
"Ah...".
"Tranquilla, ci farai l'abitudine".
"Non credo proprio", disse con scetticismo. "Piuttosto, dove dormirò?".
"Qui".
Si voltò per guardarmi. "Come, scusa?". La sua espressione sconcertata era esilarante.
"Dormirai con me, dopotutto non è la prima volta", le feci notare.
"Si ma... le altre volte i nostri genitori non sapevano niente", obiettò.
"Be', adesso lo sapranno".
"Mia madre ci ucciderà".
"Tranquilla, ci penserà mio padre, e poi cosa potremmo mai fare noi due nel letto da soli?", le chiesi infine provocante.
"Sei un gran sconcio". Mi picchiò una spalla per ciò che avevo detto.
Risi di gusto. "Come sempre pensa male, signorina".
"Oh, sta zitto, prima che ti picchi". Come sempre era buffa e questo mi era decisamente mancato.
Feci aderire il suo corpo al mio, i nostri visi erano vicini, riuscivo a percepire il suo respiro irregolare. "Questa volta sarà diverso", le sussurrai.
"Diverso come?". Aveva il fiato corto e sapevo che era per colpa mia e questo mi piaceva.
"Sarai mia come si deve e non ci dovremo più nascondere". La guardai per qualche attimo negli occhi perdendomi in quel meraviglioso grigio. "Tutti devono sapere che sei mia... solo mia".
Mi accarezzò una guancia regalandomi in magnifico brivido. "Sarò sempre tua". Aveva gli occhi lucidi, non volevo che piangesse, che soffrisse. "Anche quando mi lascerai, io sarò tua". Oramai le lacrime le rigavano il viso e sapevo che non se ne sarebbero andate via tanto facilmente. La strinsi ancora di più a me asciugandole le lacrime con dei baci. "Non mi lasciare", mi disse in preda ad un pianto disperato.
"Sono qui...", le sussurrai. Sapevo che non potevo prometterle niente e che non potevo darle ciò che voleva, però potevo darle tutto il mio amore, anche se non potevo dirle che la amavo profondamente. No, non potevo darle questo per poi strapparglilo via con la mia morte, non potevo farle questo. L'avrei solo distrutta.
"Finalmente vi ho trovati!". Accidenti, era dappertutto!
Elle si staccò da me in modo rapido appena si accorse della presenza della madre, asciugandosi in fine le lacrime.
"Mi dispiace, purtroppo la mia porta non si può chiudere a chiave", le spiegai. Stupide regole.
"Come mai?".
"Perché non si sa mai, nel caso di un suo malore non può chiudersi a chiave, si perderebbe del tempo prezioso", le spiegò sua madre.
"E se stai male gli altri come se ne rendono conto?", mi chiese.
"Sono sempre monitorato...".
"Ha un letto speciale che lo monitora quando sta a letto, in caso di un malore scatta un allarme", si intromise per l'ennesima volta la dottoressa Grace. Era una piaga.
"Ho anche una stanza medica apposta per me, si trova qui accanto", le spiegai.
"Capisco...". Sapevo che era preoccupata e che si chiedesse quanto fossi grave, anche se già sapeva la risposta, dopotutto era consapevole della mia imminente morte.
Presi il suo viso tra le mani per farmi guardare da lei negli occhi. "Non ti preoccupare".
"Come faccio a non preoccuparmi per te... è impossibile...". I suoi occhi ritornarono lucidi.
"Vivi attimo dopo attimo, senza preoccuparti di nulla... pensa a noi".
Sospirò senza darmi alcuna risposta.
"Oh eccovi". Sentii la voce di mio padre. In questa casa si poteva avere un benché minimo di privacy o era chiedere troppo?

Per cena papà fece preparare qualcosa di vegano, anche se sapevo che Elle avrebbe preferito una bella bistecca, magari gliela avrei fatta preparare quando non c'era sua madre fra i piedi. Per tutta la durata della cena nessuno proferì parola, c'erano solo sguardi fugaci. Sapevo che la dottoressa Grace non era contenta di questa situazione, del legame che c'era tra me e sua figlia, ma lei non capiva, o semplicemente non voleva accettare. Lei non sapeva quanto amassi sua figlia, probabilmente pensava che fosse solo uno dei miei capricci. Se era così, si sbagliava di grosso. Non osavo immaginare come l'avrebbe presa quando avrebbe scoperto che sua figlia avrebbe dormito con me. Di certo non avremmo fatto quello che temeva, dopotutto non potevamo farlo, sarei potuto morire. Anche se... sarei morto volentieri in quel modo. La desideravo così tanto.
Dopo cena papà propose di guardare un film nel nostro cinema privato. Come al solito Elle rimase stupita, anche se suo padre era ricco non era abituata a certi lussi, lei era semplice e questo mi piaceva. Papà, essendo cotto della dottoressa Grace, gli fece guardare il film che voleva lei, ignorando le proteste mie e di Elle. Era un traditore. Il film era noioso e senza senso, almeno per me, e a quanto pareva anche per Elle, visto che si era addormentata sulla mia spalla. Era buffa e adorabile allo stesso tempo. Aveva la bocca leggermente aperta e un'espressione rilassata. Le diedi un leggero bacio sulla fronte che la fece mugugnare. La mia piccola principessa.
Purtroppo quando il film noioso finì dovetti svegliarla, stando attento a non farmi picchiare da lei, oramai sapevo che quando si svegliava era pericolosa.
"Ho sonno", piagnucolò mezza addormentata.
"Ora andiamo a letto, abbì un po' di pazienza", le sussurrai dolcemente.
"Su Eleonora, adesso Richard ti darà una stanza e potrai dormire", le disse sua madre. Eh no, lei avrebbe dormito con me.
"Lei dormirà con me", puntualizzai.
"Lei dormirà da sola nella sua nuova stanza", assunse un tono severo ed autorio nei miei confronti.
"Lei dorme con me, fine della storia", dicendo questo mi incamminai con una Elle mezza addormentata al mio fianco.
"Tu non dormirai con mia figlia", mi gridò dietro.
Mi voltai guardandola con sguardo furente. "Ho già dormito con lei". Rimase stizzita dalle mie parole. Approfittando del momento me ne andai.
Arrivato in camera disfai il letto ed aiutai Elle a togliere le scarpe. Si infilò sotto le coperte senza cambiarsi e si addormentò immediatamente,
aveva proprio sonno. Era così bella quando dormiva, la volevo tutta per me e sarebbe stata mia. Solo mia. Per sempre.

L'indomani mattina svegliarsi con la mia Elle, prepararsi e fare colazione per poi andare a scuola fu bello, anche se sua madre non fece altro che guardarci contrariata. Non aveva un lavoro al cui andare? Doveva per forza guastarmi l'umore? Papà sembrava contento, forse era merito di una certa persona che ce l'aveva con me.
Finito di fare colazione salimmo in auto per andare a scuola. Approfittai di quel momento per attirare a me Elle e baciarla. Mi piaceva baciarla e il suo sapore era qualcosa di unico e meraviglioso. Quando ci staccammo avevamo il fiatone, io più di lei.
Mi guardò negli occhi per qualche attimo, io avevo voglia di baciarla ancora ma mi fermò. "Cosa c'è?", le chiesi non capendo il suo gesto.
"Sei diverso".
"Diverso?".
"Sì, non dico che non mi piaccia", agrottò la fronte, "cosa ti è successo...?".
"Stavo perdendo la cosa più bella che mi potesse mai capitare". Ero così depresso senza di lei. Era pensierosa. "Qualcosa ti tormenta?".
"Ho così tante domande...".
"Se vuoi risponderò alle tue domande durante l'ora di pranzo ma adesso vorrei solo baciarti finché non arriviamo a scuola". Sorrise scuotendo la testa ma mi accontentò catturando le mie labbra in un bacio intenso.

"Adesso ti ho tutto per me", esclamò Elle mentre si buttò su un cuscino della nostra stanza segreta.
Mi misi seduto accanto a lei. "Sono sempre tutto tuo".
Ridacchiò. "Ovvio che sì". Cosa voleva dire con questo? "però aspettavo questo momento per le mie domande".
"Ovviamente", scossi la testa. "Vada con le domande".
"Bene, come mai quando ti bacio non sai di cioccolato?". Che domanda bizzarra.
"Da quando ho creduto che mi avessi ingannato", fece una smorfia, "anche se ero arrabbiato... pensavo di averti persa per sempre".
"E questo cosa c'entra?".
"Quella cioccolata non solo mi ricorda mia madre ma mi dà un po' di dolcezza in questo mondo amaro, senza di te era inutile cercare quel poco di dolce, mi sono lasciato annegare dal dolore e nell'amarezza".
"Sam". Mi prese il viso tra le mani regalandomi un tenero bacio sulle labbra. "Sei uno sciocco".
"Lo so", sospirai.
"Torna a mangiare la tua cioccolata".
"Ai suoi ordini".
"Bravo", mi sorrise. "Adesso continuiamo con le domande". Si allontanò da me per mettersi più comoda sul cuscino. Chi me lo aveva fatto fare? Povero me.
"Dica pure".
"Cos'hai fatto nelle due settimane che non ci siamo visti?". Questa era facile.
"Mi sono rintanato nella mia stanza, non volevo vedere e parlare con nessuno".
"Ti era mai successo?". Anche se avevo sofferto per la morte di mia madre e di mio nonno, non avevo mai mostrato apertamente il mio dolore, semplicemente mi ero tenuto tutto dentro e fatto finta di nulla.
"No".
"Cos'ho io di diverso?". La domanda che non volevo che mi fosse mai posta. Non potevo dirle che la amavo.
"Non saprei, sei speciale", feci spallucce.
"Solo questo?", mi chiese pensierosa.
"Suppongo di sì".
"Ok". Lessi la delusione nei suoi occhi ma era meglio così per lei.
"Altre domande?".
"Sì. Perché hai voluto che mi trasferissi da te?".
"Due settimane senza di te sono state fin troppe, e poi... voglio passare il resto dei miei giorni insieme a te".
Rimase senza parole per qualche attimo. "Come sempre mi mandi in confusione".
"Mi piace mandarti in confusione".
"Ho notato", sbuffò. Pensò alla prossima domanda da pormi. "Cosa mi dici dei nostri genitori?".
"Oh be', la loro è una storia lunga, che è iniziata ancora prima che nascessimo".
Agrottò la fronte. "Mi stai dicendo che non si sono conosciuti tramite te?".
"Oh no, loro sono cresciuti insieme. Tua madre non ti ha mai detto niente?".
"No".
"Allora te la racconterò io. Devi sapere che i tuoi nonni materni lavoravano per la mia famiglia". 
"Non lo sapevo". Sua madre non le diceva proprio nulla.
"I nostri genitori di conseguenza sono cresciuti insieme", proseguii, "Hanno sempre avuto un forte legame, erano inseparabili ed hanno sempre provato qualcosa più di una semplice amicizia, loro si sono sempre amati ma nessuno dei due si è mai confessato all'altro".
"Mia madre a volte sa proprio essere ottusa", commentò.
"Anche mio padre, però penso che abbiano semplicemente avuto paura di rovinare quel legame che li univa. Poi però il destino li ha allontanati".
"Cos'è successo?".
"Tua madre andò all'università per studiare medicina, anche se mio padre voleva che andasse con lui in una più prestigiosa a spese della mia famiglia, ma lei rifiutò".
"E poi?", chiese curiosa.
"Tua madre conobbe tuo padre, suppongo che conoscerai bene questa storia".
Roteò gli occhi. "Mia madre non fa altro che ripetermela, è per questo che non ha mai voluto che avessi un fidanzato". La solita Grace.
"Mio padre invece conobbe mia madre nel momento più triste e doloroso della sua vita, quando i tuoi si sposarono. Lei lo ha reso felice...".
"Mi dispiace tanto...". Si avvicinò a me poggiando il capo sulla mia spalla.
"È passato tanto tempo ora mai...".
"Ma il dolore non passa mai", concluse la frase per me. Aveva ragione, nonostante provi con tutte le forze ad andare avanti e lasciarti tutto alle spalle, il dolore che ti lacera dentro, non passa mai. "E poi come si sono rincontrati?".
Le misi un braccio intorno alle spalle stringendola a me. "Tua madre era al primo anno di specializzazione all'epoca e io ero malato, così si sono incontrati. Dopo il matrimonio dei tuoi avevano perso i contatti e tua madre non sapeva che mio padre si era sposato e che aveva avuto me, una bambina nata malata".
"Oh...".
"Sono stato io a spingerla a specializzarsi in cardiochirurgia".
"Davvero?".
"Sì. Per quanto vogliano evitarlo, il destino vorrà sempre che stiano insieme".
"Hai ragione". La strinsi ancor di più a me. "Quindi, sei sempre stato malato".
"Sì". Era la storia della mia vita. "Elle".
"Sì?".
"Fammi un favore, prenditi cura di mio padre quando non ci sarò più".
"Te lo prometto". Si liberò dalla mia stretta per puntare i suoi occhi nei miei, stava piangendo.
"Non piangere...". Mi si formò un groppo in gola.
"Non è giusto".
"Cosa non è giusto?".
"Tutto ciò".
"Niente è giusto, bisogna solo accettarlo".
"Non potrò mai accettarlo". Catturò le mie labbra in un bacio pieno di parole non dette. Sapevo che non voleva che morissi, ma le cose dovevano andare così e io l'avevo accettato da tempo. Però qualcosa dentro di me stava cambiando, e se non volessi più morire? Prima non aspettavo altro, ma adesso c'era lei. Non sapevo più cosa pensare, lei stava mettendo in dubbio ogni mia certezza.

Dopo scuola, la portai a mangiare fuori, una bella bistecca per la precisione, che lei gradì molto, io invece mangiai del pesce. Mi era mancato tutto questo, io e lei che ce ne stavamo da soli a mangiare, a chiacchierare e a ridere. Questa volta le cose tra noi sarebbero state diverse, avevo intenzione di chiederle come si deve se voleva essere la mia fidanzata, stavolta doveva essere una cosa ufficiale, e chiamatemi egoista per farle questo, per star con lei, e poi lasciarla dopo la mia morta, ma questo era ciò che volevo, stare con lei... forse anche per sempre.
Avevo pensato di portarla a fare un giro in mongolfiera e darle il mio regalo, anche se pensandoci bene questa era stata una pessima idea, soffrivo terribilmente di vertigini, ma volevo fare qualcosa di romantico e per lei questo e ben altro, volevo vederla felice.
"Dove mi stai portando?", mi chiese quando si accorse che non la stavo riportando a casa. Forse il suo scarso senso dell'orientamento stava migliorando.
"Sorpresa".
"Non mi piacciono le sorprese", si imbronciò.
"Come mai?".
"Perché sono troppo curiosa e non so resistere". La sua confessione mi fece ridere come non mai.
"Sei incredibile", commentai mentre continuavo a ridere.
"Scemo". Mi fece una linguaccia per poi incrociare le braccia imbrociata.
"Sai, sei davvero carina quando fai così".
Arrossì visibilmente. "Non è vero", disse mentre si portava le mani sul viso per coprirsi per l'imbarazzo.
"È la pura verità", le sussurrai all'orecchio per poi morderlo.
"Sam! Cosa fai!?". Era in evidente imbarazzo e la cosa mi divertiva.
"Nulla", continuai a ridere, "comunque, siamo quasi arrivati, non manca molto", l'avvisai.
Si guardò intorno confusa. "Facciamo un picnic?", mi chiese per poi guardarmi con un espressione che non prometteva niente di buono. "Hai intenzione di farmi ingrassare? Abbiamo finito di mangiare da poco".
"Non ti sto portando a fare un picnic", esclamai. Ragazze, valle a capire.
"E allora dove mi stai portando?".
"A fare un giro".
"Tutto qui?".
"Tutto qui". Sapevo che dal suo sguardo non mi credeva e sospettava qualcosa.
Quando l'autista accostò l'auto, fu inevitabile che Elle vedesse la mongolfiera e quando la vide mi lanciò uno sguardo che mi fece rabbrividire. Che anche lei soffrisse di vertigini?
"Cosa c'è?", le chiesi timoroso.
"Non è che hai intenzione di farmi qualche scherzo o qualcosa del genere?". Da dove le venivano fuori certi pensieri?
"N-no".
"Cos'hai in mente?", strinse gli occhi a fessura.
"Non posso farti fare un giro?".
Sospirò rassegnata. "Sì, certo che poi".
"Bene, allora andiamo". La presi per mano conducendola verso la mongolfiera.
"Salve", salutai con un cenno l'uomo che ci avrebbe fatto fare il giro sulla mongolfiera.
"Salve a lei, signor Edwards", ricambiò il saluto per poi rivolgersi alla mia Elle, "e a lei signorina". Come osava sorriderle a quel modo, lei era mia. Gli lanciai uno dei miei sguardi intimidatori che lui recepi perfettamente. "Se siete pronti possiamo andare".
"Certo", gli lanciai un sorriso falso.
Ci aprì la censta e salimmo, fino a qui era tutto a posto, ma quando partimmo non lo fu più, per me. Sapevo che era sicuro ma la parte vigliacca e fifona di me mi diceva che saremmo caduti. Eravamo così in alto e in una cesta fin troppo piccola per i miei gusti, tutto ciò non mi piaceva per niente. Cercai di fare dei respiri profondi per calmarmi ma non funzionò, niente avrebbe funzionato, proprio nulla. O forse sì?



Nota autore:
Per il momento questo sarà l'ultimo capitolo e quindi non pubblicherò più tutti i giorni. Scusate ma sto ancora scrivendo la storia 😣
  
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